Risponde di favoreggiamento il poliziotto che convince il commerciante a non denunciare la richiesta di ‘pizzo’

Il sovrintendente di Polizia, a prescindere dalla funzione in concreto svolta, possiede la qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria, con conseguente obbligo di rapporto, qualunque sia la modalità di acquisizione della notizia di reato perseguibile di ufficio. La violazione dell’obbligo di rapporto, da parte del medesimo, implica pertanto ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. una condotta omissiva di oggettiva portata favoreggiatrice, idonea ad integrare la fattispecie di cui all’art. 378 c.p

Questo il principio affermato dalla VI Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 51508 del 19 dicembre 2013. Il delitto di favoreggiamento personale. Come noto e richiamato anche nell’ incipit della sentenza che si annota, ai fini della configurabilità del reato di favoreggiamento, è sufficiente che sia stata posta in essere un’azione diretta ad aiutare taluno ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche dell’Autorità, mentre non è necessario che detta azione abbia realmente raggiunto l’effetto di ostacolare le investigazioni o intralciare le ricerche, e nessun rilievo assume, dunque, l’ininfluenza concreta del comportamento dell’agente sull’esito delle indagini. Nel delitto di favoreggiamento personale, inoltre, l'aiuto richiesto per la configurazione del reato riguarda, secondo giurisprudenza consolidata, ogni condotta, anche omissiva, come il silenzio, la reticenza, il rifiuto di fornire notizie avente ad oggetto il risultato di consentire all'autore di un delitto di eludere le investigazioni dell'autorità. Il favoreggiamento personale è dunque reato a forma libera in cui la condotta può configurarsi sia come commissiva, che omissiva ai sensi dell’articolo 40, comma 2, c.p Come noto tale impostazione è contestata dalla dottrina prevalente che evidenzia come l’utilizzo della locuzione aiuta” implichi la necessità di una condotta attiva e comunque difetta, nella impostazione giurisprudenziale, l’individuazione di una norma specifica che imponga il raggiungimento del risultato positivo impedito”. Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, infine, i delitti di favoreggiamento, personale o reale, sono costituiti esclusivamente dalla presenza della volontà di aiutare l’autore di un reato a frustrare l’attività di investigazione o di ricerca dell’autorità ovvero ad assicurarsi il prodotto, o il prezzo o il profitto della sua attività criminosa, volontà che è incompatibile con la finalità di perseguimento di un ulteriore profitto, per sé o per altri. Il caso. Intercettazioni ambientali davano precisa contezza che un sovrintendente della Polizia di Stato, al di fuori dell’orario di servizio, aveva appreso, in via confidenziale, da un commerciante che costui era vittima di ripetute richieste di pagamento del pizzo” e spendendo parole benevole verso l’associazione criminale lo aveva convinto a non presentare denuncia. Il Tribunale del Riesame aveva annullato l’ordinanza che aveva originariamente disposto gli arresti domiciliari, evidenziando come non essendo il poliziotto in servizio, costui non era gravato da obbligo di denuncia ed in conseguenza non poteva esservi condotta omissiva penalmente rilevante e dunque tale da integrare il favoreggiamento personale contestato dalla Procura della Repubblica. Avverso la pronuncia del Tribunale della Libertà presenta ricorso il Procuratore Generale, sulla base del rilievo che il sovrintendente di Polizia ha la qualifica di Ufficiale di Polizia Giudiziaria e dunque deve, anche fuori dal servizio, osservare i doveri inerenti alla sua funzione, con la conseguenza che, a prescindere dalle concrete modalità di acquisizione della notizia, lo stesso era tenuto al rapporto alla A.G I giudici della Suprema Corte, premesso che, come nell’ incipit di questo breve scritto si è anticipato, il delitto di favoreggiamento è reato di pericolo ed a condotta libera, chiariscono come la questione di specie possa e debba essere risolta non accentrando l’attenzione sugli elementi caratterizzanti il delitto di favoreggiamento, quanto sulla sussistenza – negata dal Tribunale del Riesame – di un obbligo di rapporto da parte dell’agente di P.G. anche al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni. Richiamato il dettato dell’art. 361, comma 2, c.p., che per costante giurisprudenza e dottrina, sancisce la punibilità dell’omissione di rapporto laddove connessa alla notizia di reato appresa dall’agente o dall’ufficiale di polizia giudiziaria, qualunque sia la modalità di acquisizione di detta notizia, essendo rimessa agli esercenti tali funzioni anche l’acquisizione della notizia di reato su iniziativa diretta, la conclusione pare necessitata l’omissione realizzata ha concretizzato un aiuto agli agenti a sottrarsi alle investigazioni e come tale è idonea a configurare il delitto contestato, nella forma omissiva, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. Omessa denuncia e favoreggiamento concorso di reati? Resta aperta la questione, invero non affrontata nella pronuncia in esame, se allorchè, come accaduto in tale caso, la omissione di denuncia venga compiuta per aiutare taluno ad eludere le investigazioni, il delitto di cui all’art 361 comma 2 c.p. concorra o meno con il delitto di favoreggiamento personale. Infatti, secondo parte autorevole della dottrina, qualora il fatto sia commesso con il dolo del delitto di favoreggiamento si configura un concorso apparente di norme, in quanto l’omessa o ritardata denuncia è uno dei modi in cui può commettersi il delitto di favoreggiamento personale e quindi ne è elemento costitutivo. Non dunque di concorso di reati si tratterebbe, ma di concorso apparente di norme con conseguente applicabilità della sola fattispecie più grave ed assorbente o consumante di cui all’art. 378 c.p. Contro tale argomento, tuttavia, altra parte della dottrina, seguita dalla giurisprudenza, evidenzia come i due delitti siano offensivi di interessi giuridici diversi, come risultante dal fatto che il delitto di favoreggiamento ben possa commettersi anche con condotte diverse e sinanche commissive. Secondo tale impostazione deve escludersi che fra dette norme esista un rapporto di specialità ovvero di consunzione o di sussidiarietà, con la conseguenza che i due reati ben possono concorrere.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 - 19 dicembre 2013, numero 51508 Presidente Garribba – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 07/06/2013 il Tribunale di Palermo ha accolto l'istanza di riesame proposta nell'interesse di F.G. avverso il provvedimento di applicazione della misura degli arresti domiciliari disposta nei suoi confronti dal Gip del Tribunale di quella città, in relazione al delitto di favoreggiamento aggravato ai sensi dell'articolo 7 d.l. 13 maggio 1991 numero 152, annullando il provvedimento. 2. Ha proposto ricorso il P.m. presso il Tribunale di Palermo deducendo violazione di legge con particolare riferimento alla norma incriminatrice di cui all'articolo 378 cod.penumero . In fatto l'imputazione era stata generata dal contenuto di una intercettazione ambientale, nel corso della quale il F. , rappresentate delle forze dell'ordine, risultava convincere tale A.S. , titolare di un esercizio commerciale, che gli riferiva delle pretese commerciali rivoltegli per l'utilizzo di specifiche macchine per il caffè e l'installazione nel suo esercizio di videopoker, a sottoporsi alla pratica del versamento del pizzo riconosciuto da tutti coloro i quali esercitavano attività economiche nella stessa zona, suggerendogli di cercare a tal fine un intermediario. Si deduceva dal contesto della conversazione che l'interessato, oltre a non prospettare alla vittima di rivolgersi alle autorità, forniva una lettura benevola delle attività illecita svolta dalla compagine associativa, dimostrando così il dolo diretto nell'agevolazione dell'azione di questa. Il complesso di tali affermazioni escludeva, secondo il ricorrente, che nella condotta del F. potesse ravvisarsi sono la necessità di tutelare il suo interlocutore, esplicitando a questi l'effettivo contenuto della richiesta formulatagli e la forza dei suoi contradditori. Si osserva inoltre che la conversazione si inseriva nel contesto di solidi legami dell'indagato con i componenti del mandamento di P. . Il complesso dell'attività svolta dal F. a seguito delle richieste della parte offesa sul tentativo di estorsione ha avuto l'effetto di concretizzare un'iniziativa volta tutelare gli interessi dell'articolazione territoriale mafiosa di quella zona. Alla luce di tale circostanza di fatto si contesta l'assunto sulla base del quale sembra essersi mosso il Tribunale, che ha ritenuto necessario provare l'omissione della denuncia da parte dell'appartenente alla polizia per integrare il delitto contestato, in quanto nella specie è stata contestata non omessa denuncia ma il diverso delitto di favoreggiamento, reato di pericolo di natura istantanea, per la cui consumazione risulta irrilevante sia la capacità di intralciare il corso della giustizia, che lo scopo perseguito dall'agente. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Deve preliminarmente osservarsi che, malgrado la forma libera della condotta integrante il favoreggiamento, e la sua natura di reato di pericolo, nella specie, ove il reato di estorsione era in corso di esecuzione, solo l'individuazione di un obbligo giuridico di intervento dell'agente, correlato alla sua qualità di esponente della polizia giudiziaria, e pertanto tenuto ad inoltrare la denuncia, consente di inquadrare i fatti nel reato prospettato, potendo in assenza di tale obbligo di intervento intendersi l'azione compiuta -sostanziatasi nel chiarimento delle richieste illecite formulate, e nel consiglio di aderirvi - come realizzata in un'ottica di esecuzione del proposito crimonoso ed astrattamente configurarsi come concorso nel tentativo di estorsione. Invero il consiglio formulato, prima ancora che essere mirato a consentire l'elusione delle investigazioni, proposito rilevante solo per effetto della natura dell'attività svolta dall'agente, risulterebbe muoversi in conformità al proposito criminoso avuto di mira dagli estorsori. La condotta favoreggiatrice, sia pure espressa nella forma libera ipotizzata dalla disposizione incriminatrice, può concretizzare l'azione di ostacolo alle indagini contestata solo in considerazione della natura dell'attività professionale del F. , che produce la punibilità dell'omissione compiuta, identificabile nella mancata presentazione della denuncia, solo in presenza di un obbligo giuridico di intervento, secondo il criterio generale stabilito dall'articolo 40 cod. penumero . In tal senso non può condividersi la conclusione raggiunta dal Tribunale del riesame, che ha fondato la sua decisione sulla possibilità di scindere i due aspetti, occupandosi incidentalmente, per escluderlo, del reato di omissione di denuncia, in ragione della sua ritenuta autonomia in senso contrario nella specie tale autonomia non sussiste, potendo, in ragione del tipo di intervento realizzato, limitato ad un consiglio, ravvisarsi favoreggiamento solo ipotizzando l'esistenza dell'obbligo giuridico di intervento. Ciò in quanto l'omissione era suscettibile di evidenziare l'univoca volontà di aiutare gli esecutori del delitto di estorsione in corso di realizzazione a sottrarsi alle investigazioni, elemento essenziale del reato contestato, per la correlazione all'attività obbligatoria demandata all'interessato in conseguenza della sua attività. In proposito il Tribunale ha escluso la configurabilità dell'obbligo di denuncia, negando la qualifica di ufficiale o agente di p.g. al F. , sulla base di precedenti di questa Corte. In senso contrario deve evidenziarsi che l'articolo 39 della L. 1 aprile 1981, numero 121 espressamente specifica che agli appartenenti al ruolo degli agenti della Polizia di Stato è attribuita la qualità di agente di pubblica sicurezza e di agente di polizia giudiziaria. Agli appartenenti al ruolo dei sovraintendenti, al ruolo degli ispettori, ed alla qualifica più elevata del ruolo degli assistenti è attribuita la qualità di agente di pubblica sicurezza e quella di ufficiale di polizia giudiziaria mentre l'articolo 68 della medesima legge specifica che Gli appartenenti ai ruoli dell'amministrazione della pubblica sicurezza sono comunque tenuti, anche fuori dal servizio, ad osservare i doveri inerenti alla loro funzione . Conseguentemente, pacifico l'inquadramento del F. nel corpo della Polizia di Stato, questi, al di là delle funzioni nel concreto svolte, possedeva la funzione di agente o ufficiale di polizia giudiziaria ed era pertanto tenuto all'intervento anche ove, come nella specie, sia venuto a sapere della richiesta formulata ad A. nel corso di una conversazione informale e non nello svolgimento della sua attività d'ufficio, in conformità a quanto espressamente previsto dall'articolo 361 comma 2 cod. penumero che sancisce la punibilità dell'omissione di rapporto ove connessa alla notizia di reato appresa dall'agente o ufficiale di polizia giudiziaria, qualunque sia la sua modalità di acquisizione, essendo rimessa agli esercenti di tali funzioni anche l'acquisizione della notizia su iniziativa diretta. La diversa decisione di questa Corte citata nel provvedimento impugnato Sez. 6, Sentenza numero 15923 del 05/03/2013, dep. 05/04/2013, imp. Di Mauro, Rv. 254707 , dei cui principi interpretativi si ritiene operare un' applicazione nella specie, si riferisce al caso, del tutto differente, di omissione di denuncia dell'appartenente alla Polizia di Stato di reato commesso in suo danno, in cui la condizione di vittima del reato non consentiva di trarre dalla consumata omissione, la sicura finalità di agevolazione del reo per contro, in senso opposto a quanto argomentato, in quel contesto è stata esclusa la configurabilità del favoreggiamento, sotto l'aspetto della finalità della condotta, non dell'obbligo di denuncia, valutazione concreta sulla quale, in senso contrario, in quel giudizio è stato sollecitata, con il disposto annullamento, la valutazione del giudice di merito. L'inquadramento richiamato rifluisce necessariamente sulla configurabilità concreta del delitto di favoreggiamento, atteso che l'omissione realizzata, malgrado l'immediata configurazione all'indagato dell'accaduto quale specifica ipotesi di reato, resa evidente dalle espressioni usate da questi nel corso dell'incontro, nell'occasione del quale l'agente esplicito al suo interlocutore proprio il senso delle richieste formulategli, ha concretizzato un aiuto agli agenti a sottrarsi alle investigazioni, inibendone lo svolgimento in relazione allo specifico oggetto, sia nell'immediato, sia, con l'indicazione fornita alla vittima di soggiacere alle richieste per la predominanza in fatto dei richiedenti, anche per futuro. 3. Sulla base delle considerazioni esposte deve ravvisarsi la violazione di legge denunciata con il proposto ricorso, individuabile nell'esclusione dei gravi indizi del reato di favoreggiamento, avvenuta sulla base del disconoscimento dell'obbligo giuridico di attivazione dell'interessato, per la sua qualifica professionale, che deve invece ritenersi sussistente in forza della ricostruzione normativa richiamata, inattività la cui oggettiva portata favoreggiatrice deriva dalla potenzialità dell'omissione a produrre intralcio al corso della giustizia e la cui natura cosciente e volontaria è idonea ad identificare il dolo nel reato contestato, generico, consistente nella consapevolezza dell'utilità derivante agli autori del reato da tale omissione. 4. Ritenuta, per i motivi esposti, l'astratta configurabilità del reato contestato nella fattispecie, annullato il provvedimento impugnato, deve rimettersi alla valutazione del giudice di merito la sussistenza nel concreto degli ulteriori elementi concreti legittimanti la misura imposta. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.