«I’ve got the power» è la colonna sonora dei Responsabili per la Sicurezza

Il documento di nomina del Responsabile di sicurezza deve risultare da atto scritto avente data certa, per poter verificare l’effettività della nomina e dello svolgimento delle funzioni conferite anteriormente al verificarsi dell’infortunio. Inoltre, è necessario che il delegato, il quale deve essere in possesso di specifiche conoscenze tecnico-scientifiche, abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro, indipendentemente anche dal contenuto formale della nomina.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15028, depositata il 1° aprile 2014. Il caso. La Corte d’appello di Palermo dichiarava la prescrizione del reato di violazione delle norme antinfortunistiche e rideterminava la pena per il delitto di lesioni colpose, aggravate dalla violazione delle norme a tutela degli infortuni sul lavoro, ai danni di un datore di lavoro. Quest’ultimo ricorreva in Cassazione, lamentando la contraddizione con la normativa relativa all’altezza dal suolo alla quale si svolgeva l’attività lavorativa, e la considerazione, effettuata dai giudici d’appello, di inutilizzabilità della nomina del Responsabile per la sicurezza e della delega di funzioni. Il dato numerico. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che l’art. 16, d.P.R. n. 164/1956, che impone l’allestimento di impalcature o altre opere precauzionali per qualsiasi lavoro edilizio da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo, va intesa in riferimento all’altezza alla quale il lavoro viene eseguito e non a quella in cui si trova il lavoratore. Perciò, a prescindere dall’altezza dell’impalcatura nel caso di specie, inferiore a due metri , deve essere computata, ai fini dell’opera provvisionale del parapetto, oltre all’altezza alla quale è posto l’impalcato dall’eventuale piano d’appoggio e all’altezza di quest’ultimo dal piano di terra o di calpestio, anche la statura dell’operatore. Gli obblighi rimangono. Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Cassazione ricordava che la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, benché tale obbligo di vigilanza riguardi soprattutto la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo. Manca la data. Nel caso di specie, il documento, prodotto dalla difesa, di nomina del Responsabile di sicurezza risultava privo di data certa, la quale non era stata apposta neanche insieme alla firma per accettazione. L’art. 16, d.lgs. n. 81/2008 Testo unico sulla sicurezza prevede, invece, che l’atto di delega risulti da atto scritto avente data certa, per poter verificare l’effettività della nomina e dello svolgimento delle funzioni conferite anteriormente al verificarsi dell’infortunio. Inoltre, l’atto deve essere necessariamente riscontrato dall’accettazione manifestata, per iscritto, da parte del delegato che, se interviene in un momento successivo a quello della predisposizione dell’atto di delega, comporta lo spostamento alla data di accettazione della validità della delega stessa. Conoscenza specifica. A queste condizioni, bisogna aggiungere la dimostrazione che il delegato sia in possesso delle necessarie conoscenze tecnico-scientifiche in materia di sicurezza sul lavoro e dotato di particolare esperienza nell’organizzazione dei presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro. Poteri effettivi. Infine, bisogna verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro, indipendentemente anche dal contenuto formale della nomina. Nel caso di specie, non risultavano prove che il delegato fosse in possesso delle necessarie conoscenze tecnico-scientifiche, né che avesse ricevuto dei reali poteri di intervento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 febbraio – 1° aprile 2014, n. 15028 Presidente Zecca – Relatore Massafra Ritenuto in fatto 1. Ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di P.P. avverso la sentenza emessa in data 18.3.2013 che, in parziale riforma di quella del Tribunale di Sciacca, in composizione monocratica, del 13.12.2011, dichiarava l'improcedibilità per estinzione del reato per prescrizione in ordine alla contravvenzione di cui agli artt. 89 co. 2 lett. a e 35 D.lvo 626/94 e rideterminava la pena inflitta per il residuo delitto di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme a tutela degl'infortuni sul lavoro in danno di G.G. veniva consentito a tale lavoratore di prestare la propria opera, all'interno di un cantiere allestito per la costruzione della Caserma dei Carabinieri di Scacca, su ponteggi privi di parapetto fatto del in mesi quattro di reclusione convertita il Euro 4.560,00 di multa. 2. Articolano i motivi di seguito sinteticamente riportati - la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza sia del delitto di lesioni personali colpose sia del reato contravvenzionale in tema di violazione delle norme antinfortunistiche richiamano, a tal riguardo, taluni atti processuali allegati al ricorso con cui la sentenza impugnata si poneva in costante contraddizione e ciò con particolare riferimento alla mancata valutazione dell'attendibilità della persona offesa e all'orientamento più recente di questa Corte di legittimità Sez. IV, n. 44650 del 2011 in relazione all'altezza dal suolo alla quale si svolgeva l'attività lavorativa inferiore a mt. 2 - la violazione di legge ed il difetto di motivazione e ciò in relazione all'asserita inutilizzabilità della nomina del Responsabile per la sicurezza e della delega di funzioni, documento acquisito nel corso del giudizio di appello, solo perché ritenuto non genuino benché ritenuto potenzialmente di grande rilevo , nonché in relazione alla responsabilità del ricorrente alla luce dell'articolato organigramma aziendale da cui emergeva la figura del R.S.P.P. cioè del Responsabile della sicurezza e del servizio di prevenzione e protezione del cantiere geom. S. , secondo l'assunto difensivo e del capocantiere tale La Porta, presente in cantiere al momento dell'incidente rilevando, infine, che per dichiarazione del teste S. e di quanto riportato nel verbale di ispezione del 24.5.2007 risultava l'esistenza sia del POS sia del PIMUS, ossia il piano di montaggio, uso e smontaggio del ponteggio. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 3.1. Le censure dedotte in ricorso sono sostanzialmente di fatto, pretendendo di sovrapporre una diversa valutazione delle risultanze processuali rispetto a quella compiuta, con congrua e corretta motivazione del tutto travisata dal ricorso che non ne coglie il nucleo essenziale , dai Giudici di merito e, pertanto, già per questo censura che sarebbero improponibili nel presente giudizio di legittimità. Invero, esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Cass. Pen. Sez. Un. 30.4.1997, Dessimone . Nella concreta fattispecie, la decisione impugnata si presenta formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su di una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti la vicenda oggetto del processo. 3.2. Ad ogni modo, giova rilevare, anzitutto, che talune circostanze di fatto sono pacifiche - il ponteggio era costituito da due cavalletti della misura di mt. 1,80x1.80 su cui era poggiata una sola trave della lunghezza di soli cm. 50 - il parapetto predisposto per il ponteggio, in occasione dei lavori in esame, non era stato montato, né vi erano altre forme di protezione - il ponteggio era posto ad un'altezza inferiore a mt. 2 per l'esattezza, secondo quanto si apprende dalla sentenza di primo grado, a mt. 1,80 da terra - il G. si trovava sul ponteggio intento a disarmare una tavola del solaio mediante l'utilizzo di un piede di porco - la persona offesa era caduta dal ponteggio. Orbene, La disposizione dell'art. 16 del d.P.R. n. 164 del 1956 - che impone l'allestimento di impalcature, ponteggi ed altre opere precauzionali per qualsiasi lavoro edilizio da eseguire ad altezza superiore a due metri dal suolo - va intesa in riferimento alla altezza alla quale il lavoro viene eseguito e non a quella nella quale si trova il lavoratore Cass. pen. Sez. IV, n. 8978 del 20.5.1987, Rv. 176530 . Tale interpretazione, prevalentemente seguita da questa Corte, non può essere superata da qualsivoglia altra che non tenga conto del dato letterale della norma, secondo il quale le opere provvisionali per i ponteggi sono prescritte per qualsiasi lavoro che venga eseguito ad un'altezza superiore a 2 mt. art. 16 dPR 164/56 e, cioè, a prescindere all'altezza dell'impalcato, sicché deve essere prevista e computata, ai fini della predisposizione dell'opera provvisionale del parapetto, oltre all'altezza alla quale è posto l'impalcato dall'eventuale piano di appoggio e all'altezza di quest'ultimo dal piano di terra o di calpestio, finanche la statura dell'operatore e, comunque, considerata l'effettiva altezza alla quale viene eseguito il lavoro in quota, che, nel caso di specie, trattandosi di disarmo del solaio, si svolgeva a ben mt. 3,60 dal suolo v. sentenza di primo grado . Anche tale ultimo dato consegue ad un accertamento in fatto che non risulta essere stato oggetto di impugnazione e, quindi, ormai s'intende ormai acquisito incontestabilmente nella ricostruzione degli accadimenti. Deve, pertanto, ritenersi pienamente integrata la violazione della norma antinfortunistica sopra richiamata e corretto il collegamento eziologico con essa della caduta dal ponteggio del lavoratore e delle dipendenti lesioni da quello riportate nonché, al contempo, l'insussistenza di alcuna evidenza della prova ex art. 129 comma 2 c.p.p. che imponga l'assoluzione nel merito dal reato contravvenzionale contestato ed estinto per prescrizione. 3.3. Quanto al documento attestante il conferimento della delega per la sicurezza, si osserva innanzitutto che la delega di funzioni - ora disciplinata precipuamente dall'art. 16 T.U. sulla sicurezza D.Lgs. n. 81/2008 - non esclude l'obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, benché tale obbligo di vigilanza riguardi precipuamente la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo Cass. pen. Sez. IV, n. 10702 dell'I.2.2012, Rv. 252675 . Inoltre, il conferimento a terzi di una delega in materia di sicurezza non esonera del tutto il datore di lavoro dall'obbligo di adeguata informazione dei rischi connessi ai lavori in esecuzione Cass. pen. Sez. IV, n. 44977 del 12.6.2013, Rv. 257168 . Ad ogni modo, il documento prodotto dalla difesa non è idoneo a provare il conferimento di una valida delega tale documento, asseritamente di nomina del Responsabile della sicurezza e del servizio di prevenzione e protezione del cantiere, risulta privo di data certa che non è stata nemmeno apposta assieme alla firma per accettazione da parte del geom. S. . Invero, l'atto di delega, come poi espressamente sancito dall'art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 che ha recepito buona arte degli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte di legittimità , deve risultare da atto scritto avente data certa onde poter verificare l'effettività della nomina e dello svolgimento delle funzioni conferite anteriormente al verificarsi dell'infortunio e deve essere necessariamente riscontrato dall'accettazione manifestata, per iscritto, da parte del delegato che, se interviene in un momento successivo a quello della predisposizione dell'atto di delega, comporta lo spostamento alla data dell'accettazione che deve quindi essere contestualmente indicata della validità della delega stessa. Né risultano rispettate le ulteriori rigorose formalità previste dalla giurisprudenza di legittimità Cass. pen. Sez. IV, n. 1760 del 17.12.1992, Rv. 193062 Sez. IV, n. 6079 del 19.2.1998 Sez. IV, n. 7402 del 26.4.2000 ed altre non massimate per il conferimento della valida delega predetta e cioè la dimostrazione che il delegato fosse soggetto in possesso delle necessarie conoscenze tecnico-scientifiche in materia di sicurezza del lavoro e dotato di particolare esperienza nell'organizzazione dei c.d. presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro, anche in relazione alla specifica attività produttiva esercitata dall'impresa. Ancora, dal documento prodotto non emerge nemmeno quanto previsto dall'orientamento consolidato ed anch'esso sostanzialmente poi trasfuso nel vigente T.U. per la sicurezza di questa Corte in ordine ai contenuti specifici della delega, secondo il quale In tema di infortuni sul lavoro, in ipotesi di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell'ambiente di lavoro e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina. Nella fattispecie la Corte non ha ritenuto il datore di lavoro esonerato dalla responsabilità per l'infortunio del lavoratore poiché al funzionario formalmente delegato non erano stati concretamente conferiti reali poteri di intervento Cass. pen. Sez. IV, n. 47136 del 24 settembre 2007, Rv. 238350 . Quindi, anche a voler ritenere che sussistesse il POS in data anteriore all'infortunio e che il documento di delega al Geom. S. prodotto nel corso del giudizio di appello sia genuino ed anteriore, unitamente all'accettazione del delegato, all'infortunio, non risulta fornita alcuna prova sia che egli fosse possesso delle necessarie conoscenze tecnico-scientifiche in materia di sicurezza del lavoro e dotato di particolare esperienza nell'organizzazione dei c.d. presidi antinfortunistici nei luoghi di lavoro, anche in relazione alla specifica attività produttiva esercitata dall'impresa sia del conferimento al medesimo di reali poteri d'intervento e dell'estensione degli stessi e quindi della giuridica validità e concreta efficacia della delega. Tutto quanto censurato in punto di delega e di nomina del responsabile è infondato. 4. Consegue il rigetto del ricorso e, con esso, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.