L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente di estinguere il reato

L’inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.

Con questo breve e chiaro principio di diritto, la sezione Feriale Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 41, depositata il 2 gennaio 2014, ha rigettato un ricorso presentato in un giudizio vertente in tema di truffa e falso in scrittura privata in continuazione, condannando, altresì, il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende . Il caso. In particolare, il ricorrente lamentava manifesta illogicità e carenza di motivazione, estinzione del reato di truffa per estinzione segnatamente, denunciava che il reato ascrittogli si sarebbe consumato in data 7 luglio 2005 e, conseguentemente, la prescrizione sarebbe maturata in data 7 gennaio 2013 ed erronea applicazione della legge penale. Comportamento truffaldino. In primis , gli ermellini ritengono il primo motivo generico e manifestamente infondato, essendosi risolto in una mera critica di merito all’apprezzamento probatorio delle risultanze acquisite, quando, invece, su tutti i profili di rilievo, le motivazioni della Corte territoriale sono esaustive, giuridicamente corrette ed indenni da vizi logici rilevabili in questa sede, in difetto della adeguata documentazione di travisamenti le dichiarazioni rese dalla persona offesa erano attendibili e la mancanza di un documento scritto segnatamente di un atto scritto di vendita inter partes era da attribuire proprio al comportamento truffaldino posto in essere dall’imputato, accompagnato da una lunga serie di altre condotte dello stesso tenore. Sull’ultimo motivo, poi, la Suprema Corte rileva come, seppur in premessa il giudice di seconde cure avesse ritenuto la questione relativa alla presunta improcedibilità per difetto di querela inammissibile, l’aveva, ciononostante, esaminata. Nessuna prescrizione. Infine, manifestamente infondata è stata ritenuta anche la censura relativa alla pretesa intervenuta prescrizione, maturata dopo la sentenza d’appello, in ragione della totale inammissibilità del ricorso l’inammissibilità del ricorso per cassazione – chiarisce la Sezione Feriale penale – non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. E, nel caso di specie, pur volendo collocare la data di consumazione dei reati contestati al 7 luglio 2005, la prescrizione sarebbe maturata – come indicato dallo stesso ricorrente – a partire dal 7 gennaio 2013, ovvero in data successiva al 10 dicembre 2012, data della sentenza d’appello .

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 10 settembre 2013 - 2 gennaio 2014, n. 41 Presidente Siotto – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa in data 4 marzo 2010 dal Tribunale di Siena - sez. Poggibonsi, che aveva dichiarato l'imputato colpevole di truffa e falso in scrittura privata in continuazione [artt. 640 e 485 c.p. fatti commessi in omissis ed in epoca anteriore], condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, oltre alle statuizioni civili in favore della parte civile costituita. Secondo la contestazione, l'imputato si sarebbe procurato l'ingiusto profitto della somma di Euro 58.200, ottenendo con raggiri ed artifizi la consegna di un camper, senza pagare la predetta somma, corrispondente al prezzo di acquisto pattuito. 2. Contro il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l'imputato con l'ausilio dell'avv. A. SERLENGA, iscritto nell'apposito albo speciale , deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. I - manifesta illogicità, carenza di motivazione. Lamenta in proposito che - la motivazione non evidenzierebbe la falsa rappresentazione della realtà che l'imputato avrebbe operato, ovvero i necessari artifizi, e comunque che gli artifizi valorizzati dalla Corte di appello sarebbero in realtà irrilevanti - la motivazione sarebbe illogica nella parte in cui valorizza il riferimento all'attività agonistica del figlio dell'imputato, che la sentenza impugnata mostra di considerare come mero artifizio, mentre in realtà essa è veritiera - la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria quanto all'accertamento della vendita del camper, in realtà mai avvenuta, avendo piuttosto le parti concluso un contratto di sponsorizzazione gratuita - non rileverebbe in alcun modo la mancata presentazione dell'imputato dal notaio - mancherebbe la prova certa della stipula di un contratto di compravendita, il che non consentirebbe la configurazione della c.d. truffa contrattuale - manca la prova della falsità dell'esibito documento di trasporto e della seguente e-mail II - estinzione del reato di truffa per prescrizione lamenta che il reato si sarebbe consumato in data 7 luglio 2005, e conseguentemente la prescrizione sarebbe maturata in data 7 gennaio 2013 III - erronea applicazione della legge penale lamentando la tardività della querela . Ha concluso chiedendo - in accoglimento del primo motivo, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata - in accoglimento del secondo motivo, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato di truffa estinto per prescrizione, maturata in data 7 gennaio 2013 - in accoglimento del terzo motivo, l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza perché l'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela. 3. All'odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, ed il collegio ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in udienza. Considerato in diritto Il ricorso è in toto inammissibile perché generico e manifestamente infondato. 1. È necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità, delineati dall'art. 606, comma 1, lettera e , c.p.p., come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, che, a parere di questo collegio, la predetta novella non ha comportato la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. travisamento della prova, purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato. 1.1. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, poi, deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivise, Cass. pen., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Spina, rv. 214794 Sez. un., n. 12 del 31 maggio 2000 n. 12, Jakani, rv. 216260 Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Petrella, rv. 226074 . A tal riguardo, devono tuttora escludersi la possibilità di un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi ” Cass. pen., sez. VI, n. 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, rv. 233621 conforme, sez. II, n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789 , e la possibilità per il giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti Cass. pen., sez. VI, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559 sez. VI, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099 . 1.2. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell'art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p. intenda far valere il vizio di travisamento della prova” consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica deve, inoltre, a pena di inammissibilità Cass. pen., sez. I, n. 20344 del 18 maggio 2006, Salaj, rv. 234115 sez. VI, n. 45036 del 2 dicembre 2010, Damiano, rv. 249035 a identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza b individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata c dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento d indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamente inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato. 1.2.1. In proposito, può ritenersi ormai consolidato, nella giurisprudenza di legittimità, il principio della c.d. autosufficienza del ricorso , inizialmente elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte Suprema. Valorizzando dapprima la formulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. a norma del quale le sentenze pronunziate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per Cassazione 5 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio ” la disposizione stabilisce attualmente, all'esito delle modifiche apportate dall'art. 54 d.l. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, che le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ” , ed attualmente la formulazione introdotta dal D. Lgs. n. 40 del 2006 dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. a norma del quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità 6 la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda ” , si è osservato che il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell'autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l'esposizione dei motivi del gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte Cass. civ. sez. II, 2 dicembre 2005, n. 26234, rv. 585217 sez. lav., 17 agosto 2012, n. 14561, rv. 623618 . Tenuto conto dei principi e delle finalità complessivamente sottesi al giudizio di legittimità, si è ritenuto che la teoria dell'autosufficienza del ricorso elaborata in sede civile debba essere recepita e applicata anche in sede penale con la conseguenza che, quando la doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti specificamente indicati ovviamente nei limiti di quanto era stato già dedotto in precedenza , posto che anche in sede penale - in virtù del principio di autosufficienza del ricorso come sopra formulato e richiamato - deve ritenersi precluso a questa Corte l'esame diretto degli atti del processo, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all'evidenza dalla stessa articolazione del ricorso ” Cass. pen., sez. I, 18 marzo - 22 aprile 2008, n. 16706, rv. 240123 sez. I, 22 gennaio - 12 febbraio 2009, n. 6112, rv. 243225 sez. V, 22 gennaio - 26 marzo 2010, n. 11910, rv. 246552, per la quale è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze sez. VI, 8-26 luglio 2010, n. 29263, rv. 248192, per la quale il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità e in forza del principio di autosufficienza, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui esame diretto è alla stessa precluso sez. II, 20 marzo - 27 giugno 2012, n. 25315, rv. 253073, per la quale in tema di ricorso per cassazione, è onere del ricorrente, che lamenti l'omessa o travisata valutazione dei risultati delle intercettazioni effettuate, indicare l'atto asseritamene affetto dal vizio denunciato, curando che esso sia effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità o anche provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione . 1.3. Il giudice di legittimità ha, ai sensi del novellato art. 606 c.p.p., il compito di accertare Cass. pen., sez. VI, n. 35964 del 28 settembre 2006, Foschini ed altro, rv. 234622 sez. III, n. 39729 del 18 giugno 2009, Belloccia ed altro, rv. 244623 sez. V, n. 39048 del 25 settembre 2007, Casavola ed altri, rv. 238215 sez. II, n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789 a il contenuto del ricorso che deve contenere gli elementi sopra individuati b la decisività del materiale probatorio richiamato che deve essere tale da disarticolare l'intero ragionamento del giudicante o da determinare almeno una complessiva incongruità della motivazione c l'esistenza di una radicale incompatibilità con l’ iter motivazionale seguito dal giudice di merito e non di un semplice contrasto non essendo il giudice di legittimità obbligato a prendere visione degli atti processuali anche se specificamente indicati, ove non risulti detto requisito d la sussistenza di una prova omessa o inventata, e del c.d. travisamento del fatto ”, ma solo qualora la difformità della realtà storica sia evidente, manifesta, apprezzabile ictu oculi ed assuma anche carattere decisivo in una valutazione globale di tutti gli elementi probatori esaminati dal giudice di merito il cui giudizio valutativo non è sindacabile in sede di legittimità se non manifestamente illogico e, quindi, anche contraddittorio . 1.4. Anche il giudice d'appello non è tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell'impugnazione, giacché le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata per tutte, Cass. pen., sez. VI, n. 1307 del 26 settembre 2002, dep. 14 gennaio 2003, Delvai, rv. 223061 . 1.4.1. In presenza di una doppia conforma affermazione di responsabilità, va, peraltro, ritenuta l'ammissibilità della motivazione della sentenza d'appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell'effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall'appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto più ove i giudici dell'appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicché le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità Cass. pen., sez. II, n. 1309 del 22 novembre 1993, dep. 4 febbraio 1994, Albergamo ed altri, rv. 197250 sez. Ili, n. 13926 del 1 dicembre 2011, dep. 12 aprile 2012, Valerio, rv. 252615 . 1.5. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione oltre ogni ragionevole dubbio”, presente nel testo novellato dell'art. 533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente all'affermazione di responsabilità dell'imputato, è opportuno evidenziare che, al di là dell'icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone, ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è permeato il nostro sistema processuale. Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in precedenza, il cagionevole dubbio” sulla colpevolezza dell'imputato ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell'art. 530, comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed ordinario tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema - per tutte, cfr. Cass. pen., Sez. un., n. 30328 del 10 luglio 2002, Franzese, rv. 222139 -, e solo successivamente recepita nel testo novellato dell'art. 533 c.p.p. , secondo cui la condanna è possibile soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della responsabilità dell'imputato cfr. Cass. pen., sez. II, n. 19575 del 21 aprile 2006, Serino ed altro, rv. 233785 sez. II, n. 16357 del 2 aprile 2008, Crisiglione, rv. 23979 sez. II, n. 7035 del 9 novembre 2012, dep. 13 febbraio 2013, De Bartolomei ed altro, rv. 254025 . 1.6. La giurisprudenza di questa Corte Suprema è, infine, orientata nel senso dell'inammissibilità, per difetto di specificità, del ricorso presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa Cass. pen., sez. VI, n. 32227 del 16 luglio 2010, T., rv. 248037 nella fattispecie il ricorrente aveva lamentato la mancanza e/o insufficienza e/o illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari posti a fondamento di un'ordinanza applicativa di misura cautelare personale conforme, sez. VI, n. 800 del 6 dicembre 2011, dep. 12 gennaio 2012, Bidognetti ed altri, rv. 251528 . Invero, l'art. 606, comma 1, lett. e , e.p.p. stabilisce che i provvedimenti sono ricorribili per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” la disposizione, se letta in combinazione con l'art. 581, comma 1, lett. c , c.p.p. a norma del quale è onere del ricorrente enunciare i motivi del ricorso, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta” evidenzia che non può ritenersi consentita l'enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso, essendo onere del ricorrente di specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata. Il principio è stato più recentemente ribadito dalla II sezione sentenza n. 31811 dell'8 maggio 2012, Sardo ed altro, rv. 254329 È inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso nel quale siano prospettati vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa, essendo onere del ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a più di uno tra tali vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione oggetto di gravame ”. Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva della necessaria specificità, il che rende il ricorso inammissibile. 1.7. Alla luce di queste necessarie premesse va esaminato l'odierno ricorso. 2. Il primo motivo è generico e manifestamente infondato. 2.1. Secondo consolidato orientamento di questa Corte Suprema per tutte, Sez. VI, sentenza n. 34521 dell'8 agosto 2013, rv. 256133 , è, infatti, inammissibile per difetto di specificità il ricorso che - come nel caso di specie - riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello al più con l'aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata senza prendere dettagliatamente in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. 2.2. Il denunciato vizio di motivazione si risolve, inoltre, in una critica di merito all'apprezzamento probatorio delle acquisite risultanze dettagliatamente riepilogate dalla Corte di appello, sia in premessa che - a confutazione dei motivi di appello - nelle 4 pagine conclusive della sentenza impugnata, i cui fogli sono purtroppo non numerati sulle quali è stata fondata l'affermazione di penale responsabilità dell'imputato su tutti i profili di rilievo, le motivazioni della Corte territoriale sono esaustive, giuridicamente corrette ed indenni da vizi logici rilevabili in questa sede, in difetto della adeguata documentazione cfr. p.1.2. s. di queste Considerazioni in diritto di travisamenti. 2.3. Invero, la Corte di appello in parte reiterando le argomentazioni del primo giudice, come si è visto essere fisiologico in presenza di una doppia, conforme affermazione di responsabilità ha ampiamente illustrato le ragioni poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità - motivatamente ritenendo l'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, nel riepilogare dettagliatamente le articolate fasi della trattativa intervenuta tra le parti - evidenziando che la mancanza di un atto scritto di vendita inter partes è ricollegabile proprio alla mancata presentazione dell'imputato alla stipula dell'atto notarile, accampando una scusa la necessità di accompagnare subito il figlio alle prove nel circuito del Mugello” per poter ottenere l'anticipato possesso del mezzo, prospettando un immediato ritorno, all'indomani, al fine di provvedere a quella stipula che non è stata mai più fatta”. Emerge in tal modo l'illogicità non della motivazione della sentenza impugnata ma del ricorso, che pretenderebbe di valorizzare, a riprova dell'inattendibilità della p.o., la mancanza di un atto scritto di vendita, che invece non fu stipulato proprio per il comportamento truffaldino posto in essere dall'imputato, e di svalutare la propria mancata presentazione dal notaio, al contrario determinante proprio con riguardo a tale elemento ed è travisata la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui il ricorrente lamenta che sarebbe stato considerato come artifizio un elemento fattuale in realtà vero l'attività agonistica del figlio dell'imputato al contrario, l'artifizio valorizzato consiste nella dichiarata necessità di accompagnare il figlio alle prove sul circuito del Mugello proprio nel giorno convenuto per la stipula, e di avere in tal modo convinto la p.o. alla consegna anticipata del mezzo, senza aver versato il corrispettivo promettendo il rientro all'indomani per formalizzare la cessione, ma sottraendosi a ciò con varie scuse - valorizzando - a conferma dell'accertamento della già intervenuta truffa - una serie di comportamenti successivi, che avvalorano l'assunto della precedente malafede dell'imputato, il quale, per contrastare la richiesta di sequestro del mezzo, ha prodotto nel giudizio civile documentazione falsa” - mettendo, infine, in luce l'anomalia - ritenuta evidente – se gli accordi tra GI. e G. fossero stati quelli prospettati dalla difesa, di una fatturazione per 58.200 Euro che comportava, per il primo, farsi carico degli oneri fiscali conseguenti a quella vendita pur senza incassare alcunché”. 3. Il terzo motivo è generico e manifestamente infondato. Deve convenirsi con il ricorrente che, non essendo l'appello inammissibile, la questione relativa alla presunta improcedibilità per difetto di tempestiva querela - pacificamente dedotta dalla difesa non nell'atto di appello, ma in udienza - avrebbe comunque dovuto esser esaminata, pur se non costituente motivo di appello, trattandosi di questione rilevabile d'ufficio in presenza di un gravame ammissibile . Peraltro la Corte di appello, pur avendo erroneamente premesso che la questione, non ricompresa tra i motivi dell'impugnazione, non poteva ritenersi devoluta al proprio giudizio, la aveva ciononostante esaminata, motivatamente ritenendola infondata la cui infondatezza risiede comunque nel fatto che è dal momento in cui ha potuto prendere visione della documentazione - falsa - prodotta dall'imputato nel giudizio civile che il GIOITI è stato nelle condizioni di comprendere di essere rimasto vittima non di un inadempimento contrattuale bensì di una ben congegnata truffa” , sulla base di argomentazioni esaurienti, logiche, non contraddittorie, come tali incensurabili in questa sede, anche in difetto della adeguata documentazione cfr. p.1.2. s. di queste Considerazioni in diritto di travisamenti. 4. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Non può, infatti, porsi in questa sede la questione della declaratoria della prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d'appello, in considerazione della totale inammissibilità del ricorso. Invero, la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha più volte chiarito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen.” Cass. pen., Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, rv. 217266 nella specie, l'inammissibilità del ricorso era dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, e la prescrizione del reato era maturata successivamente alla data della sentenza impugnata con il ricorso conformi, Sez. un., 2 marzo 2005, n. 23428, Bracale, rv. 231164, e Sez. un., 28 febbraio 2008, n. 19601, Niccoli, rv. 239400 . 4.1. E, nel caso di specie, pur volendo collocare la data di consumazione dei reati contestati al 7 luglio 2005, la prescrizione sarebbe maturata, come indicato dallo stesso ricorrente, a partire dal 7 gennaio 2013, ovvero in data successiva al 10 dicembre 2012, data della sentenza d'appello. 5. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186 e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa - della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria. 5.1. L'imputato va anche condannato alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidabili come da dispositivo. 5.1.1. In proposito, ritiene il collegio che le spese debbano essere liquidate secondo i nuovi parametri introdotti dal d.m. 20 luglio 2012, n. 140. Invero, come chiarito dalla Corte Suprema di Cassazione Sez. un. civ., sentenza n. 17405 del 2012 , in tema di spese processuali, agli effetti dell'art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all'art. 9, secondo comma, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata. È pur vero che, ai sensi dell'art. 13, comma 10, della ancora successiva L. n. 247 del 2012, Oltre al compenso per la prestazione professionale, all'avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell'interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfettarie, la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6 unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive ”. Il citato comma 6 della medesima disposizione stabilisce che i parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, si applicano quando all'atto dell'incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge ”. Tuttavia, non risultando ancora emanato il decreto di cui al citato comma 6 dell'art. 13 L. n. 247 del 2012, la disposizione di cui al comma 10 del medesimo articolo di legge deve ritenersi allo stato in concreto non operante. 5.1.2. Vanno, in proposito, affermati i seguenti principi di diritto In tema di spese processuali, agli effetti dell'art. 41 del d.m. 20 luglio 2012, n. 140, il quale ha dato attuazione all'art. 9, secondo comma, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l'accezione omnicomprensiva di compenso la nozione di un corrispettivo unitario per l'opera complessivamente prestata ” In tema di spese processuali, non risultando ancora emanato il decreto di cui al comma 6 dell'art. 13 L. n. 247 del 2012, cui è devoluta la determinazione della misura massima per il rimborso delle spese forfettarie, la disposizione di cui al comma 10 del medesimo articolo 13 - che reintroduce la previsione del rimborso delle predette spese, in passato denominate spese generali -, deve ritenersi allo stato in concreto non operante ”. 5.1.3. Le spese sostenute dalla parte civile costituita vanno, pertanto, liquidate come da dispositivo, con riguardo ai soli compensi, in difetto della documentazione di esborsi rimborsabili non è dovuto il rimborso di spese forfettarie o generali sono dovuti gli accessori di legge IVA e CPA . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida complessivamente in Euro duemilacinquecento per compensi, oltre accessori come per legge.