Adulterazione o contraffazione di sostanze medicinali e commercio o somministrazione di medicinali guasti: quale il discrimine?

L’art. 440 c.p. richiede il requisito oggettivo della pericolosità per la salute pubblica quale diretta conseguenza delle condotte illecite sanzionate, fermo restando che quella di cui al terzo comma è una fattispecie autonoma di reato e non una ipotesi aggravata.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 50566 del 13 dicembre 2013. Il caso. Il GIP di Frosinone emetteva ordinanza custodiale nei confronti di B.M., D.G. e C.G., rispettivamente responsabile generale, responsabile dell’assicurazione qualità e responsabile del controllo qualità dell’azienda farmaceutica G., in quanto gravemente indiziati – in concorso tra loro – del reato di cui all’art. 440 c.p., per avere adulterato e contraffatto un medicinale ponendolo in commercio privo del principio attivo principale, sostituito da altra componente. L’attività investigativa, originata dalle segnalazioni di una farmacia circa il materiale disfacimento del farmaco, aveva permesso di ricostruire la vicenda sulla scorta di accertamenti disposti dall’AIFA, analisi effettuate dall’ISS, dichiarazioni di alcuni dipendenti dell’azienda, documentazione acquisita presso gli uffici ed i laboratori della medesima, ed intercettazioni telefoniche. Il TDL di Roma rigettava le istanze di riesame avanzate dagli indagati, così confermando il titolo custodiale emesso dal GIP. Con precipuo riferimento ai gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., i Giudici della cautela, ritenendo corretta la qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 440 c.p., non condividevano la tesi difensiva afferente la configurabilità, nel caso de quo , del diverso reato di cui all’art. 443 c.p., sul presupposto che la norma più grave punisce le condotte descritte sulla base di un mero pericolo astratto, essendo la condotta tipizzata in re ipsa pericolosa, senza che sia necessario un accertamento in ordine alla pericolosità concreta ed effettiva. Avverso tale ordinanza ricorrevano per Cassazione tutti gli indagati il motivo di ricorso principale riguardava la violazione di legge in relazione alla qualificazione giuridica della condotta contestata, lamentando i ricorrenti la configurabilità della fattispecie delittuosa di cui all’art. 443 c.p. e non di quella ex art. 440 comma III c.p., stante sia la integrazione degli elementi oggettivi tipici del primo reato, che l’assenza di un pericolo concreto per la salute pubblica. Il discrimine tra le due fattispecie. La Corte di Cassazione, con la sentenza de qua , ha avuto modo sia si specificare la corretta individuazione degli elementi tipici del reato di cui all’art. 440 c.p., ovvero Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari , che di chiarire quale sia il discrimine tra codesto reato e quello di Commercio o somministrazione di medicinali guasti ex art. 443 c.p In particolare, specifica la Corte Regolatrice, la prima fattispecie prevede tre diverse ipotesi delittuose in primis , la corruzione o l’adulterazione di acque o sostanze destinate all’alimentazione in secundis , la contraffazione di sostanze alimentari destinate al commercio in terziis , l’adulterazione o la contraffazione di sostanze medicinali pure destinate al commercio. Ora, quella di cui al terzo comma, non rappresenta una ipotesi aggravata della condotta illecita sanzionata nel primo comma ma, a contrario , una fattispecie autonoma di reato. Fermo restando che, in ogni caso, secondo giurisprudenza costante, elemento comune a tutte le fattispecie è il requisito oggettivo della pericolosità per la salute pubblica quale comune conseguenza di tutte le condotte illecite, e ciò indipendentemente dal verificarsi di un evento dannoso, trattandosi di reato di mero pericolo. Donde, il reato previsto dall’art. 440, comma 3, c.p. si distingue da quello di cui all’art. 443 c.p. in quanto nell’alveo di quest’ultimo la condotta oggettiva è relativa a medicinali non adulterati o contraffatti, ma meramente guasti – cioè naturalmente deterioratisi – od imperfetti – cioè privati di componenti individualizzanti o realizzati in modo difforme da quello autorizzato. Valutazioni tecniche ai consulenti. Nella fattispecie in esame non è emerso, neppure a livello indiziario, che il farmaco realizzato dalla azienda di cui sono responsabili, a vario titolo, gli indagati possa – a causa e quale diretta conseguenza della sostituzione del principio attivo con altra sostanza – definirsi contraffatto od adulterato, nonché non è neppure emerso se tale sostituzione lo abbia reso pericoloso per la salute pubblica. Infatti, le generiche argomentazioni del TDL in merito alla potenziale pericolosità della sostituzione non possono ritenersi esaustive e sufficienti ai fini processuali, considerato che quelle sull’individuazione di sostanze adulterate o contraffatte e sulla loro concreta ed effettiva pericolosità intrinseca sono valutazioni di carattere tecnico di esclusiva spettanza di periti e consulenti – che, peraltro, nel caso de quo avevano escluso che dalla sostituzione potesse derivare un pericolo per la salute – ai quali il Giudice non può in alcun modo sostituirsi.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 7 novembre 13 dicembre 2013, n. 50566 Presidente Siotto – Relatore Bonito Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 4 luglio 2013, rigettava i ricorsi proposti, avverso l'ordinanza cautelare del GIP del Tribunale di Frosinone dispositiva, in data 12.6.2013, degli arresti domiciliari, da B.M. , D.A.G. e C.M.G. , gravemente indiziati, il primo quale responsabile dell'azienda farmaceutica Geymonat SpA, il secondo quale responsabile dell'assicurazione qualità e la C. quale responsabile del controllo qualità della citata azienda, del reato di cui agli artt. 110, 81 co. 2, 440 commi le 3 c.p. per aver adulterato e contraffatto i medicinali denominati Ozopulmin G 80 mg per bambini e Ozopulmin G 160 mg per adulti, posti in commercio in assenza della componente principale, il principio attivo c.d. P.O.T prodotto di ossidazione della trementina eppertanto, secondo l'accusa, pericoloso per la salute pubblica. 2. Il Tribunale, al pari del giudice di prime cure, poneva a fondamento del provvedimento impugnato la iniziale segnalazione di una farmacia circa il disfacimento delle supposte, gli accertamenti disposti dall'AIFA, le analisi effettuate dall'ISS, le dichiarazioni di alcuni dipendenti dell'azienda il dott. Ca. , la dott.ssa F. e la dott.ssa E. , la documentazione acquisita nel corso delle indagini presso gli uffici ed i laboratori Geymonat, intercettazioni di alcuni colloqui del B. e della dott.ssa E. . Il Tribunale, inoltre, confermava la qualificazione giuridica della condotta, data dall'adulterazione del medicinale privato del suo principio attivo sostituito con quello della trementina, ai sensi dell'art. 440 c.p. e non già, come difensivamente sostenuto, ai sensi dell'art. 443 c.p., sul rilievo che la norma incriminatrice più grave punisce le condotte descritte sulla base di un pericolo astratto, perché pericolosa in sé la condotta tipizzata senza necessità alcuna di accertamenti in ordine alla pericolosità concreta ed effettiva. Richiamava a tal proposito il Tribunale la relazione della dott.ssa V. dell'ISS circa la pericolosità del farmaco per cui è causa per la salute pubblica, osservando sul punto che l'assenza di effetti curativi del farmaco e la libera vendita di esso impediva la diagnosi tempestiva di più serie affezioni dell'apparato respiratorio e poteva determinare intolleranze ed interferire con altri farmaci assunti. Sulle esigenze cautelari il tribunale valorizzava, a carico di tutti gli indagati, la gravità delle condotte, i tentativi di depistaggio documentale e non solo, la non episodicità del fatto dappoiché emerse nel corso delle indagini distinte piste investigative in relazione ad altri farmaci il farmaco Synalgo il rischio di inquinamento probatorio. 3. Ricorrono per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale, assistiti dai rispettivi difensori di fiducia, gli indagati. 3.1 Nell'interesse di B.M. vengono sviluppati cinque motivi di ricorso. 3.1.1 Col primo di essi denuncia la difesa ricorrente violazione degli artt. 440 e 443 c.p. e travisamento della prova circa la qualità del farmaco per cui è causa in relazione alla qualificazione della condotta, in particolare osservando le disposizioni incriminatrici di cui agli articoli anzidetti tipizzano reati di pericolo per la cui configurabilità non è richiesto il verificarsi dell'evento, ma mentre le condotte tipizzate all'art. 440 c.p. non rilevano ex se ma devono essere tali da rendere pericolosa la sostanza per la salute pubblica, in assenza di tale requisito la pericolosità per la salute pubblica residuano condotte perseguibili ai sensi dell'art. 443 c.p., vertendosi, in tale ultima ipotesi, in un caso di medicinale imperfetto il Tribunale ha invece argomentato nel senso che la norma di cui all'art. 440 c.p. co. 3 assicurerebbe una anticipata punibilità delle condotte e e non richiederebbe la verifica concreta della pericolosità la fattispecie di cui all'art. 440 co. 3 c.p. descrive un reato di pericolo concreto per il quale è elemento costitutivo della fattispecie la pericolosità per la salute pubblica, mentre la sottrazione di elementi necessari al medicinale rientra nella meno grave fattispecie di cui all'art. 443 c.p. anche la recente Cass., 12077/2013 si è posta in questa direzione interpretativa su tali premesse nel caso in esame i suddetti requisiti richiesti dalla fattispecie ex art. 440 c.p. non risultano provati sul punto anzi va denunciato un travisamento del fatto da parte dei giudici di merito sul fogliettino illustrativo del farmaco per cui è causa si legge infatti che esso è indicato per il trattamento sintomatico delle affezioni delle vie respiratorie accompagnate da tosse e catarro , mentre il GIP ha indicato il trattamento riferito alle affezioni acute e croniche di qui il venir meno del teorema accusatorio dei giudici di merito, per i quali il pericolo concreto per la salute pubblica deriverebbe dalla circostanza che la mancanza di effetti terapeutici dell'ozopulmin cagionerebbe l'aggravamento delle affezioni acute e croniche dell'apparato respiratorio si ribadisce estraneo al risultato terapeutico indicato per il farmaco l'ozopulmin è farmaco da banco acquistabile senza prescrizione medica eppertanto non salvavita, ma coadiuvante degli effetti di altri farmaci l'assenza di un principio attivo non può rendere pericoloso per la salute il farmaco stesso l'assenza di effetti curativi, lungi dal nascondere e ritardare la diagnosi, come illogicamente sostenuto dal Tribunale, rende più chiara la situazione patologica e più corretta la diagnosi della patologia respiratoria in atto né si comprende come la mancanza di principi attivi possa determinare intolleranze ed interferire sulle cure in atto. 3.1.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, in particolare osservando il tribunale non ha esaminato con il necessario approfondimento le deduzioni critiche operate dalla difesa il tribunale ha travisato l'effettivo significato di alcuni elementi investigativi i giudici di merito hanno valorizzato condotte post factum le quali, proprio per questo, non sono rilevanti ai fini della gravità indiziaria perché non indicative, necessariamente, del dolo a sostegno del fatto delittuoso la contraffazione e adulterazione ma significativi di comportamenti non dolosi. 3.1.3 Col terzo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari di cui alla lettera C dell'art. 274 c.p.p., in particolare osservando quella di cui alla lett. C dell'art. 274 c.p.p. è l'unica esigenza posta a fondamento dell'ordinanza applicativa della misura a al fine i giudici territoriali hanno fatto largo uso di condotte post factum peraltro argomentando per dimostrare una esigenza ulteriore, quella del pericolo di inquinamento probatorio, non considerata dall'ordinanza genetica, ma comunque utilizzata per trascurare del tutto fatti significativi dell'esigenza in discorso e cioè il pericolo di reiterare condotte delittuose analoghe da condotte post factum non è possibile dedurre la pericolosità dell'indagato a tale ultimo riguardo il tribunale ha utilizzato un ritrovamento documentale di per sé innocuo presso l'abitazione del coimputato D.A. , persona diversa dal ricorrente quanto alla pericolo di recidive comportamentali il tribunale ha valorizzato le testimonianze di due ex dipendenti, in rotta con l'azienda eppertanto animati da malanimo nessuna prova, nonostante il tempo e le denunce dei due ex dipendenti, è stata acquisita circa la veridicità di analoghi comportamenti aziendali in relazione al farmaco Synalgo anche sulla notevole gravità del fatto il tribunale ha ignorato gli argomenti difensivi nonostante li avesse in premessa valorizzati proprio a tal fine. 3.1.4 Col quarto motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alle esigenze cautelari di cui alla lett. a dell'art. 274 c.p.p., in particolare osservando che il pericolo di inquinamento probatorio non è stato mai posto a base della misura, la quale è stata emessa in relazione alle esigenze di cui alla lettera c , potestà questa inibita al giudice del riesame pur a voler ammettere siffatta potestà, avrebbe dovuto il tribunale indicare la scadenza di siffatta esigenza e motivare adeguatamente circa la sua ricorrenza, attuale e concreta. 3.1.5 Col quinto ed ultimo motivo di impugnazione lamenta infine la difesa ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all'adeguatezza e proporzionalità della misura, in particolare osservando la motivazione articolata sul punto risulterebbe apparente giacché, a parte la genericità ed apoditticità degli argomenti utilizzati, fonda in particolare la decisione al riguardo sul pericolo di inquinamento probatorio, come detto mai assunto a fondamento della ordinanza originaria se l'esigenza da tutelare è quella di evitare pericoli di specifiche recidive, la misura adeguata sarebbe quella interdittiva. 3.2 Nell'interesse di D.A.G. il difensore di fiducia sviluppa un unico ed articolato motivo di impugnazione con il quale argomenta e deduce il Tribunale ha aderito alla tesi del giudice di prime cure circa la qualificazione della condotta contestata, riferita al delitto di cui all'art. 440 co. 3 c.p.p. e non già a quello di cui all'art. 443 c.p. detta conclusione è in violazione di legge dappoiché insussistente il requisito del pericolo per la salute pubblica la sostituzione nel farmaco per cui è causa del principio attivo con altro non integra detto requisito del reato trattasi di farmaco per il quale non è richiesta prescrizione medica, che non ha funzione curativa ma semplicemente coadiuvante la trementina, che -come innanzi ha sostituito il principio attivo, non è sostanza nociva e la mancanza del principio attivo POT non rende il prodotto pericoloso sul punto il tribunale ha avuto modo di valutare la CT di parte della dott.ssa C. , la quale ha concluso per l'assenza di pericolo concreto ex art. 440 c.p. nella sostituzione del POT con la trementina, sottolineando che il farmaco non ha effetto né preventivo né curativo ma soltanto funzione soppressiva dei sintomi quanto alle esigenze cautelari il D.A. non potrà mai reiterare condotte analoghe di reato il ricorrente è inserito nell'azienda in ruoli di subordinazione e con funzioni di certificazione di quanto documentalmente gli veniva sottoposto il ricorrente era pertanto in buona fede e quando seppe cosa era realmente successo, si adoperò per ritirare il farmaco lo stesso Tribunale coinvolge il ricorrente in vicende postfactum quanto al biglietto ed agli appunti sequestrati in sede di perquisizione domiciliare presso l'abitazione del ricorrente, trattasi di documentazione allo stato privo di rilievo probatorio ancorché assunto come tale, immotivatamente, dal giudice territoriale il ricorrente è incensurato ed ha avuto un comportamento collaborativo con gli inquirenti v'è anche una questione di adeguatezza della misura, ben potendosi applicare la sola misura interdittiva. 3.3 Nell'interesse, infine, di C.M.G. il difensore di fiducia sviluppa quattro motivi di impugnazione. 3.3.1 Col primo di essi la difesa ricorrente denuncia violazione di legge in relazione alla qualificazione della condotta contestata ai sensi dell'art. 440 c.p.p. co. 3, e non ai sensi dell'art. 443 c.p., in particolare deducendo la motivazione posta dal Tribunale e dal GIP a fondamento della tesi giuridica per la quale nella fattispecie trova applicazione il reato di cui all'art. 440 c.p.p., co. 3, presta il fianco ad una duplice censura il Tribunale costruisce la sua tesi considerando necessariamente come ipotesi autonoma di reato quella del terzo comma dell'art. 440 c.p. senza peraltro spiegarne le ragioni ma anche a voler aderire a tale conclusione, detto reato autonomo non può non mutuare la sua integrale struttura dal primo comma, del quale deve possedere tutti i requisiti consegue da ciò che il reato in parola si configura come reato di pericolo concreto, che richiede per questo l'accertamento della concreta idoneità della condotta delittuosa ad esporre a pericolo il bene giuridico della salute pubblica, nella vicenda in esame inesistente e comunque non provata. 3.3.2 Col secondo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente difetto di motivazione in relazione alla sussistenza del pericolo presunto, in particolare osservando il tribunale, nonostante la qualificazione del reato ex art. 440 co. 3 c.p.p. come reato di pericolo presunto, argomenta in termini di pericolosità concreta là dove evidenzia l'assenza di effetti curativi del farmaco privato del suo principio attivo e la pericolosità, a suo avviso, dell'assenza di tali effetti, individuata nelle difficoltà diagnostiche indotte, in possibili intolleranze ovvero interferenze con altri farmaci ulteriore proiezione offensiva di ordine generale deriverebbe proprio dalla inidoneità del farmaco come innanzi impoverito a svolgere funzioni terapeutiche l'impugnata ordinanza non contrasta in alcun modo pertanto le conclusioni della CT di parte, secondo le quali la sostituzione del principio attivo contestata non ha generato alcun rischio di tossicità della sostanza, né le ha rese pericolose per la salute pubblica alla CT di parte il Tribunale ha contrapposto la relazione della dott.ssa V. dell'ISS, relazione però caratterizzata da evidente genericità delle conclusioni e priva di specifiche valutazioni sulle tesi svolte dalla CTP stessa a parte ciò va rilevata l'incongruità logica della tesi, sostenuta dalla dott.ssa V. , secondo cui l'assenza di effetti curativi comporterebbe ritardo nella diagnosi di più serie affezioni dell'apparato respiratorio. 3.3.3 Col terzo motivo di censura lamenta la difesa ricorrente violazione della norma incriminatrice a titolo di concorso dappoiché postuma la condotta della ricorrente rispetto alla fatto della contraffazione, in particolare osservando alla ricorrente viene contestata una condotta, quella di aver falsificato i risultati analitici da inoltrare all'AIFA al fine di far risultare il principio attivo in realtà sostituito questa condotta è però estranea all'adulterazione ed alla contraffazione, eppertanto alle condotte delittuose tipizzate di qui, altresì, l'illogicità di ritenere l'agire della ricorrente essenziale per la consumazione delle condotte tipiche del reato contestato, considerato che esso agire è intervenuto ad adulterazione e contraffazione consumate. 3.3.4 Col quarto ed ultimo motivo di impugnazione denuncia la difesa ricorrente violazione di legge artt. 274 e 291 co. 1 n. 3 c.p.p. in relazione alla insussistenza delle esigenze cautelari di cui alla lett. c art. 274 co. 1 c.p.p. e difetto di motivazione sul punto, in particolare osservando ai fini detti il Tribunale ha valorizzato la circostanza che, nel corso delle indagini, sarebbero emerse condotte analoghe a quelle in esame in relazione alla realizzazione di altro farmaco, condotte alle quali però la C. è del tutto estranea per la sua qualifica e per le funzioni aziendali svolte d'altra parte la motivazione impiegata sul punto fa riferimento assai più al pericolo di inquinamento probatorio che non al pericolo di specifica recidiva nella condotta in esame sul piano logico inoltre il grande clamore dato dalla stampa alla vicenda esclude di per sé la possibilità di reiterazione di reati della stessa specie di quello in contestazione su tali premesse e considerata sia l'incensuratezza della ricorrente che la oggettiva non gravità della condotta sulla base degli esiti della CTP palese appare il difetto di motivazione in punto di esigenze cautelari. 3.4 Con atto del 7.11.2013 la difesa del B. depositava motivi aggiunti ulteriormente e diffusamente approfondendo, anche con richiami giurisprudenziali assai recenti, le tematiche già ampiamente trattate col ricorso principale. 4. Va in primo luogo dato atto che nelle more del giudizio di legittimità la ricorrente C. ha rinunciato all'impugnazione in considerazione dell'avvenuta revoca della misura cautelare in suo danno disposta e della sua sostituzione con quella della presentazione alla polizia art. 282 c.p.p. , sicché del suo ricorso va dichiarata l'inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse. I restanti ricorsi sono viceversa fondati nei limiti che si passa ad esporre. Giova prendere le mosse dal reato di cui all'art. 440 c.p., la cui ricorrenza, nel caso in esame sostenuta dall'accusa e condivisa dalle istanze giudiziarie di merito, viene al contrario fieramente contestata dalle difese ricorrenti in favore della meno grave fattispecie di cui all'art. 443 c.p Innanzitutto le norme art. 440. Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La stessa pena si applica a chi contraffa, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio. La pena è aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali . Per converso l'art. 443 c.p. a sua volta recita Commercio o somministrazione di medicinali guasti chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a Euro 103 . L'art. 440 c.p. pertanto prevede tre ipotesi delittuose a. la corruzione e l'adulterazione di acque o sostanze destinate all'alimentazione, b. la contraffazione di sostanze alimentari destinate al commercio, c. l'adulterazione e la contraffazione di sostanze medicinali pure destinate al commercio. L'ipotesi di cui al terzo comma della norma in esame, quella in concreto contestata ai ricorrenti, è pertanto non già ipotesi aggravata della condotta tipizzata al primo comma, ma fattispecie autonoma di reato, distinta dalla prima che contempla il facere delittuoso dato dal corrompere e dall'adulterare, a differenza del facere del terzo comma che invece contempla l'adulterazione e la contraffazione. Comune a tutte le fattispecie appena indicate Cass. pen., Sez. 1, 29/01/1997, n. 2953, d'Avino Cass., Sez. 1, 04/06/1993, n. 7260, Quaglia è comunque il requisito oggettivo della pericolosità per la salute pubblica come conseguenza delle condotte indicate, là dove per corruzione della sostanza si intende l'immissione nella cosa di elementi che ne alterano l'essenza rendendola nociva, per adulterazione si intende la modificazione della composizione naturale della sostanza stessa alla quale vengono sottratte componenti utili ovvero aggiunti elementi di qualità inferiore e per contraffazione si intende l'inganno sulla genuinità della sostanza, alterata nella sua integrità con componenti diverse per qualità e quantità rispetto a quelle dichiarate ovvero che tradizionalmente la formano. Il reato in esame si distingue poi da quello di cui al successivo art. 443 c.p., in cui la condotta tipizzata è relativa a medicinali non adulterati né contraffatti, ma guasti e cioè naturalmente deterioratisi o imperfetti cioè privati di componenti individualizzanti del farmaco stesso ovvero realizzati in modo difforme da quello autorizzato . Tanto premesso sul piano teorico osserva il Collegio che nel caso portato al suo esame e cioè la realizzazione di un farmaco privato del suo principio attivo e sostituito con altro principio di minore ovvero nessuna? efficacia, non risulta provato uno dei requisiti del reato contestato agli indagati e cioè che il farmaco stesso, in seguito a siffatta sostituzione possa definirsi contraffatto o adulterato ovvero semplicemente reso imperfetto e che, comunque, la sostituzione del principio attivo lo abbia reso pericoloso per la salute pubblica indipendentemente dal realizzarsi di un evento dannoso dappoiché in costanza di reato di mero pericolo ovvero di pericolo presunto lezione giurisprudenziale costante . È pur vero che sul punto il Tribunale, al pari del GIP prima di esso, ha argomentato logicamente deducendo la pericolosità della sostituzione sia dalla inefficacia curativa del farmaco che dalle difficoltà diagnostiche indotte da tale inefficacia, ma tanto non può ritenersi esaustivo e sufficiente ai fini di causa, neppure se rapportato alla dimensione meramente indiziaria, ancorché grave, necessaria nella presente fase. Ed invero, in materia di delitti di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari ovvero di medicinali rientra nella esclusiva competenza del giudice il solo giudizio circa l'effettiva possibilità di un pericolo per la salute pubblica, mentre gli accertamenti di natura tossicologica concernenti l'individuazione di sostanze adulterate o contraffatte e la loro intrinseca pericolosità sono di spettanza del perito o dei consulenti delle parti, ai quali il giudice non può sostituirsi operando autonome valutazioni tecniche in luogo della critica verifica della prova tecnica come prodotto scientifico Cass., Sez. 1, 26/10/2012, n. 4878 . Tale confusione epistemologica del processo decisionale, reso ancora più marcato dall’acquisizione di una consulenza tecnica di parte favorevole agli indagati sulla quale nulla ha opinato il Tribunale, rende oscuro il criterio puramente logico adottato per affermare la pericolosità del farmaco come in rubrica realizzato ed impone pertanto l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame della vicenda anche alla luce delle considerazioni teoriche innanzi esposte. P.Q.M. La Corte, dichiara inammissibile il ricorso di C.M.G. per sopravvenuta carenza di interesse. Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti B.M. e D.A.G. e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.