Picchia la figlia con una bastone di legno: lesioni aggravate, non percosse

In tema di lesioni personali volontarie, sussiste la circostanza aggravante del fatto commesso con armi, quando l’agente utilizzi oggetti che costituiscono armi improprie, tali essendo tutti quegli strumenti che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui siano portati, possono essere utilizzati quali corpi contundenti ed essere idonei ad offendere la persona. In questi casi, l’azione penale è procedibile d’ufficio.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 50890 del 17 dicembre 2013. Il fatto. Il gup del Tribunale di Reggio Calabria, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava un uomo colpevole di detenzione, porto abusivo e ricettazione di armi e di un bastone di legno e di lesioni personali in danno della figlia, colpita alle gambe con il predetto bastone. Avverso la sentenza d’appello che assolveva l’imputato dal reato di porto abusivo di armi viene proposto ricorso per cassazione, affermando che l’illecito contestato doveva essere derubricato in quello di percosse con la conseguenza che l’azione penale era improcedibile per difetto di querela. Lesioni personali. Pur in assenza di un certificato medico, non c’è dubbio, secondo la Suprema Corte, che il reato da ascrivere all’uomo sia quello di lesioni personali e non di percosse come dimostrato dalle dichiarazione rese dalla figlia, la cui attendibilità non era in discussione, e dagli ematomi conseguenti alle bastonate. Nozione di armi improprie. In tema di lesioni personali volontarie, sussiste la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi, ad esempio un manico di scopa, un pezzo di legno, un randello, tutti oggetti che costituiscono armi improprie secondo la nozione dettata dall'art. 4, co. 2, legge n. 110/1975, il quale annovera nella categoria, non soltanto gli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati, ma anche qualsiasi strumento che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, può essere utilizzato quale corpo contundente ed essere idoneo ad offendere la persona. L’azione penale è procedibile. La doglianza relativa alla mancanza della condizione di procedibilità dell’azione panale per quanto riguarda il delitto di lesioni commesse con un’arma impropria non è fondata, essendo, in tal caso, l’azione procedibile d’ufficio. Non è configurabile, quindi, come sostenuto dal ricorrente, il reato di percosse rispetto al quale l’azione penale era improcedibile per difetto di querela. Il ricorso è, quindi, rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 novembre – 17 dicembre 2013, n. 50890 Presidente Chieffi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa in data 10 marzo 2011 all'esito al giudizio abbreviato, il G.U.P. del Tribunale di Reggio Calabria dichiarava I.F. colpevole dei reati ascrittigli di detenzione e porto abusivi e di ricettazione di un fucile cal. 12 del tipo doppietta con canne mozzate e matricola punzonata, arma clandestina, di porto abusivo di un bastone di legno lungo cm. 85 e di lesioni personali in danno della figlia I.C. , colpita varie volte alle gambe col predetto bastone, che le aveva cagionato degli ematomi, e, unificati i reati nel vincolo della continuazione, lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi nove di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere. 1.1 La Corte di Appello di Reggio Calabria, investita dell'appello proposto dall'imputato, con sentenza del 29 novembre 2011 riformava parzialmente la pronuncia di primo grado ed assolveva l'imputato dal reato ascrittogli al capo E della rubrica di porto abusivo di arma clandestina perché il fatto non sussiste, rideterminando la pena per i residui reati in anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa. 2. Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del suo difensore, il quale ha dedotto con un unico motivo mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al rigetto del secondo motivo di gravame. Con tale censura si era sostenuto l'assenza di prova circa le lesioni aggravate commesse in danno della figlia e la necessità di derubricare l'illecito in quello di percosse, rispetto al quale l'azione penale era improcedibile per difetto di querela, mentre i giudici di appello avevano sostenuto in modo illogico ed incongruo che il motivo si risolveva nella proposizione di un'eccezione processuale di nullità della contestazione per mancata specificazione della durata della malattia, conseguita alla condotta lesiva, eccezione ritenuta intempestiva e sanata dalla richiesta di rito abbreviato avanzata dall'imputato. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va dunque respinto. 1. Il ricorrente contesta la correttezza e congruità logica della motivazione della sentenza impugnata con esclusivo riferimento al rigetto del secondo motivo di appello. Per quanto risponda al vero che con tale gravame si era dedotta l'insussistenza di prova circa le lesioni personali, cagionate alla parte lesa per l'assenza di un certificato medico che le attestasse e, in via subordinata, la più opportuna ed adeguata riconduzione della condotta alla fattispecie di percosse, per la quale era richiesta la condizione di procedibilità della querela, la considerazione delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata smentisce l'assunto difensivo di un'omessa pronuncia sulle questioni sollevate. 1.1 Invero, la Corte territoriale ha rilevato che la materialità della condotta era dimostrata dalle dichiarazioni rese e citate testualmente da I.C. , la quale aveva riferito di essere stata raggiunta dal padre mentre si era trovata all'interno dell'edificio scolastico frequentato dalla propria figlia, intenta ad un colloquio con la dirigente, e di essere stata più volte colpita alle gambe dal padre con un oggetto legnoso, che aveva tenuto nascosto all'interno di un sacchetto di plastica e che ella, sebbene non fosse stato estratto, aveva egualmente individuato per i colpi che le aveva inferto alle gambe, ove tale azione le aveva provocato degli ematomi. Pertanto, nonostante la mancata acquisizione di certificazione sanitaria sulle conseguenze pregiudizievoli patite in conseguenza del gesto aggressivo dell'imputato, i giudici di appello hanno ritenuto egualmente presente la prova delle lesioni subite, ematomi conseguenza delle bastonate inflittele dall'imputato, avendola ricavata dalle dichiarazioni della persona offesa, sulla cui attendibilità né l'appello, né il ricorso all'odierno esame muovono alcuna censura. Resta dunque escluso che la Corte di Appello abbia ignorato la censura difensiva, per averla affrontata e risolta in senso reiettivo sulla scorta delle emergenze probatorie acquisite nel corso delle indagini preliminari. 1.2 Quanto all'altro profilo della mancanza della condizione di procedibilità dell'azione penale, la soluzione offerta dai giudici di appello in ordine alla procedibilità d'ufficio del delitto di lesioni, ancorché lievi, in relazione alla contestazione e sussistenza della circostanza aggravante di aver commesso il fatto con un'arma impropria, risulta corretta e rispettosa delle risultanze di fatto e del testo dell'art. 585 cod. pen 1.2.1 Si ricorda, infatti, che in tema di lesioni personali volontarie, sussiste la circostanza aggravante del fatto commesso con armi quando il soggetto agente utilizzi, ad esempio un manico di scopa, un pezzo di legno, un randello, tutti oggetti che costituiscono armi improprie secondo la nozione dettata dall'art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975, il quale annovera nella categoria, non soltanto gli strumenti da punta e taglio e gli altri oggetti specificamente indicati, ma anche qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, può essere utilizzato quale corpo contundente ed essere idoneo ad offendere la persona Cass. sez. 5, n. 27768 del 15/04/2010, P.G. in proc., Casco, rv. 247888 sez. 5, n. 4405 del 05/12/2008, P.G. in proc. Ramaj, rv. 242617 sez. 5, n. 28622 del 28/05/2008, P.G. in proc. Iacobone, rv. 240431 sez. 5, n. 682 del 13/12/2006, Badolato e altro, rv. 235776 sez. 5, n. 9388 del 09/02/2006, Romano, rv. 233896 . 1.2.2 Non rileva dunque l'erroneità del rilievo circa la preclusione, discendente dalla scelta del rito abbreviato, della possibilità di contestare completezza e specificità dell'accusa per l'omessa precisazione della durata della malattia cagionata dal comportamento dell'imputato, dal momento che la Corte di Appello ha comunque esaminato nel merito la questione dedotta dalla difesa, relativa alla carenza della condizione di procedibilità dell'azione penale, risolta poi nei termini sopra esposti. Per le considerazioni svolte il ricorso va respinto con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.