Lungo periodo di detenzione, ma nessun alibi per il mancato sostegno a moglie e figlia

Confermata la condanna per l’uomo, finito sotto accusa per non aver provveduto alla propria famiglia. Irrilevante il richiamo al lungo periodo di detenzione da lui sofferto. Sull’altro piatto della bilancia, difatti, adeguate disponibilità patrimoniali che gli avrebbero comunque permesso di fornire adeguato sostegno alla moglie e alla figlia minore.

Rinchiuso dentro quattro mura, certo, ma assolutamente libero, comunque, di dare pieno sostegno alla propria famiglia. Conseguenziale la condanna per un uomo, detenuto in carcere, accusato di aver fatto mancare l’ assistenza” minima alla moglie e alla figlia. Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 50971/13 depositata il 17 dicembre Dietro le sbarre. Tranchant la linea di pensiero seguita dal Tribunale prima e dalla Corte d’Appello poi l’uomo è da condannare per essersi sottratto agli obblighi di assistenza familiare, omettendo ogni contributo economico in favore della moglie e della figlia minore . Assai grave, poi, il comportamento da lui tenuto nei confronti della ragazza egli ha mostrato disinteresse, non pensando neanche all’idea di fornire alla figlia cura, assistenza ed educazione . Rispetto a questo quadro, terribilmente chiaro, viene valutato come irrilevante il periodo di detenzione – ben otto anni! – sofferto dall’uomo. E proprio questo è l’elemento centrale richiamato dal legale dell’uomo in occasione del ricorso proposto in Cassazione. In sostanza, viene censurata la valutazione compiuta in Appello, laddove non si è considerata, secondo l’uomo, l’incidenza del periodo di detenzione rispetto alla possibilità oggettiva di adempiere agli obblighi economici e morali . Disinteressato. Ma la contestazione mossa dall’uomo viene respinta, in maniera netta, anche dai giudici del ‘Palazzaccio’, ritenendo lapalissiano, e decisivo, il disinteresse manifestato nei confronti della moglie e della figlia. Questo atteggiamento, viene chiarito, non è dipeso dal lungo periodo di detenzione , perché l’uomo ha pure goduto di periodi di libertà, sempre durante il medesimo arco temporale, senza tuttavia modificare in alcun modo il suo comportamento , cioè continuando a non fornire a moglie e figlia il necessario per il sostentamento , pur avendo disponibilità economiche. Anzi, anche nei periodi di libertà , egli, spiegano i giudici, si è sistematicamente disinteressato della crescita e della educazione della figlia, al cui sostentamento, morale e materiale, ha provveduto la madre, in ciò aiutata anche dai genitori . Decisiva, quindi, per la conferma della condanna, proprio la considerazione delle adeguate disponibilità patrimoniali dell’uomo, che, in sostanza, pur se detenuto, avrebbe comunque potuto fornire assistenza alla propria famiglia.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 ottobre – 17 dicembre 2013, n. 50971 Presidente Serpico – Relatore Raddusa Osserva 1. C.M. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze con la quale è stata confermata la condanna resa in primo grado dal Tribunale di Firenze alla pena ritenuta di giustizia per il reato allo stesso ascritto, ricondotto all’egida dell’art. 570 cp, commi I e II. In particolare, secondo la conforme valutazione resa di Giudici del merito il ricorrente si è sottratto agli obblighi di assistenza familiare , omettendo ogni contributo economico in favore della moglie e della figlia minore e disinteressandosi, quanto a quest’ultima, dal prestare cura, assistenza e dal contribuire alla educazione della stessa fatti commessi sino al 3 maggio 2006 . 2. Con un unico motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. Manca ogni motivazione circa il dato relativo al periodo di detenzione che avrebbe coinvolto il ricorrente dal 2002 sino al 2009, interrotto esclusivamente da un periodo dalla semilibertà, revocata nel marzo del 2006. Apoditticamente la Corte avrebbe pretermesso tale elemento fattuale di rilievo limitandosi ad affermare che nei periodi di libertà o di applicazione di misura attenuate, il C. non aveva mutato la sua condotta, tralasciando di considerare l’incidenza del dato rispetto alla sua possibilità oggettiva di adempiere ai suoi obblighi, economici e morali. 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni precisate di seguito. 4. La due sentenze di merito, assolutamente conformi nel valutare il materiale probatorio acquisito in atti, cristallizzano una situazione di fatto, non suscettibile di rivisitazione in questa sede, in ragione della quale il ricorrente non ha mai adempiuto all’obbligo di fornire a moglie e figlia il necessario per il sostentamento delle stesse, pur avendo la disponibilità economica per provvedere a tanto. Si è poi sistematicamente disinteressato della crescita e della educazione della figlia, al cui sostentamento, morale e materiale ha provveduto la madre, in ciò aiutata anche dai genitori. Certo poi che il ricorrente, nel periodo preso in considerazione dalla contestazione, è stato detenuto, ma siffatta evenienza non ha tuttavia inciso sulla conclusione finale assunta perché il C. ha pure goduto di periodi di libertà, sempre durante il medesimo arco temporale, senza tuttavia modificare in alcun modo il comportamento sopra descritto palesemente refrattario rispetto agli obblighi penalmente sanzionati ex art. 570 cp. 5. Questo il quadro di riferimento emergente dalle due decisioni merito, osserva la Corte come il gravame che occupa si fonda su una valutazione in fatto distonica rispetto al tenore delle dette decisioni, il pressoché integrale stato di detenzione lungo l’intero arco temporale considerato dalla contestazione, diversamente da quanto affermato da Tribunale e Corte territoriale. Si tratta tuttavia di questione in fatto che esula di certo dai poteri di controllo ascritti a questa Corte, ferma al dato cristallizzato nella sentenza impugnata, salva l’ipotesi del travisamento del materiale documentale posto a fondamento della decisione, qui non prospettabile in presenza di doppia valutazione conforme relativa al medesimo substrato probatorio. Si aggiunga, limitatamente alla sola violazione di cui al comma II dell’art. 572 cp, che tale rilievo in fatto è comunque sostanzialmente inconducente. A fronte dell’inadempimento all’obbligo di sostentamento economico, l’imputato, per sottrarsi alla responsabilità penale, deve dimostrare di essersi trovato nella impossibilità oggettiva di provvedere, di certo esclusa laddove, malgrado la detenzione, l’interessato è stato considerato comunque dotato di adeguate disponibilità patrimoniali. Elemento in fatto, questo, che costituiva fondamento inequivoco delle decisioni di merito si veda sul punto la sentenza di primo grado, pagina 3 della motivazione e che il ricorrente non ha smentito né tantomeno comprovato in termini contrari, così da rendere indifferente al fine che occupa, il trascorso più o meno assorbente, periodo di detenzione. 6. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma liquidata in via equitativa in favore della Cassa delle Ammende nella misura di € 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della cassa delle Ammende.