Perdono giudiziale o sospensione condizionale della pena: è una scelta di merito

La scelta tra il concedere il perdono giudiziale ovvero la sospensione condizionale della pena è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, né il criterio di scelta dell’uno o dell’altro beneficio è suscettibile di scrutinio di legittimità, quando la scelta si riveli sorretta da una adeguata e congrua motivazione, scevra da vizi logici, che dia conto della ritenuta opportunità di rafforzare il progetto di ravvedimento dell’imputato grazie all’effetto deterrente indotto dal rischio di dover scontare la pena sospesa in caso di nuova condanna.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 16017/14 della Corte di Cassazione, depositata il 10 aprile scorso. Il caso. Il Tribunale per i Minorenni di Roma riteneva una minore al momento del fatto colpevole del delitto di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacenti per essere stata la medesima rinvenuta, a bordo di un autovettura in compagnia di alcuni adulti, in possesso di più di venti dosi singole di cocaina. Riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, la minore veniva condannata alla pena sospesa di 8 mesi di reclusione e di € 2.400 di multa. La Corte d’Appello di Roma, sezione minorenni, confermava la sentenza del Tribunale rispetto alla responsabilità dell’imputata, limitandosi nella propria opera di riforma all’ulteriore riconoscimento della sussistenza delle circostanze attenuanti generiche e, conseguentemente, alla rideterminazione della pena inflitta in primo grado in quella, comunque sospesa, di 5 mesi e 10 giorni di reclusione e € 1.600 di multa. Avverso tale ultima sentenza l’imputata proponeva ricorso in Cassazione fondato su un unico motivo. In particolare, la difesa della minore contestava la mancata concessione, in luogo della sospensione condizionale della pena ex art. 163 c.p., del beneficio del perdono giudiziale di cui all’art. 169 c.p Secondo le prospettazioni della difesa la decisione a cui era pervenuta la Corte d’Appello avrebbe dovuto considerarsi contraddittoria rispetto al positivo giudizio prognostico dalla stessa Corte espresso rispetto alla futura buona condotta dell’imputata. Tale giudizio si è rivelato, infatti, quale caposaldo su cui fondare la concessione del beneficio delle attenuanti generiche e, pertanto, secondo l’imputata, esso sarebbe stato sicuramente idoneo a fungere da presupposto per un’astensione dal pronunciare condanna ex art. 169 c.p Inoltre, in favore dell’esito auspicato dalla ricorrente deponevano altri elementi la giovane età dell’imputata al momento del fatto, l’incensuratezza della stessa, la circostanza che gli adulti con cui ella si trovava fossero stati riconosciuti quali suoi determinatori a commettere il delitto , tutti rilevati dal Collegio di secondo grado, che avrebbero dovuto naturalmente essendo esclusa qualsiasi automaticità condurre alla concessione del perdono giudiziale, ma a cui la sentenza impugnata non ha assegnato, incoerentemente, tale valenza per il solo motivo che una pronuncia di perdono avrebbe comportato l’immediata estinzione del reato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso. Errare è umano, perdonare è discrezionale. Il giudizio della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione è decisamente tranchant . Viene dichiarata l’infondatezza del ricorso che secondo il Collegio lambisce l’indeducibilità , in quanto la Corte d’Appello di Roma, sezione minorenni, ha adeguatamente motivato la propria scelta di mantenere la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena in luogo del perdono giudiziale, avendo ritenuto, in considerazione della complessiva dinamica del fatto, da cui si è evinta un’attiva partecipazione della minore alla condotta delittuosa, che il primo dei suddetti benefici fosse più funzionale al percorso di ravvedimento dell’imputata. Tale valutazione è stata coerentemente e logicamente fondata sulla circostanza per cui il diverso atteggiarsi dell’effetto estintivo del reato dell’istituto di cui all’art. 163 c.p. subordinato alla mancata commissione, nei termini di sospensione, di un altro delitto e all’adempimento degli obblighi imposti dalla sentenza rispetto a quello ex art. 169 c.p. passaggio in giudicato della relativa sentenza incide maggiormente sulle spinte psicologiche del reo, il quale subisce l’effetto deterrente della possibilità che la pena sospesa venga poi, in caso di condotta non rispettosa degli obblighi imposti dalla legge e dal giudice, scontata. La Suprema Corte si sofferma, inoltre, sulla natura della scelta in questione, ribadendone la discrezionalità e l’insidacabilità in sede di legittimità, se sorretta da congrua motivazione. Tale giudizio di congruità la Corte ritiene di assegnare alla sentenza impugnata, in considerazione, come supra evidenziato, del riferimento che la Corte d’Appello ha operato al predetto effetto deterrente della sospensione condizionale della pena. Naturale conseguenza dell’iter motivazionale della Sesta Sezione Penale è, pertanto, il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 31 ottobre 2013 – 10 aprile 2014, n. 16017 Presidente Di Virginio – Relatore Paoloni Motivi della decisione 1. Con sentenza del 13.10.2011 il Tribunale per i Minorenni di Roma ha dichiarato M.T. , minore degli anni diciotto al momento del fatto, colpevole del reato di illecita detenzione per fini di spaccio di 22 singole dosi di sostanza stupefacente del tipo cocaina rinvenuta in suo possesso mentre era a bordo di un'autovettura con due adulti a loro volta in possesso di droga e l'ha condannata, con l'attenuante del fatto lieve art. 73 co. 5 L.S. e la diminuente per la minore età, alla pena sospesa di otto mesi di reclusione ed Euro 2.400 di multa. Adita dall'impugnazione dell'imputata, la Corte di Appello di Roma sezione Minorenni con l'indicata sentenza del 19.9.2012 ha confermato in punto di responsabilità la decisione di primo grado, ma in sua parziale riforma ha mitigato il trattamento sanzionatorio, riconoscendo alla M. le attenuanti generiche e così determinando la pena in cinque mesi e dieci giorni di reclusione ed Euro 1.600 di multa. 2. Mediante il difensore l'imputata ricorre per cassazione contro la sentenza di appello, sviluppando un unico motivo di censura per erronea applicazione dell'art. 169 c.p. e per contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata concessione del perdono giudiziale. Tale beneficio è stato negato alla M. , benché contraddittoriamente la Corte di Appello abbia espresso un giudizio prognostico favorevole in punto di ragionevole presunzione di una futura buona condotta della giovane. Giudizio in virtù del quale la stessa Corte ha concesso alla M. le circostanze attenuanti generiche negatele in primo grado. Sebbene non possa istituirsi un diretto automatismo applicativo del perdono giudiziale ogni qualvolta si sia in presenza di elementi che inducano alla concessione della sospensione condizionale della pena, nel caso di specie sono ravvisabili dati e circostanze, rilevati dalla stessa Corte territoriale, che depongono per la concessione del perdono giudiziale, quali la giovane età dell'imputata al momento del fatto reato quindici anni , il suo stato di incensuratezza e di assenza di pendenze giudiziarie, la stessa dinamica del suo comportamento criminoso i due correi adulti della M. sono stati condannati con l'aggravante di cui all'art. 80, co. 1-lett. b, L.S. per aver determinato la minore a commettere il reato ascrittole . Dati che, mentre inducono la Corte di Appello a ritenere la ricorrente persona non dedita ad attività criminose, smentiscono tale positiva valutazione con l'omessa applicazione del perdono giudiziale solo perché da esso deriverebbe la subitanea estinzione del reato. Effetto, questo, che discende anche dal positivo decorso del termine di sospensione della pena. 3. Il ricorso va rigettato per l'infondatezza che lambisce l'indeducibilità dell'unico proposto motivo di doglianza. 3.1. La Corte di Appello di Roma ha adeguatamente motivato, infatti, le ragioni considerate ostative al riconoscimento in favore dell'imputata del beneficio di cui all'art. 169 c.p., chiarendo - con lineare e logico giudizio di fatto - come le stesse evenienze che pure hanno giustificato la concessione della sospensione condizionale della pena non assumano spessore tale da essere utilizzate anche per riconoscere il perdono giudiziale all'imputata, quando si tenga conto della complessiva dinamica e delle modalità stesse dell'episodio ex art. 73 L.S. ascrittole, comunque rivelatrici di un attivo coinvolgimento criminoso della pur giovane M. . 3.2. Evidenziata correttezza e linearità delle valutazioni enunciate dalla Corte di Appello, non sembrano inutili alcune rapide precisazioni. L'istituto del perdono giudiziale e quello della sospensione condizionale della pena sono connotati da uno stesso presupposto applicativo, essendo entrambi subordinati al fatto che il giudice presuma, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133 c.p. artt. 164, 169 c.p. , che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. A tale presupposto corrisponde un effetto comune dei due istituti, che è quello di determinare l'estinzione del reato per cui è intervenuta condanna. Tale effetto è, però, qualificato da una diversa scansione diacronica che costituisce l'elemento differenziale tra i due istituti nel caso del perdono giudiziale l'esito estintivo si verifica al momento del passaggio in giudicato della sentenza che lo applica nel caso della sospensione della pena ex artt. 163 ss. c.p. l'effetto è differito all'utile decorso del termine di legge, condizione risolutiva anche eventuale e revocabile cui esso è sottoposto. È ben chiaro che, con la differenziata efficacia dei due istituti, il legislatore ha voluto offrire al giudice di merito uno strumento capace di consolidare nel minore le controspinte psicologiche al reato e le basi di un suo pieno recupero sociale, subordinando al decorso del tempo il verificarsi della causa estintiva, piuttosto che dare ad essa un'immediata applicazione. La scelta tra il concedere il perdono giudiziale ovvero la sospensione condizionale della pena è rimessa, dunque, al potere discrezionale del giudice di merito, né il criterio di scelta dell'uno o dell'altro beneficio è suscettibile di scrutinio di legittimità, quando la scelta si riveli sorretta - come deve constatarsi nel caso dell'impugnata sentenza della Corte capitolina - da una adeguata e congrua motivazione, scevra da vizi logici, che dia conto della ritenuta opportunità di rafforzare il progetto di ravvedimento dell'imputato grazie all'effetto deterrente indotto dal rischio di dover scontare la pena sospesa in caso di nuova condanna. 3.3. Non è contraddittoria né irrazionale, per tanto, la decisione della sentenza impugnata, ispirata ai predetti criteri selettivi, di negare alla M. già beneficiata con la sospensione condizionale l'invocato perdono giudiziale inopportunità di concedere il beneficio del perdono giudiziale, cui segue l'immediata estinzione del reato, che per tale ragione e meno idoneo ad esercitare un effetto positivo sulle future determinazioni dell'imputata, e maggiore incisività del già concesso beneficio della sospensione condizionale della pena . Con una motivazione che, ferma l'espressa positiva prognosi comportamentale ribadita con l'ulteriore concessione delle attenuanti generiche, è fondata su un congruo apprezzamento di elementi di fatto coerente con i differenziati effetti dei due istituti del perdono giudiziale e della sospensione condizionale della pena cfr. Sez. 4, 12.7.2004 n. 43252, rv. 231007 Sez. 5,30.6.2010 n. 30946, rv. 247764 . La condizione di minorenne della ricorrente osta alla sua condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende S.U., 31.5.2000 n. 15, Radulovic, rv. 216704 . P.Q.M. Rigetta il ricorso.