L’intestazione fittizia di beni va fondata sopra elementi gravi, precisi e concordanti

In tema di sequestro preventivo ex artt. 12 sexies, Legge n. 356/1992 e 321, comma 2, c.p.p. incombe sull’accusa l’onere di dimostrare l’esistenza di situazioni che avvallino concretamente l’ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, sicché possa affermarsi con certezza che il terzo si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell’acquisizione del bene in capo al soggetto indagato .

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3620 del 24 gennaio 2014. Tale principio, all’apparenza ovvio, in realtà trova scarsa applicazione concreta specie in sede di prima applicazione del vincolo reale, sicché merita attenta considerazione la motivazione addotta dalla Suprema corte sul punto. Il caso . In concreto è accaduto che una serie di beni del coniuge di un indagato per usura fossero sequestrati, atteso che per gli anni, in riferimento ai quali si ritiene essersi protratto il delitto de quo , si era accertato che la capacità reddituale dei predetti fosse all’evidenza insufficiente rispetto alle esigenze connesse al quotidiano sostentamento e, in ogni caso, rispetto alle spese effettuate per l’acquisto dei veicoli e di immobili . Come parametro di riferimento si erano presi in considerazione i rilevamenti ISTAT in ordine alla spesa familiare netta”. Innanzi al Tribunale del riesame la difesa aveva, tuttavia, dimostrato che i beni immobili erano stati acquistati, con mutuo ipotecario, circa 20 anni prima dei fatti di causa e che la proprietaria dei beni nel mentre aveva ceduto una azienda e degli immobili. In altri termini, si era dimostrato come vi fosse un legittimo accumulo di risparmio, di modo che la presunzione, peraltro assai labile, di insufficienza patrimoniale effettuata sui dati ISTAT non poteva comunque essere considerata. Il Tribunale del riesame aveva, però, accolto solo in parte le argomentazioni difensive, ritenendo che la ricorrente non avesse provato per tutti i cespiti la sussistenza di disponibilità economiche tali da consentirle gli acquisiti dei beni e/o rapporti contrattuali assoggettati a sequestro , sicché, non avendo fornito ulteriori elementi idonei a giustificare la titolarità in capo alla predetta dei beni e/o rapporti contrattuali sottoposti a sequestro , il decreto doveva essere confermato seppur in parte. La Corte di Cassazione, investita della questione sotto il profilo della mancanza di motivazione, ha censurato tale argomentazione, disponendo l’annullamento con rinvio per un nuovo esame al Tribunale competente. L’intestazione fittizia di beni non può essere presunta. Venendo alle motivazioni della cassazione del provvedimento de quo , la Corte ha dato atto che in sede di legittimità, vista la tipologia del provvedimento censurato, non può essere censurata la logicità della motivazione, ma solo la mancanza della stessa. Facendo leva su un consolidato orientamento giurisprudenziale, si è ribadito, infatti, che ricorre violazione di legge laddove la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non avendo i pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato. In tal caso, difatti, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene a mancare un elemento essenziale dell’atto . Su tali basi, la Suprema Corte ha analizzato la motivazione fornita dal Tribunale del riesame e non ha potuto non constatare che il ragionamento svolto si fosse fondato sopra una interversione dell’onere probatorio. La Cassazione, infatti, ha rigettato la premessa giuridica su cui si è fondata la convalida del sequestro, poiché nel caso di beni intestati a terzi l’onere dell’accusa consiste unicamente nel dimostrare, anche e soprattutto attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che quei beni in realtà non sono del terzo, ma sono nella disponibilità dell’indagato . E’, dunque, necessario evitare un provvedimento che si fondi solo sulla sproporzione tra valore dei beni e reddito percepito . Inoltre, se è lecito procedere a mezzo di indizi, questi devono avere i requisiti stabiliti dall’art. 192 comma 2 c.p.p. . Da ciò la conclusione, piuttosto lapalissiana in teoria ma in pratica – come accennato – disattesa dalla prassi, per cui nel caso in cui il sequestro colpisca un bene di un terzo - se l’accusa non riesce a dare la prova che il bene è nella disponibilità dell’indagato, il bene va restituito al terzo - se l’accusa riesce a dare la prova che il bene è intestato fittiziamente al terzo, essendo in realtà nella disponibilità dell’indagato, il bene è sequestrato . Tale prova – si torna a ripetere – non può essere data per presunta” ma deve costituire il risultato di una prova indiretta capace di dimostrare il superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene . Ne discende che l’interposizione non può essere argomentata sulla scorta di dati equivoci avulsi dalla realtà processuale. Concludendo . La complessa motivazione della sentenza in questione è assolutamente condivisibile. Non vi è dubbio, infatti, che nel sequestrare beni di terzi, quand’anche in capo al coniuge dell’imputato, non si può procedere adottando extra ordinem la presunzione muciana. In materia penale, l’onere della prova è definito dalla legge ed in materia cautelare non può prescindersi – come la Cassazione ha ribadito anche in questa sede – dal fumus commisi delicti ed il perculum in mora va altrettanto dimostrato, poiché non può darsi per scontato il concreto pericolo di prosecuzione dell’attività delittuosa ovvero di una concreta possibilità di condanna e, quindi, di confisca. L’interversione della prova a carico del terzo è, quindi, inammissibile, così come una motivazione che non tenga conto dei dati concretamente emersi nel processo. In tale ultimo caso, non si rientra nella illogicità o contraddittorietà ma nella mancanza di motivazione, poiché il giudice non ha seguito i canoni legali, né ha dato ragione sul perché si sono respinte le lagnanze avanzate dalla difesa sulla necessità di tenere conto di dati specifici e processualmente rilevanti. In fondo, la motivazione è data da parole, ma le parole devono aver un significato e nel processo è necessario che il tutto abbia attinenza con i dati probatori raccolti. Del resto, un giudizio, che prescinda dalla realtà processuale, è un processo irreale.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 dicembre 2013 - 24 gennaio 2014, n. 3620 Presidente Carmenini – Relatore Pellegrino Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 08.02.2013 il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania disponeva nei confronti di Pi.Gi. il sequestro preventivo ex artt. 12-sexies L. 356/1992, 321, comma 2 cod. proc. pen. di taluni beni in relazione a vari delitti di usura. Il provvedimento veniva motivato sulla base degli accertamenti patrimoniali effettuati sull'indagato e il di lui nucleo familiare che aveva consentito di ritenere come la capacità reddituale dei predetti fosse all'evidenza insufficiente rispetto alle esigenze connesse al quotidiano sostentamento e, in ogni caso, rispetto alle spese effettuate per l'acquisto dei veicoli e di immobili. 2. Avverso detto provvedimento, P.G.L. , coniuge di Pi.Gi. e terza interessata, proponeva ricorso per riesame chiedendo l'annullamento dello stesso con conseguente restituzione all'avente diritto di quanto soggetto a vincolo reale, deducendo l'erronea applicazione del combinato disposto degli artt. 12-sexies L. 356/1992 e 321, comma 2 cod. proc. pen. posto che - i due immobili intestati a P.G.L. risultavano acquistati l'uno locale deposito sito in omissis nel 1987, e l'altro appartamento sito in omissis in forza di mutuo contestuale all'acquisto nel 1991, vale a dire oltre venti anni prima dei fatti oggetto di contestazione al marito - la P. risultava aver percepito redditi ed altri introiti derivanti da varie documentate operazioni finanziarie vendita immobiliare, cessione di esercizio commerciale - il conto corrente bancario n. , cointestato a P.G.L. e Pi.Gi. , in essere presso Banca Intesa S.Paolo filiale omissis recava un saldo attivo di Euro 22.477,10, derivante dall'accredito di n. 3 bonifici di Euro 10.000,00 cadauno in conseguenza di altrettante vincite al concorso lotto istantaneo da parte del Pi. . 3. Con ordinanza in data 18.03.2013 il Tribunale di Catania in funzione di giudice del riesame, in parziale accoglimento del ricorso, annullava il provvedimento impugnato in relazione a due immobili il primo, sito in omissis , p. 1, fg. 15, part. 260, sub. 44, cat. A/2 il secondo, sito in omissis , fg. 16, part. 670, sub 4, cat. A/5 e ad un conto corrente n. 07460/1000/5166 in essere presso Banca Intesa San Paolo, filiale omissis confermandolo nel resto. Nel corpo del provvedimento il Tribunale di Catania osservava come, le acquisizioni operate dalla P. nell'arco temporale compreso tra il 2002 ed il 2012 risultavano comunque non giustificate alla luce del reddito familiare disponibile e posto che i rilevamenti Istat in ordine alla spesa familiare media , genericamente censurati dalla difesa, erano da ritenersi attendibili conseguentemente - rilevava il Tribunale di Catania - non avendo la ricorrente provato la sussistenza di disponibilità economiche tali da consentirle gli acquisti dei beni e dei rapporti contrattuali assoggettati a sequestro ulteriori e diversi rispetto a quelli contestualmente dissequestrati , e non avendo l'istante fornito ulteriori elementi idonei a giustificare la titolarità in capo alla predetta dei succitati beni e rapporti contrattuali, il decreto impugnato, per detti restanti beni, doveva essere confermato. 4. Avverso detto provvedimento veniva proposto ricorso per cassazione per violazione di legge in presenza di una motivazione del tutto mancante. Lamenta la ricorrente come, nei confronti della P. , a ragione della sua qualità di terza interessata, non poteva operare alcuna presunzione di illecita sproporzione, gravando sull'accusa l'onere di dimostrare la sussistenza del predetto requisito, da valutarsi non solo in relazione ai dati contabili e numerici strettamente considerati ma attraverso una verifica ad ampio spettro alla luce dell'ipotetica compromissione del diritto, di rango costituzionale, di proprietà. In sostanza, il Tribunale di Catania aveva assunto il dato della sproporzione sulla scorta di un dato fittizio e di natura fiscale qual è l'indice Istat, ritenendo per di più di non considerare i redditi prodotti dalla P. in epoca antecedente l'anno 2002. Concludeva l'istante come la mancanza di prova in ordine all'intestazione fittizia dei beni facenti capo alla ricorrente e l'assenza di sproporzione tra redditi percepiti ed acquisti doveva necessariamente condurre all'annullamento del provvedimento impugnato con le consequenziali statuizioni. Considerato in diritto 5. Il ricorso risulta fondato ed il suo accoglimento comporta l'annullamento del provvedimento impugnato. 6. Con riferimento al thema decidendum vanno preliminarmente rammentate le regole in tema di impugnazione del provvedimento di sequestro preventivo. Innanzitutto va considerato che con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen. può essere dedotta la violazione di legge e non anche il vizio di motivazione. Ma, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre violazione di legge laddove la motivazione stessa sia del tutto assente o meramente apparente, non avendo i pur minimi requisiti per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'iter logico seguito dal giudice del provvedimento impugnato. In tale caso, difatti, atteso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene a mancare un elemento essenziale dell'atto. Va anche ricordato che, anche se in materia di sequestro preventivo il codice di rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio serio come per le misure cautelari personali, non è però sufficiente prospettare un fatto costituente reato, limitandosi alla sua mera enunciazione e descrizione. È invece necessario valutare le concrete risultanze istruttorie per ricostruire la vicenda anche al semplice livello di fumus al fine di ritenere che la fattispecie concreta vada ricondotta alla figura di reato configurata è inoltre necessario che appaia possibile uno sviluppo del procedimento in senso favorevole all'accusa nonché valutare gli elementi di fatto e gli argomenti prospettati dalle parti. A tale valutazione, poi, dovranno aggiungersi le valutazioni in tema di periculum in mora che, necessariamente, devono essere riferite ad un concreto pericolo di prosecuzione dell'attività delittuosa ovvero ad una concreta possibilità di condanna e, quindi, di confisca cfr., Cass., Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013-dep. 11/02/2013, Gabriele, rv. 254893 . 7. La ricorrente agisce nella sua qualità di terza proprietaria dei sottoindicati beni ancora gravati da sequestro - motoveicolo Piaggio Vespa - autoveicolo Toyota IQ - n. un conto corrente - n. tre conti deposito a risparmio. 8. In punto di diritto, in ordine al sequestro preventivo disposto a carico di un terzo estraneo al reato per cui si procede, vanno rammentati i seguenti principi di diritto - incombe alla pubblica accusa l'onere di dimostrare l'esistenza di situazioni che avallino concretamente l'ipotesi di una discrasia tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene, sicché possa affermarsi con certezza che il terzo intestatario si sia prestato alla titolarità apparente al solo fine di favorire la permanenza dell'acquisizione del bene in capo al soggetto indagato e di salvaguardarlo dal pericolo della confisca, così come spetta al giudice della cautela esplicare poi le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, utilizzando allo scopo non solo circostanze sintomatiche di mero spessore indiziario, ma elementi fattuali, dotati dei crismi della gravità, precisione e concordanza, idonei a sostenere, anche in chiave indiretta, l'assunto accusatorio - dal momento che, come ricordato in premessa, il ricorso per cassazione può essere proposto solo ed esclusivamente per violazioni di legge ex art. 325 cod. proc. pen., il vizio di motivazione - secondo il pacifico l'indirizzo giurisprudenziale cfr., Cass., Sez. un., n. 25080/2003, rv. 224611 Id., n. 5876/2004, rv. 226710 Id., n. 25932/2008, rv. 239692 Cass. n. 19598/2010, rv. 247514 - può essere dedotto in soli due casi a quando la motivazione manchi del tutto c.d. mancanza grafica della motivazione b quando la motivazione, pur presente graficamente, sia apparente. Con tale ultimo - e più frequente - sintagma motivazione apparente , la giurisprudenza di questa Corte intende quella motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l' iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento. 9. Tema centrale è rappresentato dalla rilevanza del requisito della valutazione della sproporzione dei valori. Come è noto, il suddetto principio è stato enunciato dalla Suprema Corte nei casi in cui i beni sequestrati siano intestati formalmente all'indagato cfr., Cass., Sez. 6, n. 42717 del 05/11/2010 - dep. 01712/2010, Noviello, rv. 248929 . In tale ipotesi, è chiaro che costui, può ben difendersi eccependo, appunto, che, nel momento in cui aveva acquistato i beni sequestrati, egli aveva una lecita disponibilità economica tale da consentire l'acquisito di quel singolo bene. La questione, però, si pone, con tutta evidenza, in termini del tutto diversi ove ad essere colpito dal sequestro è un terzo. In tal caso, l'onere probatorio dell'accusa consiste unicamente nel dimostrare, anche e soprattutto attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che quei beni, in realtà, non sono del terzo, ma sono nella disponibilità dell'indagato a qualsiasi titolo cfr., Cass., Sez. 1, n. 44534 del 24/10/2012-dep. 15/11/2012, Ascone e altro, rv. 254699, secondo cui ai fini dell'operatività del sequestro preventivo previsto dall'art. 12-sexies della legge n. 356 del 1992 e della successiva confisca nei confronti del terzo estraneo alla commissione del reato, grava sull'accusa l'onere di provare l'esistenza di circostanze che avallino in modo concreto la divergenza tra intestazione formale e disponibilità effettiva del bene non essendo sufficiente la sola presunzione fondata sulla sproporzione tra valore dei beni e reddito percepito nello stesso senso, Cass., Sez. 6, n. 49876 del 28/11/2012 - dep. 21/12/2012, Scognamiglio, rv. 253957 . A sua volta il terzo, pur non essendo gravato da alcun onere probatorio ha tuttavia, ove lo ritenga opportuno, un onere di allegazione che consiste, appunto, nel confutare la tesi accusatoria ed indicare elementi fattuali che dimostrino che quel bene è di sua esclusiva proprietà. Invero, poiché l'interposizione fittizia poggia generalmente su un rapporto fiduciario riservato che ne rende particolarmente difficile il disvelamento, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la prova in tale materia può essere data anche per indizi, purché però abbiano i requisiti stabiliti dall'art. 192, comma 2 cod. proc. pen. cfr., Cass., Sez. 2, 10/01/2008 n. 3990, Catania, rv. 239269 . È chiaro, quindi, che il procedimento ruota solo ed esclusivamente intorno al suddetto onere probatorio, sicché sarebbe del tutto incongruo che il terzo facesse valere un'eccezione che riguarda l'indagato e che solo costui potrebbe far valere. In altri termini, proprio perché il terzo sostiene di essere lui il vero ed esclusivo proprietario del bene sequestrato che, quindi, ha acquistato lecitamente , sarebbe una contraddizione in termini se facesse valere un'eccezione che presuppone a la contestazione di uno dei reati indicati nell'art. 12-sexies, L. cit. b la prova - a carico dell'indagato - della legittima provenienza del suddetto bene. Pertanto, nel caso in cui il sequestro colpisca un bene di un terzo - se l'accusa non riesce a dare la prova che il bene è nella disponibilità dell'indagato, il bene va restituito al terzo - se l'accusa riesce a dare la prova che il bene è intestato fittiziamente al terzo essendo in realtà nella disponibilità dell'indagato, il bene è sequestrato cfr., Cass., Sez. 2, n. 17287 del 23/03/2011-dep. 04/05/2011, Tondi, rv. 250488 . A sua volta, il giudice ha l'obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, adducendo non solo circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma elementi fattuali che si connotino della gravità, precisione e concordanza, sì da costituire prova indiretta dell'assunto che si tende a dimostrare, cioè del superamento della coincidenza fra titolarità apparente e disponibilità effettiva del bene Cass., sez. 1, n. 11049 del 05/02/2001 - dep. 21/03/2001, Di Bella, rv. 226053 . 10. Tanto precisato in via di diritto, il thema decidendum si riduce, quindi, nello stabilire se il Tribunale di Catania abbia fatto corretta applicazione dei suddetti principi. In relazione ai propri redditi, la ricorrente ha dedotto - di essere stata titolare di partita iva quale esercente attività servizi vari con sede in OMISSIS - di aver aperto altra partita iva per esercizio di bar - servizio pubblico con inizio attività 01.02.1990 - di aver percepito, continuativamente, redditi a decorrere dall'anno 1987, come dimostrato con l'allegazione dei modelli unico e dei cud - di aver venduto in data 22.02.1989 due appartamenti e tre garages al prezzo complessivo di L. 122.000.000 - di aver venduto in data 29.01.1992 un esercizio commerciale al prezzo di L. 650.000.000. Si è visto come nel provvedimento impugnato si assuma che le acquisizioni operate dalla P. nell'arco temporale tra il 2002 ed il 2012 risultino non giustificate alla luce del reddito familiare disponibile, per come desumibile dal prospetto c.d. sperequativo dell'informativa della polizia giudiziaria in atti, sia pure rettificato nei termini prospettati dalla difesa, quanto alla capacità reddituale, posto che i rilevamenti Istat in ordine alla spesa familiare media , genericamente censurati dalla difesa, erano da ritenersi attendibili, eccezion fatta per la necessità di espungere dal nucleo familiare Pi.Ve. a decorrere dal matrimonio di questa e salvi gli eventuali ulteriori e più approfonditi accertamenti tecnico-contabili riservati al giudizio di merito. Di tal che, concludeva il Tribunale di Catania, non avendo la ricorrente provato la sussistenza di disponibilità economiche tali da consentirle gli acquisti dei beni e/o rapporti contrattuali assoggettati a sequestro e non avendo fornito ulteriori elementi idonei a giustificare la titolarità in capo alla predetta dei beni e/o rapporti contrattuali sottoposti a sequestro, il decreto impugnato deve essere confermato. 11. Il provvedimento impugnato contiene una motivazione non condivisibile. Invero, l'errore di cui lo stesso risulta affetto si radica nell'aver meccanicamente applicato all'accertamento dell'intermediazione fittizia lo stesso metro di giudizio previsto per l'accertamento dell'accumulazione illecita dell'imputato/condannato, valorizzando il rapporto coniugale. Invero, l'intestazione fittizia, da parte del terzo, di un bene in realtà appartenente al condannato per uno dei reati indicati dall'art. 12-sexies L. cit., deve essere invece accertata per fatti concludenti concreti, anche in presenza di intestazioni a favore del coniuge del condannato/imputato cfr., Cass., Sez. 1, n. 31663 dell'08/07/2004-dep. 20/07/2004, Pettograsso, rv. 229300 . A tal fine, se può assumere valenza probatoria anche la sproporzione di valore tra il bene formalmente intestato e il reddito effettivamente percepito, è altrettanto vero come occorra sempre che la sproporzione, confrontata con le altre circostanze che caratterizzano il fatto concreto, appaia sicuramente dimostrativa della natura simulata dell'intestazione. Venendo al caso in esame, appare evidente come i redditi e i proventi documentati della ricorrente non possono ritenersi estranei alla capacità reddituale della stessa, laddove si consideri come quest'ultima, oltre a, conto corrente ed ai tre conti deposito a risparmio su cui il Tribunale omette ogni valutarne , risulta esclusivamente titolare di un motociclo e di un'autovettura, il cui valore complessivo risulta ammontare a soli Euro 1.450.000. Il Tribunale di Catania, quindi, non ha tenuto nel debito conto il volume degli affari e la redditualià della ricorrente nel valutare l’effettività o fittizi età degli acquisti e delle titolarità bancarie in discorso, facendo operare la presunzione di legge intestazione fittizia e conseguente titolarità reale dei beni da parte dell’interponente sulla base della mera ritenuta sproporzione tra il valore dei beni ed il reddito percepito dalla ricorrente. L’ordinanza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio per nuovo esame da compiersi nel rispetto delle regole di valutazione sopra esposte. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo esame.