Venti miliardi di vecchie lire intestati al figlio per sottrarli alla confisca, ma il trucco dell’intestazione fittizia è svelato

L’intestazione fittizia di beni a un terzo può essere provata dalla presenza di indizi gravi, precisi e concordanti quali la natura giuridica e le modalità dell’atto dispositivo, il rapporto di stretta parentela tra le parti dell’atto dispositivo, la vicinanza temporale tra l’atto di spoliazione e la commissione del reato per cui è disposta la confisca dei beni, la destinazione del bene, le qualità personali dell’intestatario e l’oggetto dell’atto dispositivo.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 15829/14 della Corte di Cassazione, depositata il 9 aprile scorso. Il caso. Una nota famiglia milanese implicata in un vero e proprio scandalo giudiziario il padre e 3 figli sono stati indagati per truffa e trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori art. 12 quinquies d.l. n. 306/1992 come convertito dalla L. n. 356/1992 e il quarto figlio è stato raggiunto da un sequestro finalizzato alla confisca art. 12 sexies d.l. cit. . Si accertava che il minore dei fratelli aveva ricevuto 4 ingenti donazioni sul proprio conto corrente da parte del padre e dei fratelli, somma di circa 20 miliardi di lire che, tuttavia, era interamente di proprietà del padre che la donò/trasferì al figlio ventenne tramite gli altri figli. Sequestro di beni di terzi. Il gioco di trasferire a terzi – estranei ad un reato per il quale è prevista la confisca – beni in realtà appartenenti all’indagato, nella speranza di sottrarre detti beni alla confisca perché intestati simulatamente ad altri, è osteggiato dalla legislazione che consente il sequestro anche in tali casi. La collaborazione tra Pubblico ministero La giurisprudenza ha applicato il principio ripetutamente ed è assestata nell’affermare che l’onere di provare l’esistenza di situazioni rappresentative di uno scollamento tra intestazione fittizia del bene e disponibilità effettiva grava sulla pubblica accusa. Attraverso plurime presunzioni gravi, precise e concordanti sul Pubblico ministero grava l’onere di dimostrare che i beni, in realtà, non sono del terzo ma dell’indagato e che, pertanto, poiché l’intestazione è da ritenersi fittizia, possono essere sequestrati a fini di confisca. e Giudice della cautela. Spetta invece al Tribunale motivare le ragioni per cui si aderisce alla tesi dell’interposizione fittizia, sulla scorta delle circostanze sintomatiche indiziarie e degli elementi fattuali idonei a sostenere l’assunto accusatorio. Cosa va provato il contenuto del duplice onere probatorio. In primo luogo deve essere provata l’intestazione fittizia in favore di un terzo di un bene, in realtà, nella disponibilità dell’indagato. Si tratta di un test pregiudiziale che prende spunto dai dati fattuali a disposizione quali, a titolo esemplificativo rapporti personali, di coniugio, parentela, amicizia tra i soggetti coinvolti, situazioni patrimoniali e reddituali, attività svolta . In secondo luogo, dimostrata l’intestazione fittizia al terzo, l’accusa deve provare l’esistenza di una sproporzione – contestualizzata nel tempo – tra reddito o proventi dichiarati dal terzo e il valore economico dei beni di cui risulta titolare, salvo che vi sia una giustificazione credibile circa la loro provenienza. Presunzione iuris tantum. Dimostrati tali fatti entra in campo una presunzione iuris tantum di illiceità dei beni, presunzione che cede alla prova contraria invertendo l’onere della prova . In questa fase si apre un vero e proprio conflitto tra la pretesa statuale di recuperare i beni apparentemente usciti dalla disponibilità dell’indagato, al fine di soddisfarsi su questi tramite la loro confisca e la volontà del terzo che, invocando la propria buona fede, mira a conservare i beni provenienti – direttamente o non – dall’indagato. In un sistema di bilanciamento tra i rispettivi interessi si è stabilito che la prova della simulazione spetti alla pubblica accusa ma può fondarsi su presunzioni di vario genere. Fonti delle presunzioni. La casistica giurisprudenziale offre un ventaglio di situazioni tipo utilizzate quali indizi e da valutare nel concreto contesto. Si pensi ai rapporti di parentela o convivenza o di amicizia o lavoro tra indagato e terzo, alla vicinanza temporale tra l’atto dispositivo e quello in cui l’indagato ha avuto cognizione del procedimento penale, alla mancanza di disponibilità economica che giustifichi l’acquisto del bene a titolo oneroso da parte del terzo, alla gratuità dell’atto. Non applicabile il regime del c.d. codice antimafia. Lo speciale meccanismo previsto dal codice antimafia e consistente in una doppia presunzione a favore della pubblica accusa non è applicabile nel processo penale, perché si tratta di norme non applicabili in via analogica, in quanto attingono a un settore specifico – quello delle misure di prevenzione – e sono, quindi, speciali. Quali differenze? Indice della simulazione può essere il rapporto di parentela e la gratuità dell’atto, sia nel processo penale che nel processo di prevenzione. Tuttavia, nel primo caso l’indice rimane alla soglia di indizio e, pertanto, necessita dei connotati della pluralità, gravità, precisione, concordanza e non provoca l’inversione dell’onere della prova. Al contrario, nel processo di prevenzione quegli stessi indici determinano un’automatica presunzione di fittizietà del trasferimento, trasferendo l’onere della prova a carico del terzo titolare del bene. La differenza è evidente nel processo penale, il Pubblico ministero deve utilizzare le presunzioni in via ordinaria, e cioè ove gli indizi siano plurimi, gravi, precisi e concordanti e idonei a far risalire a un fatto ignoto la disponibilità giuridica del bene in capo all’indagato a partire da un fatto noto intestazione a un terzo . Errori di diritto La Cassazione evidenzia gli errori di diritto in cui è incorso il Tribunale che ha frainteso la portata delle presunzioni – ritenendo assimilabile il processo penale a quello di prevenzione – con la conseguenza di ritenere invertito automaticamente l’onere della prova. tuttavia, il compendio probatorio depone per la simulazione. Il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alle quattro donazioni avvenute nel giro di un anno, facendo riferimento alla giovane età del terzo ricorrente, nonché sull’entità della somma di cui fu beneficiario tali indizi, unitariamente considerati contribuiscono a consolidare il quadro probatorio. Le violazioni di legge non hanno, pertanto, influito sulla tenuta complessiva della motivazione perché sono stati adeguatamente evidenziati gli elementi indiziari tali da ritenere che le donazioni fossero simulate.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 febbraio – 9 aprile 2014, n. 15829 Presidente Esposito – Relatore Rago Fatto 1. Con ordinanza del 30/10/2013, il Tribunale del Riesame di Milano confermò il decreto con il quale, in data 17/10/2013, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città aveva disposto il sequestro preventivo delle somme di denaro e dei titoli -ammontanti ad oltre cinque milioni di Euro - presenti sul conto corrente n acceso presso la Banca Popolare di Bergamo, sede di , intestato alla società ABACO s.r.l. in virtù di mandato fiduciario n conferito da R.D. il sequestro venne disposto ai sensi degli artt. 321/2 cod. proc. pen. e 12 sexies D.L. 306/1992, sul presupposto che le somme in questione, in realtà, erano nella disponibilità di R.E. padre di R.D. indagato per i reati di cui agli artt. 640/2 n 1 e 12 quinquies D.L. cit. relativi a fatti accertati in omissis . 2. Avverso la suddetta ordinanza, P.M.A. - nella sua qualità di legale rappresentante della Abaco s.r.l. - e R.D. , nella sua qualità di terzo, a mezzo del proprio difensore, con un unico ricorso, hanno proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi 2.1. violazione dell'art. 12 sexies d.l. cit. i ricorrenti, in punto di fatto, hanno premesso che a R.D. non è indagato per alcun reato b la somma sequestrata derivava da una donazione effettuata da R.E. a R.D. nel 1995/1996 ed ammontante a L. 20 miliardi c la suddetta somma era stata sempre goduta da R.D. avendola investita sia all'interno del gruppo R. che all'esterno perseguendo propri interessi personali ed avendo con essa effettuato acquisiti di immobili, di beni registrati in pubblici registri, sui quali aveva pagato tasse ed imposte d le somme sequestrate derivavano da un prestito obbligazionario sottoscritto da R.D. e rimborsato nel mese di agosto 2007 e, quindi, oltre due anni prima al contestato delitto di cui all'art. 12 quinquies d.l. cit Alla stregua della suddetta premessa in fatto, i ricorrenti sostengono che il tribunale non avrebbe applicato i principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla prova gravante sul Pubblico Ministero che assuma che i beni sequestrati appartenenti formalmente ad un terzo siano, in realtà, di proprietà dell'indagato per reati per i quali è prevista la confisca. I ricorrenti, infatti, sostengono che tutti gli indizi evidenziati dal tribunale a carico di R.D. , sarebbero privi di alcuna valenza probatoria in quanto a l'essere figlio dell'indagato R.E. non era un fatto sufficiente a provare la fittizi età dell'intestazione b la circostanza che R.D. avesse faticato nel ricostruire la provenienza ed il successivo reimpiego di un tale importo, nonostante si trattasse di una somma di rilevante entità e del tutto sproporzionata rispetto alla sua capacità reddituale” era, oltre che irrilevante, anche infondata in fatto perché il ricorrente aveva ampiamente collaborato con la Procura c la circostanza secondo la quale è impensabile, del resto, ritenere che una somma di circa 20 miliardi di lire possa essere affidata ad un soggetto poco meno che ventenne privo di qualunque esperienza in materia mentre è più verosimile che l'indagato abbia continuato a gestire quei soldi sfruttando la fittizia interposizione del figlio” era, oltre che irrilevante, rimasta anche completamente indimostrata circa la gestione della somma da parte di R.E. . 2.2. violazione dell'art. 12 sexies d.l. cit. sotto altro profilo, i ricorrenti hanno dedotto l'erroneità del principio di diritto enunciato dal tribunale secondo il quale la presunzione relativa circa l'illecita accumulazione patrimoniale opera, oltre che in relazione ai beni intestati al coniuge ed agli altri famigliari, qualora vi sia sproporzione tra il patrimonio nella titolarità del famigliare e l'attività lavorativa”. Tale affermazione, secondo i ricorrenti contrastava con quanto statuito dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale, invece, la presunzione di sproporzione tra patrimonio e attività lavorativa non si applica al terzo non indagato al quale vengano sequestrati beni asseritamente appartenenti all'indagato. La suddetta violazione era particolarmente rilevante perché il tribunale, non solo aveva omesso di indicare le prove o gli indizi volti a giustificare l'interposizione fittizia ma, aveva utilizzato la presunzione della sproporzione per giustificare l'interposizione fittizia. Una volta, poi, che si riteneva inapplicabile la suddetta presunzione, era ovvio che la percezione, da parte di R.D. delle somme in questione attraverso regolari donazioni, comportava anche che la disponibilità fosse slegata dalla propria capacità reddituale. Il tribunale, poi, aveva errato anche nell'applicare in via analogica al sequestro preventivo in esame e, quindi a R.D. , il principio di diritto affermato dalla giurisprudenza in relazione al sequestro di prevenzione secondo il quale i soggetti conviventi sono equiparati ai famigliari del proposto sicché anche nei loro confronti si applica la presunzione di disponibilità dei beni in capo al soggetto pericoloso. Infatti - a parte che R.D. non era convivente con il padre dal 1994 - la norma di cui all'art. 19 del dlgs 159/2011, essendo una norma speciale e di settore si applica solo al sequestro di prevenzione e non al sequestro penale. 2.3. violazione dell'art. 12 sexies d.l. cit. sotto altro profilo, i ricorrenti contestano l'affermazione del Tribunale secondo la quale in tema di confisca dei beni patrimoniali prevista dall'art. 12 sexies d.l. 306 del 1992 è irrilevante il requisito di pertinenzialità tra beni da confiscare e reato, sicché detta confisca non è esclusa per il fatto che i beni siano stati acquistati in epoca anteriore al rato per cui è intervenuta condanna”. I ricorrenti, infatti, in proposito obiettano che a innanzitutto, il suddetto principio, affermato dalle SSUU Montella, si applica all'indagato o condannato e non al terzo b a tutto concedere, il Tribunale non aveva tenuto conto del principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale In tema di sequestro preventivo di beni di cui è possibile la confisca, la presunzione di illegittima acquisizione degli stessi da parte dell'imputato deve essere circoscritta in un ambito di ragionevolezza temporale, dovendosi dar conto che i beni non siano ictu oculi estranei al reato perché acquistati in un periodo di tempo eccessivamente antecedente alla commissione di quest'ultimo” Cass. 2634/2013. Il che era proprio quanto accaduto nel caso di specie in cui, a fronte di una donazione avvenuta nel 1995/1996, il reato contestato a R.E. risulta essere stato commesso nel OMISSIS e, quindi, quattordici anni dopo. 2.4. violazione dell'art. 12 sexies d.l. cit. sotto un ultimo profilo, il ricorrente sostiene che a lo stesso tribunale non aveva messo in dubbio la liceità delle donazioni di titoli di Stato effettuata con quattro atti pubblici del 1995 e 1996 egli aveva dimostrato, quindi, la provenienza lecita del denaro illustrando anche i successivi investimenti da lui effettuati. Di conseguenza, erronea doveva ritenersi l'affermazione del Tribunale secondo la quale non era stata dimostrata l'origine della provvista che aveva consentito ad R.E. l'acquisto dei titoli di Stato oggetto delle donazioni infatti, non era chiaro in che modo R.D. potrebbe provare tale circostanza dal momento che, contemporaneamente, gli si contestava di non aver provato circostanze a lui dichiaratamente estranee. Peraltro, il tribunale, ancorando l'asserita sproporzione tra donazione e capacità economica si era basato solo sulle dichiarazioni dei redditi del 1995 e 1996 di R.E. , senza considerare che il donante poteva avere attinto la somma donata all'ingente patrimonio accumulato nel corso di mezzo secolo di carriera imprenditoriale. Con il che il tribunale aveva violato l'ulteriore principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale non solo la prova della sproporzione grava sull'accusa ma lo squilibrio i termini di raffronto devono essere fissati nel reddito dichiarato o nelle attività economiche. 2.5. Con memoria depositata il 19/02/2014, i ricorrenti hanno ulteriormente illustrato i suddetti motivi. Diritto 1. In punto di fatto, è pacifico che a R.D. ricevette quattro donazioni la prima, in data 19/07/1995 dal proprio padre R.E. , di L. 4.900.000.000 la seconda, in data 17/06/1996, dal proprio fratello R.F.A. , di L. 5.835.000.000 la terza, in data 17/06/1996, dal proprio fratello R.N. , di L. 5.835.000.000 la quarta, in data 18/06/1996 dal proprio fratello R.C. di L. 5.835.000.000 è pacifico, peraltro, che tutta la somma, in realtà, era di proprietà di R.E. il quale la donò al ricorrente per il tramite degli suoi tre figli cfr pag. 5 ordinanza impugnata dalla quale risulta che fu lo stesso R.D. a dichiarare, nelle sommarie informazioni rese in data 05/09/2013, che la donazione in questione era stata posta in essere in suo favore dal padre R.E. la suddetta circostanza, infatti, è data per pacifica sia dal giudice per le indagini preliminari che dal tribunale e non risulta contestata nel presente ricorso pag. 16 ordinanza b parte della somma donata fu investita in un prestito obbligazionario emessa da R. Acciaio s.p.a. sottoscritto da R.D. e rimborsato nel mese di agosto 2007 si tratta della somma sottoposta a sequestro. 2. Il Tribunale, dopo avere riportato per esteso i capi d'imputazione elevati a carico di R.E. ed altri concorrenti e la motivazione addotta dal giudice per le indagini preliminari con il decreto di sequestro del 17/10/2013 che ha dichiarato di condividere pag. 14 , ha respinto la domanda di riesame del sequestro, con una motivazione che può essere così sintetizzata a in relazione al requisito della disponibilità in capo all'indagato delle somme depositate sul conto corrente in sequestro, la giurisprudenza è costante nel ritenere che la presunzione relativa, circa l'illecita accumulazione patrimoniale, opera, oltre che in relazione ai beni del condannato, anche in riferimento ai beni intestati al coniuge ed agli altri famigliari, qualora vi sia sproporzione tra il patrimonio nella titolarità del famigliare e l'attività lavorativa svolta dallo stesso [ .] anche i soggetti conviventi sono stati equiparati ai famigliari, analogamente a quanto accade in materia di misure di prevenzione [ .] Ebbene, alla luce dei principi sopra enunciati, la circostanza che la titolarità delle somme in sequestro sia forma/mente attribuita a R.D. , figlio dell'indagato, è di per sé sufficiente per ritenere che le stesse rientrino nella disponibilità del padre” pag. 15/16 ordinanza b la prova che le somme in questione siano sempre rimaste nella disponibilità dell'indagato si desume dal fatto che lo stesso R.D. ha faticato nel ricostruire la provenienza ed il successivo reimpiego di u tale importo, nonostante si trattasse di una somma di rilevante entità e del tutto sproporzionata rispetto alla sua capacità reddituale” pag. 16 ordinanza c è impensabile ritenere che una somma di circa 20 miliardi di lire possa essere affidata ad un soggetto poco meno che ventenne, privo di qualunque esperienza in materia, mentre è più che verosimile ritenere che l'indagato abbia continuato a gestire quei soldi sfruttando la fittizia interposizione del figlio” pag. 16 d R.D. non può essere ritenuto neppure persona totalmente estranea alle condotte intese ad occultare la provenienza illecita dei fondi confluiti nei predetti Trusts [ .]” pag. 16-17 e non era stata dimostrata l'origine [ndr lecita] della provvista che consentì ad R.E. l'acquisto dei titoli di Stato e dei buoni ordinari del tesoro oggetto delle citate donazioni [ .]” pag. 17 f era irrilevante il requisito della pertinenzialità pag. 18. 3. In punto di diritto, vertendosi in materia di sequestro di beni appartenenti ad un terzo, sul presupposto che, in realtà, siano nella disponibilità dell'indagato per reati per i quali è prevista la confisca, è opportuno rammentare i principi di diritto che, in modo costante, questa Corte di legittimità ha reiteratamente enunciato. Il principio base e fondamentale è il seguente incombe alla pubblica accusa l'onere di dimostrare l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, sicché possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al soggetto indagato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca, così come spetta al giudice della cautela esplicare poi le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, utilizzando allo scopo non solo circostanze sintomatiche di mero spessore indiziario, ma elementi fattuali, dotati dei crismi della gravità, precisione e concordanza, idonei a sostenere, anche in chiave indiretta, l'assunto accusatorio ex plurimis Cass. 11732/2005 riv 231390, in motivazione - Cass. 3990/2008 riv 239269 - Cass. 27556/2010 riv 247722 . L'onere probatorio dell'accusa consiste unicamente nel dimostrare, anche e soprattutto attraverso presunzioni plurime, gravi, precise e concordanti, che quei beni, in realtà, non sono del terzo, ma sono nella disponibilità dell'indagato a qualsiasi titolo”. Altro principio fondamentale, consiste nel non confondere il sequestro diretto nei confronti dell'indagato e cioè su beni che appartengono formalmente al medesimo, ed il sequestro indiretto ossia su beni formalmente intestati ad un terzo ma che si assume appartengano di fatto all'indagato. Infatti, e lo si ribadisce, ove sia disposto un sequestro su beni di un terzo che si assume essere di proprietà dell'indagato, l'accusa, in pratica, è gravata da un duplice onere probatorio a innanzitutto, deve provare che quel bene appartiene di fatto all'indagato in quanto l'intestazione a favore di un terzo è fittizia l'onere probatorio, in questa prima fase, è limitato a quello poc'anzi enunciato. In tale senso, ad es. questa Corte ha chiarito che in questo caso, prima ancora che investigare sull'accumulazione illecita, s'impone in via pregiudiziale l'accertamento dell'effettiva interposizione fittizia tra terzo ed imputato, da condurre su impulso dell'accusa, che è gravata del relativo onere, sulla scorta dei dati fattuali disponibili, ossia dei rapporti personali, di coniugio, parentela, amicizia tra costoro, delle situazioni patrimoniali e reddituali, delle attività svolte, insomma mediante l'utilizzo anche di elementi indiziari, purché connotati dai requisiti di pluralità, gravità, precisione e concordanza, stabiliti dall'art. 192 c.p.p., comma 2, in modo da dimostrare la discrasia esistente tra formale titolarità e reale appartenenza dei beni” Cass. 44534/2012 riv 254699 in motivazione b una volta che sia dimostrato che il bene è intestato fittiziamente al terzo, essendo, in realtà, di proprietà dell'indagato, scatta, ove vi sia opposizione dell'indagato, una nuova e diversa fase processuale nella quale l'accusa è gravata, ex art. 12 sexies/1 D.L. 306/1992, della prova vertente b1 sull'esistenza di una sproporzione fra il reddito dichiarato o i proventi dell'attività economica del soggetto interessato ed il valore economico di beni b2 sulla mancanza di una giustificazione credibile circa la loro provenienza. In particolare, ai fini della sproporzione , il giudizio deve essere temporalmente contestualizzato, nel senso che i proventi di cui il sequestrato aveva disponibilità vanno tenuti in conto nella misura che era attuale al momento in cui ha acquistato i singoli beni. Una volta che i suddetti fatti risultino provati, scatta una presunzione iuris tantum di illiceità dei beni appartenenti all'indagato, sicché, salvo prova contraria - derivante dall'inversione dell'onere probatorio - deve ritenersi ingiustificato un acquisto effettuato in un tempo in cui l'indagato o il condannato non aveva adeguate disponibilità economiche, a prescindere dalla circostanza che le abbia acquisite successivamente Sez. U., 17/12/2003 n. 920/2004 Rv. 226491 Sez. 6, 26/09/2006 n. 721 Rv. 235607 Sez. 6, 12/01/2010 n. 5452 Rv. 246083. Sull'onere probatorio e sulle presunzioni che possono essere valorizzate nell'ipotesi di sequestro su beni appartenente a terzi, è, però, opportuno ulteriormente indugiare, al fine di evitare qualsiasi equivoco. Il Pubblico Ministero che, nel processo penale, agisca per ottenere il sequestro finalizzato alla confisca di beni appartenenti all'indagato in quanto indiziato di reati per i quali la legge prevede la confisca, si trova nella stessa posizione processuale del creditore che, nel processo civile, tenta di aggredire e recuperare beni che il debitore ha sottratto alla propria pretesa creditoria la suddetta affermazione, ovviamente, va presa cum grano salis, in quanto, è appena il caso di rilevarlo, la pretesa Statuale nei confronti dell'imputato derivante dalla confisca, stante la proteiforme natura giuridica della confisca, non può essere assimilata alla mera pretesa creditoria di natura civilistica derivante da un debito inadempiuto. Il conflitto, quindi, che va in scena sia nel processo civile che penale è, da una parte, fra la pretesa recuperatola del soggetto creditore Pubblico Ministero che, agendo, tende a far rientrare il bene apparentemente uscito dalla disponibilità del debitore/indagato nel patrimonio di costui al fine di soddisfarsi per i rispettivi fini creditorii sanzionatori , sul suddetto bene e, dall'altra, dal tentativo del terzo che, invocando la sua buona fede, tende a conservare il bene pervenutogli direttamente o indirettamente dal debitore nel caso che agisca il creditore o dall'indagato-imputato nel caso che agisca il Pubblico Ministero . Il Legislatore, ben conscio del suddetto conflitto, in un accorto sistema di bilanciamento fra i rispettivi interessi, ha stabilito che la prova della simulazione, che spetta sempre a chi agisce, si fonda su presunzioni che sono le più svariate a mò di esempio, senza alcuna pretesa di esaustività, e facendo ricorso alla casistica giurisprudenziale, si possono ricordare le seguenti presunzioni a la parentela e la convivenza fra il dante causa e l'avente causa, nonché rapporti di amicizia o di lavoro b la vicinanza temporale fra l'atto di spoliazione e il momento in cui il dante causa ha avuto la cognizione che, presto, i suoi beni sarebbero stati aggrediti dal creditore o dal Pubblico Ministero c la mancanza di disponibilità economica da parte dell'avente causa che giustifichi l'acquisto a titolo oneroso d la circostanza che l'avente causa ha continuato ad avere la disponibilità di fatto del bene trasferito a terzi e la gratuità dell'atto ecc . Nel processo penale, nonostante sia previsto il sequestro preventivo a fini di confisca, che innesca, di fatto, un vero e proprio sub procedimento, il legislatore non ha ritenuto di dettare alcuna normativa particolare di conseguenza, tutto quanto si è finora detto a proposito dell'onere probatorio che, nel processo civile, spetta al creditore che eserciti nei confronti del terzo un'azione di simulazione, può e deve applicarsi, mutatis mutandis, anche nel processo penale. A questa conclusione si perviene non solo perché non esiste una normativa di settore che deroghi a quella civilistica, ma anche perché, ove il legislatore lo ha voluto ha disciplinato in maniera particolare la materia. Ci si riferisce al processo di prevenzione disciplinato ora dal dlgs 159/2011 e succ. modifiche ed. codice antimafia nel quale è prevista anche il sequestro e la confisca all'esito di un particolare processo che, ovviamente, è del tutto differente, nei presupposti e nella procedura, da quello penale. Orbene, con un meccanismo legislativo ricalcato sulla falsariga della revocatoria fallimentare, all'art. 26 del dlgs cit., intitolato intestazione fittizia , è stabilito che il Tribunale 1. Quando accerta che taluni beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, con il decreto che dispone la confisca il giudice dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione. 2. Ai fini di cui al comma 1, fino a prova contraria si presumono fittizi a i trasferimenti e le intestazioni, anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione nei confronti dell'ascendente, del discendente, del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado b i trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione”. Come si può notare il legislatore ha previsto due presunzioni, iuris tantum, che giocano a favore della Parte Pubblica, e che riguardano a i trasferimenti a favore di una determinata cerchia di persone b gli atti a titolo gratuito, effettuati a favore di chiunque e, quindi, non solo a favore di parenti ed affini purché siano avvenuti in un determinato arco temporale. Queste norme, che, ripetesi, sono dettate in un preciso ambito settoriale, non sono applicabili, in via analogica, nel normale processo penale proprio perché si tratta di norme speciali per le quali, secondo i notori principi generali, è vietata l'applicazione analogica questa Corte, infatti, di recente, ha già statuito che la normativa in tema di tutela del terzo prevista dagli artt. 53 ss del dlgs cit. non è applicabile al processo penale in cui venga in discussione l'applicazione dell'art. 12 sexies di 306/1992 Cass. sez. II, udienza c.c. del 12/02/2014, Italfondiario. Infatti, la volontà del legislatore di non applicare tout court le norme del processo di prevenzione anche al processo penale relativo alle confische disposte ex art. 12 sexies D.L. cit. la si desume dal fatto che, anche nella legge n 228/2012 - modificativa del dlgs 159/2011 - non ha ritenuto di rinviare, per le ipotesi delle ed. confische allargate, alla normativa prevista per il processo di prevenzione, essendosi limitato, in modo espresso e tassativo, ad apportare una modesta modifica solo all'art. 12 sexies/4 bis riguardante la gestione dei beni confiscati e, mantenendo, quindi, fermo il rinvio al c.d. codice antimafia solo per i suddetti aspetti procedurali cfr anche art. 12 sexies/2 bis che rinvia a norme del processo di prevenzione riguardanti la gestione dei beni confiscati . La suddetta affermazione va, però, precisata in tal senso come si è già detto - e qui lo si ribadisce - anche nel processo penale in cui si discute di un sequestro finalizzato alla confisca su beni appartenenti ad un terzo, il Pubblico Ministero ben può addurre come prova presuntiva della simulazione sia il rapporto di parentela, sia la gratuità dell'atto tuttavia, mentre nel processo penale questi indizi rimangono tali non determinando alcuna inversione dell'onere probatorio salva, ovviamente, la facoltà del terzo di difendersi allegando e provando il contrario , nel processo di prevenzione fanno automaticamente presumere la fittizietà del trasferimento invertendo, illieo et immediate, l'onere probatorio a carico del terzo. In conclusione, alla stregua della ricognizione e dell'analisi sistematica delle varie fonti normative, può affermarsi che, relativamente alle ipotesi delle c.d. confische allargate a l'art. 12 sexies D.L. cit. prevede, al primo comma, un sistema probatorio, a carico della Pubblica accusa, fondato su una duplice presunzione di natura iuris tantum, che, ove provata, è sufficiente a far scattare la confisca a carico dell'indagato salvo prova contraria derivante dall'inversione dell'onere probatorio b il suddetto meccanismo di presunzione iuris tantum, non è, invece, previsto in alcuna norma, per l'azione proposta nei confronti del terzo relativamente alle ipotesi delle c.d. confische allargate contrariamente a quanto previsto nel diverso processo di prevenzione ora disciplinato nel c.d. codice antimafia , sicché la Pubblica accusa che voglia provare che il bene intestato al terzo appartiene, di fatto, all'indagato, è gravata del normale onere probatorio che, può, fondarsi anche su presunzioni semplici che, però, possono assumere dignità di prova solo ove siano plurime, gravi, precise concordanti e cioè tali da consentire di risalire da un fatto noto intestazione ad un terzo di un bene ad uno ignoto il bene, nonostante appartenga formalmente ad un terzo, è di fatto nella disponibilità giuridica dell'indagato . 4. Completata l'analisi dei principi di diritto applicabili al caso di specie, non resta che verificare se il tribunale si sia ad essi adeguato. 4.1. Il tribunale, nell'ordinanza impugnata, proprio al fine di sostenere la fittizietà della donazione in questione, ha testualmente affermato anche i soggetti conviventi sono stati equiparati ai famigliari, analogamente a quanto accade in materia di misure di prevenzione [ .] Ebbene, alla luce dei principi sopra enunciati, la circostanza che la titolarità delle somme in sequestro sia formalmente attribuita a R.D. , figlio dell'indagato, è di per sé sufficiente per ritenere che le stesse rientrino nella disponibilità del padre”. Orbene, alla luce di quanto si è detto, l'affermazione deve ritenersi errata in diritto avendo il tribunale impropriamente sovrapposto la normativa settoriale del sequestro di prevenzione al sequestro penale ed avendo quindi applicato, la presunzione iuris tantum, prevista dal ed. codice antimafia, al sequestro penale. La suddetta affermazione, che trae argomento, poi, da principi di diritto desunti dalle sentenze di questa Corte Cass. 31895/2008 riv 240856 Cass. 26041/2011 riv 250922 cfr pag. 15 nota 5 dell'ordinanza impugnata , è frutto di una malaccorta lettura delle suddette sentenze che, come si è detto, nelle fattispecie esaminate, si sono limitate a ribadire i consolidati principi che da sempre questa Corte ha enunciato in materia e cioè che a anche la convivenza e la parentela sono indizi a carico del terzo b la mancanza di disponibilità economica da parte del terzo - in specie se costui è uno stretto parente - che figuri avere acquistato il bene dall'indagato, è un ulteriore e, spesso, decisivo, indizio a carico del terzo. Ma, una cosa è affermare che ci si trova di fronte a semplici presunzioni che, per essere concludenti come prova, devono essere, ex art. 2729/2 cod. civ., plurime, gravi, precisi e concordanti in terminis , fra le tante Cass. 42717/2010 riv 248929 Cass. 44534/2012 riv 254699 Cass. 3990/2008 riv 239269 Cass. 39259/2013 riv 257085 , altra e ben diversa cosa è affermare, come dispone l'art. 26 del cod. antimafia, che si tratta di presunzioni che, ove provate, invertono automaticamente l'onere probatorio a carico del terzo. L'affermazione del tribunale va, quindi, disattesa alla stregua del seguente principio di diritto la normativa di cui all'art. 26 dlgs 159/2011 ed codice antimafia che stabilisce una presunzione di fittizietà degli atti - onerosi o a titolo gratuito - compiuti dal proposto a favore di determinate categorie di soggetti, non si applica in via analogica al sequestro penale”. 4.2. Il Tribunale ha ritenuto come indizio a carico del ricorrente la circostanza che non era stata dimostrata l'origine [ndr lecita] della provvista che consentì ad R.E. l'acquisto dei titoli di Stato e dei buoni ordinari del tesoro oggetto delle citate donazioni [ .]”, e che era irrilevante il requisito della pertinenzialità cfr supra p. 2 lett. e f . Anche in tale caso, come si è detto supra p. 3 il tribunale è incorso in un palese errore di diritto di conseguenza, la suddetta affermazione va disattesa alla stregua del seguente principio di diritto la presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, prevista nella speciale ipotesi di confisca di cui all'art. 12-sexies legge 7 agosto 1992, n. 356, non opera nel caso in cui il cespite sequestrato sia formalmente intestato ad un terzo, né può farsi riferimento all'indagine sulla sproporzione ed alla natura alternativa o cumulativa dei parametri richiamati dallo stesso art. 12 sexies cit.”. 5. Ora, al di là dei suddetti errori di diritto in cui il tribunale è incorso e correttamente stigmatizzati dai ricorrenti, resta, però, pur sempre da verificare se, in punto di fatto, il Tribunale abbia evidenziato un compendio probatorio tale da far ritenere che le donazioni effettuate da R.E. negli anni 1995-1996 a favore del figlio R.D. siano o no simulate. Gli elementi di fatto, evidenziati dal tribunale e ritenuti probanti ai fini della simulazione sono i seguenti nel decreto di sequestro preventivo adottato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano in data 20/05/2013 che in tale sede deve intendersi richiamato per relationem si è evidenziato come i germani R.E. ed A. abbiano posto in essere un articolato sistema di cessioni di partecipazioni infragruppo finalizzato alla creazione di disponibilità finanziare personali all'estero, in paesi a fiscalità privilegiata, mediante condotte di appropriazione indebita posta in essere ai danni della holding del gruppo R. che le operazioni descritte nel decreto di sequestro preventivo cessione Oak del 1995, cessione Stahlbeteiligungen del 1997 e cessione Uva del 2003-2006 hanno generato disponibilità finanziarie che, attraverso complesse catene societarie, anche in Paesi off-shore, sono confluite nei quattro Trusts Orlon, Sirirus, Antares e Venus amministrati fiduciariamente dalla UBS Fiduciaria Spa [ .]” pag. 7 ordinanza - l'asserita donazione è successiva alla prima delle operazioni societarie illecite che costituiscono i delitti presupposti delle condotte illecite per cui si procede” pag. 9 ordinanza - tre delle quattro donazioni furono effettuate dai f.lli del ricorrente ed ebbero ad oggetto denaro che, sebbene formalmente di loro proprietà, in realtà, apparteneva al loro padre R.E. supra p. la il che significa che R.E. era solito spogliarsi, fittiziamente, di ingenti quantità di denaro in favore dei figli, tramite i quali, all'occorrenza, continuava, poi, a disporne liberamente le disponibilità finanziarie di cui si controverte traggono origine da una donazione” parte della quale fu utilizzata per sottoscrivere un prestito obbligazionario [ndr del gruppo R. ] rimborsato nel 2007 per 9.251.000,00 Euro” pag. 9 ordinanza dal contesto investigativo è emerso che R.D. figura a sua volta quale uno dei beneficiari economici del mandato fiduciario DD559 avente ad oggetto il rimpatrio giuridico effettuato da Orlon Trust e settlor economico del mandato fiduciario 2010014, avente ad oggetto il rimpatrio giuridico effettuato dal Minerva Trust nei limiti delibatori propri della presente sede, pertanto, non può essere ritenuto neppure persona totalmente estranea alle condotte intese ad occultare la provenienza illecita dei fondi confluiti nei predetti trust, e ciò indipendentemente dall'entità degli importi di cui è stato beneficiario [ .]” pag. 16-17 ordinanza - lo stesso R.D. ha faticato nel ricostruire la provenienza ed il successivo reimpiego di un tale importo, nonostante si trattasse di una somma di rilevante entità e del tutto sproporzionata rispetto alla sua capacità reddituale” pag. 16 ordinanza - sarebbe impensabile ritenere che una somma di circa 20 miliardi di lire possa essere affidata ad un soggetto poco meno che ventenne, privo di qualunque esperienza in materia, mentre è più che verosimile ritenere che l'indagato abbia continuato a gestire quei soldi sfruttando la fittizia interposizione del figlio” pag. 16 ordinanza. Ciò premesso, va osservato quanto segue. La circostanza che sia stato appurato, in punto di fatto, che l'asserita donazione è successiva alla prima delle operazioni societarie illecite”, consente di ritenere rispettato il principio di diritto secondo il quale, nel valutare la liceità o meno dell'atto di disposizione asseritamente simulato, occorre considerare il momento temporale in cui il suddetto atto è stato stipulato. Nel caso di specie, infatti, la circostanza che il procedimento penale a carico di R.E. sia stato iniziato dopo circa quattordici anni dalle donazioni in questione, perde ogni rilevanza perché si tratta di un atto dispositivo effettuato subito dopo la prima delle operazioni illecite. Va considerato indizio, la circostanza che, parte della somma donata, fu subito utilizzata per la sottoscrizione di un prestito obbligazionario a favore dello stesso gruppo R. . La buona fede del ricorrente R.D. è stata confutata dall'osservazione secondo la quale R.D. figura a sua volta quale uno dei beneficiari economici del mandato fiduciario DD559 avente ad oggetto il rimpatrio giuridico effettuato da Orion Trust e settlor economico del mandato fiduciario 2010014, avente ad oggetto il rimpatrio giuridico effettuato dal Minerva Trust”. A fronte di quattro atti di donazione, avvenuti nel giro di un anno, con le modalità di cui si è detto direttamente da R.E. , ed indirettamente a mezzo degli altri figli N. , F. e C. , a loro volta tutti indagati nell'ambito del presente procedimento pag. 16 ordinanza , la motivazione del Tribunale che ha fatto leva anche sulla giovane età del ricorrente, nonché sulla somma notevole di cui fu beneficiario, non può ritenersi apparente e, quindi, censurabile sotto il profilo della violazione di legge, in quanto si tratta di indizi che, unitariamente valutati insieme a tutti gli altri, contribuiscono a consolidare il quadro probatorio. In conclusione, tenuto conto della natura dell'atto di disposizione donazione delle modalità degli atti di donazione tre donazioni effettuate dai fratelli del ricorrente con denaro di cui avevano solo la disponibilità formale, essendo, in realtà, di proprietà del loro padre R.E. del rapporto di stretta parentela padre - figlio fra donante e donatario delle qualità personali giovanissima età del donatario e della quantità della somma donata oltre venti miliardi dell'epoca in cui l'atto di donazione fu disposto immediatamente dopo la commissione da parte del donante di un'operazione societaria illecita della destinazione della somma donata che, fu investita nello stesso gruppo R. della mancanza di buona fede del donatario la motivazione del Tribunale, non può ritenersi meramente apparente atteso che la conclusione alla quale è pervenuto simulazione assoluta è giustificata dagli evidenziati elementi fattuali. Sul punto, infatti, va rammentato che, a norma dell'art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia cautelare reale può essere proposto solo per violazione di legge nella quale rientra la mancanza assoluta o apparenza di motivazione, nel mentre, sfuggono al ricorso, i vizi della motivazione [art. 606/1 lett. e c.p.p. illogicità - incompletezza] o quelli inerenti la prova [art. 606 lett. d c.p.p.], e ciò perché il sindacato della Cassazione non può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsabilità dell'indagato, essendo limitato al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella astratta il che comporta che non può essere effettuato alcuna valutazione sulla fondatezza del fatto - reato, né sul merito dell'accusa né sulla sussistenza e gravità degli indizi di colpevolezza ex plurimis SSUU 5876/2004 Rv 226712 - SSUU 29/05/2008, Ivanov, riv 239692. Nel caso di specie, per quanto ampiamente detto, se è vero che il tribunale è incorso in alcune violazioni di legge, è anche vero che le medesime non hanno influito sulla tenuta complessiva della motivazione in quanto, alla fin fine, il Tribunale ha evidenziato gli elementi indiziari in base ai quali ha ritenuto che la donazione in questione è da ritenersi simulata. La censura dei ricorrenti, quindi, va disattesa alla stregua del seguente principio di diritto costituiscono indizi gravi precisi e concordanti della simulazione di beni intestati dall'indagato ad un terzo, la natura giuridica e le modalità dell'atto dispositivo nella specie donazione , il rapporto di stretta parentela fra le parti dell'atto dispositivo padre e figlio , la vicinanza temporale fra l'atto di spoliazione e la commissione da parte del dante causa di un reato per il quale è prevista la confisca dei beni, la destinazione del bene, le qualità personali dell'avente causa giovane età e l'oggetto dell'atto dispositivo ingente somma di denaro ”. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. RIGETTA il ricorso e CONDANNA i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.