Rapina finita male: muore settantenne. Esito tragico assolutamente prevedibile

Nell’omicidio preterintenzionale la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte, che si determina per fattori esterni, il cui accertamento si fonda su elemento oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta. Ciò lo differenzia dall’omicidio volontario.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 4696 del 31 gennaio 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Napoli condannava un uomo a 24 anni di reclusione per i reati, commessi in concorso con 2 minorenni, di rapina e di omicidio in danno di un ultrasettantenne, trovato all’interno della sua abitazione da un vicino di caso, steso a terra con mani e piedi legati, in stato di semi incoscienza. La radio era a tutto volume e la porta era aperta. L’uomo moriva in ospedale poche ore dopo il ritrovamento. Gli autori della rapina venivano individuati grazie all’uso delle utenze telefoniche della vittima e al ritrovamento del corpo del reato. Dopo l’arresto, uno dei minorenni confessava e le versioni rese dagli autori del reato erano solo marginalmente discordanti. La difesa ricorreva in Cassazione. Rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale presupposti. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per acquisire la testimonianza di alcuni testimoni. Il motivo è manifestamente infondato tale rinnovazione non è automatica ma, ferma la legittimità delle letture ex art. 512 c.p.p. e in presenza dei relativi presupposti, richiede l’impossibilità per il giudice d’appello di decidere allo stato degli atti. Nel caso in esame, invece, le testimonianze di cui si chiedeva l’assunzione erano divenute impossibili per la sopravvenuta irreperibilità del teste o la ripetizione di testimonianze già assunte. Nessun dubbio omicidio volontario! La difesa, inoltre, contesta la mancata configurazione del delitto come preterintenzionale. Il motivo è infondato, dato che la morte della persona offesa era del tutto indifferente ai soggetti agenti, essendo altamente probabile nelle condizioni date, non solo per la violenza e la pluralità dei colpi inferti e per l’età della vittima, ma per lo stesso comportamento successivo tenuto dai soggetti agenti che l’avevano lasciata in condizioni tali da non poter chiedere aiuto ben sapendo che viveva sola e riceveva solo visite occasionali i suoi eventuali lamenti sarebbero stati sopraffatti dal volume della radio accesa , con mani e piedi legati, sottraendole i cellulari e strappando i fili del telefono fisso. Consequenziale è, quindi, la supposizione della presenza del dolo il criterio distintivo tra l’omicidio volontario e l’omicidio preterintenzionale risiede nel fatto che nel secondo caso la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte, che si determina per fattori esterni e il cui accertamento deve fondarsi su elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta. Nel caso in esame nessun evento esterno ha determinato la morte della vittima, del tutto prevedibile nei suoi presupposti a chi, con deliberata efficacia, li aveva posti in essere . Accolto, quindi, il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 20 novembre 2013 – 14 gennaio 2014, n. 4696 Presidente Cortese – Relatore Rombolà Ritenuto in fatto Con sentenza 3/10/12 la Corte di Assise di Appello di Napoli confermava la sentenza 9/5/11 della Corte di Assise di Napoli che, con le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate minorata difesa della vittima, azione di più persone riunite, compartecipazione di minori, nesso teleologico, crudeltà e con la continuazione, condannava M.F.T. alla pena principale di anni 24 di reclusione per i reati, commessi in concorso con due minorenni, di rapina in danno dell'ultrasettantenne D.S. , di omicidio in danno dello stesso e di detenzione e porto illegali di una pistola che, con altri beni e valori, veniva sottratta alla vittima in omissis decesso sopravvenuto il . Il D. era trovato all'interno della sua abitazione in una zona appartata di omissis , la porta aperta, la radio ad altissimo volume da un vicino di casa tal F.M. intorno alle 13 del , steso a terra, in stato di semi incoscienza, con le mani e le caviglie legate. Portato all'ospedale, vi decedeva poche ore dopo per un gravissimo poli-trauma con prevalente localizzazione cranico encefalica e toracica. L'uomo appariva vittima di una rapina, che gli accertamenti medico-legali facevano risalire a due giorni prima, il . L'utilizzazione delle utenze telefoniche già appartenute al D. consentivano di risalire all'odierno imputato e al minore H.C.F. , poi separatamente giudicato, abitanti presso il campo nomadi di via omissis . E il controllo delle loro precedenti utenze li collocava, entrambi, a omissis tra le 10,01 e le 11,19 del . In possesso di tale S.M.D. uno dei cellulari e un orologio della vittima l'uomo riferiva di averli acquistati dall'H. e dal M. , dediti, a suo dire, alla prostituzione. Entrambi venivano fermati, benché avessero cercato di sottrarsi all'arresto. H. confessava e, definitivamente giudicato, rendeva testimonianza ex art. 197 bis cpp anche nel processo del coimputato maggiorenne M. , che a sua volta confessava. Difformità tra le due versioni dei fatti solo nel ruolo, più o meno di rilievo, che ciascuno attribuiva a se stesso o addossava all'altro. Certa la presenza anche di un terzo complice, minore di età tale Ma. , che però restava non identificato. Quindi, nei confronti anche del M. , le condanne in primo e secondo grado. Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo 1 nullità della sentenza per violazione dell'art. 603 cpp mancata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per acquisire la testimonianza di S.M.D. resosi immediatamente irreperibile dopo le s.i.t. rese in fase di indagini preliminari e risentire il teste assistito H.C.F. 2 nullità della sentenza per violazione degli artt. 192, 195.4, 500, 546.1.e cpp e 111 Cost. circa l'inidoneità del quadro indiziario a provare la responsabilità dell'imputato, basata solo su presunzioni quali l'avere voluto sminuire il proprio ruolo, l'essere stato l'unico correo maggiorenne e sol per ciò guida necessaria degli altri due e colui che per primo, secondo l'H. ma anche secondo il M. , avrebbe colpito la vittima e che secondo lo S. avrebbe suddiviso il bottino 3 mancanza di motivazione della sentenza 4 illogicità e contraddittorietà della stessa 5 sua nullità per erronea applicazione della legge penale esclusa a priori la configurazione del delitto come preterintenzionale e non conforme ai criteri legali la pena irrogata . Chiedeva l'annullamento. Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente. Considerato in diritto Il ricorso, complessivamente infondato, va respinto. Manifestamente infondato il primo motivo. La rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale art. 603 cpp non è automatica, ma, ferma la legittimità delle letture ex art. 512 cpp, ricorrendone i presupposti, richiede l'impossibilità per il giudice di appello di decidere allo stato degli atti. Nel caso in esame la difesa pretende, senza adeguato vaglio critico dell'opposta soluzione adottata dal giudice, l'assunzione di testimonianze divenute impossibili per la sopravvenuta irreperibilità del teste o la ripetizione di testimonianze già assunte. Ad entrambe le generiche richieste il giudice di appello ha correttamente risposto il S.D. , le cui s.i.t. erano state raccolte a pochissimi giorni dai fatti, era straniero residente in Italia da diverso tempo e nulla faceva presagire la sua successiva immediata condizione di irreperibilità né la difesa offriva ed offre oggi diverse indicazioni in tal senso il coimputato minorenne H. , teste assistito, era stato debitamente escusso né la difesa indicava ed indica oggi le circostanze su cui doveva essere chiamato a deporre . Manifestamente infondato e in fatto il secondo motivo. La difesa ricorrente lamenta l'inidoneità del quadro indiziario sic nei confronti del M. , dimenticando che l'imputato è confesso e che le presunzioni di cui si duole riguardano in ipotesi la maggiore o minore rilevanza del ruolo e la maggiore o minore intensità del dolo. Si tratta all'evidenza, a fronte di una sentenza di merito correttamente e congruamente motivata in ogni parte, di censure in fatto, come tali estranee al giudizio di legittimità. Per la stessa ragione sono manifestamente infondati il terzo e il quarto motivo sulla pretesa mancanza o illogicità e contraddittorietà della motivazione. Va ascritto al quinto motivo di ricorso all'enumerazione iniziale dei motivi non corrisponde una puntuale scansione degli stessi nell'indistinto svolgimento dell'atto la mancata configurazione del delitto come preterintenzionale. Il motivo in diritto , sia pure non manifestamente, è però infondato. Invero, l'abbandono della vittima ancora in vita potrebbe far ritenere un dolo oltre che di rapina di mere lesioni sia pur gravissime e ciò, tanto più, essendo stata lasciata la porta di casa aperta e la radio accesa ad altissimo volume, con la possibilità che qualcuno, come poi in effetti avvenuto, sia pur troppo tardi, potesse accedere all'abitazione e soccorrerne l'occupante. Ma altre considerazioni in fatto hanno correttamente indotto il giudice di merito a ritenere l'elemento psicologico del reato nella sua forma dolosa, la morte della parte offesa, del tutto indifferente a chi aveva agito, essendo altamente probabile nelle condizioni date. In tal senso la sentenza di appello il M. , dopo la deposizione del coimputato minorenne H. , già definitivamente condannato e quindi senza alcun interesse ad aggravare falsamente il ruolo del correo maggiorenne, rende spontanee dichiarazioni, ammettendo di avere colpito per primo a un occhio la vittima legata sul letto in reazione alle brutte parole che aveva cominciato a dire , pur sorvolando sugli altri brutali colpi che, giusta la consulenza necroscopica, l'avrebbero portata al decesso. La morte del D. doveva, pertanto, essersi prospettata agli autori del fatto con altissimo grado di probabilità, non solo per la violenza e la pluralità dei colpi inferti e l'età ultrasettantenne della vittima, ma per lo stesso comportamento successivo, avendo essi lasciato il D. che sapevano vivere solo e ricevere visite occasionali in condizioni di non poter chiedere aiuto sopraffatti eventuali lamenti dal volume della radio accesa , legandogli le mani e i piedi, sottraendogli i cellulari e strappando i fili del telefono fisso. La giurisprudenza in proposito è netta Il criterio distintivo tra l'omicidio volontario e l'omicidio preterintenzionale risiede nel fatto che nel secondo caso la volontà dell'agente esclude ogni previsione dell'evento morte, che si determina per fattori esterni e il cui accertamento deve fondarsi su elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta Cass., I, sent. n. 30304 del 30/6/09, rv. 244743 . Nel caso in esame nessun evento esterno ha determinato la morte della vittima, del tutto prevedibile nei suoi presupposti a chi, con deliberata efficacia, li aveva posti in essere. Conseguente e adeguata la misura della pena. Al complessivo rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.