Intercettazioni disposte per altro procedimento: corpo di reato o inutilizzabilità? Si esprimano le Sezioni Unite

La Corte di Cassazione riassume il dibattito giurisprudenziale, in tema di intercettazioni telefoniche o ambientali, afferente la qualificazione della comunicazione intercettata, costituente condotta delittuosa, come corpo di reato o come intercettazione non utilizzabile ex art. 270 c.p.p. e rimette la questione alle Sezioni Unite.

La rimessione da parte della Prima Sezione Penale è stata disposta con l’ordinanza n. 13388 depositata il 21 marzo 2014. Un’intercettazione ambientale come corpo di reato. Il caso proposto innanzi alla Corte di Cassazione riguarda un’ipotesi di deterioramento di cose mobili militari ex art. 169 c.p. Milit. Pace. La responsabilità in capo a due militari imputati è stata affermata in primo grado, e confermata in secondo, sulla base di un’intercettazione ambientale disposta per ordine dell’Autorità Giudiziaria ordinaria per reati comuni diversi da quello ascritto ai due imputati. Tale registrazione è stata ritenuta dai giudici di prime e seconde cure corpo di reato e dunque utilizzabile secondo l’ordinaria disciplina processuale. Non sono stati ritenuti applicabili al caso di specie i limiti di cui all’art. 270 c.p.p. secondo il quale l’utilizzo di intercettazioni di altro procedimento è ammesso solo qualora le stesse risultino necessarie ai fini dell’accertamento di delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza. Gli imputati ricorrono in Cassazione adducendo la violazione dell’art. 270 c.p.p. la registrazione ambientale sarebbe qualificabile come intercettazione inutilizzabile. L’orientamento maggioritario utilizzabili le intercettazioni di altro procedimento. I giudici hanno sostanzialmente aderito all’indirizzo giurisprudenziale maggioritario in tema di utilizzabilità di intercettazioni di altro procedimento, siano esse telefoniche od ambientali, secondo il quale se la comunicazione intercettata costituisce condotta delittuosa ex se , l’acquisizione della registrazione è disciplinata dalle norme sull’uso processuale del corpo di reato, non ricorrendo dunque i limiti di cui all’art. 270 c.p.p. Cass. n. 32957/2012, n. 5141/2007, n. 15729/2003, n. 14345/2001, n. 8670/1993 . Nel caso di specie, a parere dei giudici, le parole intercettate costituiscono il crimine, facendone addirittura parte a titolo esclusivo o almeno determinante. Situazione questa da tenere distinta rispetto al caso in cui le intercettazioni rivelino la semplice narrazione di un reato già commesso o la progettazione di un reato da commettere per le quali troverebbe piena applicazione il limite ex art. 270 c.p.p L’orientamento minoritario le intercettazioni di altro procedimento risultano inutilizzabili. A contrastare tale indirizzo, i ricorrenti propongono l’orientamento giurisprudenziale minoritario per il quale, anche nell’ipotesi di comunicazione costituente condotta delittuosa, le intercettazioni di altro procedimento risultano inutilizzabili ex art. 270 c.p.p. in quanto la registrazione è mezzo di comunicazione non definibile come cosa sulla quale o mediante la quale il reato è stato commesso, ossia corpo di reato ex multiis Cass. n. 10166/2011 e n. 33187/2001 . Il quesito. Tenuto conto del contrasto giurisprudenziale ancora vivo la cui risoluzione incide sulla responsabilità penale del reato ascritto, la Corte di Cassazione chiamata a decidere in merito alla violazione o meno del disposto dell’art. 270 c.p.p. ha deciso di rimettere la questione di diritto alle Sezioni Unite della Cassazione. In particolare il quesito proposto riguarda, in tema di intercettazioni telefoniche od ambientali di altro procedimento, la qualificazione della comunicazione intercettata o del supporto registrante come corpo di reato o meno e dunque l’utilizzabilità della stessa secondo le norme processuali ordinarie sull’uso del corpo di reato oppure inutilizzabilità della stessa secondo la previsione dell’art. 270 c.p.p

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 ottobre 2013 – 21 marzo 2014, n. 13388 Presidente Cortese – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 3 maggio 2012 la Corte militare di appello di Roma ha confermato la sentenza del 30 marzo 2011 del Tribunale militare di Verona, che aveva dichiarato F.E. e S.D. responsabili del reato loro contestato di distruzione e deterioramento di cose militari aggravato, di cui agli artt. 40 e 110 cod. pen. e 169 e 47 cod. pen. mil. pace, per avere, quali militari in servizio presso l'Aliquota radiomobile del Comando Compagnia carabinieri di e comandati in servizio di perlustrazione a bordo dell'autovettura Alfa Romeo 156 targata , mandato intenzionalmente il motore fuori giri , portato l'autovettura alla velocità di circa 100 Kmh e innestato per due volte la prima marcia, provocando la rottura del cambio e del differenziale, e, quindi, il deterioramento e la distruzione in parte dell'autovettura indicata, appartenente all'Amministrazione militare, e, tenuto conto dell'aumento di pena per il grado rivestito, aveva condannato F. alla pena di un anno e due mesi di reclusione militare e S. alla pena di un anno di reclusione militare, disponendo per entrambi la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. 2. Il Tribunale militare aveva ritenuto dimostrato il reato, richiamando - le risultanze della registrazione digitale sonora di quanto avvenuto il omissis nell'autovettura utilizzata quel giorno dagli imputati, che, comandati del turno di servizio 6.00-12.00, l'avevano riconsegnata già alle ore 7.00 circa perché in avaria, tratta da un dispositivo per intercettazione ambientale installato nella stessa nell'ambito di indagini per reato comune a carico di militari dell'Aliquota radiomobile del Comando Compagnia carabinieri di appartenenza, e acquisita nel corso del dibattimento perché ritenuta nella sua interezza corpo di reato e utilizzabile - le emergenze della inchiesta amministrativa diretta dall'ufficiale inquirente ten. col. Andrea Giannini, poi escusso come teste in dibattimento, coadiuvato, per la parte tecnica, dal col. C.V. , capo sezione motorizzazione del Comando Interregionale carabinieri di Milano, in ordine ai danni riportati dall'autovettura e alla loro compatibilità con un fuori giri , realizzato effettuando manovre di innesto forzato di marce basse a velocità non compatibile con tali rapporti di trasmissione - le dichiarazioni del teste ing. Ca.Gi. , consulente di parte dei due imputati nella inchiesta amministrativa, e dagli stessi indicato, in ordine alla non incompatibilità del fuori giri con lo stato del motore, riscontrato al momento della riconsegna dell'autovettura da parte degli imputati, e alla esclusa dipendenza del danno da mancanza o inidoneità dell'olio ovvero da cattiva manutenzione - la capacità ed esperienza nella guida veloce di S. , conduttore dell'autovettura, che, unitamente all'assenza di alcuna operazione di inseguimento e all'inserimento per due volte di marcia bassa ad alto regime di giri, escludeva l'involontarietà del comportamento - la nascita e il rafforzamento del proposito criminoso di S. , provenienti da F. , dimostrati dalle frasi e dalle risate dei due, e fondanti l'inquadramento del comportamento del secondo nello schema legale della compartecipazione morale. 3. La Corte militare di appello, richiamata la vicenda e illustrati i motivi di appello dedotti dagli imputati con distinti atti, ha affrontato anzitutto la questione della utilizzabilità della registrazione, esclusivamente sonora, eseguita all'interno dell'autovettura per ordine dell'Autorità giudiziaria ordinaria e disposta per reati diversi da quello ascritto agli imputati, richiamando e illustrando i principi di diritto fissati da questa Corte e l'intervento della Corte costituzionale con sentenza n. 366 del 1991 ha rappresentato, con diffuse argomentazioni, le ragioni del condiviso orientamento prevalente espresso da ultimo con la sentenza n. 5141 del 18 dicembre 2007, alla cui stregua, in tema di intercettazioni telefoniche da utilizzare in altri procedimenti, qualora la comunicazione intercettata costituisse essa stessa una condotta delittuosa, la sua acquisizione doveva essere inquadrata nelle norme regolanti l'uso processuale del corpo di reato e non si applicavano, pertanto, le limitazioni probatorie di cui all'art. 270 cod. proc. pen., e ha esposto le sue considerazioni circa la non condivisibilità dell'orientamento minoritario espresso con sentenza n. 33187 del 5 aprile 2001 e ribadito con successiva pronuncia n. 10166 del 25 gennaio 2011. 3.1. Secondo la Corte, erano da disattendere, alla luce degli indicati principi, i rilievi formulati da entrambi gli imputati, che non erano stati privati del diritto di difesa in dipendenza della iniziale esitazione del Tribunale circa i limiti di utilizzabilità delle registrazioni. Né erano decisive, in rapporto alla utilizzabilità delle registrazioni in atti, non contenenti narrazione successiva o progettazione precedente rispetto a un reato, ma il reato durante la sua commissione, le preoccupazioni espresse dall'appellante S. circa l'esigenza di tutela della privacy, avuto riguardo ai principi, ampiamente illustrati, fissati dalla Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'art. 270 cod. proc. pen., con sentenze n. 366 del 1991 e n. 63 del 1994, alla posizione dell'Italia di fonte alla giustizia internazionale della Corte Europea dei diritti dell'uomo, e alla disciplina giuridica delle intercettazioni de iure condendo, non incidente sulla utilizzabilità delle intercettazioni come ritenuta dal Tribunale e condivisa. 3.2. La Corte, che rimarcava che la conversazione intercettata copriva tutta la vicenda penalmente rilevante, ne richiamava l'intero contenuto della durata, con decorrenza dalle ore 6.16 del OMISSIS , di trenta minuti e quarantuno secondi, riportando la trascrizione della parte di interesse iniziata alle ore 6.18 osservava che il reato contestato era stato commesso in concorso di persone, la registrazione conteneva sia le parole che avevano descritto la condotta durante la sua commissione, sia la voce e le risate dei due interlocutori, sottolineate dal tono, dai rumori, dalle parole volgari e dai suoni verbali e non verbali, espressivi del compiacimento di entrambi, sia il rumore del motore mentre andava fuori giri sottolineava che la riconsegna dell'autovettura, ritirata funzionante dagli imputati, già alle ore 7.00 del mattino con i rilevati danni collegava gli stessi alla loro condotta ed evidenziava che essi erano diversi e più gravi rispetto a quello dipendente dal dedotto avviamento a spinta dell'autovettura escludeva che la tenuta dei giri alti del motore dipendesse dal timore di un suo spegnimento, alla luce delle emergenze della inchiesta amministrativa rilevava che il danno non poteva essere ritenuto riconducibile a un fuori giri diverso da quello emerso dalla registrazione per il buono stato dell'autovettura al suo ritiro, e considerava non fondata la tesi difensiva dell'involontario inserimento della prima marcia o del suo collegamento allo stato dell'autovettura, alla luce del contenuto della registrazione. 3.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, non sussistevano, ad avviso della Corte, elementi sufficienti per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore degli imputati, né della circostanza attenuante della speciale tenuità del danno, invocata da entrambi, né del minimo della pena, mentre la richiesta avanzata dall'appellante F. , volta alla sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria, era preclusa dalla entità della stessa pena. 4. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione con separati atti entrambi gli imputati. 4.1. F.E. ricorre personalmente e chiede l'annullamento della sentenza sulla base di unico motivo, con il quale deduce inosservanza degli artt. 266, 270 e 271 cod. proc. pen. in ordine alla inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche rectius ambientali . Secondo il ricorrente, che ripercorre l’ iter motivo della sentenza circa la ritenuta utilizzabilità della registrazione della conversazione, captata all'interno dell'autovettura, sottoposta a intercettazioni per ordine dell'Autorità giudiziaria ordinaria nell'ambito di indagini per reati comuni, e ritenuta unica prova dell'elemento oggettivo del reato di danneggiamento contestato e della colpevolezza di esso ricorrente, la Corte di merito ha svolto un ragionamento elegante , ma frutto di sforzo interpretativo non condivisibile. Contrastano, infatti, l'orientamento condiviso dalla sentenza impugnata altre sentenze, pure in essa richiamate, che giustificherebbero, stante l'esistenza di un contrasto interpretativo, la rimessione alle Sezioni Unite, e che, in coerenza con i principi di inviolabilità della segretezza delle comunicazioni, hanno escluso la utilizzabilità delle intercettazioni anche quando la stessa comunicazione integra condotta criminosa. L'acquisizione di tali intercettazioni è stata, per l'effetto, ritenuta soggetta alle disposizioni di cui all'art. 270 cod. proc. pen., e non a quelle che riguardano l'uso processuale del corpo di reato, in aderenza ai principi sanciti dall'art. 15 Cost., e ribaditi nei suoi interventi dalla Corte costituzionale, alla normativa Europea e alla stessa disciplina delle intercettazioni de iure condendo. Alla inutilizzabilità della intercettazione ambientale come prova e all'assenza di ulteriore prova che potesse legarlo al contestato danneggiamento del mezzo di servizio deve, pertanto, conseguire, ad avviso del ricorrente, la sua assoluzione per insussistenza del fatto. 4.2. S.D. ricorre per mezzo dell'avv. Mario Conestabo, chiedendo l'annullamento della sentenza sulla base di unico motivo, con il quale deduce inosservanza degli artt. 266, 270 e 271 cod. proc. pen., censurando la ritenuta utilizzabilità della registrazione ambientale sulla cui sola base è stata ritenuta provata la sua responsabilità. Secondo il ricorrente, che, pure osserva che il contrasto interpretativo, sussistente nella giurisprudenza di legittimità, richiede la rimessione del quesito alle Sezioni Unite, la Corte militare di appello ha del tutto disatteso il principio di, diritto fissato dalla più recente sentenza di questa Corte n. 10166 del 25 gennaio 2011, sulla cui base la registrazione non poteva essere acquisita e utilizzata ai fini del decidere, poiché, richiesta per altro filone di indagini, non era ammissibile per il reato oggetto del processo ed era, in ogni caso, non utilizzabile sia per le voci dei soggetti intercettati a loro insaputa sia per eventuali rumori captati. Né la registrazione riportata sul supporto ottico, prodotto dal Pubblico Ministero all'udienza dibattimentale di primo grado del 30 marzo 2011, poteva ritenersi corpo di reato, avuto riguardo ai presupposti procedurali che hanno sotteso le disposte intercettazioni e al rilievo che le stesse non potevano attenere all'accertamento di fatti e responsabilità non sussistenti al momento della richiesta avanzata dal Pubblico Ministero e autorizzata dal Giudice per le indagini preliminari. Considerato in diritto 1. La questione di diritto posta dai ricorrenti attiene alla utilizzabilità delle intercettazioni in procedimento diverso da quello nel quale le stesse sono state disposte in assenza delle condizioni richieste dall'art. 270 cod. proc. pen. e alla inquadrabilità della comunicazione intercettata, costituente condotta delittuosa, nelle norme che regolano l'uso processuale del corpo di reato. Essa trae origine dalla vicenda oggetto del giudizio, che ruota intorno alle risultanze della registrazione sonora di voci e di rumori, eseguita all'interno dell'autovettura utilizzata dagli imputati, odierni ricorrenti, per ragioni di servizio il 21 dicembre 2007, disposta dall'Autorità giudiziaria ordinaria nell'ambito di indagini per reati diversi, acquisita nel processo militare perché ritenuta nella sua interezza corpo di reato e apprezzata nel doppio grado del giudizio di merito come dimostrativa, coprendo tutta la vicenda penalmente rilevante, della responsabilità concorsuale dei ricorrenti in ordine al reato loro ascritto. 1.1. Secondo la tesi dei ricorrenti, sostanzialmente concorde nei proposti ricorsi, l'intercettazione ambientale, posta la sua esecuzione nel contesto di altro procedimento e per altro titolo di reato commesso da soggetti diversi e posta la non previsione dell'arresto in flagranza per il reato per cui si procede, è stata non correttamente qualificata come corpo di reato e direttamente utilizzata per una pronuncia di condanna a loro carico quale unica prova che ha legato ciascuno di essi al fatto contestato nel capo di imputazione. Tale qualificazione, che, nella dedotta prospettiva, ha consentito ai Giudici del merito di superare il divieto legislativo della utilizzazione di captazione effettuata in altro procedimento che avrebbe portato alla loro piena assoluzione, è ritenuta dai ricorrenti non coerente con il più recente orientamento di questa Corte, espresso con la sentenza n. 10166 del 25 gennaio 2011, che confermando la meno recente decisione n. 33187 del 5 aprile 2001, ha affermato che l'acquisizione delle registrazioni che rappresentino una comunicazione che integra essa stessa una condotta criminosa è soggetta alle regole stabilite dall'art. 270 cod. proc. pen., poiché la registrazione costituisce in ogni caso un mezzo di documentazione della comunicazione e non è definibile cosa sulla quale o mediante la quale il reato è stato commesso , e come tale soggetta alle norme relative all'uso processuale del corpo di reato. L'indicato recente orientamento è, secondo l'analisi critica svolta in termini diversamente diffusi nei due ricorsi, preferibile a quello opposto, condiviso dai Giudici di merito, ed espresso da ultimo con sentenza di questa Corte n. 5141 del 18 dicembre 2007, perché più ossequioso dei principi sanciti dall'art. 15 Cost. e più aderente a quelli affermati in materia dalla Corte costituzionale e dalla normativa Europea, nonché alla disciplina de iure condendo delle intercettazioni, dando luogo a un contrasto interpretativo nella giurisprudenza tale da rendere opportuna la rimessione alle Sezioni Unite. 1.2. L'indicata questione di diritto è stata oggetto del dibattito giudiziario nei due gradi del giudizio di merito, come evidenziato dal contenuto, espositivo e argomentativo, della sentenza del Tribunale militare e dalla diffusa analisi condotta dalla Corte militare di appello degli aspetti giuridici della vicenda, movendo dalla preliminare e coerente puntualizzazione dei termini della questione dibattuta, la cui rilevanza nel processo non atteneva alla possibilità di utilizzare i risultati delle intercettazioni per trame notizia di illeciti diversi da quelli che le avevano originate o spunti investigativi, in ordine alla quale ha pure richiamato arresti di questa Corte e la decisione della Corte costituzionale n. 366 del 1991, ma riguardava la utilizzabilità diretta dei detti risultati per altro processo. 1.2.1. La Corte, procedendo secondo linee logiche e giuridiche concordanti con l' iter argomentativo della sentenza del Tribunale, ha rimarcato che, a differenza della ipotesi in cui il contenuto della registrazione consista nella narrazione di fatti di reato già commessi o nella progettazione di quelli da commettere, per la quale la risposta negativa è traibile dallo stesso testo normativo, la utilizzabilità nel processo della registrazione, che colga le parole che costituiscono il crimine facendone parte a titolo esclusivo o comunque determinante , ha trovato risposta affermativa nella giurisprudenza di questa Corte. Con la sentenza n. 5141 del 18 dicembre 2007, si è, in particolare, inquadrata l'acquisizione della conversazione intercettata, che costituisca essa stessa una condotta delittuosa , nelle norme che regolano l'uso processuale del corpo di reato, senza l'applicazione delle limitazioni probatorie di cui all'art. 270 cod. proc. pen., confermandosi un principio già in precedenza affermato, in sede di legittimità, con le sentenze n. 8670 del 7 maggio 1993, n. 14345 del 27 marzo 2001 e n. 15729 del 21 febbraio 2003. 1.2.2. La Corte ha dato atto dell'orientamento contrario espresso con due pronunce, n. 33187 del 5 aprile 2001 e n. 10166 del 25 gennaio 2011, che hanno invece affermato, in tema di limiti di utilizzazione delle intercettazioni telefoniche in altri procedimenti, che anche quando le registrazioni rappresentano una comunicazione che integra essa stessa condotta criminosa , la loro acquisizione non può essere inquadrata nelle norme che regolano l'uso processuale del corpo di reato, essendo invece soggetta alle disposizioni stabilite dall'art. 270 cod. proc. pen., poiché la registrazione non è definibile cosa sulla quale o mediante la quale il reato è stato commesso , ma costituisce in ogni caso un mezzo di documentazione della comunicazione . 1.2.3. La convinta adesione al primo maggioritario orientamento è stata espressa dalla Corte di merito, che lo ha adottato a fondamento del confermato giudizio di responsabilità, evidenziando, sotto un primo profilo, che la soluzione interpretativa adottata, fondata sulla nozione di corpo di reato e logicamente correlata alla esigenza di raccordo tra diverse norme codicistiche, trova un riscontro nella sua sostanziale tenuta in sede di legittimità a partire dalla riforma del codice di procedura penale, contrastata da due sole pronunce contrarie, una delle quali successiva all'ultima decisione allo stesso conforme, senza, peraltro, alcun intervento delle Sezioni Unite, e illustrando, sotto un secondo profilo, i punti deboli dell'orientamento minoritario. A tale riguardo, la sentenza impugnata ha rilevato, con considerazioni estensibili alla sentenza n. 10166 del 25 gennaio 2011, che la sentenza n. 33187 del 5 aprile 2001, che ha identificato il corpo di reato nel cavo telefonico della comunicazione e non nel supporto magnetico della sua registrazione, ha spostato l'attenzione dalla sostanza giuridica a quella materiale, pervenendo a incongrue conseguenze con riguardo alle intercettazioni ambientali che riguardano conversazioni tra presenti, il cui suono è captato da apparecchio che, in assenza di cavo intermedio e di trasmissione radio, può contestualmente registrare, e ha sottolineato che nella specie il risultato materiale della operazione meccanica di intercettazione contiene elementi utilizzabili nel processo, restando però il fatto criminoso, interamente coperto dalla registrazione, distinto dalla operazione di intercettazione. 2. In tale contesto la questione di diritto nei termini in cui è stata riproposta dai ricorrenti, a fronte del percorso argomentativo della sentenza impugnata e del suo apprezzamento conclusivo, esprimendo la sussistenza di diverse soluzioni interpretative, sostenute da coesistenti e antitetici orientamenti di questa Corte, impone di dar conto del rilevato contrasto, rimasto non risolto, cui non osta la i natura militare del reato oggetto del processo, la prova della cui sussistenza, sul piano oggettivo e su quello soggettivo, non è sottratta alle regole del procedimento penale ordinario. 3. La tesi, sostenuta dalle sentenza del Tribunale militare e della Corte militare di appello, è stata affermata inizialmente Sez. 6, n. 8670 del 07/05/1993, dep. 23/09/1993, Olivieri, Rv. 195535 con il rilievo che le limitazioni probatorie, in tema di intercettazioni telefoniche da utilizzare in altri procedimenti, non valgono allorquando la bobina della registrazione viene ad essere essa stessa corpo di reato nella specie, erano state disposte intercettazioni telefoniche nell'ambito di un procedimento per omicidio, e si era poi proceduto a parte per il reato di favoreggiamento costituito da una telefonata - registrata nel corso di quelle intercettazioni - con la quale la titolare dell'utenza sotto controllo era stata avvertita che all'indomani sarebbe stata effettuata una perquisizione . Tale principio è stato ripreso da successiva pronuncia Sez. 6, n. 14345 del 27/03/2001, dep. 09/04/2001, Cugnetto, Rv. 218784 , ulteriormente rimarcandosi che, in tema di limiti di utilizzazione di intercettazioni telefoniche in altri procedimenti, qualora le registrazioni non rappresentino una conversazione su circostanze relative al fatto reato per cui sono state disposte ma una comunicazione che integra essa stessa condotta criminosa, la loro acquisizione al processo va inquadrata nelle norme che regolano l'uso processuale del corpo di reato, giacché tali registrazioni sono da considerare cose sulle quali il reato è stato commesso, e non si applicano, pertanto, le limitazioni stabilite dall'art. 270 cod. proc. pen. la fattispecie era relativa al delitto di rivelazione di segreto di ufficio avvenuta nel corso di una telefonata intercettata nell'ambito di un diverso procedimento . 3.1. Il principio di diritto riaffermato con altra decisione Sez. 6, n. 15729 del 21/02/2003, dep. 03/04/2003, Hinna Danesi F., Rv. 225610 , alla cui stregua in tema di intercettazioni telefoniche da utilizzare in altri procedimenti, le limitazioni probatorie di cui all'art. 270 cod. proc. pen. non valgono allorquando la comunicazione intercettata costituisce essa stessa condotta delittuosa che, imprimendosi contestualmente alla commissione sul supporto magnetico registrante, lo rende corpo di reato , è stato in seguito ripreso in termini Sez. 6, n. 5141 del 18/12/2007, dep. 01/02/2008, Cincavalli, Rv. 238728 con riguardo a fattispecie nella quale l'intercettazione riguardava la comunicazione con cui l'imputato, appartenente all'Arma dei Carabinieri, aveva avvertito il latitante di una imminente operazione volta proprio alla sua cattura, mentre, nell'ambito del medesimo orientamento, si è anche affermato medio tempore Sez. 6, n. 25128 del 24/05/2005, dep. 11/07/2005, Tortu, Rv. 232255 , che l'indicata esclusione delle limitazioni probatorie di cui all'art. 270 cod. proc. pen. non opera quando la comunicazione intercettata rappresenti solo un frammento della condotta delittuosa, non esaurendosi la fattispecie criminosa con le conversazioni intercettate nella fattispecie la Corte aveva annullato con rinvio la sentenza impugnata per violazione dell'art. 270 cod. proc. pen., in quanto la fattispecie di millantato credito si era realizzata, oltre che con le richieste telefoniche di danaro, con il successivo accordo per l'interessamento presso i pubblici funzionari e con la consegna del danaro . In modo conforme si sono espresse due più recenti decisioni, che hanno affermato che in tema di intercettazioni telefoniche le conversazioni, intese come segni espressivi di comunicazione fra soggetti, possono costituire corpo del reato - e come tali essere utilizzate anche al di fuori dei limiti di cui all'art. 270 cod. proc. pen. - solo se le espressioni linguistiche impiegate siano di per sé lesive di un precetto penale Sez. 6, n. 13166 del 29/11/2011, dep. 05/04/2012, Alessio e altri e P.G. in proc. Gallo e altri, Rv. 252578 , e più genericamente che le conversazioni possono essere utilizzate, indipendentemente dalle condizioni indicate dall'art. 270 cod. proc. pen. come corpo del reato, quando costituiscono esse stesse la condotta incriminata Sez. 6, n. 32957 del 17/07/2012, dep. 22/08/2012, Salierno, Rv. 253037, fattispecie in tema di favoreggiamento personale . 3.2. Neppure deve trascurarsi di rilevare che nell'indicato orientamento, che ha riguardato le sole intercettazioni telefoniche, vi è anche un contrasto sotterraneo circa il modo di intendere il corpo di reato, poiché, movendo dalla definizione normativa di cui all'art. 253, comma 2, cod. proc. pen., secondo cui corpo del reato sono le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo , si è affermato che corpo del reato è la bobina della registrazione delle intercettazioni , Rv. 195535 , ovvero la registrazione delle comunicazioni Rv. 218784 Rv. 238728 Rv. 253037 , o il supporto magnetico registrante Rv. 225610 , o, in termini immateriali, la comunicazione intercettata Rv. 232255 , o le conversazioni intese come segni espressivi di comunicazione fra soggetti Rv. 252578 . Ulteriore contrasto interno è rappresentato dal significativo distinguo, come tale segnalato anche dalla Corte militare di appello, che questa Corte Rv. 232255 ha posto tra l'ipotesi in cui la comunicazione intercettata costituisca condotta delittuosa integrante la fattispecie criminosa e quella in cui ne rappresenti solo un frammento, affermando che a ciò consegue l'applicazione solo nel secondo caso delle limitazioni probatorie di cui all'art. 270 cod. proc. pen., poiché nel primo caso la comunicazione intercettata diviene corpo di reato . 4. La tesi contraria, posta dai ricorrenti a fondamento della loro richiesta di annullamento della sentenza, è sostenuta, invece, in modo uniforme da due decisioni di questa Corte, che, pure riferite alle sole intercettazioni telefoniche, hanno affermato che in tema di limiti di utilizzazione di intercettazioni telefoniche in altri procedimenti, anche quando le registrazioni non rappresentano una conversazione su circostanze relative al fatto reato per cui siano state disposte, ma una comunicazione che integra essa stessa condotta criminosa, la loro acquisizione è soggetta alle disposizioni stabilite dall'art. 270 cod. proc. pen. e non va inquadrata nelle norme che regolano l'uso processuale del corpo di reato, giacché la registrazione costituisce in ogni caso un mezzo di documentazione della comunicazione e non è definibile cosa sulla quale o mediante la quale il reato è stato omesso Sez. 6, n. 33187 del 05/04/2001, dep. 04/09/2001, Ruggiero, Rv. 220273 Sez. 5, n. 10166 del 25/01/2011, dep. 14/03/2011, Fiori e altri, Rv. 249952. Nelle fattispecie giudicate era stato escluso che nel procedimento relativo al reato di segreto d'ufficio, quanto alla prima decisione, e in quello concernente il concorso nel reato di falso, quanto alla seconda, commessi, in entrambi i casi, mediante una comunicazione telefonica su una utenza soggetta per altre ragioni e in diverso procedimento a intercettazione, la registrazione potesse in ogni caso essere utilizzata come corpo di reato . 5. I rilievi difensivi e le argomentazioni della Corte di appello in merito ai riflessi costituzionali e internazionali dei limiti di utilizzabilità delle intercettazioni non sono strettamente connessi alla questione di diritto dibattuta che attiene, invece, in via preliminare all'inquadramento della comunicazione intercettata, costituente condotta delittuosa, e in via consequenziale alla individuazione della disciplina, regolante le intercettazioni o l'uso processuale del corpo di reato, applicabile. Deve essere, invece, rappresentato, avuto riguardo alla intercettazione ambientale e non telefonica, che è in considerazione nella specie, e al rilievo critico che la Corte di appello ha mosso alla decisione n. 33187 del 5 aprile 2001, in stretta correlazione con le conseguenze fuorvianti derivanti in tema di intercettazioni ambientali dal ritenere corpo di reato il cavo telefonico della comunicazione e non il supporto materiale della registrazione, che il già rappresentato contrasto sotterraneo circa il modo di intendere il corpo di reato può avere diretta influenza sull'inquadramento delle dette intercettazioni, quando la comunicazione intercettata costituisca essa stessa condotta delittuosa, e sulla disciplina della loro utilizzazione. 6. Alla stregua degli svolti rilievi, rilevato che la questione di diritto dibattuta ha dato luogo a un riscontrato contrasto giurisprudenziale, consapevolmente peraltro espresso da ciascuna decisione in rapporto all'opposto orientamento criticamente ripercorso e avversato, come emerge dalla lettura delle motivazioni delle richiamate sentenze, illustrate nella massima da esse tratta, e considerato che la soluzione del contrasto incide sull'accertamento delle responsabilità penali, con particolare riferimento alla verifica della sussistenza dell'oggettivo contributo concorsuale del passeggero e, in genere, dell'elemento soggettivo del reato ascritto, e, come rilevato dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, sulla pendente inchiesta amministrativa, appare doverosa la rimessione alle Sezioni Unite Penali di questa Corte, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen., della seguente questione di diritto Se, in tema di intercettazioni, telefoniche o ambientali, utilizzate in altri procedimenti, la comunicazione intercettata, costituente condotta delittuosa, sia qualificabile, essa stessa o il supporto registrante, interamente o in parte, corpo di reato, e sia soggetta alle norme che regolano l'uso processuale del corpo di reato, o alle disposizioni stabilite dall'art. 270 cod. proc. pen. . P.Q.M. Rimette i ricorsi alle Sezioni Unite.