Reato commesso in Italia, condanna in patria: il mandato di arresto europeo non ammette rifiuti

Il divieto di consegna di una persona ricercata dalle autorità di un Paese estero non sussiste in presenza di un mandato di arresto europeo MAE concernente l’esecuzione di una sentenza definitiva di condanna, emessa dallo Stato richiedente, per lo stesso fatto avvenuto in Italia e anche se è in corso un procedimento penale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15905 del 9 aprile 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Bologna rigettava la richiesta di consegna di un cittadino bulgaro alle autorità del suo Paese, disponendone l’immediata liberazione, nonostante fosse stato emesso nei suoi confronti un MAE, in forza di una sentenza di condanna emessa in Bulgaria per il reato di truffa continuata commessa in Italia. Il motivo del rifiuto era da ravvisare proprio in quest’ultimo dato, secondo il dettato dell’art. 18, lett. p , l. n. 69/2005 le condotte truffaldine, infatti, erano state commesse in Italia. Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bologna propone ricorso per cassazione. Motivo di rifiuto non applicabile. Secondo il ricorrente, il motivo di rifiuto di cui all’art. 18, lett. p , l. n. 69/2005 non è applicabile nel caso di specie, dato il carattere esecutivo dei MAE e tenuto conto del principio del ne bis in idem l’imputato non potrà mai essere giudicato nel Belpaese per le truffe ivi commesse, per le quali la Bulgaria ha emesso una sentenza di condanna esecutiva. Necessaria la coincidenza tra fatti. La doglianza è fondata la Corte d’Appello ha, infatti, erroneamente applicato il motivo ostativo previsto dalla lett. p e non dalla lett. o dell’art. 18, non effettuando una compiuta disamina dei profili di identità del fatto. Per la configurabilità del motivo di rifiuto della consegna basato sull’ipotesi di litispendenza internazionale” di cui all’art. 18, comma 1, lett. o , l. n. 69/2005 è necessario che il fatto di reato oggetto del MAE corrisponda alla medesima vicenda storica per la quale si procede in Italia, indipendentemente dalla qualificazione giuridica che ai fatti sia data dalle diverse autorità. Solo se tale coincidenza sussiste si applicherebbe il divieto di consegna del ricercato se per lo stesso fatto è in corso in Italia procedimento penale, a meno che, come nel caso di specie, il MAE concerna l’esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa dallo Stato richiedente. Non si può pretendere troppo. Dunque, non è possibile obbligare un paese a rifiutare la consegna per una condanna esecutiva e, al contempo, non rendere possibile giudicare il ricercato per gli stessi fatti, oltretutto commessi nel suo territorio. La sentenza impugnata va, quindi, annullata con rinvio alla Corte d’appello bolognese.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 – 9 aprile 2014, n. 15905 Presidente Milo – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 7 marzo 2014 la Corte d'appello di Bologna ha dichiarato l'insussistenza delle condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna di D.S.R. alle autorità bulgare, revocando la misura cautelare degli arresti domiciliari e disponendone l'immediata liberazione, se non detenuto per altra causa. Il D. è stato richiesto in consegna a seguito di un mandato di arresto Europeo emesso nei suoi confronti il 3 settembre 2013, in forza di una sentenza di condanna alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione pronunciata il 21 maggio 2013 dalla Corte regionale di Nova Zagora per il reato di truffa continuata commesso in , in danno di più persone, dal omissis . 2. La Corte d'appello, in particolare, ha ravvisato la presenza del motivo di rifiuto previsto dall'art. 18, lett. p , della L. n. 69/2005, in quanto i reati di truffa per i quali il D. è stato condannato in Bulgaria sono stati commessi in tutto o in parte in Italia, dove sono avvenute la consegna delle somme di denaro provento delle relative condotte delittuose e dove sono state poste in essere anche talune azioni truffaldine, quali, ad es., il mostrare i veicoli asseritamente oggetto di compravendita e mai poi consegnati. 3. Avverso la su indicata pronuncia della Corte d'appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione il P.G., deducendo un motivo unico incentrato sull'erronea applicazione della norma di cui all'art. 18, lett. p , della L. n. 69/2005, trattandosi di un motivo di rifiuto non applicabile, come nel caso in esame, ai mandati d'arresto Europei a carattere esecutivo, tenuto contro, altresì, del principio del ne bis in idem di cui agli artt. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E. e 54 della Convenzione di Schengen non v'è dubbio, infatti, che il D. non potrà mai essere giudicato in Italia per le truffe ivi commesse, per le quali le Autorità bulgare hanno emesso, secondo le regole della propria giurisdizione, insindacabili dalle Autorità del Paese richiesto, una sentenza di condanna esecutiva, con pena ancora da scontare. La norma contenuta nell'art. 11 c.p. deve ritenersi, infatti, recessiva rispetto al diritto dell'U.E., la cui primazia trova fondamento negli artt. 11 e 117 Cost., con la conseguenza che nei confronti dei Paesi membri dell'Unione prevalgono gli art. 50 e 54 sopra menzionati. Sarebbe contrario a tali esigenze che un Paese fosse obbligato a rifiutare la consegna per una condanna esecutiva, ed al contempo impossibilitato a giudicare il ricercato per gli stessi fatti, oltretutto commessi sul suo territorio. La lett. p dell'art. 18, peraltro, mantiene un suo spazio, che la distingue dall'analogo motivo di cui alla lett. o della medesima disposizione, che prescinde dal principio di territorialità ed ipotizza una situazione di litispendenza in due diversi Paesi, mentre la prima ipotesi non presuppone alcuna litispendenza e fa leva, per l'appunto, su quel principio. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato e va accolto per ragioni solo in parte coincidenti con quelle evocate dal ricorrente. 5. Questa Suprema Corte Sez. F., n. 35285 del 02/09/2008, dep. 15/09/2008, Rv. 240982 ha già avuto modo di precisare che, in tema di mandato di arresto Europeo, nel caso di rifiuto della consegna previsto dalla lettera p dell'art. 18 della L. n. 69/2005 reato commesso in tutto od in parte nello Stato , l'esistenza di una sentenza definitiva di condanna, per la cui esecuzione è stato emesso il mandato d'arresto Europeo, non spiega alcuna incidenza, a differenza dell'ipotesi prevista dalla precedente lett. o , in quanto il legislatore ha privilegiato le esigenze della giurisdizione nazionale nella loro espressione spaziale principio di territorialità . A sua volta, la ratio della particolare ipotesi di litispendenza prevista dall'art. 18, lett. o , è quella di impedire, attraverso il divieto di consegna, che si formi all'estero, in un altro Stato membro, un giudicato che precluderebbe l'esercizio della giurisdizione italiana, sulla base del principio del ne bis in idem ex art. 18, lett. m, L. n. 69/2005 . Essa svolge, pertanto, una funzione tipicamente preventiva, poiché il relativo divieto non opera, e la consegna deve essere eseguita, quando il m.a.e., come avvenuto nel caso in esame, è stato emesso per l'esecuzione di una sentenza di condanna in tal caso, infatti, si è già formato un giudicato nello Stato di emissione. La su citata disposizione di cui all'art. 18, lett. o , contiene una duplice regola da un lato, la primazia della giurisdizione italiana e delle relative esigenze indifferentemente, processuali o esecutive rispetto alle esigenze di natura processuale dello Stato estero dall'altro lato, la preminenza della giurisdizione straniere esecutiva relativa, per l'appunto, a sentenze di condanna definitive rispetto alle esigenze processuali della giurisdizione italiana pendenza di un procedimento penale per gli stessi fatti che costituiscono l'oggetto del m.a.e. . Al riguardo, infatti, si è già stabilito, in questa Sede, il principio secondo cui sussiste il motivo ostativo alla consegna di cui all'art. 18, comma primo, lett. o , della legge n. 69/2005, quando nei confronti della persona ricercata dall'autorità giudiziaria estera sia in corso un procedimento penale in Italia per lo stesso fatto, salva l'ipotesi, che sembra essere ricorrente nel caso qui esaminato, in cui il mandato di arresto Europeo riguardi l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa in uno Stato membro dell'U.E. Sez. 6, n. 41370 del 16/11/2010, dep. 23/11/2010, Rv. 248530, relativamente ad un m.a.e. esecutivo emesso dall'autorità giudiziaria bulgara per fatti di reclutamento di persone da avviare alla prostituzione, in cui la S.C. ha annullato con rinvio la decisione di consegna, dovendo la Corte distrettuale verificare la coincidenza delle condotte descritte nel m.a.e. con quelle, apparentemente analoghe, costituenti oggetto di una sentenza di condanna di primo grado, pronunciata in Italia nei confronti della medesima persona ricercata dall'autorità estera . Ne discende, ancora, che la litispendenza dinanzi all'autorità giudiziaria straniera non fa venir meno la giurisdizione italiana, salvo il caso di pronuncia di sentenza definitiva da parte dell'autorità estera Sez. 2, n. 27292 del 04/06/2013, dep. 21/06/2013, Rv. 255711 . La norma in esame, dunque, presuppone la coincidenza tra i fatti oggetto della richiesta di consegna e quelli per i quali pende un procedimento in Italia. Il reato oggetto del m.a.e., in particolare, deve essere lo stesso per il quale si procede in Italia, tale dovendosi considerare — in ragione dell'inevitabile richiamo al principio delineato dall'art. 649 c.p.p. - il medesimo fatto storico in relazione all'analitico raffronto dei relativi elementi costitutivi, dei suoi profili spazio-temporali, delle sue modalità di realizzazione, della presenza di eventuali concorrenti, sì da accertare, ovvero da escludere, in concreto, la corrispondenza storico-naturalistica dei fatti costituenti illecito penale nei rispettivi ordinamenti dei due Stati membri. 6. Tale operazione di raffronto comparativo, tuttavia, non è stata analiticamente effettuata nell'iter motivazionale della sentenza impugnata, avendo la Corte d'appello erroneamente applicato il diverso motivo ostativo disciplinato dall'art. 18, lett. p , in tal guisa trascurando la compiuta disamina di tutte le implicazioni riconnesse alla necessaria valutazione dei profili di identità del fatto, ove si consideri che, per la configurabilità del motivo di rifiuto della consegna basato sull'ipotesi di litispendenza internazionale di cui all'art. 18, comma primo, lett. o , legge n. 69 del 2005, è necessario che il fatto di reato oggetto del mandato d'arresto Europeo corrisponda alla medesima vicenda storica per la quale si procede in Italia, tenuto conto dei profili spazio-temporali e modali dei fatti, indipendentemente dalla qualificazione giuridica che agli stessi sia stata data dalle diverse autorità Sez. 6, n. 18084 del 10/05/2012, dep. 11/05/2012, Rv. 252510 . Ove gli esiti di tale vaglio delibativo confermassero la piena coincidenza tra i fatti oggetto del m.a.e. e le condotte delittuose commesse in tutto o in parte nel territorio italiano, verrebbe dunque in rilievo la previsione dell'art. 18, comma 1, lett. o , della legge sopra citata, che in linea generale fa divieto di consegna della persona ricercata se per lo stesso fatto è in corso in Italia procedimento penale, a meno che il mandato d'arresto Europeo concerna, come sembra prospettarsi nel caso in esame, l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna emessa nello Stato richiedente. Ne consegue, ancora, quale logico corollario, che, ricorrendo tale ultima evenienza, non sussisterebbero ostacoli di sorta alla esecuzione della consegna nei confronti dell'Autorità giudiziaria bulgara. Il giudicato penale estero, infatti, è preso direttamente in considerazione dal disposto normativo or ora citato, poiché proprio in relazione ad esso può assumere rilievo cogente l'applicazione della fondamentale garanzia inerente al divieto di bis in idem sancito dall'art. 54 della convenzione di Schengen del 19.6.1990, divieto che costituisce, giustappunto, la fonte ispiratrice della preclusione del rifiuto di consegna di cui all'art. 18, lett. o , per fatti sanzionati con condanna definitiva, la cui esecuzione sia oggetto di m.a.e 7. Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d'appello di Bologna, affinché, alla stregua delle regole di giudizio affermate, riesamini il compendio storico-fattuale posto alla base del m.a.e. e provveda a colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii in questa Sede statuiti. La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69/2005. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, della L. n. 69 del 2005.