Imprenditore: ‘No tengo dinero’, ma ai giudici non interessa, resta colpevole

Il contribuente può essere esonerato dal pagamento dell’IVA, nel caso versi in condizioni economiche precarie, solo se tale situazione sia determinata da cause di forza maggiore eccezionali e di rilevanti dimensioni.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14953 del 1 aprile 2014. Il fatto. La Corte d’appello di Brescia emetteva sentenza di condanna nei confronti di un uomo colpevole di omesso versamento IVA, e lo condannava alla pena di 4 mesi di reclusione. L’imputato ricorreva per cassazione lamentando che nel reato contestatogli mancasse l’elemento soggetto, ossia il dolo, in quanto lo stesso versava in condizioni economiche pessime, dovuta a debiti pregressi, e quindi non disponeva di quella liquidità che gli avrebbe permesso di effettuare i pagamenti dovuti. La crisi economica non giustifica il reato. Il Collegio ritiene che le censure dedotte nel ricorso sono infondate, in primo luogo perché le asserite difficoltà economiche dell’uomo che avrebbero determinato la carenza di liquidità da parte della ditta, di cui lo stesso è titolare, sono state solo prospettate, ma non hanno provato in modo univoco, specifico e certo la difficoltà economica lamentata. In secondo luogo le precarie condizioni economiche, a parere dei giudici di legittimità, almeno che le stesse non siano imprevedibili o determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione, non costituiscono di per sé solo un caso fortuito o di forza maggiore, come tale idoneo ad escludere la punibilità o quantomeno il dolo del reato di omesso versamento IVA. Invero l’eventuale crisi economica nell’ambito di attività d’impresa di norma, non costituisce un evento imprevedibile e come tale insuperabile, in quanto la crisi, rappresenterebbe un evento possibile, e quindi concretizzerebbe infatti un rischio d’impresa prevedibile, cui far fronte tempestivamente con opportuni interventi aziendali. Per questi motivi il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza25 febbraio – 1° aprile 2014, n. 14953 Presidente Teresi – Relatore Gentile Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza emessa il 05/07/2013, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo, in data 09/02/2012 - appellata dal PG nei confronti di M.G. , assolto dal reato di cui all'art. 10 ter d.lgs. 74/2000 come contestato in atti - dichiarava l'imputato colpevole del predetto reato e lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione pena sospesa e non menzione. 2. L'interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 lett. b ed e cod. proc. pen 2.1. In particolare il ricorrente esponeva che nella fattispecie non ricorreva l'elemento soggettivo del reato contestato, ossia il dolo. M.G. non aveva corrisposto le somme dovute unicamente perché versava in una situazione di carenza di liquidità economica, dovuta a debiti pregressi. Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. La Corte Territoriale, mediante un esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali, ha accertato che M.G. , quale rappresentante legale dell'omonima ditta individuale - nelle condizioni di tempo e di luogo come individuate in atti - aveva omesso di versare entro il 27/12/2006 l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale relativa all'anno 2005 per l'ammontare complessivo di Euro 108.172,00, imposta superiore al limite di non punibilità, pari ad Euro 50.000,00 vedi sentenza 2^ grado pagg. 2 - 3 . 2. Le censure dedotte nel ricorso - circoscritte alla sola sussistenza dell'elemento soggettivo del reato ossia il dolo - sono infondate per le seguenti ragioni principali 2.1. Le asserite difficili condizioni economi che avrebbero determinato la carenza di liquidità da parte della ditta di cui M.G. era rappresentante legale sono state solo prospettate, ma non provato in modo univoco, specifico e certo. 2.2. Dette precarie condizioni economiche, comunque - almeno che le stesse non siano determinate da eventi eccezionali e di rilevante dimensione - non costituiscono di per sé solo un caso fortuito o di forza maggiore art. 45 cod. pen. , come tale idoneo ad escludere la punibilità o quantomeno il dolo del reato di cui all'art. 10 ter d.lgs. 74/2000. Invero l'eventuale crisi di liquidità economica - nell'ambito dell'attività di impresa - di norma non costituisce un evento imprevedibile e come tale insuperabile. La crisi di liquidità, invece, rappresenta un evento possibile, concretizzando lo stesso un rischio inerente all'attività di impresa, cui occorre far fronte tempestivamente con opportuni interventi sul cosiddetto flusso di cassa dell'azienda, quali a tempestivi e frazionati accantonamenti b il ricorso all'acquisizione di ulteriori somme erogate da istituti bancari /o finanziari ed altri. 2.3. Sussisteva l'elemento soggettivo del reato de quo, poiché il ricorrente, M.G. , era pienamente consapevole di omettere il pagamento dell'IVA dovuta Euro 108.172,00 nel prescritto termine del 27/12/2006. L'asserita crisi di liquidità economica costituiva, tutt'al più, soltanto motivo personale e soggettivo per il quale il M. non effettuava il versamento dovuto. La stessa cioè la crisi di liquidità , tuttavia, non era una valida ragione giuridica idonea a giustificare il mancato pagamento dell'IVA dovuta. 3. Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da M.G. , con condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.