Il difensore si astiene e il giudice non gli dà il rinvio

Una volta notificato l’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 127 c.p.p., deve ritenersi assicurato il contraddittorio e irrilevante l’assenza del difensore, anche se causata da legittimo impedimento come nel caso di astensione dalle udienze proclamata da organismi nazionali, cui quest’ultimo aderisca , in quanto questo è causa di rinvio solo per il dibattimento, essendo, negli altri casi, il difensore sentito solo se comparso ed essendo egli sostituibile, ove non comparso, secondo la regola dettata dall’art. 97, comma 4 c.p.p., mediante un patrocinatore, designato d’ufficio tra quelli prontamente reperibili.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15981 del 10 aprile 2014. Il caso. Il caso di specie è originato dal rigetto di un’istanza volta all’applicazione dell’istituto della continuazione tra più reati giudicati con separate sentenze del 1999, del 2004 e del 2007 , stante la mancanza di una unicità di progettazione dei reati commessi ab origine , nonché la distanza nel tempo degli stessi. Premetteva il giudice di merito la legittimità del rigetto della richiesta di rinvio dell’udienza camerale pervenuta dal difensore di fiducia dell’istante e della disposta nomina di difensore di ufficio ai sensi dell’art. 97 comma 4 c.p.p Legittimo impedimento”, presenza del difensore e continuazione di reati. Ricorreva l’imputato adducendo tre motivi di censura. Con il primo denunciava vizio di legge, stante il mancato rinvio del procedimento in presenza di un legittimo impedimento determinato dall’adesione del difensore all’astensione dalle udienze, formulata con apposita istanza depositata in cancelleria. Con il secondo motivo, invece, denunciava violazione di legge per non avere il giudice disposto il rinvio dell’udienza, stante la richiesta dell’imputato di rendere dichiarazioni ai sensi dell’art. 127, comma 3, c.p.p., in presenza del suo difensore che aveva aderito all’astensione . Infine, con l’ultimo motivo, deduceva violazione dell’art. 81 cpv c.p. e 671 c.p.p. nonché illogicità della motivazione in ragione del mancato attento esame dei motivi posti a base della richiesta di continuazione. La Corte ha rigettato il ricorso. Rinvio per legittimo impedimento. Condividendo la decisione del giudice di merito, la Corte ha riaffermato il principio per cui, quando il procedimento si svolge in camera di consiglio, con la partecipazione necessaria del difensore, non si applica il principio della sospensione o rinvio in caso di legittimo impedimento del difensore e, dunque, in tal senso, nessuna rilevanza assume la adesione dello stesso all’astensione dalle udienze proclamata da organismi di categoria. Ed infatti, specifica la Corte come il procedimento penale va sospeso o rinviato, a fronte di un legittimo impedimento del difensore solo nel giudizio di cognizione di primo grado, nel giudizio di appello, di cassazione, revisione e al procedimento minorile, su richiamo disposto da specifiche norme. Per quanto riguarda, invece, il procedimento in camera di consiglio e quelli di esecuzione e di applicazione di misure di prevenzione, invece, sottoposti alla regolamentazione di cui all’art. 666 e 127 c.p.p. tale disciplina non si applica. L’art. 127 c.p.p., d’altronde, prevede che i difensori siano sentiti solo se compaiono. L’unico motivo di rinvio previsto dalla norma in questione, posta la corretta notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza, è determinato dal legittimo impedimento dell’imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito. Negli altri casi, l’udienza si svolge in presenza di un difensore d’ufficio prontamente reperibile. Per le stesse motivazioni va rigettato anche il secondo motivo di ricorso. Elementi essenziali del reato continuato. Il giudice delle leggi, invece, con riguardo al terzo motivo ha accolto la motivazione del giudice di merito, ritenendo che la prova della continuazione, per la quale si prevede un regime sanzionatorio più favorevole, deve essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte tenute”. In tal senso, si deve fondare sulla effettiva dimostrazione logica di tale vincolo tra i reati, tale che non possa essere affidato a semplici congetture o presunzioni e, quindi, come affermato dal giudice di merito deve basarsi su elementi certamente induttivi della preesistenza di una preventiva deliberazione che includesse, nelle sue linee essenziali, i singoli episodi”.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 settembre 2013 – 10 aprile 2014, n. 15981 Presidente Zampetti – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 18 settembre 2012, il Tribunale di Lecce - sezione distaccata di Tricase, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato la richiesta avanzata nell'interesse di L.V. , volta all'applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell'art. 671 cod. proc. pen., tra i reati giudicati con le sentenze indicate nella richiesta, rese rispettivamente il 19 ottobre 1999 dal G.u.p. del Tribunale di Lecce, l'8 giugno 2004 dal Tribunale di Lecce e l'8 maggio 2007 dal Tribunale di Lecce - sezione distaccata di Tricase, tutte irrevocabili. Il Giudice, che rilevava in via preliminare la legittimità del disposto rigetto della richiesta di rinvio dell'udienza camerale pervenuta dal difensore di fiducia dell'istante e della disposta nomina del difensore di ufficio ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., richiamava i principi di diritto in tema di continuazione e osservava, a ragione della decisione, che - i delitti di cui alle indicate sentenze si presentavano come espressione di un generico programma di attività delinquenziale, e non come espressione della esistenza di un unico disegno criminoso implicante la progettazione ab origine di una serie ben individuata di illeciti già concepiti nelle loro caratteristiche essenziali - i fatti, che avevano in comune solo in parte l'omogeneità del titolo del reato, erano stati commessi a distanza di tempo, in alcuni casi, anche superiore a un anno, con modalità diverse e in danno di diverse persone offese - l'espletamento del mandato difensivo aveva costituito solo l'occasione per la commissione dei fatti addebitati. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, avv. Paolo Spalluto, l'interessato, chiedendone l'annullamento sulla base di tre motivi. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione di legge, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., con riferimento all'art. 178 cod. proc. pen. e agli artt. 3 e 24 Cost Secondo il ricorrente, che richiama il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati e la natura costituzionale del diritto di sciopero, l'ordinanza è incorsa nel denunciato vizio per non essere stato rinviato il procedimento in presenza del legittimo impedimento rappresentato dalla adesione del difensore all'astensione, formulata con istanza depositata in cancelleria. 2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione ed erronea applicazione di legge, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., con riferimento all'art. 127, commi 3 e 4, cod. proc. pen. e agli artt. 3 e 24 Cost. Secondo il ricorrente, la sua richiesta, espressa con l'istanza depositata il 17 settembre 2012, di voler partecipare all'udienza camerale e di rendere dichiarazioni ai sensi dell'art. 127, comma 3, cod. proc. pen., chiedendo il differimento dell'udienza per essere ascoltato con la presenza del suo difensore che aveva dichiarato di aderire all'astensione proclamata dall'Unione delle Camere penali, non poteva essere ignorata e la sua mancata delibazione ha comportato la violazione dell'art. 127, comma 4, cod. proc. pen. e delle indicate norme costituzionali. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., e mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dallo stesso provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen Secondo il ricorrente, l'istanza di applicazione della disciplina del reato continuato non è stata oggetto di esame concreto per non essere stati considerati i motivi posti a base della richiesta, travisandone il contenuto, non ricondotto esclusivamente alla commissione dei reati nell'espletamento del mandato difensivo, avuto riguardo alla contiguità temporale e alla identità della natura dei reati, rientranti nel titolo del codice penale relativo ai delitti contro l'amministrazione della giustizia , commessi con condotta volta a una personale attuazione dei propri interessi scaturenti dalla propria attività professionale e allo specifico scopo di conseguire le spettanze e i compensi in attuazione della volontà preordinata di agire nello svolgimento dell'attività di avvocato al di fuori di regole . 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta e ha concluso per il rigetto del ricorso, rilevando la coerenza della ordinanza impugnata con il dato normativo, con i richiamati principi di diritto e con i dati processuali, sia in relazione alle questioni processuali, sia in relazione alla disciplina della continuazione. 4. In data 11 settembre 2013 è stata depositata in cancelleria nell'interesse del ricorrente memoria, ex art. 121 cod. proc. pen., in relazione all'art. 127, comma 2, cod. proc. pen., a firma dell'avv. Fulvio Cillo, con la quale, richiamato il vigente codice di autoregolamentazione dell'astensione dalla attività giudiziaria degli avvocati , si ribadisce che era obbligatorio per il Tribunale rinviare l'udienza del 18 settembre 2012 in dipendenza dell'adesione del difensore al proclamato sciopero degli avvocati, e quindi della comunicazione da parte del medesimo non di un proprio legittimo impedimento , ma di un atto dovuto a tutela dell'interesse collettivo della classe degli avvocati, non sindacabile e comportante che l'attività defensionale da prestarsi nel procedimento per l'applicazione della disciplina del reato continuato, lato sensu di cognizione ordinaria, era impedita ex lege ed ex art. 39 Cost La comunicazione dell'astensione del difensore dalla partecipazione all'udienza ha, inoltre, giuridicamente impedito la presenza dell'interessato, che aveva depositato istanza scritta ai sensi dell'art. 127, comma 3, cod. proc. pen., con la quale aveva comunicato la sua intenzione di partecipare all'udienza con l'assistenza del suo difensore, preannunciato che l'astensione dello stesso precludeva la sua presenza personale e chiesto un rinvio del suo ascolto personale, senza ricevere alcuna motivata risposta. Il ricorrente, insistendo nell'accoglimento della richiesta preliminare di pronuncia di nullità del provvedimento impugnato, chiede, in via subordinata, l'accoglimento degli ulteriori motivi di ricorso, deducendo la sussistenza di tutte le condizioni richieste dall'art. 81 cod. pen., diffusamente esposte nella istanza proposta e nel ricorso, ulteriormente illustrate, e non esaminate, né valutate dal Tribunale. 5. Nella stessa data dell'11 settembre 2014 è stato depositato in cancelleria atto di adesione dell'avv. Fulvio Cillo, unico difensore di fiducia del ricorrente, all'astensione dalle udienze indetta dall'O.U.A. per le udienze dal 16 al 20 settembre 2013, con richiesta di rinvio della udienza fissata del 17 settembre 2013. 6. Il 16 settembre 2013 è pervenuta, trasmessa a mezzo fax, memoria ex art. 121 cod. proc. pen., a firma dello stesso indicato difensore, con richiesta, nell'interesse del ricorrente, di rimessione degli atti alle sezioni unite e con eccezioni di legittimità costituzionale. Secondo la difesa, che ribadisce quanto dedotto con la memoria già depositata in ordine alla obbligatoria presenza del difensore nel procedimento per l'applicazione della disciplina del reato continuato, nel quale il giudice dell'esecuzione svolge attività giurisdizionale con le prerogative e le competenze proprie del giudice della cognizione ordinaria, è costituzionalmente illegittimo, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l'art. 671 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede la formazione del contraddittorio con obbligatorietà della partecipazione del difensore per l'acquisizione e illustrazione degli elementi specifici e concreti a sostegno dell'istanza al fine della valutazione e della delibazione dell'identità dei titoli e delle omogeneità delle condotte e di ogni ulteriore indice sintomatico di un progetto criminoso unitario . Il difensore, che insiste nella richiesta di rinvio della udienza in dipendenza della sua adesione all'astensione proclamata per il giorno 17 settembre 2013, del cui accoglimento è certo, chiede, per il caso in cui non siano ravvisate le condizioni per il suo accoglimento, la rimessione della questione alle sezioni unite di questa Corte, avendo altre pronunce condiviso quanto rappresentato in ordine alla obbligatoria presenza del difensore nel procedimento di cassazione relativo e susseguente al procedimento ex art. 671 cod. proc. pen., e solleva unitamente all'interessato, in via subordinata al mancato accoglimento preliminare della richiesta, eccezione di incostituzionalità dell'art. 611 cod. proc. pen. nella parte in cui, affermando che questa Corte giudica sui motivi e sulle memorie senza intervento del difensore, non esclude tale non necessarietà dell'intervento del difensore nella ipotesi di ricorso per cassazione avverso il provvedimento adottato dal 1 giudice relativamente alla istanza a lui rivolta ex art. 671 c.p.p. . Considerato in diritto 1. La richiesta di rinvio della odierna udienza, avanzata dal difensore in dipendenza della sua dichiarata adesione all'astensione dalla udienza indetta dall'O.U.A. Organismo Unitario Avvocatura , è stata rigettata da questa Corte con ordinanza in data odierna, che qui si condivide. 1.1. Deve essere, invero, riaffermato il principio costante nella giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua, allorquando, in cassazione, il procedimento si svolge in camera di consiglio senza l'intervento del difensore, nessuna rilevanza, ai fini del richiesto rinvio, assume la partecipazione del difensore stesso all'astensione dalle udienze proclamata da organismi di categoria tra le altre, Sez. 5, n. 1596 del 06/06/1995, dep. 19/08/1995, Pierotti Cei, Rv. 202633 Sez. 2, n. 9775 del 22/11/2012, dep. 01/03/2013, Abbaco e altro, Rv. 255353 . Né a tale condiviso principio si sottrae il procedimento volto all'applicazione della disciplina della continuazione. Il procedimento in camera di consiglio è, infatti, previsto, nel giudizio di legittimità, dall'art. 611 cod. proc. pen. in via generale, con riguardo alla decisione su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell'art. 442 , e le modalità del suo svolgimento sono regolate dallo stesso art. 611 cod. proc. pen., alla cui stregua, al di fuori di diverse previsioni normative, quali quelle relative alla materia cautelare, e in deroga a quanto previsto dall'art. 127, la Corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori , temporalmente cadenzandosi per tutte le parti la presentazione di motivi nuovi e di memorie di replica. 1.2. La conformità di tale previsione normativa al dettato costituzionale è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza di questa Corte tra le altre, Sez. 1, n. 4775 del 05/10/1998, dep. 12/01/1999, De Filippis R., Rv. 212287 Sez. 5, n. 4118 del 17/11/2000, dep. 01/02/2001, Manfredi A., Rv. 217937 , che ha ritenuto manifestamente infondata la relativa questione in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., non essendo violato il principio di parità tra le parti, in quanto alla udienza camerale non interviene né il difensore, né il pubblico ministero, e non essendo violato il diritto di difesa, poiché la possibilità per quest'ultimo di motivare la sua requisitoria con formule generiche non svantaggia la parte, che, ulteriormente specificando con memorie le sue richieste, potrà, fra l'altro, evidenziare come le affermazioni del procuratore generale non siano sorrette da alcun iter argomentativo e siano, quindi, infondate o, quantomeno, indimostrate. Su tale conformità ai principi costituzionali non incidono negativamente le osservazioni difensive in merito alle peculiarità del procedimento di applicazione in sede esecutiva della disciplina del reato continuato per i profili cognitori dell'apprezzamento demandato al giudice dell'esecuzione, poiché detti profili, che la Corte costituzionale ha valorizzato al fine della individuazione delle incompatibilità del giudice del rinvio a seguito di sentenza di annullamento sent. n. 183 del 2013 , attengono all'oggetto del giudizio e non al procedimento nel quale lo stesso si esprime. 1.3. Né il difensore ha indicato, con la memoria peraltro tardivamente proposta, nel prospettare la sussistenza di ragioni di accoglimento della sua richiesta, le altre pronunce di questa Corte che, in analoghe fattispecie, hanno condiviso l'impostazione difensiva, sì da far emergere il rappresentato generico contrasto giurisprudenziale e giustificare la rimessione della questione alle sezioni unite. 2. Tanto premesso sul piano processuale, il ricorso, infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato. 3. Il primo motivo censura per violazione di legge la decisione del Giudice dell'esecuzione di non rinviare il procedimento camerale a fronte della comunicazione del difensore di adesione all'astensione dalle udienze deliberata dall'associazione di categoria, non valutata quale legittimo impedimento. La doglianza, richiamata con la memoria depositata l'11 settembre 2013, con la quale la comunicazione di adesione alla proclamato astensione è stata rappresentata in termini di atto dovuto per il difensore, non sindacabile e impeditiva dello svolgimento di attività defensionale in procedimento esecutivo ma lato sensu di cognizione ordinaria, è destituita di fondamento. 3.1. Si rileva in diritto che l'art. 666 cod. proc. pen. prevede in via generalizzata quale modello procedimentale, per la trattazione dell'incidente di esecuzione, quello dell'udienza camerale partecipata, stabilendo che l'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero, ai quali deve essere dato apposito avviso commi 3 e 4 , e, analogamente a quanto si verifica in tutti i casi nei quali il legislatore, nel prescrivere che si proceda in camera di consiglio , senza aggiungere una regolamentazione specifica, ometta di richiamare testualmente le prescrizioni dell'art. 127 cod. proc. pen., il procedimento e le formalità stabilite da detta norma sono applicabili per relationem . Alla natura camerale partecipata del giudizio consegue la inapplicabilità della disciplina di cui agli artt. 484, comma 2-bis, cod. proc. pen. e 420-ter, comma 5, cod. proc. pen., introdotti dalla legge n. 479 del 1999, secondo cui, a fronte di legittimo impedimento del difensore, prontamente comunicato e documentato, il procedimento va sospeso o rinviato. Tale disciplina, prevista per il solo giudizio di cognizione di primo grado, mentre è estensibile ai giudizi di appello, di cassazione, di revisione e al procedimento minorile in forza dei richiami disposti da specifiche norme, non è, infatti, espressamente richiamata da alcuna disposizione legislativa per il procedimento in camera di consiglio e per quelli di esecuzione e di applicazione di misure di prevenzione, sottoposti alla regolamentazione degli indicati artt. 666 e 127 cod. proc. pen 3.2. L'art. 127 cod. proc. pen. stabilisce che i difensori - al pari del pubblico ministero e delle altre persone interessate - sono sentiti solo se compaiono comma 3 , e prevede la nullità del procedimento, in conseguenza della mancata presenza del difensore, soltanto se tale assenza sia derivata dalla omissione della notificazione dell'avviso della data dell'udienza comma 5 . Coerentemente l'art. 127 cod. proc. pen., che detta le forme del procedimento-tipo in camera di consiglio, prevede che i difensori il pubblico ministero e gli altri destinatari dell'avviso sono sentiti solo se compaiono comma 3 , mentre soltanto il legittimo impedimento dell'imputato o del condannato o del detenuto in sede , che ha chiesto di essere sentito, è motivo di rinvio dell'udienza comma 4 . A ciò consegue che, una volta notificato l'avviso, deve ritenersi assicurato il contraddittorio e irrilevante l'assenza del difensore, anche se causata da legittimo impedimento, che è previsto, come già rilevato, quale causa di rinvio per il solo dibattimento, essendo il difensore sentito soltanto se comparso ed essendo egli sostituibile, ove non comparso, secondo la regola dettata dall'art. 97, comma 4, cod. proc., mediante un patrocinatore, designato d'ufficio tra quelli prontamente reperibili. 3.3. Di tale principio, che, rimarcato con riguardo ai procedimenti camerali, diversi dall'udienza preliminare Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, dep. 22/09/2006, Passamani, Rv. 234146 , è stato costantemente riferito dalla giurisprudenza di questa Corte anche a ipotesi di adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze tra le altre Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, dep. 27/06/1998, Cerroni, Rv. 210795 Sez. 2, n. 44357 del 11/11/2005, dep. 05/12/2005, Vara e altri, Rv. 233166 Sez. 6, n. 14396 del 19/02/2009, dep. 01/04/2009, P.O. in proc. Leoni e altri, Rv. 243263 Sez. 1, n. 5722 del 20/12/2012, dep. 05/02/2013, Morano, Rv. 254807 , il Giudice dell'esecuzione ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione, rigettando la richiesta di rinvio pervenuta dal difensore di fiducia e nominando un difensore ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen 3.4. L'indicato condiviso indirizzo è contestato dal ricorrente in base al richiamato disposto dell'art. 3 della Delibera n. 07/749 della Commissione di garanzia, concernente la regolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, a norma del quale anche nel processo penale la mancata comparizione dell'avvocato, tra l'altro, all'udienza, anche se la sua presenza non sia prevista come obbligatoria, è considerata in adesione all'astensione e quindi come legittimo impedimento, se dichiarata personalmente dal legale titolare della difesa o tramite sostituto all'inizio dell'udienza o se comunicata con atto scritto trasmesso o depositato, ed è ulteriormente contestato in memoria in base alla rappresentazione dell'adesione del difensore al proclamato sciopero degli avvocati, come atto dovuto a tutela dell'interesse collettivo della classe degli avvocati, non suscettibile di sindacato. Deve al contrario riaffermarsi che, mentre non può parlarsi di atto dovuto con riguardo all'esercizio di un diritto che il difensore esplica, senza esservi giuridicamente vincolato, con l'adesione alla deliberata astensione dalle udienze, le disposizioni delle delibere della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici si limitano a delineare i casi di legittima astensione da parte dei difensori dall'attività di udienza, che esentano in tal modo dalla sottoposizione a eventuali sanzioni penali e disciplinari, senza introdurre una specifica disciplina processuale, né imporre il rinvio obbligatorio dell'udienza camerale, né consentire di superare la previsione dell'art. 127 cod. proc. pen. circa la facoltatività della partecipazione del difensore nei procedimenti camerali quale quello di specie . 3.5. Neppure può ravvisarsi la dedotta violazione di legge, sotto il profilo della generica inosservanza degli artt. 3 e 24 Cost., anche alla luce delle ragioni poste, nella memoria difensiva, a fondamento della rappresentata questione di legittimità costituzionale dell'art. 671 cod. proc. pen. e collegate alla ritenuta obbligatoria presenza del difensore nel procedimento per l'applicazione della disciplina del reato continuato. Deve, invero, ribadirsi, concordando con quanto già affermato da questa Corte Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, dep. 27/06/1998, Cerroni, Rv. 210796 Sez. U, n. 31461 del 27/06/2006, citata, non massimata sul punto che Il giudice delle leggi ha costantemente riconosciuto conforme al dettato costituzionale la modulabilità delle forme e dei contenuti in cui si articola il diritto di difesa in relazione alle caratteristiche dei singoli procedimenti o delle varie fasi processuali, purché di tale diritto siano comunque assicurati lo scopo e la funzione v. Corte cost, sent. n. 175/1996 ha più volte conseguentemente osservato che l'effettività del diritto di difesa non deve necessariamente comportare che il suo esercizio debba essere disciplinato in modo identico nella multiforme tipologia dei riti e che non possono effettuarsi raffronti omogenei tra settori non direttamente comparabili ., dotati di peculiarità proprie, sia nei presupposti sostanziali, sia, di riflesso, sul terreno processuale v. di recente, Corte cost, sent. n. 321/2004 , e, riconfermato il già svolto rilievo della non incidenza del contenuto anche cognitorio dell'istituto della continuazione in sede esecutiva sulla disciplina del procedimento, deve rilevarsi che nel caso in esame, il contraddittorio e stato, in ogni caso, esaurientemente garantito sia dalla presenza effettiva necessaria di un sostituto del difensore di fiducia nominato dal giudice, il quale non ha chiesto termini ulteriori, sia dalla possibilità del difensore di fiducia di officiare un suo sostituto in tempi congrui per l'esercizio del mandato. 4. È infondato anche il secondo motivo, con il quale il ricorrente si duole della mancata delibazione della sua richiesta di differimento dell'udienza per rendere dichiarazioni in presenza del suo difensore che aveva, a sua volta, depositato dichiarazione di adesione all'astensione dalle udienze e chiesto un rinvio dell'udienza. Con la richiesta nei termini formulata il ricorrente ha, infatti, inteso ripetere la legittimità del suo impedimento da quello posto a base della richiesta del suo difensore, al quale lo ha correlato. Il rigetto di quest'ultima richiesta, con il rituale svolgimento dell'udienza camerale, ha, pertanto, e con carattere assorbente rispetto a ogni altro rilievo, tolto ogni fondamento al prospettato impedimento, ritenuto implicitamente e coerentemente non sussistente. 5. È destituito di fondamento il terzo motivo, richiamato e ulteriormente illustrato con la memoria difensiva, che attiene al contestato diniego del vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle tre sentenze penali di condanna, oggetto della richiesta. 5.1. A norma dell'art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell'esecuzione può applicare in executivis l'istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dall'art. 81 cod. pen Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la continuazione presuppone l'anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, e tale situazione è ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità, quale quello tipico dell'associazione per delinquere tra le altre, Sez. 1, n. 35797 del 12/05/2006, dep. 25/10/2006, Francini, Rv. 234980 Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, Di Maria, Rv. 243632 Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009, dep. 17/12/2009, Maniero, Rv. 245472 Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv. 248862 . La prova di detta congiunta previsione - ritenuta meritevole di trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate - deve essere di regola ricavata, poiché attiene alla inesplorabile interiorità psichica del soggetto, da indici esteriori significativi, alla luce dell'esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte tenute. Tra tali indici, esemplificativamente elencati dalla giurisprudenza, vengono in considerazione la tipologia dei reati, il bene giuridico offeso, le condotte poste a fondamento delle diverse condanne, le loro modalità di commissione, la causale delle violazioni, la loro omogeneità, la sistematicità, il contesto spaziale e il contenuto intervallo temporale. Essi hanno normalmente un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo, della preordinazione di fondo che unifica le singole violazioni l'accertamento diretto al riconoscimento o al diniego del vincolo della continuazione, pur officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere della effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni tra le altre, Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098 Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833 Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838 . 5.2. Il Giudice dell'esecuzione, nel caso di specie, ha correttamente interpretato il parametro normativo di cui all'art. 81, comma 2, cod. pen, e, con motivazione logicamente articolata, ha fatto esatta applicazione dei suddetti principi, pienamente condivisi dal Collegio, evidenziando l’ iter logico seguito per escludere, nel caso concreto, l'unitarietà del disegno criminoso tra i reati, separatamente oggetto di contestazione e separatamente giudicati nei processi definiti con le tre sentenze richiamate nella istanza. La valutazione del giudice di merito è ragionevole, in quanto condotta e argomentata sulla scorta di precisi richiami alle motivazioni delle sentenze e alle specifiche condotte contestate e la sussistenza di un'unica originaria ideazione criminosa è stata esclusa in ragione di dati, coerenti rispetto alle risultanze dei provvedimenti esaminati e rispetto alla ratio dell'istituto della continuazione. 5.3. Con motivazione ineccepibile anche sul piano logico e non incongrua ai dati fattuali disponibili e richiamati, il Giudice dell'esecuzione ha, infatti, evidenziato che l'imputato L. è stato condannato con la sentenza del 19 ottobre 1999 del G.u.p. del Tribunale di Lecce per i delitti di minaccia e calunnia, commessi il 17 aprile 1998, con la sentenza dell'8 giugno 2004 del Tribunale di Lecce per i delitti di cui agli artt. 380 e 646 cod. pen., commessi il 18 febbraio 2009, e con la sentenza dell'8 maggio 2007 del Tribunale di Lecce - sezione distaccata di Tricase per il delitto di cui all'art. 380, commesso il OMISSIS e ha rappresentato che detti fatti, che hanno in comune solo in parte l'omogeneità del titolo del reato art. 380 cod. pen. , sono stati commessi a distanza tra loro, anche superiore a un anno, e sono stati consumati con modalità diverse e in danno di diverse persone. Il Giudice dell'esecuzione ha, quindi, ritenuto, coerentemente agli svolti rilievi, che i commessi delitti esprimevano una personalità criminosa dell'istante, che aveva perseguito un generico programma delittuoso, occasionato nelle autonome determinazioni volitive dall'espletamento del mandato difensivo, e che non erano emersi elementi certamente induttivi della preesistenza di una preventiva deliberazione che includesse, nelle sue linee essenziali, i singoli episodi . 5.4. Le conclusioni che sono state tratte, con l'ordinanza impugnata, resistono alle censure difensive. Si tratta di obiezioni che, reiterando il riferimento al contesto dell'esercizio dell'attività professionale nel quale le vicende si sono articolate e alla volontà preordinata alla interpretazione in termini soggettivi e disinvolti del detto esercizio e all'attuazione dei propri interessi personali anche economici, e valorizzando i dati riguardanti la contiguità spazio-temporale e la natura dei reati, si risolvono nella contrapposizione di una diversa lettura e valutazione delle risultanze processuali secondo un modello argomentativo invasivo di un ambito fattuale, estraneo al giudizio di legittimità nella riproposizione di argomenti difensivi, già sinteticamente ma esaustiva mente presi in esame e confutati dall'ordinanza impugnata, e nella sostanziale e ammessa rappresentazione di una scelta di vita, rispetto alla quali i singoli reati, nel contesto dell'espletamento del mandato difensivo che ne costituiva l'occasione, rispondevano a contingenti opportunità e non a una iniziale deliberazione unitaria comprendente le condotte come effettivamente previste, sia pure senza riguardo ai dettagli operativi, in cui si sostanzia l'istituto della continuazione. 6. Il ricorso deve essere conclusivamente rigettato, e il ricorrente deve essere per l'effetto condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.