In caso di conflitto di imposizione fiscale tra l’Italia ed un Paese OCSE deve farsi esclusivo riferimento alla direzione effettiva della società

Con l’importante pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione ha affermato che non può ritenersi sic et simpliciter residente in Italia ex art. 73 TUIR una società estera che ivi svolga attività di gioco on line , poiché il dato formale della nazionalità” della concessione o del mercato di riferimento non si concilia con la definizione di oggetto principale desumibile dal dettato della norma e dalla sua interpretazione giurisprudenziale , posto che l’oggetto principale coincide con l’attività concretamente svolta .

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, che, nella sentenza n. 1811 del 17 gennaio 2014, ha poi precisato che in caso di conflitto di imposizione tra l’Italia ed un altro Paese OCSE, prevale il criterio unico della direzione effettiva . Il caso . Nella specie è accaduto che fosse sottoposto a sequestro preventivo un conto corrente italiano intestato a società maltese nel presupposto che le somme ivi depositate potessero essere trasferite all’estero, dal momento che detta società è stata accusata di volersi sottrarre alle imposte italiane art. 11 D.lgs. n. 74/2000 e di non aver presentato le dichiarazioni IVA art. 5, D.lgs. n. 74/2000 . Secondo l’accusa, infatti, l’ente in questione, benché con sede in Malta, doveva ritenersi fiscalmente residente in Italia ex art. 73 TUIR poiché questa opererebbe nel mercato on line italiano, in virtù di una concessione pubblica rilasciata dallo Stato italiano . Sulla scorta di un ampio e ben argomentato ricorso della difesa, la Cassazione ha disatteso gli argomenti addotti dal Tribunale della libertà, procedendo nel contempo a definire correttamente i concetti fondamentali della materia. Conviene, quindi, ripercorrere seppur brevemente i tratti dell’argomentazione giuridica sviluppata dalla Suprema corte. Contro le doppie imposizioni La Cassazione ha innanzi tutto chiarito, ancora una volta, che le norme fiscali italiane devono essere interpretate e applicate, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, in modo da non ostacolare le libertà sancite dai Trattati dell’Unione e, in particolare, la libertà di stabilimento . Così impostata la metodologia ermeneutica delle norme rilevanti, la Suprema Corte ha rilevato come la Corte di Giustizia ha invero chiarito che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa, non costituisce abuso della libertà di stabilimento e che la misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa solo se concerne specificatamente le costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica si veda sul punto Corte di Giustizia sentenza 12.9.2006 caso C-196-04 Casbury Schweppes . Di conseguenza la norma di cui all’art. 73 TUIR, secondo cui ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato , va correttamente interpretata alla luce della libertà di stabilimento. Nel caso di specie, era pacifico che la sede legale della società fosse all’estero così come l’amministrazione della stessa, intesa come il luogo deputato stabilmente per l’accentramento degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso economico dell’ente Cass. Civ. n. 2869/2013 . L’unico elemento per ritenere la società maltese residente in Italia, quindi, era far riferimento all’attività da essa svolta, attività che tuttavia poteva e può ritenersi effettuata in Italia se e solo se è necessaria una presenza in loco per la gestione dell’attività dell’ente . Tale ultimo elemento, come già accennato, non può però essere desunto dal semplice fatto che vi sia una concessione italiana per lo svolgimento dell’attività del gioco on line , posto che si deve verificare se l’attività di gestione della piattaforma di gioco in questione sia svolta in Italia. Da questo punto di vista, non poteva soccorrere alcuna presunzione, viste le peculiarità del gioco a distanza, essendo quest’ultimo fornito mediante piattaforme on line, per cui è ben possibile la gestione dell’attività fuori dal territorio dello Stato che ha rilasciato la concessione ed in cui risiedono i soggetti cui il gioco viene offerto e quindi dal mercato di riferimento . Si è poi chiarito, in maniera alquanto inequivocabile, che laddove il giudice italiano ritenga che siano applicabili due legislazioni fiscali, se sussistano accordi di divieto della doppia imposizione”, bisogna far riferimento all’art. 4 della Convenzione OCSE secondo cui la persona giuridica può considerarsi residente solo nello Stato in cui è localizzata la sede di direzione effettiva dell’ente. Direzione effettiva che è ben definita dal par. 24 del Commentario all’art. 4 Convenzione OCSE, fatto proprio dalla Cassazione, come il luogo dove sono compiute le decisioni chiave in riferimento alla conduzione dell’attività societaria, sia sotto il profilo manageriale che sotto il profilo commerciale e, quindi, come il luogo dove la persona o il gruppo di persone con la maggiore anzianità prende le proprie decisioni, il luogo dove le iniziative, globalmente intese, che l’ente dovrà adottare sono determinate . Ne consegue che nel caso di specie, sussistendo un accordo tra l’Italia e Malta per il divieto della doppia imposizione”, il giudice non poteva ritenere la società maltese residente anche in Italia, ma avrebbe dovuto coerentemente riconoscere, posto che la direzione della società non era in Italia, che non poteva applicarsi la normativa fiscale italiana, atteso altresì che l’art. 75 TUIR prevede una clausola di salvaguardia degli accordi internazionali in materia e che l’art. 169 TUIR prevede la possibilità di derogarvi ma solo in favore del contribuente. Avendo, quindi, provato il ricorrente la circostanza che la sede e la gestione del gioco avvenivano all’estero, la Cassazione non ha potuto non annullare senza rinvio l’ordinanza di sequestro, atteso altresì che il conto sequestrato era quello necessario al fine di effettuare esclusivamente le operazioni di addebito e/o di accredito del conto di gioco degli utenti ed aveva quindi un vincolo di destinazione. Concludendo . Nella sentenza in oggetto la Cassazione ha fatto un ottimo lavoro di chiarezza e di ricostruzione sistematica dei presupposti per l’applicabilità della normativa fiscale italiana a soggetti esteri. L’analisi e le conclusioni, alle quali la Corte è pervenuta, sono, dunque, pienamente condivisibili ed almeno astrattamente dovrebbero porre al riparo coloro che volessero in qualche modo investire in Italia, gestendo il tutto all’estero. Certo è che, leggendo la sentenza, la legislazione in materia è piuttosto chiara e non si comprende perché mai sui punti nevralgici si continuino a registrare indirizzi non coerenti e soprattutto prassi applicative nei fatti distruttive della libertà di stabilimento e del divieto della doppia imposizione”. L’esigenza di far cassa del Fisco nostrano è ben nota, ma è oltremodo chiaro che bisogna pur sempre rispettare i criteri di diritto, che nella materia de qua assumono evidenti connotati di giustizia. Dopo tutto, il Fisco, che non è giusto, è un Fisco ingiusto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 ottobre 2013 - 17 gennaio 2014, n. 1811 Presidente Teresi – Relatore Franco Svolgimento del processo 1. Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Varese confermò il decreto emesso il 23.3.2013 dal Gip del tribunale di Busto Arsizio di sequestro preventivo del conto corrente bancario n. 8370102903, presso la Banca Euromobiliare S.p.a., intestato alla società Reel Italy Ltd., limitatamente alla somma di Euro 14.257.370,90, con riferimento ai reati di cui a all'art. 11 d.lgs. 74/2000 sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte , per avere tentato di trasferire somme inizialmente depositate su un conto corrente italiano, intestato alla Reel, in favore di un rapporto di conto corrente, ugualmente intestato alla Società, in essere presso un conto estero, e ciò al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto b all'art. 5 d.lgs. 74/2000 omessa dichiarazione , per la ragione che la società, formalmente straniera perché sedente a , ma avente sede operativa e amministrativa ed oggetto principale nel territorio dello Stato, sarebbe tenuta alla presentazione della dichiarazione dei redditi e IVA in Italia. Il tribunale del riesame, in relazione al fumus dei reati ipotizzati, ha richiamato sia l'art. 163 recte 162 sia l'art. 73 del TUIR nonché gli artt. 4 e 5 della Convenzione OCSE in materia di stabile organizzazione . Il tribunale ha innanzitutto escluso la sussistenza di una stabile organizzazione della Reel in Italia, perché questa non ha qui una sede di direzione, né una succursale, essendo il server di gioco, necessario per esplicare l'attività della società, ubicato all'estero. Il tribunale, in secondo luogo, ha anche escluso una fittizia localizzazione della residenza fiscale, ossia ha escluso che la Reel avrebbe la sede effettiva in Italia, perché qui verrebbero in concreto svolte le attività amministrative e di direzione dell'ente, in quanto in realtà in Italia viene svolta la sola attività di assistenza on line alla clientela e non anche la più complessa attività di gestione della piattaforma informatica necessaria per l'esercizio dei giochi on line . Ciò posto, il tribunale del riesame ha però ritenuto che la Reel deve considerarsi soggetta agli obblighi tributari italiani, agli effetti dell'art. 73 TUIR, poiché la stessa opera nel mercato on line italiano, in virtù di una concessione pubblicistica, rilasciata dallo Stato italiano. Ha poi riconosciuto che, avendo la società sede legale a , esiste un conflitto di doppia imposizione, e poiché non è possibile dirimerlo, la società dovrebbe considerarsi fiscalmente residente anche in Italia. Il tribunale, infine, ha ravvisato la sussistenza sia di un vincolo di pertinenzialità tra le somme depositate nel conto oggetto di sequestro e i reati per i quali si indaga, sia del periculum in mora . 2. La Reel Italy ltd., in persona del legale rappresentante, a mezzo dell'avv. Raffaella Quintana, propone ricorso per cassazione deducendo 1 insussistenza del fumus commissi delicti in relazione all'art. 73 TUIR. Osserva che l'ordinanza impugnata ha implicitamente riconosciuto l'impossibilità di incardinare la residenza della Società nel territorio italiano mediante i criteri di collegamento della sede legale e della sede dell'amministrazione, poiché la Reel ha a sia la sede legale sia anche la sua sede di amministrazione e la direzione. Ha però ritenuto che in Italia è localizzato l'oggetto principale della Società sulla base del solo dato formale costituito dalla titolarità della concessione italiana e dal fatto che il mercato di riferimento è quello nazionale. Eccepisce quindi la ricorrente che il dato formale della nazionalità della concessione o del mercato di riferimento non si concilia con la definizione di oggetto principale desumibile dal dettato della norma e dalla sua interpretazione giurisprudenziale. Ciò in quanto l'oggetto principale coincide con l'attività concretamente svolta che, nel caso di Reel, si sostanzia nella gestione della piattaforma di gioco on line , mentre la concessione costituisce solo un presupposto per poter, poi, esercitare tale attività. Ora, la stessa ordinanza impugnata ha riconosciuto che l'attività di gestione della piattaforma di gioco non è in alcun modo svolta in Italia ma interamente all'estero. Ricorda poi che la normativa di settore art. 24 legge n. 88/2009 , conformemente al principio comunitario della libertà di stabilimento, consente che i concessionari italiani abbiano la sede legale in uno degli Stati dello spazio economico europeo, non richiedendo alcuna correlazione tra l'offerta del gioco nel territorio dello Stato e la sede del concessionario nel medesimo territorio. Vi è dunque stata erronea applicazione dell'art. 73 TUIR, risultando per tabulas che l'oggetto principale della Società è la gestione della piattaforma di gioco e che tale concreta attività non viene svolta in Italia, ma interamente all'estero e da soggetti esteri. 2 insussistenza del fumus commissi delicti in relazione all'art. 4 dell'Accordo internazionale sulle doppie imposizioni tra Italia e , il quale stabilisce che la persona giudica debba considerarsi residente nello Stato in cui è localizzata la sede di direzione effettiva dell'ente. Si tratta di criteri e principi stabiliti dalla Convenzione OCSE e posti a base degli accordi internazionali sulla doppia imposizione stipulati tra i Paesi membri dell'organizzazione e, quindi, vincolanti per gli Stati firmatari. L'Accordo tra Italia e per evitare le doppie imposizioni recepisce, ovviamente, il criterio unico della direzione effettiva necessaria per incardinare la residenza della società in caso di conflitto. Ne consegue che in caso di conflitto di imposizione tra Italia e , è necessario individuare un unico Stato in cui incardinare la residenza fiscale dell'ente che è quello in cui effettivamente e stabilmente la società ha la direzione effettiva. Nella specie il tribunale del riesame ha riconosciuto l'esistenza di un conflitto di imposizione tra Italia e ma non ha applicato le norme pattizie per risolverlo. Infatti, da un lato, ha ravvisato erroneamente la residenza di Reel in Italia con riferimento al criterio dell'oggetto principale e, dall'altro, ha riconosciuto il collegamento con lo stato poiché ivi è stabilita la sede legale della Società, ma invece di individuare necessariamente un solo Stato di residenza, ha erroneamente sostenuto che la società debba considerarsi fiscalmente residente anche in Italia. E ciò pur avendo affermato di escludere che la sede di direzione effettiva fosse in Italia. 3 inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 321 cod. proc. pen. con riferimento al vincolo di pertinenzialità tra somme sequestrate e reati ipotizzati. Osserva che tale vincolo può ritenersi sussistente solo nel caso di coincidenza tra le somme sottoposte a sequestro e i proventi dell'impresa, quali elementi di reddito sottratti all'Erario. Il tribunale del riesame, invece, non ha riscontrato nessun elemento per identificare questa coincidenza e si è limitato ad affermare che le somme sequestrate non possono rappresentare solo le somme di pertinenza dei giocatori, mentre era stato documentato che si trattava del conto di gioco dedicato e quindi vi era l'impossibilità che le somme in esso depositate rappresentassero proventi di impresa, poiché rappresentavano solamente la sommatoria dei saldi presenti sui conti di gioco dei giocatori 4 inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 321 cod. proc. pen. in relazione alla insussistenza del periculum in mora . Ricorda che a tal fine occorre un accertamento concreto della effettiva, e non generica, possibilità che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato. Il tribunale del riesame si è invece limitato ad evidenziare la natura monetaria dell'oggetto del sequestro di cui sarebbe agevole l'occultamento. Si tratta di motivazione apparente, valevole per la quasi totalità dei sequestri preventivi, non idonea a soddisfare il requisito di concretezza richiesto. Del resto le somme sequestrate sono di pertinenza dei giocatori e, in ragione degli obblighi imposti al concessionario, sono di fatto già indisponibili e inutilizzabili dalla Società. Motivi della decisione 1. Il ricorso è fondato. Il ricorrente esattamente ricorda, innanzitutto, che i criteri per la determinazione della residenza fiscale per le società di capitali e gli enti sono stabiliti dall'art. 73 TUIR, il quale dispone che Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato” . Secondo la giurisprudenza, la sede legale coincide con il luogo indicato nello statuto della società o dall'atto costitutivo. Peraltro, la sede legale può essere fittizia e non coincidere con quella effettiva. Quest'ultima va intesa come il luogo in cui opera il centro direttivo e amministrativo della società, ove avviene il compimento di atti giuridici in nome di essa, con l'abituale presenza degli amministratori, investiti della relativa rappresentanza Sez. III, 24.1.2012, n. 7080, Barretta . La sede della amministrazione è il luogo in cui si esplicano la direzione e il controllo dell'attività in particolare, qualora gli amministratori risiedano all'estero, ma svolgano le proprie funzioni a mezzo di procuratori operanti in Italia, si dovrà individuare in Italia il luogo della concreta messa in esecuzione da parte dei predetti procuratori delle direttive ad essi impartite e, quindi la residenza fiscale societaria. Secondo la giurisprudenza, la nozione di sede dell'amministrazione , in quanto contrapposta alla nozione di sede legale , deve ritenersi coincidente con quella di sede effettiva di matrice civilistica , intesa come il luogo ove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell'ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l'accentramento - nei rapporti interni e con i terzi - degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell'impulso dell'attività dell'ente” Cass. civ., Sez. V, 7.2.2013, n. 2869 . Il criterio dell'oggetto principale dell'attività ha natura residuale ed è regolato dai commi 4 e 5 dell'art. 73 TUIR, che stabiliscono che per oggetto principale si intende l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto” e che, in mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle forme di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, si deve aver riguardo all'attività effettivamente esercitata” . Quindi, per identificare la nozione di attività principale necessita fare riferimento a tutti gli atti produttivi e negoziali, nonché ai rapporti economici, che lo stesso ente pone in essere con i terzi, e per individuare il luogo in cui viene a realizzarsi l'oggetto sociale rileva, non tanto quello dove si trovano i beni principali posseduti dalla società, quanto la circostanza che occorra o meno una presenza in loco per la gestione della attività dell'ente. Secondo la giurisprudenza, l'oggetto principale non rappresenta un criterio formale, ma un dato sostanziale , che si allinea ai criteri di individuazione dell’ effective place of management and control elaborati in ambito internazionale dall'art. 4 del Modello OCSE, anche se però non vi è una perfetta sovrapposizione di concetti, in quanto il requisito di effettività - che impone una ricerca del luogo di residenza in concreto - nella norma nazionale di cui all'art. 73 TUIR si riferisce alla attività esercitata, mentre nell'alt. 4 del Modello OCSE, al luogo di gestione effettiva, cioè il luogo in cui sono prese in sostanza le decisioni importanti di gestione key management e quelle commerciali, necessarie per l'andamento dell'ente commerciale nel suo complesso cfr. Sez. II, 22.11.2011, n. 7739 del 2012, Gabbana . Esattamente, il ricorrente evidenzia ancora che le norme fiscali italiane, qui richiamate, devono essere interpretate e applicate, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, in modo da non ostacolare le libertà sancite dai Trattati dell'Unione e, in particolare, la libertà di stabilimento. La Corte di giustizia ha invero chiarito che la circostanza che una società sia stata creata in uno Stato membro per fruire di una legislazione più vantaggiosa, non costituisce abuso della libertà di stabilimento e che la misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è ammessa solo se concerne specificatamente le costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica cfr., sentenza del 12 settembre 2006, caso C-196-04, Casbury Schweppes, punti 35,37 . 2. Nel caso di specie il tribunale del riesame ha riconosciuto l'impossibilità di incardinare la residenza della Società nel territorio italiano mediante i criteri di collegamento della sede legale e della sede dell'amministrazione, poiché REEL ha sede legale a XXXXX pag. 2 come anche la sua sede di amministrazione e direzione pag. 3 v. anche pag. 4, in cui il tribunale stabilisce che non vi sono sufficienti elementi che indichino che in Italia vengano in concreto svolte le attività amministrative e di direzione dell'ente . Il tribunale ha poi, però, ritenuto che in Italia è localizzato l'oggetto principale della Società sulla base del solo dato formale costituito dalla titolarità della concessione italiana e dal fatto che il mercato di riferimento è quello nazionale. Questa opinione non può però essere condivisa, in quanto il dato formale della nazionalità della concessione o del mercato di riferimento non si concilia con la definizione di oggetto principale desumibile dal dettato della norma e dalla sua interpretazione giurisprudenziale. Invero, l'oggetto principale coincide con l'attività concretamente svolta che, nel caso di REEL, si sostanzia nella gestione della piattaforma di gioco on line , mentre la concessione costituisce solo un presupposto per poter, poi, esercitare tale attività. D'altra parte, lo stesso tribunale del riesame ha riconosciuto che l'attività di gestione della piattaforma di gioco non è in alcun modo svolta in Italia cfr. pag, 4, dove si dice che l'attività qui svolta, consistente nella mera assistenza on line alla clientela, non potrebbe certo esaurire la più complessa attività di gestione della piattaforma informatica che Reel Italy deve necessariamente svolgere per l'esercizio dei giochi on line , bensì interamente all'estero. Del resto la normativa di settore art. 24 L. n. 88/2009 , conformemente al principio comunitario della libertà di stabilimento, consente che i concessionari italiani abbiano la sede legale in uno degli Stati dello Spazio economico europeo , sostanzialmente non richiedendo alcuna correlazione tra l'offerta del gioco nel territorio dello Stato e la sede del concessionario nel medesimo territorio. Questa possibilità di svolgere l'attività dall'estero, si spiega evidentemente in ragione della peculiarità del gioco a distanza, che è fornito mediante piattaforme on line , per cui è ben possibile la gestione dell'attività fuori del territorio dello Stato che ha rilasciato la concessione ed in cui risiedono i soggetti cui il gioco viene offerto e quindi dal mercato di riferimento . In conclusione, appare esservi stata una erronea applicazione dell'art. 73 TUIR, risultando per tabulas che l'oggetto principale della Società è la gestione della piattaforma di gioco e che tale concreta attività non viene svolta in Italia, ma interamente all'estero e da soggetti esteri. 3. Peraltro, appare esservi stata una erronea applicazione anche delle norme internazionali contro le doppie imposizioni applicabili al caso di specie. Va invero considerato il Modello di Convenzione sulla doppia imposizione sul reddito e sul patrimonio adottato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico OCSE proprio per regolare a livello internazionale il fenomeno della cd. doppia imposizione. In particolare, al fine di attenuare l'insorgere di fenomeni di dual residence ed evitare, conseguentemente, una doppia imposizione fiscale, l'art. 4 della Convenzione, stabilisce che la persona giudica debba considerarsi residente solo only nella versione inglese nello Stato in cui è localizzata la sede di direzione effettiva dell'ente place of effective management” . Il criterio della direzione effettiva deve intendersi, ai sensi del par. 24 del Commentario all'art. 4 della Convenzione OCSE, come il luogo dove sono compiute le decisioni chiave in riferimento alla conduzione dell'attività societaria, sia sotto il profilo manageriale che sotto il profilo commerciale e, quindi, il luogo dove la persona o il gruppo di persone per esempio un consiglio direttivo con la maggiore anzianità prende le proprie decisioni, il luogo dove le iniziative, globalmente intese, che l'ente dovrà adottare sono determinate . Il criterio della sede di direzione effettiva costituisce, pertanto, lo strumento da utilizzare per la soluzione dei potenziali conflitti tra differenti ordinamenti tributari e, quindi, per l'individuazione dell'unico Stato in cui incardinare la residenza fiscale. Ora, i criteri e i principi stabiliti nella Convenzione OCSE e nel suo Commentario hanno costituito la base per la negoziazione e la stesura degli accordi internazionali sulla doppia imposizione stipulati tra i Paesi membri dell'organizzazione e, in questo modo, hanno assunto il rango di regole vincolanti per gli Stati firmatari, secondo i principi del diritto internazionale. Del resto, l'art. 75 del d.P.R. 600/73 prevede che nell'applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia e l'art. 169 del TUIR stabilisce che la deroga agli accordi internazionali è ammessa solo ed esclusivamente per il caso in cui le norme nazionali dovessero rivelarsi più favorevoli Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione” . Va altresì ricordato che Italia e XXXXX, in quanto Paesi membri dell'OCSE, hanno siglato, nel 1981, l'accordo per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e prevenire le evasioni fiscali. Tale convenzione, richiamata anche dal tribunale del riesame, recepisce ovviamente i principi della Convenzione OCSE, tra cui il criterio unico della direzione effettiva necessaria per incardinare la residenza della società in caso di conflitto. E difatti, l'art. 4, comma 1, dell'Accordo Italia - XXXXX stabilisce che quando una persona diversa da una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati contraenti, si ritiene che essa è residente nello Stato contraente in cui si trova la sede della sua direzione effettiva . La direzione effettiva, poi, va individuata, come già indicato, sulla base dei criteri interpretativi forniti dal paragrafo 24 del Commentario all'art. 4 della Convenzione OCSE. Ne deriva che, sulla base delle norme pattizie, in caso di conflitto di imposizione tra Italia e XXXXX, è necessario individuare un unico Stato in cui incardinare la residenza fiscale dell'ente, che è quello in cui effettivamente e stabilmente la società ha la direzione effettiva. Nella specie il tribunale del riesame ha sostanzialmente riconosciuto l'esistenza di un conflitto di imposizione tra Italia e XXXXX ma non ha applicato le norme pattizie per risolverlo. E difatti, da un lato, ha ravvisato la residenza di REEL in Italia con riferimento al criterio dell'oggetto principale - anche se sulla scorta di una erronea applicazione dell'art. 73 TUIR - dall'altro lato, ha riconosciuto il collegamento con lo stato Maltese poiché ivi è stabilita la sede legale della Società. Ora, ai sensi dell'art. 4 dell'Accordo bilaterale e dei criteri ermeneutici forniti dall'OCSE, in caso di conflitto è necessario individuare un solo stato di residenza, che è quello in cui vi è la sede di direzione effettiva dell'ente, non essendo invece possibile affermare o ipotizzare, come ha fatto l'ordinanza impugnata, che vi sia una doppia residenza cfr. pag. 5, ove si sostiene che la società dovrebbe considerarsi fiscalmente residente anche in Italia . Del resto, la stessa ordinanza impugnata ha affermato testualmente che non vi erano sufficienti elementi che indicavano che la sede effettiva della società fosse in Italia, sicché doveva escludersi allo stato che la sede di direzione effettiva fosse in Italia. Ne consegue, che, stante la ritenuta dal tribunale del riesame insussistenza di elementi idonei ad affermare che la sede effettiva della Società si trovi in Italia, la REEL non avrebbe potuto considerarsi residente anche in Italia. 4. Deve quindi ritenersi, sulla base delle stesse considerazioni svolte dal tribunale del riesame, che non sussista allo stato il fumus dei reati ipotizzati. E' opportuno peraltro anche rilevare che comunque non appare sussistere nemmeno il requisito del vincolo di pertinenzialità tra oggetto del sequestro e reati ipotizzati. L'ordinanza impugnata, invero, non ha riscontrato nessun elemento per identificare la coincidenza tra le somme sottoposte a sequestro e i proventi dell'impresa e si è, invece, limitata ad affermare che le stesse non possono rappresentare solo le somme di pertinenza dei giocatori. L'affermazione appare però apodittica e presuntiva, e non tiene conto che la ricorrente aveva spiegato e documentato, anche alla luce della normativa sull'offerta dei giochi a distanza, il funzionamento del conto di gioco dedicato e quindi l'impossibilità che le somme in esso depositate rappresentassero proventi di impresa. D'altra parte, la L. n. 88/2009 ed il provvedimento concessorio di cui è titolare la REEL prevedono, di fatto, una limitazione, in termini di utilizzo e destinazione, delle somme depositate sul conto dedicato che devono essere impiegate esclusivamente per le operazioni di addebito e/o di accredito del conto di gioco degli utenti. Questa limitazione si sostanzia per legge in un vincolo di indisponibilità delle somme in capo al titolare della concessione che non può né incamerarle, né ritirarle, né utilizzarle o investirle in alcun modo. Apoditticamente, e con motivazione apparente, quindi, il tribunale del riesame ha superato l'eccezione della difesa secondo cui le somme depositate presso il conto dedicato non costituiscono i proventi dell'attività di impresa della società concessionaria, poiché rappresentano solamente la sommatoria dei saldi presenti sui conti di gioco dei giocatori. 5. Il quarto motivo, con cui si deduce insussistenza del periculum in mora e comunque motivazione meramente apodittica e in sostanza inesistente sul punto, resta di conseguenza assorbito. 6. In conclusione, poiché - almeno allo stato, sulla base degli elementi emergenti dalla ordinanza impugnata - non appare ravvisabile il fumus dei due reati tributari ipotizzati né il vincolo di pertinenzialità fra essi e il conto oggetto di sequestro, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio unitamente al decreto di sequestro preventivo emesso il 23 marzo 2013 dal Gip del tribunale di Busto Arsizio. Conseguentemente, va disposta la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata nonché il decreto di sequestro preventivo emesso il 23 marzo 2013 dal Gip del tribunale di Busto Arsizio, ed ordina la restituzione di quanto in sequestro all'avente diritto. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 cod. proc. pen