Bicicletta e lucchetto, binomio perfetto

Non sussiste l’aggravante di esposizione per consuetudine alla pubblica fede, nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta, abbandonata senza alcuna custodia in una pubblica via, in quanto tale consuetudine designa la pratica di fatto rientrante negli usi e nelle abitudini sociali, desunta sulla base di condotte verificate come ripetitive in un ampio arco temporale e tali, pertanto, da essere riconducibili a notorietà.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14785, depositata il 31 marzo 2014. Il caso. La Corte d’appello di Brescia escludeva l’aggravante di esposizione alla pubblica fede e dichiarava l’improcedibilità nei confronti di un imputato per il reato di tentato furto di bicicletta, estinto per remissione della querela. Il Procuratore della Repubblica ricorreva in Cassazione, lamentando l’esclusione dell’aggravante, in quanto sarebbe erronea la motivazione portata a sostegno della mancanza di consuetudine dell’esposizione alla pubblica fede. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava il fatto. Un uomo aveva parcheggiato la propria bicicletta nei pressi di un bar, all’interno del quale si era recato per una consumazione, e, mentre si trovava all’interno, guardava fuori per sorvegliare il mezzo, quando l’imputato aveva afferrato la bicicletta e si era dato alla fuga. Successivamente, il reo si fermava ed appoggiava la bici per terra. Il precedente. I giudici di legittimità si adeguavano alla sentenza n. 8450/2006 della V sezione, secondo cui non sussiste l’aggravante di esposizione per consuetudine alla pubblica fede, nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta, abbandonata senza alcuna custodia in una pubblica via come nel caso di specie , in quanto tale consuetudine designa la pratica di fatto rientrante negli usi e nelle abitudini sociali, desunta sulla base di condotte verificate come ripetitive in un ampio arco temporale e tali, pertanto, da essere riconducibili a notorietà. Non poteva qualificarsi come radicata abitudine del ciclista quella di lasciare la propria bicicletta sulla pubblica via, senza avere cura di assicurarla mediante qualche congegno di chiusura. Una diversa interpretazione. Tale pensiero non veniva mutato neanche dalla sentenza n. 3196/2012, secondo cui deve intendersi esposta, per necessità, e non per consuetudine, alla pubblica fede quando il detentore la parcheggi per una sosta momentanea lungo la strada. Infatti, una sosta momentanea lungo la pubblica via deve essere accompagnata dalla contestuale assenza di qualsivoglia forma di custodia, ma, nel caso di specie, il proprietario sorvegliava continuamente la bici dall’interno del locale, tanto che da percepire immediatamente il furto ed inseguire l’imputato. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 gennaio – 31 marzo 2014, n. 14785 Presidente Sirena – Relatore Massafra Ritenuto in fatto Ricorre per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia avverso la sentenza emessa, all'esito del giudizio abbreviato, in data 6.12.2012 dal giudice monocratico del Tribunale di Bergamo con la quale, esclusa l'aggravante di cui all'art. 625 n. 7 c.p., era stata dichiarata l'improcedibilità nei confronti di B.J. in ordine al reato di tentato furto di bicicletta ascrittogli siccome estinto per remissione della querela. Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all'erronea esclusione dell'aggravante ben integrata, invece, nel caso di specie, poiché doveva ravvisarsi l'esposizione alla pubblica fede per necessità sulla cui mancanza non era stata addotta alcuna motivazione, mentre erronea era la motivazione portata a sostegno della mancanza di consuetudine dell'esposizione alla pubblica fede. Rappresenta, altresì, l'erronea qualificazione del fatto come tentativo di furto e non già come furto consumato, secondo quanto descritto già nel capo d'imputazione. E' stata depositata una memoria difensiva nell'interesse dell'imputato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va respinto. Giova preliminarmente richiamare la ricostruzione del fatto riportata nella sentenza impugnata. Il proprietario aveva parcheggiato la bicicletta del valore di € 3.500 sulla pubblica via, nei pressi di un bar all'interno del quale il predetto si era recato per effettuare una consumazione mentre si trovava all'interno del locale dal quale guardava all'esterno, per non perdere di vista il proprio mezzo, all'improvviso notava un giovane che afferrava la bicicletta e si dava alla fuga inseguito dl proprietario che invocava aiuto, il giovane, vistosi scoperto, si fermava ed appoggiava la bici per terra. Deve convenirsi sulla corretta qualificazione del fatto come furto consumato e non già tentato, ad onta del richiamo all'art. 56 c.p. e ai fatti idonei diretti in modo non equivoco all'impossessa mento della bicicletta riportati dal capo d'imputazione, poiché è palese come si sia del tutto integrata, sia pur per breve lasso temporale, la piena apprensione, ad opera dell'autore, del bene asportato che solo in seguito fu lasciato per terra. Ciò premesso, per quanto attiene al primo motivo di ricorso, è pacifico, per come ritenuto anche dalla Corte distrettuale, che la bicicletta era stata lasciata incustodita, priva di qualsiasi congegno di sicurezza, sulla pubblica strada ne deriva che in proposito deve trovare applicazione il più recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità, cui il Collegio ritiene di aderire, secondo cui non sussiste l'aggravante di cui all'art. 625 c.p., comma 1, n. 7 - sub specie di esposizione per consuetudine alla pubblica fede - nel caso in cui si verifichi il furto di una bicicletta, abbandonata senza alcuna custodia in una pubblica via, in quanto la consuetudine di cui al succitato art. 625, comma 1, n. 7 designa la pratica di fatto rientrante negli usi e nelle abitudini sociali, desunta sulla base di condotte verificate come ripetitive in un ampio arco temporale e tali, pertanto, da essere riconducibili a notorietà ' Cass. pen. Sez. V, n. 8450 del 17.1.2006, Rv. 233765 . I presupposti indicati nella decisione, appena citata, di questa Corte, ai fini della configurabilità dell'aggravante in argomento, non risultano integrati nella concreta fattispecie, in quanto non può certo qualificarsi come radicata abitudine dei ciclista quella di lasciare la propria bicicletta sulla pubblica via senza avere cura di assicurarla mediante l'utilizzo della chiave di chiusura in originaria dotazione ovvero della catena antifurto ordinariamente commercializzata come accessorio cfr. Cass. pen. Sez. IV n. 38552 dei 22.9.2010, Rv. 248836 . Nè vale a far mutare avviso l'ultima sentenza massimata sul punto Cass. pen. Sez. V, n. 3196 del 28.9.2012, Rv. 254381 , che ha ritenuto di non aderire al precedente orientamento assumendo che la bicicletta deve intendersi esposta, per necessità, e non già per consuetudine, alla pubblica fede quando il detentore la parcheggi per una sosta momentanea lungo la strada . Invero, deve sempre ritenersi tale sosta momentanea lungo la pubblica via essere accompagnata dalla contestuale assenza di qualsivoglia forma di custodia ma nel caso di specie la bicicletta era stata parcheggiata solo fisicamente sulla pubblica via ma collocata in modo tale da essere continuamente sorvegliata a vista dal proprietario dall'interno del bar, tanto che l'azione furtiva fu immediatamente percepita con inseguimento dell'imputato e recupero del mezzo. Consegue il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.