Agenzia vende immobile a prezzo superiore a quello richiesto: ignari acquirenti raggirati da un “malizioso silenzio”

Gli artifici e i raggiri richiesti per la sussistenza del reato di truffa contrattuale possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere e tali per cui, ove conosciute, avrebbero indotto l’altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 51136 del 18 dicembre 2013. Il fatto. Il Tribunale di Genova condannava per truffa aggravata il titolare di un’agenzia immobiliare e la sua collaboratrice in quanto, avendo ricevuto mandato per la vendita di un immobile, avevano raggirato gli acquirenti, comunicando un prezzo più alto di quello richiesto dalla venditrice e ponendo a loro carico una provvigione. La Corte d’Appello di Genova assolveva entrambi gli imputati perché il fatto non sussiste la truffa era stata tentata soltanto in danno della venditrice e, per quanto riguardava la provvigione, un’ipotetica condizione contrattuale non potrebbe costituire artificio o raggiro. Ricorrono per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale e il difensore delle parti civili quest’ultimo fa notare come il titolare dell’agenzia era tenuto a una puntuale informativa di tutte le notizie relative alla valutazione e alla sicurezza dell’affare. Estremi del reato di truffa. Il raggiro sarebbe consistito nel chiedere un prezzo maggiore rispetto a quello della venditrice. Anche riguardo alla provvigione non era stato riferito il reale accordo intervenuto con la parte venditrice. I ricorsi sono fondati gli artifizi o i raggiri richiesti per la sussistenza del reato di truffa contrattuale possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, indipendentemente dal fatto che dette circostanze siano conoscibili dalla controparte con ordinaria diligenza. Deve trattarsi di elementi e dati che, ove conosciuti, avrebbero indotto l'altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto. D’altro canto gli imputati, trascendendo l'incarico di mediazione hanno stipulato distinti contratti preliminari, uno con la venditrice ed uno con gli acquirenti, tutti indotti in errore dal silenzio serbato o dalla falsa rappresentazione delle circostanze di fatto. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 – 18 dicembre 2013, n. 51136 Presidente Petti – Relatore Davigo Ritenuto in fatto Con sentenza del 12.11.2009, il Tribunale di Genova dichiarò B.R. e Z.G. responsabili del reato di truffa aggravata commessa il omissis e - concesse le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante - condannò ciascuno alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 300,00 di multa. Gli imputati furono condannati in solido al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio ed alla rifusione delle spese a favore delle parti civili G.S. e O.R. . Secondo il Tribunale Z. , titolare dell'agenzia immobiliare DAIMM e la B., collaboratrice del predetto, dopo che T.M. , proprietaria dell'immobile sito in omissis , aveva conferito mandato alla citata agenzia di vendere tale immobile al prezzo di Euro 1.100.000,00, con raggiri consistiti nel dichiarare falsamente a G.S. e O.R. , che il prezzo non trattabile richiesto dalla T. era di Euro 1.200.000,00 con provvigione posta a carico della parte acquirente, avevano indotto G. ed O. a stipulare un contratto preliminare alle menzionate condizioni, dopo aver lo Z. stipulato altro contratto a prezzo inferiore Euro 1.050.000,00 con la T. . Avverso tale pronunzia gli imputati proposero gravame e la Corte d'appello di Genova, con sentenza del 30.1.2013, in riforma della decisione di primo grado, assolse entrambi gli imputati perché il fatto non sussiste. Secondo la Corte d'appello la truffa era stata tentata soltanto in danno della T. e non delle parti civili, dal momento che ben poteva il mediatore trovare un acquirente disposto a pagare un prezzo più elevato. Quanto all'aver posto a carico delle parti acquirenti la provvigione, un'ipotetica condizione contrattuale non potrebbe costituire artificio o raggiro. Ricorrono per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale ed il difensore delle parti civili. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Genova deduce violazione di legge in quanto la Corte territoriale avrebbe errato nel separare la truffa in danno della parte venditrice da quella commessa in danno degli acquirenti nel ritenere la libera determinazione delle parti in ordine al prezzo giacché se la volontà era viziata da errore non poteva esserci autodeterminazione nel ritenere che se i mediatori si fossero comportati correttamente il contratto si sarebbe concluso alle medesime condizioni nel ritenere legittimo l'addebito delle provvigioni solo alla parte acquirente nel ritenere che gli acquirenti comunque stipularono il rogito alle medesime condizioni frutto di inganno anche dopo che dell'inganno vennero a conoscenza il dolo incidente comporta l'annullamento del contratto solo se ha inciso sulle condizioni dello stesso la parte vittima del dolo può solo chiedere il risarcimento a controparte se ne fosse stata a conoscenza, ma nel caso di specie la parte venditrice era inconsapevole. La malafede degli imputati sarebbe provata dal fatto che evitarono di far incontrare le parti. Il difensore delle parti civili deduce violazione di legge in quanto Z. , ai sensi dell'art. 3 legge n. 39/1989 e dell'art. 1759 cod. civ. era tenuto ad una puntuale informativa ad entrambe le parti di tutte le notizie relative alla valutazione e sicurezza dell'affare. I raggiri possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato pur se l'obbligo di dichiarare derivi da una norma extra penale Cass. Sez. 2 sent. n. 41717 del 14.10.2009 Rv 244952 ed altre citate . Il raggiro sarebbe consistito nell'indicare una richiesta di prezzo maggiore della venditrice. Anche riguardo alla provvigione non era stato riferito il reale accordo intervenuto con la parte venditrice. Neppure sarebbe vero che gli acquirenti potessero tutelarsi in sede civile posto che il dolo del terzo non era noto alla venditrice. Considerato in diritto I ricorsi sono fondati. Gli artifizi o i raggiri richiesti per la sussistenza del reato di truffa contrattuale possono consistere anche nel silenzio maliziosamente serbato su alcune circostanze da parte di chi abbia il dovere di farle conoscere, indipendentemente dal fatto che dette circostanze siano conoscibili dalla controparte con ordinaria diligenza. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 41717 del 14/10/2009 dep. 30/10/2009 Rv. 244952. Fattispecie di tentata truffa in cui il venditore di un immobile aveva taciuto il fatto che il mutuo per l'acquisto dello stesso era stato stipulato da soggetto coinvolto in reato di corruzione con il rischio di possibile confisca per equivalente dell'immobile stesso . Ricorrono gli estremi della truffa contrattuale tutte le volte che uno dei contraenti ponga in essere artifizi o raggiri diretti a tacere o a dissimulare fatti o circostanze tali che, ove conosciuti, avrebbero indotto l'altro contraente ad astenersi dal concludere il contratto. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 32859 del 19/06/2012 dep. 21/08/2012 Rv. 253660 . D'altro canto gli imputati, trascendendo l'incarico di mediazione hanno stipulato distinti contratti preliminari, uno con la venditrice ed uno con gli acquirenti, tutti indotti in errore dal silenzio serbato o dalla falsa rappresentazione delle circostanze di fatto. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Genova per un nuovo giudizio. Il giudice di rinvio provvedere anche sulla richiesta di condanna alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalle parti civili, all'esito del giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Genova per nuovo giudizio, la quale provvedere anche sulla richiesta di rifusione delle spese sostenute dalle parti civili.