La scelta dell’abbreviato ‘chiude’ alla richiesta probatoria suppletiva

Il rito speciale responsabilizza ancor più il difensore, la Cassazione esclude ulteriori finestre istruttorie in appello, salvo quelle di iniziativa esclusivamente giudiziale.

Un truce fatto di cronaca. L’amante omicida di una tossicodipendente, poi deceduta nel corso del processo, a bordo di un auto travolge e uccide l’amante di lei, nel mezzo di minacce e percosse ai familiari intervenuti per sedare la rissa. Contestato, fra le imputazioni minori, l’omicidio volontario con dolo eventuale. Si giunge a condanna, a seguito dell’abbreviato non condizionato all’assunzione di nuove prove. Nel ricorso in Cassazione, il difensore contesta la mancata assunzione di una prova decisiva ex art. 603 c.p.p. e l’incoerente tessuto motivazionale della sentenza di condanna. La Cassazione, Prima sez. Penale, n. 51442 depositata il 19 dicembre 2013, rigettando in toto il ricorso offre interessanti soluzioni in punto di richieste probatorie e di dolo eventuale. Il diritto mutilato” alla prova in appello ex art. 603 c.p.p., quando si è scelto l’abbreviato in primo grado. Richiesto l’abbreviato, sia nella forma incondizionata che in quella condizionata all’assunzione di una nuova prova ex art. 438, quinto comma, c.p.p., all’imputato è preclusa la richiesta probatoria suppletiva in appello, ex art. 603 c.p.p. E il mancato provvedimento giudiziale sulla richiesta istruttoria non è reclamabile in Cassazione. La scelta dell’abbreviato determina irrevocabilmente la rinuncia dell’imputato ad una cognizione probatoria piena, anche nella fase di gravame. In tal modo la Cassazione rafforza la funzione deflattiva del contenzioso attribuibile ai riti speciali, anche in ordine ad ogni profilo processuale la cui verifica sarebbe tale da poter incidere favorevolmente sulla posizione dell’imputato. Dall’abbreviato non si torna più indietro. Quanto sopra fa il paio con altre recenti pronunce che alla scelta dell’abbreviato fanno dedurre l’impossibilità di poter contestare nullità già maturate – fatte salve le nullità seguenti alla lesione dei diritti della difesa. Tuttavia anche sul punto la giurisprudenza è già ondivaga. Altre più trancianti pronunce negano la rilevabilità anche di quelle nullità -. Soccorre la sopravvivenza delle iniziative probatorie esercitabili d’ufficio. Non resta all’imputato che sollecitare il giudice all’acquisizione di una nuova prova, quando questa appaia decisiva per il giudizio, per l’articolato disposto degli artt. 443, quarto comma, 599, terzo comma, ed infine dell’art. 603 c.p.p., in via diretta richiamato. Superato il più restrittivo orientamento che dalla scelta dell’abbreviato deduce il congelamento dello stato istruttorio nel processo e di seguito nega qualsiasi iniziativa probatoria ulteriore, anche giudiziale ex art. cit. Ma l’integrazione probatoria deve essere assolutamente necessaria. Anche se non sopravvenuta. Nell’occasione l’istruzione suppletiva fu negata – si trattava di scritti della fidanzata, deceduta prima di poter deporre -, sulla base di un giudizio di semplice non assoluta necessarietà del novum probatorio. La Cassazione pare privare l’integrazione istruttoria del requisito della sopravvenienza della prova ex secondo comma dell’art. 603 cit., residuando alla scelta giudiziale la sola verifica della necessarietà . Dunque prova necessaria ma non sopravvenuta in appello. L’opzione adottata parrebbe essere la più congeniale all’esercizio specificamente giudiziale della facoltà, non trovando più ragione il limite della sopravvenienza in appello, funzionale a sollecitare il solo difensore dell’imputato a indicare un compendio probatorio pieno ed esaustivo già nel corso del primo grado di giudizio. Inoltre, parrebbe affine all'avvenuta valorizzazione dei poteri giudiziali d’ufficio, laddove previsti, per l’intervento di modifiche legislative – ad es. l. n. 479 del 1999 - che hanno inteso superare la rigidità del principio di disponibilità della prova nel processo penale, innescando la facoltà di iniziative giudiziali ex se funzionali all’integrazione del compendio istruttorio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 marzo - 19 dicembre 2013, numero 51442 Presidente Bardovagni – Relatore Tardio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14 aprile 2011 il G.u.p. del Tribunale di Ivrea, all'esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato C.P. colpevole - del reato di cui all'art. 575 cod. penumero , per avere cagionato la morte di S.P. , che aveva investito, facendolo rovinare a terra, procedendo in retromarcia a forte velocità alla guida della propria auto Fiat Uno targata omissis capo 1 - del reato di cui all'art. 614, commi 1 e 4, cod. penumero , per essersi lanciato a grande velocità, alla guida della indicata auto, contro il cancello della villa di V.R. , sfondandolo e introducendosi, contro la volontà del proprietario, all'interno del cortile di detta abitazione capo 2 - del reato di cui all'art. 337 cod. penumero , per avere usato violenza nei confronti dell'appuntato A.M. e del brigadiere E.E. , in servizio presso la Stazione dei Carabinieri di , per opporsi al compimento di un atto di ufficio, consistente nel suo arresto per il delitto di cui al capo 1 capo 4 - del reato di cui agli artt. 61 numero 2 cod. penumero e 116 cod. strad., per avere guidato l'indicata auto per eseguire i reati di cui ai capi 1 e 2 senza avere conseguito la patente di guida capo 5 - del reato di cui all'art. 4 legge numero 110 del 1975, per avere portato, senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione, una mazza spaccalegna lunga cinquantacinque centimetri circa, con parte metallica e con una estremità piatta e l'altra a punta capo 6 - del reato di cui all'art. 612, comma 2, cod. penumero , per avere minacciato un danno grave e ingiusto a V.R. con le espressioni Ti ammazzo, ti faccio fuori, la prima volta che ti vedo ti tiro due pugni in faccia, ti prendo a bastonate capo 7 - del reato di cui all'art. 594, commi 1 e 3, cod. penumero , per avere offeso, in presenza di V.C. e di S.E. , l'onore e il decorso di V.R. , profferendo nei suoi confronti le espressioni sei un disgraziato, sei il più sporco di XXXXXX, bastardo capo 8 - del reato di cui all'art. 594, commi 1 e 3, cod. penumero , per avere offeso, in presenza di V.C. e di V.R. , l'onore e il decorso della minorenne S.E. con le espressioni sei una puttana, una disgraziata capo 9 - del reato di cui all'art. 635 cod. penumero , per avere danneggiato l'abitazione di proprietà di V.R. , distruggendo vasi, quadri, porte, infissi, scrivendo sui muri e tagliando la tappezzeria con danno di circa cinquemila Euro capo 10 . Il G.u.p., con la stessa sentenza, ha assolto l'imputato dal reato di maltrattamenti in famiglia capo 3 e l'ha condannato, effettuato l'aumento per la contestata recidiva, riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati per i quali ha dichiarato la responsabilità penale e operata la riduzione per il rito, alla pena di anni venti di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti offese, costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio civile, con provvisionale diversamente quantificata per ciascuna di esse. 2. Con sentenza del 27 febbraio 2012 la Corte di assise di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado. 3. La vicenda processuale giunta al controllo di legittimità, che riguarda le suindicate imputazioni, è ampiamente riportata nelle decisioni di merito. C.P. e la fidanzata V.C. , la sera del omissis , avevano avuto, mentre erano sotto l'influenza di alcool e droga, una violenta lite, trascesa a vie di fatto, tanto che il C. aveva cagionato lesioni alla fidanzata, giudicate guaribili in venti giorni, e costretto la stessa a salire sull'auto Fiat Uno, da lui condotta, per portarla a casa del padre, V.R. . Dopo avere, durante il tragitto, insultato telefonicamente quest'ultimo, il C. aveva forzato il cancello dell'abitazione dello stesso con l'auto, fermandosi dapprima sulla soglia del cancello e poi, ingranata la retromarcia, appena S.P. era uscito dall'interno dell'abitazione, era entrato nel cortile con il motore a elevato volume di giri e l'aveva investito, cercando di rifare la manovra e venendo fermato da B.B. presente sui luoghi. I Carabinieri, intervenuti su chiamata di V.R. , avevano ricercato il C. , trovando all'esterno della sua abitazione l'auto Fiat Uno e all'interno lo stesso C. , che li aveva aggrediti procurando loro lesioni. V.C. e S.P. erano stati, intanto, accompagnati al Pronto Soccorso, e, mentre le lesioni riportate dalla prima erano state giudicate guaribili in venti giorni, il secondo era stato ricoverato prima in Ospedale a e poi a , dove era deceduto il omissis . Il movente dell'atto omicidiario era stato individuato dal primo Giudice nella volontà del C. di colpire V.C. , nei cui confronti lo stesso aveva un comportamento violento, arrecandole lesioni per la pretesa che essa chiedesse più denaro al padre e colpendola nei suoi affetti, e quindi prima insultando telefonicamente il padre e poi colpendo il padre della figlia, S.P. , al quale aveva, in altra occasione, danneggiato il motorino. Già in precedenza, in data 24 dicembre 2009, come pure contestato nei capi di imputazione ai numero 7, 8, 9 e 10, il C. si era reso responsabile di minacce, ingiurie e danneggiamento nei confronti di V.R. e di ingiurie nei confronti di V.C. e della figlia di costei, S.E. . 3.1. Gli elementi di prova della responsabilità dell'imputato in ordine al delitto di omicidio, erano tratti - dalle dichiarazioni dei testi oculari V.R. , B.B. , V.C. e V.M. , ritenute chiare, lineari, non contraddittorie e sovrapponibili - dagli esiti della consulenza medico - legale, che, con approfondita e corretta analisi, aveva spiegato la causa della morte collegata a scompenso cardiorespiratorio, nell'ambito di insufficienza multi-organo, in emorragia surrenale bilaterale causata da importante stato settico con cocchi Gram positivi, in condizioni di compromissione immunitaria, inerente a coma prolungato da gravissimo danno encefalico, conseguente ad investimento da autovettura - dalle stesse modalità dell'azione, che avevano anche consentito di ricostruire l'elemento soggettivo del reato nella forma del dolo alternativo, avuto riguardo agli elementi evidenziati dalla consulenza dell'ing. Be. in merito al rapporto tra la velocità di percorrenza, lo spazio molto breve nel quale era stata impiegata e le dimensioni del mezzo utilizzato per colpire la persona, e tenuto conto del comportamento successivo dell'imputato che, nonostante il corpo della persona offesa fosse già a terra, aveva innescato nuovamente la retromarcia e, scendendo dal veicolo, aveva chiesto ai presenti se fosse morto il bastardo e dato un calcio al motorino del medesimo. 3.2. Anche in ordine alle altre imputazioni, sia quelle afferenti ai fatti occorsi il 20 marzo 2010, e di cui ai capi 2, 4, 5 e 6, sia quelle relative ai fatti del 24 dicembre 2009, e di cui ai capi 7, 8, 9 e 10, la responsabilità dell'imputato aveva trovato fondamento probatorio nel complesso degli atti di indagine svolti, che avevano consentito di riscontrare le circostanze come contestate. 4. La Corte di assise di appello, dopo aver specificamente richiamato gli elementi di prova e le considerazioni svolte dal primo Giudice, rendeva conto dello svolgimento del giudizio di appello, nel corso del quale l'imputato aveva reso spontanee dichiarazioni e si era provveduto sulle istanze istruttorie della difesa con separata ordinanza, e illustrava, in via preliminare, la relazione che legava l'imputato e V.C. , all'epoca tossicodipendente e deceduta prima del giudizio di primo grado, caratterizzata da una particolare ostilità nei confronti del padre della stessa, V.R. , per rivendicazioni economiche, connesse alla insufficienza degli aiuti finanziari forniti alla figlia, sulla base delle dichiarazioni rese da V.C. e da V.R. , e ha rimarcato l'intenzione dell'imputato di porre in essere, il giorno del fatto, atti violenti e minacciosi, evidenziati dalle percosse alla fidanzata, cui aveva cagionato la frattura di una spalla, dalla collocazione sul cruscotto dell'auto di una grossa mazza ferrata, dalle modalità con cui aveva forzato il cancello dell'abitazione di V.R. e dal comportamento minaccioso tenuto verso quest'ultimo anche dopo avere investito S.P. . 4.1. Quindi, la Corte, alla luce delle ragioni di doglianza della difesa sviluppate con i motivi di appello, che diffusamente riportava, procedeva alla disamina specifica delle dichiarazioni rese dalle persone presenti sul luogo e al momento in cui la vittima era stata investita dalla parte posteriore dell'auto condotta dall'imputato, contestate dalla difesa perché viziate da mancanza di serenità nei confronti dello stesso imputato, da valutazioni interpretative e da varie contraddizioni, e, in particolare, ripercorreva le dichiarazioni rese da V.C. il XXXXXXXX e il OMISSIS , da V.R. nella immediatezza del fatto e l' OMISSIS , da V.M.S. , sorella di Cristina, sentita il , l' omissis , e dal marito B.B. , sentito il e il omissis . Dette dichiarazioni erano, quindi, poste in raffronto con quelle rese dall'imputato in sede di convalida del suo arresto e nei successivi interrogatori, rilevandosi conclusivamente che era del tutto inattendibile e inconsistente la versione difensiva circa l'investimento accidentale della vittima, poiché caratterizzata da contraddizioni, non riscontrata e contrastata dalle dichiarazioni testimoniali, la cui analisi aveva, invece, fatto emergere la marginalità delle incongruenze rilevate dalla difesa e la loro concludenza nel rappresentare, depurate da considerazioni valutative o interpretative, una verosimile dinamica dell'investimento della vittima, e aveva consentito la corretta valutazione della condotta dell'imputato, sul piano oggettivo e soggettivo, e il superamento anche delle obiezioni difensive attinenti al più o meno volontario reciproco adeguamento dei testi, appartenenti allo stesso gruppo familiare, nelle loro ultime informazioni fornite presso la Procura della Repubblica il 28 e 30 aprile 2010. 4.2. Ricostruendo la scena dell'investimento sulla base delle dichiarazioni di V.C. , della sorella V.M. e del marito di questa, B.B. , e di quelle pur parziali dell'imputato, era certo, secondo la Corte di merito, che, per la parte iniziale, quest'ultimo, percorso il vialetto d'ingresso alla guida della propria auto, aveva diretto intenzionalmente la stessa a velocità non minima e in accelerazione contro il cancello dell'abitazione di V.R. , urtandolo e forzandone l'apertura, determinato ad accedervi e consapevole del suo possibile danneggiamento, effettivamente verificatosi e in modo consistente con riguardo alle parti meccaniche, mentre V.R. , già minacciato e insultato, non gli avrebbe certamente aperto, avendo anzi già chiamato i Carabinieri, in stato di allarme per le possibili condizioni della figlia. L'imputato, dopo l'ingresso in cortile, aveva eseguito con l'auto varie manovre e anche una manovra di testa coda, dirigendo la stessa di nuovo verso il cancello di uscita, in corrispondenza del quale si fermava. Mentre B.B. , genero di V.R. , era sceso nel cortile impugnando una scopa, la vittima S.P. , ex convivente di V.C. , era uscito dall'abitazione del predetto V. , ove si trovava, diretto in modo deciso verso il cancello per proteggere il motorino parcheggiato nello spiazzo antistante, temendo atti vandalici dell'imputato. Quest'ultimo era tuttavia partito in retromarcia e improvvisamente con manovra di forte accelerazione, che aveva fatto perdere alle ruote motrici l'aderenza sulla ghiaia del cortile, aveva investito la vittima, che era caduta violentemente a terra, e aveva fermato l'auto perché aveva avvertito alcune urla, tornando leggermente verso il cancello, iniziando a fare, come da lui stesso ammesso, una nuova manovra di retromarcia nella stessa precedente direzione e fermandosi per i colpi di scopa sferrati contro l'auto dal B. . L'imputato, infine, fermata l'auto verso l'apertura del cancello, era sceso con l'arnese che aveva nell'auto, identificato in una mazza spaccalegna, venendo affrontato dal B. e avendo con lui un veloce scambio di battute minacciose dopo essersi allontanato con l'auto, aveva invertito la marcia sul piazzale, era rientrato nel cortile, si era fermato con la parte anteriore dell'auto a pochi centimetri dal corpo dello S. , che era a terra, si era avvicinato allo stesso scendendo dall'auto, toccandolo sulla pancia con un piede e chiedendogli se facesse il morto o fosse morto nello stesso frangente si era rivolto a V.R. , che era intanto giunto, dicendogli con tono minaccioso che, se la volta precedente si era messa di mezzo la nipote e questa volta era successo quanto verificatasi, lo avrebbe preso altra volta contestualmente invitato dal B. ad allontanarsi definitivamente, era andato via con l'auto, fermandosi vicino alla recinzione del cortile nel piazzale antistante nuovamente sceso dall'auto aveva fatto cadere a terra il motorino della vittima e vedendo che la stessa si era rialzata aveva chiesto se fosse morto il bastardo e osservato che era bastato il suo allontanamento perché lo stesso guarisse alla osservazione del B. , circa la sua consapevolezza di quanto aveva fatto, aveva replicato accusando V.R. di trascurare la figlia Cistina, di non averle comprato un materasso nuovo e di non essere in grado di trovarle un lavoro. 4.3. Le conclusioni della consulenza tecnica del Pubblico Ministero, che la Corte richiamava, erano ritenute compatibili con le indicazioni testimoniali con particolare riguardo alla posizione del corpo della vittima dopo l'investimento, non lontano dal varco del cancello, ove era l'auto dell'imputato prima della sua retromarcia, e in corrispondenza della traiettoria della stessa, mentre rimaneva ulteriormente confermata la totale assenza di riscontri alla variegata versione offerta dall'imputato sia quanto al punto di investimento sia in ordine alle tracce di pneumatici, attestanti il blocco dell'auto sull'aiuola. 4.4. Né, secondo la Corte, vi erano dubbi, alla luce delle emergenze probatorie, in merito alla sussistenza di una volontà omicida dell'imputato, già espressa dal primo Giudice in termini di dolo alternativo, di urtare la persona che si stava avvicinando alla sua auto, resa evidente dalla esecuzione della manovra di retromarcia in forte accelerazione tanto da far perdere aderenza alle ruote motrici, indotta con ragionevole certezza dallo stato di ira del medesimo nel vedere che V.R. , con il quale intendeva entrare in contatto, aveva rinforzato la propria difesa per la presenza dello S. che non abitava in quella casa. Tale sicura intenzionalità, che la Corte rimarcava superando le osservazioni difensive, era riscontrata dalla seconda retromarcia iniziata subito dopo dall'imputato, dimostrativa se non della volontà di travolgere ancora la vittima sicuramente della intenzione di dimostrare la sua pericolosità, e dal successivo comportamento tenuto nei confronti della medesima, mentre non era rilevabile alcuna esigenza di manovra per posizionare meglio l'auto né in funzione della sua uscita né in funzione di eventuale suo parcheggio nel cortile. La particolare situazione psicologica in cui l'imputato si era trovato, a fronte di un rinforzo della difesa di V.R. , aveva con ragionevole certezza supportato il suo impulso rabbioso e la sua intenzione di urtare chi, secondo quanto da lui inteso in quel momento, frapponeva ostacoli alle sue iniziative contro il medesimo, delineandosi, in tal modo, il movente dell'azione. 4.5. Né poteva ritenersi che l'imputato, partito da fermo con brusca retromarcia, avesse avuto difficoltà ad avvistare la vittima, attraverso gli specchietti retrovisori o girandosi indietro, in situazione di luce non insufficiente, avendo peraltro egli stesso riferito di avere individuato le persone che circondavano la sua auto, senza mai nulla dire in merito alla sufficienza o meno della luce. Anche il riconoscimento della vittima da parte dell'imputato prima del suo investimento appariva certo, non avendo il medesimo esternato sorpresa dell'accaduto né mostrato dubbi sulla identità dell'investito. L'elevata pericolosità dell'azione di colpire una persona umana con auto in movimento era fortemente prevedibile ed era amplificata sia dalla forte accelerazione impressa volontariamente alla manovra, sia dalla verosimile non prevedibilità di tale improvvisa manovra da parte della vittima, che voleva sottrarre il motorino alla furia dell'imputato ed era per tale ragione uscita precipitosamente dall'abitazione. Né la volontà omicida era escludibile in relazione al comportamento successivo dell'imputato, che, al contrario, in relazione alle specifiche sue manifestazioni, come descritte, la confermava, o in relazione alla possibilità alternativa del ricorso all'utilizzo della mazza presente nell'auto, per l'efficacia della condotta tenuta a neutralizzare chi si stava avvicinando alla sua auto. 4.6. Erano infondate anche le deduzioni difensive in merito alla necessità di stabilire se il trauma cranico subito dalla vittima in seguito alla caduta fosse stato causa unica o concausa della morte, verificando l'eventuale presenza di una patologia emocoagulativa al momento del trama, alla luce delle condivise valutazioni svolte dal primo Giudice sulla base dell'esito della consulenza medicolegale, che aveva escluso l'incidenza di patologie pregresse a interrompere il nesso causale tra azione ed evento, e avuto riguardo alla irrilevanza dell'eventuale accertamento di altre patologie preesistenti ex art. 41 cod. penumero . 4.7. Anche in ordine al trattamento sanzionatorio, doveva essere confermata la sentenza di primo grado, non potendo sottovalutarsi la gravità dell'azione delittuosa commessa dall'imputato nell'ambito di una condotta complessivamente violenta, che si era articolata nelle lesioni in danno di V.C. e nella spedizione punitiva armata contro V.R. , ed era dimostrativa, unitamente ai numerosi e specifici precedenti penali, di elevata pericolosità, mentre la recidiva contestata comportava l'aumento obbligatorio della pena, previsto dall'art. 99, comma 5, cod. penumero , e i disposti aumenti a titolo di continuazione era corretti e congrui. 5. Avverso detta sentenza e avverso l'ordinanza del 22 febbraio 2012, reiettiva della richiesta di rinnovazione della istruttoria dibattimentale, l'imputato ricorre per cassazione, tramite il suo difensore di fiducia, chiedendo l'annullamento della sentenza sulla base di cinque motivi. 5.1. Con il primo motivo il ricorrente si duole della mancata assunzione di una prova decisiva, ritualmente richiesta ex artt. 603 e 585, comma 4, cod. proc. penumero , in relazione alla mancata acquisizione delle lettere scritte da V.C. e indirizzate a esso ricorrente. Secondo il ricorrente, il materiale probatorio di cui si è chiesta l'acquisizione, negata, è di assoluto rilievo, perché proveniente da persona, deceduta prima dell'inizio del processo di primo grado, che è stata testimone diretta dell'accaduto per essersi trovata a bordo dell'auto insieme all'imputato e che si è espressa in termini di certezza, manifestando la sua intenzione di rappresentare l'effettiva volontà storica del fatto e lasciando emergere elementi significativi di valutazione. La motivazione della ordinanza di rigetto è incongrua e inadeguata, ad avviso del ricorrente, ove esclude, senza spiegazioni, il requisito dell'assoluta necessità, e non è condivisibile ove rileva che le lettere dovevano essere prodotte in primo grado, poiché se le stesse lettere erano note a esso ricorrente, non lo era il rilievo, riconosciuto in primo grado, alle dichiarazioni rese da V.C. alla Polizia Giudiziaria, quale importante elemento di valutazione, e confermato dal Giudice di appello, come emerge dai ricorrenti richiami alle stesse dichiarazioni nella sentenza impugnata. 5.2. Con il secondo motivo il ricorrente si duole della mancata assunzione di una prova decisiva, ritualmente richiesta ex artt. 603, 585, comma 4, cod. proc. penumero , in relazione alla mancata disposizione di una perizia medico-legale sulle cause della morte di S.P. . Secondo il ricorrente, la motivazione della ordinanza che ha rigettato la richiesta di perizia medico-legale, riferendosi alla consulenza in atti del Pubblico Ministero e alle argomentazioni dei consulenti della difesa, è scarna, tenuto conto della incompletezza o, quantomeno, insufficienza della istruttoria svolta sul punto, che ha trascurato numerosi elementi, dei quali occorreva, al contrario, tenere conto. Incide, infatti, sia sull'accertamento del nesso di causalità sia sulla valutazione dell'elemento psicologico stabilire se la morte della vittima sia dipesa da urto diretto con l'auto o da urto con il terreno o con i cordoli di cemento, senza potersi neppure trascurare che la stessa Corte di merito ha ritenuto che gli esiti della consulenza del Pubblico Ministero non avevano molto contribuito alla ricostruzione del sinistro, in presenza di pochi dati obiettivi e in mancanza di rilievi tecnici, né potersi omettere di rilevare che una perizia completa poteva essere fatta sulla base della documentazione da acquisire. 5.3. Con il terzo motivo, indicato come secondo, il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla valutazione del materiale probatorio, ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , in relazione ai costituti testimoniali in atti, avuto riguardo alle incongruenze evidenziate dalla difesa. Tali incongruenze, ad avviso della difesa, attengono, in particolare - alla deposizione del teste V.R. , per non essersi considerato che la diversità delle circostanze riferite circa la sua diretta assistenza al sinistro dimostra la sua inattendibilità e la dipendenza dell'ultima versione dal quotidiano confronto con gli altri testi appartenenti alla stessa cerchia familiare, anche avendo riguardo a quanto riferito dagli stessi e alle divergenze tra le deposizioni rese nel tempo dal medesimo V.R. a partire da quando è stato sentito a sommarie informazioni - alle dichiarazioni del teste B. , che ha ammesso i colpi di scopa contro l'auto dell'imputato solo dopo alcune ore dalla prima sessione di sommarie informazioni e dopo una suggestiva domanda posta dai Carabinieri circa l'avvicinamento da parte di qualcuno dei presenti o di lui stesso all'auto dell'imputato, anche precisando di avere evitato un secondo investimento della vittima e aggiungendo la presenza al fatto di altri testi, invece assenti. Né la Corte poteva superare le incongruenze ritenendole non incidenti sulla attendibilità degli elementi essenziali della narrazione e considerando più decisive le ultime dichiarazioni rispetto a quelle rese nella immediatezza dell'evento, poiché, in base alle comuni regole di esperienza, il tempo può far affiorare particolari dalla memoria ma non momenti centrali dell'evento o essenziali che si fissano subito e rimangono immutabili, incorrendo in contraddizioni argomentative ed erronee valutazioni della prova testimoniale in contrasto con quanto affermato da questa Corte. Se elemento centrale è l'investimento della vittima, non sono elementi secondari della deposizione la presenza dei testimoni, prima affermata e poi negata, o la incapacità di un teste, che si afferma presente, di posizionarsi rispetto all'auto investitrice, o la negazione e poi l'affermazione di un teste di avere colpito l'auto con la scopa e di avere salvato la vittima da un secondo investimento, o la convivenza del teste come V.S. con gli altri testi per un mese prima di essere sentito, o l'analisi delle dichiarazioni dei testi in rapporto a quanto affermato dagli altri, senza che possa ritenersi logica la scelta della Corte di conferire maggiore attendibilità alle dichiarazioni rese dai testi in Procura rispetto a quelle rese dinanzi alla Polizia Giudiziaria. 5.4. Con il quarto motivo, indicato come terzo, il ricorrente denuncia mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla valutazione del materiale probatorio, ex art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , per quanto concerne la prova del reato sotto il profilo dell'elemento psicologico. Tale prova suppone la verifica delle ragioni per le quali l'imputato avrebbe dovuto uccidere o alternativamente ledere S.P. , e tale verifica attiene a un nodo irrisolto, avuto riguardo alle valutazioni in ordine al movente svolte nei due gradi del giudizio, facendosi riferimento - per un periodo temporale non limitato - ai rapporti tra le parti e tra l'imputato e la vittima e pervenendosi a diverse conclusioni incidenti sulla valutazione dell'elemento psicologico. Se S. era un ostacolo per giungere a V.R. , l'imputato, una volta eliminatolo, poteva perseguire il suo obiettivo, mentre la stessa V.C. , che a bordo dell'auto ha seguito l'intero evento, ha riferito di non potere affermare se l'investimento era stato volontario o accidentale. Né, sotto altro profilo, hanno alcuna logicità, ad avviso del ricorrente, la spiegazione della Corte di merito in ordine al riscontro dato alla sicura intenzionalità omicida dal tentativo del secondo investimento, affermato solo in un secondo momento dai testi e irrazionale il riferimento al comportamento post factum del ricorrente, dimostrativo al contrario dell'assoluta involontarietà dell'evento imprevisto, non voluto e inaspettato la indicazione del riconoscimento da parte del ricorrente della identità della vittima, che già conosceva, intervenuto dopo il fatto il certo carattere preterintenzionale dell'evento, non considerato, né motivatamente escluso. Una valutazione che non consideri ipotesi alternative non esterne all'ordine naturale delle cose e alla normale razionalità umana, quali l'omicidio preterintenzionale o colposo, è in violazione della regola della decisione oltre ogni ragionevole dubbio. 5.5. Con il quinto motivo, indicato come quarto, il ricorrente denuncia manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge, in relazione alla quantificazione della pena, deducendo l'eccessività della pena inflitta nella misura di anni venti di reclusione, che suona quasi come un ergastolo mascherato . Tale deduzione è resa evidente, secondo il ricorrente, dal confronto con la pena inferiore irrogata dal G.u.p. lo stesso giorno nei confronti di altro imputato per omicidio volontario commesso attingendo la vittima con cinquanta coltellate, mentre egli ha commesso l'omicidio con la sola retromarcia dell'auto a quindici chilometri all'ora, con dolo non di maggiore gravità e in presenza di risalenti precedenti, mentre la sua indigenza non poteva essere considerata come elemento negativo sotto il profilo della mancanza di effettivo risarcimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso, infondato o manifestamente infondato in ogni sua deduzione, deve essere rigettato. 2. Le censure svolte con i primi due motivi attengono alle richieste di rinnovazione della istruttoria dibattimentale in relazione all'acquisizione di alcune lettere scritte da V.C. e alla richiesta di perizia medico-legale sulle cause della morte della vittima, S.P. , e riguardano, nella loro formale deduzione, riferita all'ordinanza resa dalla Corte di assise di appello il 22 febbraio 2012 e per l'effetto alla sentenza impugnata, l'incorsa violazione di legge, in relazione agli artt. 603 e 585, comma 4, cod. proc. penumero , per la mancata assunzione di prove decisive, ritualmente richieste con i motivi aggiunti, e l'incorso vizio di motivazione in merito alle ragioni del diniego delle richieste. 2.1. Secondo principi consolidati, in tema di giudizio abbreviato, posta la possibilità per il giudice di primo grado di assumere, anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione ai sensi dell'art. 441, comma 5, cod. proc. penumero come modificato con legge numero 479 del 1999 , al giudice di appello è consentito -ritenuti fine primario e ineludibile del processo penale l'esigenza di ricerca della verità e corollario di necessaria consequenzialità logica l'attribuzione al giudice di poteri di iniziativa probatoria, in modo da supplire alla eventuale inerzia delle parti e da rendere possibile l'accertamento dei fatti inclusi nel tema della decisione sent. numero 255/1992, numero 111/1993, Corte cost. - disporre d'ufficio i mezzi di prova ritenuti assolutamente necessari per l'accertamento dei fatti che formano oggetto della decisione, secondo il disposto dell'ari . 603, comma 3, cod. proc. penumero , mentre le parti - che, prestato il consenso all'adozione del rito abbreviato senza integrazione probatoria e, per il pubblico ministero, nonostante la sopravvenuta esclusione di un suo potere di consenso con la citata legge numero 479 del 1979 , hanno accettato che la regiudicanda sia definita all'udienza preliminare alla stregua degli atti d'indagine già acquisiti e rinunciato al diritto alla prova, così consentendo di attribuire agli elementi raccolti nel corso delle indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi sono normalmente sprovvisti nel giudizio che si svolge invece nelle forme ordinarie del dibattimento - possono solo sollecitare in virtù del rinvio dell'art. 443, comma 4, cod. proc. penumero all'art. 599 cod. proc. penumero e, quindi, al comma 3 di questo articolo, che a sua volta rinvia al successivo art. 603 cod. proc. pen i poteri suppletivi di iniziativa probatoria che spettano al giudice di appello, il cui esercizio è regolato dal rigido criterio dell'assoluta necessità ai fini della decisione tra le altre, Sez. U, numero 93 del 13/12/1995, dep. 29/01/1996, Clarke, Rv. 203427 Sez. 3, numero 7143 del 06/05/1998, dep. 15/06/1998, Zymaj N e altro, Rv. 211216 Sez. 1, numero 36122 del 09/06/2004, dep. 09/09/2004, Campisi, Rv. 229837 Sez. 1, numero 13756 del 24/01/2008, dep. 02/04/2008, Diana, Rv. 239767 Sez. 1, numero 35846 del 23/05/2012, dep. 19/09/2012, PG in proc. Andali, Rv. 253729 . 2.2. Quanto alle conseguenze del mancato esercizio da parte del giudice di appello dei sollecitati poteri officiosi di rinnovazione dell'istruttoria e alla sua traducibilità in un vizio deducibile mediante ricorso per cassazione, questa Corte ha osservato che l'imputato, che presenti richiesta di giudizio abbreviato incondizionato con l'accettazione che il procedimento si svolga sulla base degli elementi istruttori acquisiti al fascicolo del pubblico ministero, né può dolersi della incompletezza di quello trasmesso al G.u.p., per non esservi inseriti altri atti di indagine dichiaratamente concernenti le imputazioni contestate, né, una volta sollecitato il giudice di appello all'assunzione officiosa di nuove prove o alla riassunzione delle prove già acquisite agli atti, può lamentare il mancato esercizio del relativo potere tra le altre, Sez. 6, numero 7485 del 16/10/2008, dep. 20/02/2009, Monetti, Rv. 242905 Sez. 2, numero 25659 del 15/05/2009, dep. 18/06/2009, Marincola e altri, Rv. 244163 . 2.3. Alla stregua di tali condivisi rilievi, non può essere censurata la decisione della Corte di merito che, in un procedimento svoltosi nelle forme del chiesto giudizio abbreviato non condizionato, dopo il rigetto da parte del G.u.p. della iniziale richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'espletamento di perizia medico-legale, ha rigettato con ordinanza del 22 febbraio 2012 la sollecitazione all'esercizio del potere d'ufficio di disporre la rinnovazione, rilevando coerentemente la carenza del requisito dell'assoluta necessità, ai sensi dell'art. 603, comma 3, cod. proc. penumero , che potesse giustificarlo e introducendo, a conforto dell'opposto diniego, anche il riferimento alla pregressa disponibilità delle lettere da parte dell'imputato, che non le aveva prodotte, e il riferimento ai dati tecnici in atti tratti dalle consulenze di entrambe le parti, rappresentanti l'accusa e la difesa, e ha evidenziato in positivo, con la sentenza impugnata conformandosi ai parametri della valutazione - demandatale per legge - in ordine alla sussistenza di elementi sufficienti per decidere, la sufficiente consistenza del materiale disponibile e la concludente idoneità dello stesso allo svolgimento delle occorrenti valutazioni critiche in vista della decisione finale quanto alla responsabilità dell'imputato. 2.4. In tale contesto sono prive di alcuna fondatezza le censure svolte dal ricorrente, che, eccependo formalmente non opponibili profili di violazione di legge e di vizio di motivazione e attingendo inammissibilmente nel merito le svolte valutazioni in vista di una diversa prospettazione valutativa e di una alternativa ricostruzione e interpretazione dei fatti, confermano sostanzialmente la fondatezza delle ragioni espresse dalla Corte di assise di appello, e in particolare la disponibilità delle lettere, indicate come inviate al medesimo ricorrente, detenuto, da V.C. prima del suo decesso, antecedente alla celebrazione del giudizio di primo grado, e quindi alla scelta del rito abbreviato, non condizionato alla loro acquisizione, e la insussistenza del requisito dell'assoluta necessità, contrapposto alla rilevata completezza del materiale disponibile e alla non ravvisata sussistenza dell'indicato requisito, rientrando la valutazione critica delle prove e delle eventuali divergenze tra testi e consulenti e la verifica della concludenza del risultato probatorio nell'attività giudiziaria, svolta dal Giudice di primo grado e da svolgersi in secondo grado. 2.5. Consegue la manifesta infondatezza degli indicati motivi. 3. All'esame delle censure che attengono al merito della decisione, svolte con il terzo e il quarto motivo indicati in ricorso come secondo e terzo , e che denunciano sotto vari aspetti la carenza, la logicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza, deve premettersi il richiamo, in via generale, come criterio metodologico, alla condivisa costante giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione deve essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, e di procedere alla rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944, e, tra le successive conformi, da ultimo Sez. 6, numero 29263 del 08/07/2010, dep. 26/07/2010, Capanna e altro, Rv. 248192 . Non integrano, infatti, manifesta illogicità della motivazione come vizio denunciatale in questa sede, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali, né la diversa ricostruzione degli atti ritenuta più logica, né la minima incongruenza, né la mancata confutazione di un'argomentazione difensiva. 3.1. L'illogicità della motivazione deve, invece, consistere in carenze logico - giuridiche, risultanti dal testo del provvedimento impugnato ed essere evidenti, e cioè di spessore tale da essere percepibili ictu oculi , restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive, che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata Sez. U, numero 16 del 19/06/1996, dep. 22/10/1996, Di Francesco, Rv. 205621 Sez. U, numero 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv. 214794 Sez. U, numero 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216260 Sez. U, numero 47289 del 24/09/2003 dep. 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074, e, tra le plurime successive conformi, Sez. 3, numero 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010, Merja, Rv. 248698 , poiché, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di avere tenuto presente ogni fatto decisivo, senza lasciare spazio a una valida alternativa tra le altre, Sez. 4, numero 1149 del 24/10/2005, dep. 13/01/2006 Mirabilia, Rv. 233187 Sez. 2, numero 18163 del 22/04/2008, dep. 06/05/2008, Ferdico, Rv. 239789 Sez. 2, numero 33577 del 26/05/2009, dep. 01/09/2009, Bevilacqua, Rv. 245238 Sez. 6, numero 20092 del 04/05/2011, dep. 20/05/2011, Schowick, Rv. 250105 . Un vizio motivazionale per essere stati trascurati o disattesi elementi di valutazione, è, invece, configurabile, anche alla luce della nuova formulazione dell'art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. penumero , che consente un sindacato esteso a quelle forme di patologia del discorso giustificativo riconoscibili solo all'esito di una cognitio facti ex actis , nel contesto della categoria logico-giuridica del travisamento della prova, quando il dato processuale/probatorio trascurato o travisato, oggetto di analitica censura chiaramente argomentata, abbia una essenziale forza dimostrativa, secondo un parametro di rilevanza e di decisività ai fini del decidere, tale da disarticolare effettivamente l'intero ragionamento probatorio e da incidere sulla permanenza della sua resistenza logica, rimanendo, in ogni caso, esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una rilettura e reinterpretazione nel merito del risultato probatorio, da contrapporre alla valutazione effettuata dal giudice di merito tra le altre, Sez. 6, numero 14624 del 20/03/2006, dep. 27/04/2006, Vecchio, Rv. 233621 Sez. 1, numero 8094 del 11/01/2007, dep. 27/02/2007, Ienco, Rv. 236540 Sez. 1, numero 35848 del 19/09/2007, dep. 01/10/2007, Alessandro, Rv. 237684 Sez. 3, numero 39729 del 18/06/2009, dep. 12/10/2009, Belluccia, Rv. 244623 Sez. 5, numero 18542 del 21/01/2011, dep. 11/05/2011, Carone, Rv. 250168 . 3.2. Poste tali premesse di ordine metodologico, si osserva che le censure oggetto del terzo motivo sono correlate, nel contesto della dedotta nullità della sentenza per vizio di motivazione, ai rilievi svolti in merito alla omessa o errata valutazione del materiale probatorio quanto ai costituti testimoniali in atti , e in particolare alle testimonianze di V.R. , di B.B. e di V.S. , in dipendenza del sussistente e decisivo contrasto tra il ragionamento probatorio della Corte di merito e le risultanze delle prove testimoniali, in presenza di incongruenze, evidenziate dalla difesa, tra le dichiarazioni rese nel tempo dallo stesso teste e tra le dichiarazioni rese da testi diversi, inadeguatamente, illogicamente e contraddittoriamente analizzate e valutate alla pari dell'attendibilità degli stessi testi. 3.3. La infondatezza di tali censure consegue al rilievo che la valutazione corretta e organica delle risultanze processuali è stata compiutamente condotta con la sentenza impugnata secondo un iter logico che, sviluppatosi in stretta ed essenziale correlazione con lo sviluppo decisionale della sentenza di primo grado, con lo stesso formando un unico complesso corpo argomentativo tra le altre, Sez. U, numero 6682 del 04/02/1992, dep. 04/06/1992, P.M., p.c., Musumeci e altri, Rv. 191229 Sez. 1, numero 17309 del 0/03/2008, dep. 24/04/2008, Calisti e altri, Rv. 240001 , ha fornito, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle emergenze probatorie, criticamente analizzate, una esauriente e persuasiva ricostruzione dei dati fattuali concernenti la vicenda e delle fonti di prova, logicamente dando conto degli itinerari interpretativi percorsi e rappresentando le ragioni significative della decisione adottata, a fronte del compiuto vaglio delle deduzioni difensive fatte oggetto dei motivi d'appello. La Corte di merito, infatti, che ha richiamato le emergenze probatorie e tecniche acquisite agli atti che ha diffusamente illustrato sintetizzati sub 4.1. e 4.3. del ritenuto in fatto , ha ripercorso, con ragionevole approccio logico, facendone oggetto di specifica disamina, il contenuto delle dichiarazioni rese, in occasione delle loro successive assunzioni, dalle persone presenti sui luoghi e al momento dell'investimento della vittima, sottoponendo ad analisi valutativa la loro attendibilità, comparandole tra loro, raffrontandole con quelle rese dallo stesso imputato, e ponendole in coerente correlazione con le conclusioni della consulenza tecnica. In questo percorso, la Corte, che non ha omesso di confrontarsi con ciascuna osservazione e obiezione difensiva e di fornire argomentate risposte attinte dalla contestuale analisi critica delle dichiarazioni testimoniali, che hanno sorretto i singoli passaggi argomentativi, ha ragionevolmente sottolineato che le incongruenze dedotte dalla difesa con i motivi di appello erano valutabili in termini di marginalità rispetto agli elementi essenziali del fatto, che, invece, avevano trovato supporto concludente nelle contestate prove dichiarative e nei rilievi tecnici, di fronte ai quali era soccombente la versione difensiva dell'imputato circa l'investimento accidentale della vittima, e che sostenevano una ricostruzione logica della scena e della dinamica dell'investimento sintetizzata sub 4.2. del ritenuto in fatto . 3.4. Si tratta di valutazioni congrue, che, fondandosi su dati coerenti con le risultanze processuali e informandosi al principio di completezza nella valutazione di tutti i dati fattuali e logici, rappresentano, in modo ragionevole rispetto al fine del provvedimento, le ragioni giuridicamente significative, di carattere necessariamente unitario e globale, della decisione di conferma dell'apprezzamento conclusivo della responsabilità fatto in primo grado. Gli argomenti svolti dal ricorrente, che oppone un modello alternativo di ragionamento, ripercorrendo in diversa veste il contenuto delle deduzioni svolte con l'atto di appello e ricorrendo alla scelta metodologica di contrapporre o sovrapporre le osservazioni difensive ai vari passaggi motivazionali della sentenza, si pongono, invadendo il campo della discrezionalità nelle valutazioni di merito delle risultanze probatorie, come censure sul significato e sulla interpretazione di alcuni degli elementi probatori utilizzati in giudizio e come prospettazioni di dissenso rispetto alla valutazione del risultato probatorio, nell'ottica di impegnare questa Corte in una non consentita revisione in fatto dell'oggetto delle analisi svolte e delle conclusioni raggiunte nel giudizio di merito. Né il ricorrente, che prospetta contraddizioni interne ed esterne della motivazione, identifica gli elementi fattuali o i dati probatori emergenti da atti processuali non esaminati, e neppure allegati o interamente ritrascritti, non avendo questa Corte accesso a essi, e neppure indica le ragioni per cui essi sarebbero tali da compromettere la tenuta informativa e logica della motivazione e da essere incompatibili con l'operata ricostruzione dei fatti e della responsabilità da ultimo, sez. 6, numero 45036 del 02/12/2010, dep. 22/12/2010, Damiano, Rv. 249035 . 4. Sono destituite di fondamento anche le deduzioni che attengono alla contestata sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di omicidio. 4.1. La Corte di merito, esaminando la ricostruzione di tale requisito operata dal G.u.p., ha condiviso la conclusione cui era pervenuta la sentenza di primo grado, che, nei precisati termini, anche di legittimità, non oggetto di obiezioni difensive, aveva ravvisato il dolo di omicidio nella forma del dolo alternativo, inducendo la prova certa della rappresentazione e accettazione di ledere ovvero uccidere, quindi volontarietà dell'azione omicidiaria da fatti certi modalità dell'azione e comportamento successivo tenuto dal ricorrente , specificamente indicati, e ha ritenuto che gli stessi, richiamati e ulteriormente circostanziati, erano concordanti e dimostrativi della volontarietà impropriamente qualificata intenzionalità dell'investimento della vittima. Nella svolta analisi la Corte come sintetizzato sub 4.4. e 4.5. del ritenuto in fatto ha coerentemente illustrato le circostanze evidenziate dalla consulenza tecnica del Pubblico Ministero, e, in particolare, la velocità dell'auto del ricorrente, stimata in dieci-quindici kmh, in rapporto alle circostanze e alle modalità della manovra e alla massa della stessa auto ha congruamente richiamato le indicazioni date dalle prove dichiarative, concordi nella descrizione della brusca manovra di retromarcia innestata dal ricorrente, con partenza da fermo, in forte accelerazione verso il vialetto di accesso nel cortile, e nella rappresentazione della seconda retromarcia iniziata dallo stesso subito dopo e del comportamento tenuto dal medesimo nei confronti della vittima ha logicamente rilevato la particolare situazione psicologica del ricorrente nel momento dell'azione, inducente al diverso inquadramento del movente rispetto all'analisi operatane in primo grado ha preso in esame singolarmente le deduzioni difensive, afferenti all'incerto avvistamento da parte del ricorrente della vittima alle proprie spalle, alle condizioni di luce e di illuminazione del luogo, alla compatibilità del comportamento post factum con la volontà omicida, alla possibilità alternativa dell'utilizzo di una mazza da spaccalegna ha reso, nell'analitico confronto con le stesse, risposte argomentate e logiche, e, sottolineando la prontezza e l’effetto sorpresa della manovra, la elevatissima pericolosità dell'azione e il riscontro dato alla sicura intenzionalità dell'investimento dalla seconda retromarcia innestata, dalla successiva manovra intrapresa con la stessa auto e dalle azioni, dai gesti e dalle parole, che hanno connotato il comportamento successivo del ricorrente, ha ritenuto conclusivamente che la valutazione degli emersi elementi oggettivi consentiva di ritenere accertato l'elemento soggettivo dell'omicidio volontario nei termini già rilevati di dolo alternativo. 4.2. Le deduzioni difensive in ordine al non condiviso individuato movente e alla refluenza della sua incerta individuazione sulla valutazione dell'elemento psicologico, circa la incapacità espressa da V.C. di pronunciarsi sulla volontarietà dell'investimento, e con riguardo alla valenza della seconda manovra di retromarcia e alle considerazioni formulate in merito al comportamento successivo al fatto, esprimono - mentre spostano infondatamente l'attenzione su rilievi non incidenti sulla ricostruzione dell'elemento psicologico correttamente e logicamente operata in linea con gli arresti di questa Corte, senza correlarsi criticamente con la stessa - censure invasive di analisi fattuali e di interpretazioni, non illogiche, di merito, non legittimamente rappresentabili in questa sede. 4.3. L'analisi svolta, che ha ravvisato la volontà omicida escludendo la imputazione soggettiva a diverso titolo colposo come prospettato, o preterintenzionale come, inammissibilmente, dedotto solo in questa sede , è anche del tutto coerente con l'esatta interpretazione e applicazione del principio per cui il giudice pronuncia condanna al là di ogni ragionevole dubbio, lo stesso imponendo al giudice, per costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte tra le altre, Sez. 4, numero 48320 del 12/11/2009, dep. 17/12/2009, Durante, Rv. 245879 Sez. 1, numero 17291 del 03/03/2010, dep. 11/05/2010, Giampa, Rv. 247449 Sez. 1, numero 41110 del 24/10/2011, dep. 11/11/2011, PG in proc. Javad, Rv. 251507 , un metodo dialettico di verifica dell'ipotesi accusatoria secondo il criterio del dubbio e comportando che la verifica dell'ipotesi accusatoria da parte del giudicante deve essere effettuata in maniera da evitare la sussistenza di dubbi interni l'autocontraddittorietà o la sua incapacità esplicativa o esterni alla stessa l'esistenza di una ipotesi alternativa dotata di razionalità e plausibilità pratica , come è avvenuto nel caso di specie. 5. È infondata la censura, oggetto dell'ultimo motivo del ricorso, che riguarda il trattamento sanzionatorio nella parte relativa alla quantificazione della pena e al diniego delle attenuanti generiche. 5.1. La sentenza impugnata ha, infatti, esplicitato, dopo le determinazioni in punto responsabilità, le ragioni che giustificavano la scelta giudiziale, e, in particolare, quanto alla entità della pena base, determinata in anni ventuno, ha richiamato la gravità dell'azione delittuosa e il grado di intensità del dolo, pur nella indicata forma alternativa, e, quanto alla confermata esclusione delle attenuanti generiche, ribadita la gravità della condotta, ha valorizzato i precedenti numerosi e specifici che hanno comportato la contestazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale e l'applicazione del relativo aumento , la natura degli altri addebiti oggetto della pronuncia di condanna, non appellata sul punto, la personalità del ricorrente incline alla violenza, sintomatica di elevata pericolosità, e il comportamento anche processuale dallo stesso tenuto. 5.2. Tale valutazione, attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente e anche coerentemente al principio di diritto secondo il quale l'onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente, né in tema di attenuanti generiche Sez. 1, numero 33506 del 07/07/2010, dep. 13/09/2010, P.G. in proc. Biancofiore, Rv.247959 , né in materia di determinazione della pena Sez. 2, numero 36425 del 26/06/2009, dep. 18/09/2009, Denaro, Rv. 245596 , l'esame di tutti i parametri fissati dall'art. 133 cod. penumero , si sottrae alle censure mosse, che sono infondate laddove non considerano le modalità di determinazione della pena e l'incidenza che l'aumento obbligatorio di un terzo per la riconosciuta recidiva e l'aumento per la continuazione con i restanti reati hanno avuto sulla pena base, pari al minimo edittale sono generiche nella parte in cui si dolgono del diverso trattamento sanzionatorio adottato per altre, non assimilabili, ipotesi di omicidio, e corrispondono a valutazioni alternative di merito, non traducibili in censure di legittimità, laddove reclamano la rilettura in fatto degli elementi attinenti al contestato reato, all'atteggiamento soggettivo del suo autore e al comportamento tenuto nei confronti dei famigliari della vittima. 6. Alla luce delle svolte considerazioni, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Al rigetto del ricorso segue per legge, in forza del disposto dell'art. 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il ricorrente deve essere condannato anche alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili nel grado, che si liquidano, in favore di quelle difese dall'avv. Capra S.A. , Ce.Ce. , S.M. e S.L. nella somma di Euro 3.000,00 tremila , oltre accessori di legge, e in favore di quelle difese dall'avv. Chicco V.R. , in proprio, e lo stesso V.R. e S.E. , quali eredi di V.C. nella somma di Euro 2.800,00 duemilaottocento , oltre accessori di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili, che liquida in 3.000,00 in favore di quelle difese dall'avv. Capra, oltre accessori di legge, in Euro 2.800,00 per quelle difese dall'avv. Chicco, oltre accessori di legge.