Detenzione ‘obbligata’ nel Paese di origine: nessuna violazione dei diritti dell’individuo. Estradizione confermata

Corretta la decisione di accogliere la domanda di estradizione presentata dalla Romania e relativa a un cittadino rumeno, presente in Italia, condannato in patria a diciotto anni di galera. Non decisivo il richiamo al regime previsto in Romania, laddove è assente una disciplina che contempli un sistema incentrato anche su misure alternative alla detenzione.

Nessuna possibilità di misure alternative alla detenzione”. Semplicemente perché il regime dello Stato – la Romania, in questo caso –, che ha richiesto all’Italia l’estradizione, non lo prevede. Ciò, però, non rappresenta una violazione dell’ottica – italiana – secondo cui la pena ha da avere finalità rieducative”, né tantomeno una violazione dei diritti fondamentali dell’individuo”. Per questo, quindi, la risposta positiva alla domanda di estradizione è assolutamente corretta. Cassazione, sentenza n. 50336, Sesta sezione Penale, depositata oggi Diciotto anni . Davvero pesanti le contestazioni nei confronti del cittadino straniero presente in Italia egli è stato condannato, nel Paese d’origine – la Romania –, a diciotto anni di reclusione per omicidio e rapina . Conseguenziale è la presentazione all’Italia, da parte del Governo della Repubblica di Romania, della domanda di estradizione , finalizzata a riportare l’uomo in patria per fargli scontare la pena. Ebbene, la risposta dell’Italia è positiva in particolare, la Corte d’Appello ritiene sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione . Pronta la reazione dell’uomo, il quale, ricorrendo in Cassazione, sostiene che la consegna alla Romania per l’esecuzione della condanna fa a pugni con i principi fondamentali dello Stato italiano, più precisamente col principio delle finalità rieducative della pena . Ciò perché, spiega l’uomo, non è prevista, in Romania, la possibilità di misure alternative alla detenzione . Peraltro, a corredo di questa tesi, l’uomo richiama anche il ricorso che egli ha proposto alla Corte di giustizia europea Carcere . Ma l’obiezione proposta dal cittadino rumeno non viene valutata positivamente dai giudici del ‘Palazzaccio’. Di conseguenza, è confermata la legittimità dell’accoglimento della domanda di estradizione . Decisiva la considerazione che non può procedersi ad una comparazione di conformità della legislazione della Romania alla Costituzione dello Stato italiano, ma solo a quelle norme che tutelano diritti fondamentali dell’individuo . E in questa ottica l’assenza, nel regime dello Stato richiedente, di una disciplina che contempli un sistema incentrato pure sull’operatività di misure alternative alla detenzione non attribuisce alla pena una funzione negativa rispetto alla ‘visione’ dello Stato Italiano, e, soprattutto, non comporta violazione dei diritti fondamentali dell’individuo . Quadro chiarissimo, quindi, che non può essere modificato neanche dal richiamo al ricorso presentato alla Corte di giustizia europea resta intatta, difatti, l’ esecutività della sentenza posta a fondamento della richiesta di estradizione .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 novembre – 13 dicembre 2013, n. 50336 Presidente Milo – Relatore Raddusa Considerato in fatto e diritto 1. - Con la sentenza in epigrafe la Corte d'Appello di Torino ha ritenuto sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione presentata dal Governo della Repubblica di Romania nei confronti di I.E., condannato ad anni 18 di reclusione per omicidio e rapina con due diverse sentenze, passate in giudicato. 2. - I.E. ricorre per Cassazione tramite il fiduciario e deduce due diversi motivi. 2.1. - Con un primo motivo, sotto l'egida della affermata violazione dell'art 705 comma II lettera C, si deduce violazione del principio dell'interpretazione pro reo. La condanna per omicidio originariamente resa dalla Corte di appello di I. era stata annullata dalla Corte di Cassazione rumena per la mancata valutazione di alcuni elementi probatori a supporto della linea difensiva. La nuova sentenza della Corte di appello in sede di rinvio non avrebbe dissipato gli originari dubbi, e la Corte di Cassazione, nuovamente adita, avrebbe, per motivi incomprensibili, assecondato tale valutazione. La Corte di appello di Torino avrebbe dovuto accertare se le decisioni assunte avevano dissipato effettivamente i dubbi insorti in processo e se in presenza di una situazione probatoriamente non definita effettivamente si era proceduto ad una interpretazione pro reo del dato probatorio. 2.2. - Con un secondo motivo, censura la sentenza impugnata perché la consegna alla Romania per l'esecuzione della condanna è in contrasto con i principi fondamentali dello Stato, tra cui quello stabilito dall'art. 27 Cost, comma 3 relativo alle finalità rieducative della pena. Infine, evidenzia di aver proposto ricorso alla Corte di Giustizia Europea si che, in attesa della decisione della Corte di Strasburgo, questa Corte non poteva rendere definitiva la estradizione. 3. - Il ricorso è manifestamente infondato. 3.1. - Quanto al primo motivo, va evidenziata l'assoluta inconferenza del rilievo considerando al fine che il ricorrente neppure precisa quali siano le incongruenze probatorie che la Corte di appello di I., con giudizio poi asseverato dalla Corte di Cassazione rumena, non avrebbe dissipato nel valutare il materiale istruttorio posto a fondamento del reso giudizio di responsabilità. Piuttosto, sembra alla Corte, in linea con l'interpretazione fornita dalla Corte distrettuale, che la difesa miri a riportare inammissibilmente in questa sede situazioni valutative afferenti il giudizio di colpevolezza reso dalla Autorità Giudiziaria dello Stato richiedente certamente estranee alla disamina sottesa al giudizio di estradizione. 3.2. - Parimenti infondati sono anche gli altri motivi. L'addebito incentrato sull'assenza di finalità rieducative della pena appare privo di ogni fondamento. Come costantemente affermato da questa Corte cfr Sez. 6, Sentenza n. 5400 del 2009 ed ancora Sez. 6^, 21 settembre 1995, n. 3125, Di Maio Sez. 6^, 12 luglio 2004, n. 35896, Solak in questa sede non può procedersi ad una comparazione di conformità della legislazione dello Stato richiedente alla Costituzione dello Stato italiano, ma solo a quelle norme che tutelano i diritti fondamentali dell'individuo, senza che sia consentita un raffronto tra disposizioni ordinarie che attuano i principi costituzionali e disposizioni dello Stato richiedente, a meno che non sia, ictu oculi, ravvisabile, da parte di quest'ultimo, una evidente compressione dei detti diritti. E così, l'assenza, nel regime dello Stato richiedente, di una disciplina che contempli un sistema incentrato pure sull'operatività di misure alternative alla detenzione non attribuisce alla pena una funzione in contrasto con le esigenze teleologiche delineate dall'ordinamento dello Stato richiesto e non comporta, soprattutto, violazione dei diritti fondamentali dell'individuo. In altri termini, una volta individuata la compatibilità dei fini del trattamento sanzionatorio, le divergenze di regime possono assumere rilievo soltanto entro le esigenze di salvaguardia perseguite sia dall'ordinamento convenzionale sia dall'ordinamento interno così pedissequamente riportata la citata sentenza 5400/09 di questa sezione . 3.3. - Per il resto, mentre il riferimento al radicamento contenuto in ricorso, comunque travolto dalla coerenza a norma della valutazione su punto offerta dalla Corte territoriale, appare genericamente reso senza concretate quel minimo di specificità che deve comunque connotare i motivi di ricorso in Cassazione, assolutamente inconferente è invece il richiamo alla pendenza del ricorso all'alta Corte di Giustizia europea, che non spoglia di esecutività la sentenza posta a fondamento della richiesta di estradizione. Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento della somma di euro 1000 determinata in via equitativa in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento della somma di euro 1000 determinata in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art 203 d. att. cpp.