Sesso con minori: la sottile linea rossa tra favoreggiatore e cliente

In materia di prostituzione minorile, indurre dei giovani alla prostituzione, non con una moltitudine indeterminata di persone, ma anche con il solo soggetto agente, determina il reato di sfruttamento della prostituzione minorile.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7766, depositata il 19 febbraio 2014. Il caso. Il GIP di Torino dichiarava un imputato responsabile del reato di prostituzione minorile. In particolare, lo riconosceva colpevole di 7 reati, di cui 4 integranti l’ipotesi prevista dall’art. 600 bis , comma 1, c.p. relativo all’induzione o allo sfruttamento della prostituzione minorile, e 3 l’ipotesi di cui al secondo comma dello stesso articolo, riguardante atti sessuali con minorenni. La Corte d’appello riformava parzialmente la sentenza, riqualificando uno dei reati, originariamente punito in base al primo comma, nell’ipotesi descritta dal secondo comma. L’imputato presentava ricorso in Cassazione, contestando la qualificazione giuridica dei reati, rientranti tutti, secondo la sua opinione, nella fattispecie del secondo comma, che afferma salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000 . La Corte di Cassazione riteneva corretta l’argomentazione motivazionale logica adottata dai giudici di merito, tenendo presente anche l’ammissione dell’imputato di aver avuto rapporti sessuali con i giovani. Il soggetto sosteneva però che il denaro dato costituiva un regalo, sganciato dalle prestazioni sessuali. La Corte ricordava che la fattispecie prevista dall’art. 600 bis c.p. protegge l’integrità e la libertà fisica e psichica del minore e, per questo, ha natura autonoma, considerando la sua diversità oggettiva rispetto alle analoghe fattispecie in materia di prostituzione di soggetti adulti. Basta un solo cliente. Il delitto ex art. 600 bis c.p. sussiste anche quando l’autore del reato abbia indotto dei minorenni ad avere rapporti retribuiti non con più persone indeterminate, ma solo con lo stesso agente, inducendo quindi il minore con la promessa o la corresponsione di un compenso. Il libero sviluppo psicofisico del giovane può essere messo in pericolo da qualsiasi tipo di mercificazione del proprio corpo. Sussiste, secondo la Cassazione, il reato di induzione alla prostituzione anche nel caso in cui l’agente tenga una condotta idonea a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi per un’utilità economica. Tale condotta può consistere nella semplice dazione di denaro, che persuada il minore a consentire ad atti sessuali, senza che la persona sia iniziata o meno a vendere il proprio corpo. Mentre il secondo comma dell’articolo in commento punisce, salvo più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore in cambio di corrispettivo di denaro o altra utilità, il primo comma prevede le condotte di reclutare o indurre alla prostituzione e quelle atte a favorire o gestire la prostituzione o trarne profitto. Induzione o no? La Cassazione riteneva appropriato il giudizio della Corte territoriale, secondo cui l’imputato aveva avuto una condotta subdola, in quanto ha utilizzato la fama creatasi di cliente ideale” per la sua generosità, per adolescenti stranieri bisognosi di aiuto economico, ha creato una situazione oggettivamente incentivante la prostituzione minorile, della quale non può essere considerato solo mero fruitore, ma anche un alimentatore, con la sua ostentata ricchezza . Per questi motivi, la Corte dichiarava inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 19 febbraio 2014, n. 7766 Presidente Fiale – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Il Gip presso il Tribunale di Torino, con sentenza del 10/10/2011, resa a seguito di rito abbreviato, dichiarava P.C. responsabile del reato di prostituzione minorile. In particolare lo riconosceva colpevole di sette reati di cui quattro integranti l'ipotesi prevista nel primo comma dell'art. 600 bis cod.pen., e tre le ipotesi di cui al secondo comma del citato articolo, così modificata la imputazione originaria, che prevedeva per tutti i fatti contestati la fattispecie tipizzata nel comma 1 del 600 bis cod.pen. Il decidente condannava l'imputato alla pena di anni 6 e mesi 2 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa, con applicazione delle pene accessorie. La Corte di Appello di Torino, chiamata a pronunciarsi sull'appello interposto nell'interesse del prevenuto, con sentenza del 3/10/2012, in parziale riforma del decisum di prime cure, ha assolto l'imputato dal reato contestato al capo d della rubrica, perché il fatto non sussiste previa riqualificazione del fatto descritto al capo a della imputazione nella ipotesi ex art. 600 bis co. 2 cod.pen., ha rideterminato la pena in anni 5, mesi 10 e giorni 20 di reclusione ed euro 26.666,00 di multa, con conferma nel resto. Propone ricorso per cassazione la difesa del C., con un unico motivo di annullamento, con il quale, analiticamente esaminando i vari capi di imputazione, contesta la qualificazione giuridica dei fatti di reato ascritti al prevenuto, evidenziando le incongruenze logico-giuridiche in cui è incorso il giudice di merito è evidente che la condotta posta in essere dal C. non può considerarsi concretizzante il reato di cui al co. 1 dell'art. 600 bis cod.pen., bensì la fattispecie di cui al co. 2 del medesimo articolo, come una corretta lettura delle emergenze istruttorie avrebbe dovuto indurre a ritenere. Il Tribunale e, di poi, la Corte territoriale hanno erroneamente interpretato la normativa vigente all'epoca dell'accadimento dei fatti e hanno fatto mal governo dei principi dettati in materia di prostituzione minorile dalla giurisprudenza di legittimità. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. La argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, è logica e corretta, sia in ordine alla sussistenza dei reati contestati, che in relazione alla ascrivibilità degli stessi in capo all'imputato. Ad avviso del giudice di merito le emergenze istruttorie acquisite e l'esito dell'attività investigativa, svolta dalla Polizia Giudiziaria, non lasciano adito a dubbi sulla colpevolezza del C. per i fatti di reato contestatigli, considerata, peraltro, la attendibilità di tutti i dichiaranti, i quali hanno riferito episodi circostanziati, coerenti e del tutto verosimili, descrivendone con precisione le modalità di svolgimento. Peraltro, il prevenuto, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, non ha negato i rapporti sessuali con i giovani, vittime dei reati allo stesso contestati, limitandosi a sostenere che il denaro dato ai minori costituiva un regalo, del tutto sganciato dalle prestazioni sessuali offerte dai medesimi. Va rilevato che la fattispecie criminosa di cui all'art. 600 bis cod.pen., introdotta dalla legge 269/98, è diretta a proteggere la integrità e la libertà fisica e psichica del minore ed ha pertanto natura autonoma, attesa la sua diversa oggettività giuridica rispetto ad analoghe fattispecie criminose in materia di prostituzione di soggetti adulti L. 75/58 . Il delitto di cui al citato art. 600 bis cod.pen. sussiste anche nel caso in cui l'autore del reato abbia indotto soggetti minorenni ad avere rapporti retribuiti, non già con una pluralità di persone indiscriminata, ma solo con l'agente stesso, inducendo il minore con la promessa o la corresponsione di un compenso Cass. 14/4/2010, n. 18315 infatti l'interesse protetto dalla norma è il libero sviluppo psicofisico del minore, che può essere messo a repentaglio da qualsiasi tipo di mercificazione del proprio corpo. Il concetto di induzione alla prostituzione, rilevante ai fini della presente decisione, alla luce dell'art. 600 bis, co. 1, cod.pen., è stato oggetto di plurimi interventi giurisprudenziali in relazione alla disciplina prevista dalla L. 75/58, definito come qualsiasi condotta che coarti la volontà della persona e ne superi le resistenze di ordine morale, ciò anche nel caso di soggetto passivo già iniziato e dedito alla vendita del proprio corpo Cass. 26/5/2010, n. 7947 , e qualora si rafforzi la determinazione di tale soggetto o si agisca su di esso al fine di farlo persistere nella turpe attività dalla quale abbia, più volte, manifestato la volontà di allontanarsi Cass. 13/5/1987, n. 7424 . Il legislatore ha ritenuto di utilizzare il concetto di induzione anche con riferimento alla prostituzione minorile, allorchè, con l'art. 18, L. 269/98, ha introdotto nel codice penale l'art. 600 bis, così trasformando l'elemento della minore età della persona offesa da circostanza aggravante a elemento costitutivo di autonomo reato, considerato dalla giurisprudenza in continuità normativa con la disciplina previgente continuità che risulta evidente pur in riferimento alla modifica che detta norma codicistica ha subito con l'introduzione dell'art. 4, L. 172/2012. La giurisprudenza formatasi in relazione all'art. 600 bis cod.pen. ripercorre, in parte, le linee interpretative maturate con riferimento alla L. 75/58, affermando il principio secondo il quale sussiste il reato di induzione alla prostituzione nel caso in cui l'agente ponga in essere una condotta idonea a vincere le resistenze di ordine morale che trattengono la vittima dal prostituirsi al fine di una qualsiasi utilità economica in particolare, tale condotta può consistere nella semplice dazione di denaro, che persuada il minore a consentire gli atti sessuali, senza che sia richiesto dalla legge che la persona sia iniziata o meno a vendere il proprio corpo Cass. 14/4/2010, n. 18315 . Rilevasi, inoltre, che il co. 1 dell'art. 600 bis cod.pen. è articolato in due parti, che prevedono le condotte di reclutare o indurre alla prostituzione una persona minore di età e quelle atte a favorire, sfruttare, gestire, organizzare o controllare la prostituzione di un minore o, comunque di trarne profitto. Il secondo comma punisce, salvo più grave reato, chiunque compie atti sessuali con minore di età compresa tra 14 e 18 anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessa. In ogni caso, integra il reato di induzione alla prostituzione minorile, ex art. 600 bis, co. 1, cod.pen., qualsiasi condotta idonea ad influire sul processo volitivo della vittima, sollecitandola, incoraggiandola o blandendola, in modo da determinare la stessa a compiere atti sessuali in cambio di denaro o altra utilità Cass. 11/1/2011, n. 4235 . La differenza dei termini utilizzati dal legislatore e della pena prevista mette in evidenza il diverso grado di gravità delle condotte previste dai due commi citati e chiama in causa la necessità di offrire una attenta lettura dei termini prostituzione e induzione , che sia rispettosa della ratio legis e delle specifiche esigenze di tutela delle persone minori, che vengono avvicinate dall'autore del reato e convinte ad intrattenere con lo stesso rapporti sessuali dietro corrispettivo Cass. ord. 11/6/2013, n. 32067 . Quanto osservato permette di rilevare che la Corte territoriale, a seguito di puntuale disamina di ogni fatto inerente le singole imputazioni, ha correttamente affermato che il C. ha posto in essere una subdola condotta, in quanto, utilizzando, la fama creatasi di cliente ideale , grazie alla sua generosità, per adolescenti stranieri in cerca di aiuti e benefici economici, ha creato una situazione oggettivamente incentivante la prostituzione minorile, della quale non può essere considerato solo mero fruitore, ma anche un alimentatore, con la sua ostentata ricchezza, esplicitata, in particolare, modo, utilizzando auto di grossa cilindrata. Il Collegio non ignora che le Sezioni Unite della Corte sono state chiamate a dirimere un contrasto giurisprudenziale, sollevato con ordinanza dell'11/6/2013, da questa stessa terza sezione, in ordine alla integrazione del concetto di induzione alla prostituzione minorile, ma la fattispecie in esame esula dalla problematica sottoposta al vaglio del Supremo Collegio, proprio sul rilievo della situazione oggettivamente incentivante la prostituzione minorile di cui, nella specie, i giudici di merito hanno dato conto razionalmente. In dipendenza, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il C. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell'art. 616 cod.proc.pen., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, altresì, al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 1.000,00.