Doppia firma sulla cassetta di sicurezza: mossa saggia, ma non con il babbo galeotto

Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può ricadere su beni anche solo nella disponibilità dell’indagato, intendendosi per essa la relazione effettuale esistente tra il soggetto destinatario della misura cautelare ed il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15466, depositata il 7 aprile 2014. Il caso. Il gip del Tribunale di Bassano del Grappa emetteva, nei confronti di un imputato per reati tributari, un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di una cassetta di sicurezza, intestata al figlio, su cui l’imputato aveva la delega ad operare. In seguito a tale decisione, il figlio aveva revocato la delega al padre, il quale, pertanto, non aveva più la possibilità di operare. Il Tribunale di Vicenza revocava il sequestro, rilevando che l’art. 321, comma 3, c.p.p. prevede la revoca del sequestro quando, anche per fatti sopravvenuti, ne siano venute a mancare le condizioni. Esigenze stringenti. Il Procuratore della Repubblica ricorreva in Cassazione, osservando che, trattandosi di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, la circostanza che, successivamente alla sua esecuzione, l’indagato avesse perso la disponibilità dei beni sequestrati non faceva venir meno le esigenze del sequestro, ma le rendeva più attuali. Il P.M. evidenziava, infatti, il rischio che i beni in sequestro potessero essere sottratti alla successiva apprensione definitiva da parte dello Stato. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può ricadere su beni anche solo nella disponibilità dell’indagato, intendendosi per essa la relazione effettuale esistente tra il soggetto destinatario della misura cautelare ed il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. Irrilevanza della revoca. Era irrilevante il fatto che la delega fosse stata revocata, in quanto, in assenza di elementi affidabili in ordine all’esclusiva riferibilità al figlio del contenuto della cassetta di sicurezza, la revoca della delega avrebbe potuto operare, di fatto, come strumento per eludere l’avvenuto asservimento dei beni sequestrati al loro fine di giustizia. In questo modo si sarebbe potuto determinare, in sostanza, il trasferimento dei beni stessi dal patrimonio del soggetto attinto dal sequestrato a quello del terzo formale intestatario del rapporto bancario, rendendo, in questo modo, i beni, a dispetto del vincolo posto, indenni dal sequestro. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 28 gennaio – 7 aprile 2014, n. 15466 Presidente Teresi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Nel quadro di indagini in corso nei confronti di F.G. per la violazione dell'art. 2 del dlgs n. 74 del 2000, il Gip del Tribunale di Bassano del Grappa emetteva, in data 30 gennaio 2013, decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, fra l'altro di una cassetta di sicurezza, e del suo contenuto, intestata a F.C. figlio dell'indagato, in relazione alla quale aveva la delega ad operare l'indagato F.G Avendo l'intestatario della cassetta, in data 26 aprile 2013, fatto istanza di dissequestro motivata sulla base della circostanza che egli, con lettera raccomandata del 29 marzo 2013, aveva revocato la delega in questione al padre il quale, pertanto, non aveva più la possibilità di operare su tale cassetta, il Gip, con ordinanza del 2 maggio 2013, rigettava la richiesta osservando quanto segue il presupposto della disponibilità dei beni andava valutato al momento in cui il provvedimento di sequestro era stato adottato la revoca della possibilità di operare sulla cassetta non aveva comportato la perdita della disponibilità dei beni in essa contenuti nessun elemento era stato addotto a sostegno del fatto che i beni in questione fossero di terzi e non dell'indagato. Essendo stata oggetto di appello la detta ordinanza, il Tribunale di Vicenza, in funzione di giudice del riesame, revocava il sequestro in atto rilevando che l'art. 321, comma 3, cod. proc. pen. prevede la revoca dei sequestro allorché, anche per fatti sopravvenuti qui individuati nella revoca della delega ad operare sulla cassetta , ne siano venute a mancare le condizioni quanto alla perdurante disponibilità dei beni custoditi nella cassetta e alla loro riconducibilità al F.G., essa è solo postulata dal Gip e non è sorretta da alcun elemento, anzi parrebbe smentita dal fatto che per tutto il tempo in cui si è sviluppato il contratto fra la banca e F.C., mai il padre di questo ha fatto uso della delega a lui rilasciata. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Vicenza, chiedendone l'annullamento. In particolare il Pm ha osservato che, trattandosi di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, la circostanza che, successivamente alla sua esecuzione, l'indagato abbia perso la disponibilità dei beni sequestrati, lungi dal far venire meno le esigenze del sequestro, le rende ancora più attuali, evidenziando il rischio che i beni in sequestro siano sottratti alla successiva apprensione definitiva da parte dello Stato, apprensione che potrebbe essere vanificata a causa della loro dispersione che è resa più agevole a seguito del trasferimento della loro disponibilità in capo a terzi. Considerato in diritto Il ricorso, risultato fondato è, pertanto, meritevole di accoglimento. Premesso che risulta pacifico che in favore dell'indagato F.G. fosse stata rilasciata dal figlio F.C., formale intestatario, ampia delega ad operare in relazione al rapporto bancario inerente alla cassetta di sicurezza n. 00945/3200/39254 oggetto dell'originario sequestro disposto dal Gip del Tribunale di Bassano del Grappa, è legittimo inferire da ciò la circostanza che l'indagato avesse la disponibilità, quanto meno materiale, dei beni costituenti il concreto contenuto della predetta cassetta, potendo egli apprenderli senza alcun controllo dal luogo ove essi erano custoditi. Sulla base di tale rilievo osserva questa Corte che - come emerge dall'esame del provvedimento impugnato non essere stato adeguatamente considerato dal Tribunale di Vicenza nel provvedimento impugnato - è principio conforme alla giurisprudenza di legittimità che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, possa ricadere su beni anche solo nella disponibilità dell'indagato, per essa dovendosi intendere la relazione effettuale esistente fra il soggetto destinatario della misura cautelare ed il bene, connotata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà da ultimo Corte di cassazione, Sezione II penale, 23 maggio 2013, n. 22153 ma analogamente anche idem, Sezione III penale, 20 aprile 2012, n. 15210 . Né ha una qualche rilevanza ostativa alla conservazione del provvedimento di sequestro il fatto che, nel caso che interessa, formalmente il rapporto di cassetta di sicurezza fosse intestato al figlio dell'indagato atteso che, riaffermata la disponibilità del contenuto della cassetta in capo, quantomeno anche, a F.G., deve ribadirsi che non impedisce la concessione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca anche per equivalente di beni nella disponibilità materiale dell'indagato la esistenza di limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, in relazione al rapporto tra istituto bancario e cliente di questo Corta di cassazione, Sezione III penale, 6 dicembre 2011, n. 45353 . Parimenti irrilevante, infine, il dato, invece erroneamente valorizzato in senso decisivo dal Tribunale di Vicenza al fine di disporre la revoca del sequestro preventivo, che la delega a operare sulla cassetta di sicurezza in questione a suo tempo conferita al padre fosse stata revocata dal F.C. in data 29 marzo 2013. Infatti, in assenza di elementi affidabili il cui accertamento, peraltro, esula dalla attuale fase cautelare in ordine alla esclusiva riferibilità a F.C. del contenuto della più volte ricordata cassetta di sicurezza, la ricordata revoca della delega potrebbe, di fatto, operare, laddove si desse alla medesima rilevanza ai fini di legittimare il venir meno del sequestro, quale strumento per eludere l'avvenuto asservimento dei beni sequestrati al loro fine di giustizia, determinando, in sostanza, il trasferimento dei beni stessi dal patrimonio del soggetto attinto dal sequestrato a quello del terzo formale intestatario del rapporto bancario, rendendo in questo modo i beni in questione, a dispetto del vincolo già posto, indenni dal sequestro. All'accoglimento del ricorso proposto dal PM e all'annullamento, senza rinvio, della ordinanza resa dal Tribunale di Vicenza in data 13 giugno 2013, consegue l'immediata riattivazione del provvedimento di sequestro preventivo disposto dal Gip del Tribunale di Bassano del Grappa in data 30 gennaio 2013. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.