La Cassazione indica quali sono gli elementi sufficienti ad integrarlo

Perché la condotta descritta dall’articolo 388 c.p. Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice possa dirsi integrata è necessario che sussista un obbligo accertato o in corso di accertamento, atti simulati o fraudolenti sui beni e inottemperanza all’ingiunzione di eseguire il provvedimento del giudice.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 50103, depositata il 12 dicembre 2013. Il caso. La vicenda, di per sé assai semplice, trae le mosse da un ricorso formulato avverso la sentenza con cui la Corte d’appello di Bari aveva dichiarato l’imputato colpevole della violazione dell’articolo 388 comma 1 c.p., per aver successivamente alla notifica di un atto di precetto emesso nei suoi confronti dato corso ad una serie di atti simulati finalizzati a trasferire fittiziamente la sua residenza e ad intestare fittiziamente un immobile ad un terzo soggetto in origine coimputato poi assolto dall’imputazione. Avverso detta sentenza proponeva ricorso il difensore dell’imputato sostenendo la impossibilità di configurare nel caso di specie la condotta prevista dalla fattispecie astratta ed l vizio di motivazione della sentenza per la violazione per violazione dell’articolo 192 del codice di rito. La Cassazione ha accolto il ricorso. La norma in questione Si tratta come è noto di una disposizione che viene di norma invocata dal creditore disperato” che non riesce ad aver ragione in relazione al contenuto di quel provvedimento giudiziale che pure egli ha ottenuto spesso a prezzo di innumeri fatiche e di notevoli esborsi economici. Una norma che aveva, nell’intenzione del Legislatore, la funzione di fungere da ultima ratio ai fini di obbligare il debitore recalcitrante ad attenersi ad una condotta tale dal non costituire ulteriore, e fraudolento, intralcio all’esecuzione di quel diritto che, lo Stato medesimo attraverso la funzione tipica della juris dictio , aveva riconosciuto quale oggetto di tutela. La Corte di Cassazione, con motivazione riassuntiva” ma affatto priva di forza ermeneutica, si preoccupa di dettagliare quali siano gli elementi che debbono necessariamente essere reperiti nella condotta dell’imputato-debitore affinchè la fattispecie astratta posta dirsi integrata, che proviamo a far oggetto di rapida analisi. L’esistenza di un obbligo accertato o in corso di accertamento. La Corte si dimentica l’aggettivo giuridico che inserisce l’oscuro commentatore a scanso di ogni equivoco. Non si tratta certo di una novità neppure con riferimento all’entrata in vigore della legge 94/2009 che pure, interveniva per chiarire come anche le pronunce interinali fossero da considerarsi quali oggetto di tutela da parte della norma in commento. La Corte, sin dal 2004 n. 49974 aveva già indicato e sposato la linea volta a conferire interpretazione estensiva al dato normativo. Pertanto la pronuncia non si limita che a ribadire quello che non solo è orientamento giurisprudenziale ampiamente condiviso ma anche chiaro dettato legislativo. Atti simulati o fraudolenti. È necessario che l’agente, destinatario dell’obbligo giuridico, abbia posto in essere atti simulati o fraudolenti. Per la definizione di atti simulati occorre rifarsi a quella contenuta nelle disposizioni dettate in punto dal codice civile. L’atto simulato trova proprio in quei dettati le connotazioni e le caratteristiche che esso deve possedere per essere così qualificato e, quindi, il richiamo alla norma di natura extra penale appare chiaro, evidente e privo di qualsivoglia difficoltà ermeneutica. Anche il richiamo agli atti fraudolenti non deve destare perplessità o difficoltà. Gli atti fraudolenti sono quelli arcinoti che traggono origine e disciplina nell’articolo 640 del codice penale e nella copiosa produzione dottrinale e giurisprudenziale che da detta norma è derivata. Inottemperanza ad eseguire l’ordine del giudice. Il terzo requisito individuato e richiesto dalla Corte di Cassazione attiene alla possibilità di esecuzione dell’ordine del Giudice. Sotto questo profilo la Corte indica come detta inottemperanza vada esaminata e verificata per vero non potrebbe essere altrimenti in concreto. Avendo cioè riferimento alla possibilità che l’ordine del giudice venga eseguito. La Corte termina la propria disamina in punto con un ragionamento che, stando almeno al caso concreto, appare essere monco. Essa annulla la sentenza, rinviandola ad altra sezione della Corte d’appello di Bari, verificandovi vizio di motivazione posto l’assenza dei requisiti richiesti dall’articolo 192 del codice di rito, senza però chiarire se l’ottemperanza all’ordine del giudice debba intendersi quale integrale rispetto al contenuto del medesimo o se valga a scriminare la condotta penalmente rilevante un’ottemperanza parziale. Ovvero se possa essere mandato assolto dal reato contestato chi abbia posto in essere una condotta capace di perfettamente integrare i primi due requisiti e consentire esclusivamente un’ottemperanza parziale all’ordine del giudice. Una interpretazione rigorosa della norma imporrebbe una declaratoria di colpevolezza anche in siffatta ipotesi. La lettura della sentenza sempre lasciare il campo aperto ad altre ipotesi. Vedremo, ancora una volta, come il diritto vivente si affermerà sul diritto morente.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 ottobre – 12 dicembre 2013, n. 50103 Presidente Lanza – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe la Corte d'appello di Bari, in parziale riforma della sentenza emessa il 2 dicembre 2011 dal Tribunale di Trani, ha confermato la responsabilità di S.S.D. in ordine al reato di cui all'art. 388 comma 1 c.p., mentre ha assolto la coimputata, M C. , per non aver commesso il fatto. Secondo la sentenza il S. , dopo avere ricevuto la notifica del precetto a seguito del decreto ingiuntivo emesso il 21 ottobre 2005 nei suoi confronti dalla società creditrice Merigel, avrebbe posto in essere una serie di atti simulati al fine di sottrarre i propri beni alla procedura esecutiva, consistiti nel trasferire fittiziamente la propria residenza da via omissis e poi in via OMISSIS , nonché nell'intestare fittiziamente a C.M. l'immobile di via Tolomeo. 2. L'avvocato Gennaro Cefola, nell'interesse dell'imputato, ha proposto ricorso per cassazione. Con il primo motivo deduce l'erronea applicazione dell'art. 388 comma 1 c.p., assumendo la mancanza sia dell'elemento oggettivo, che di quello soggettivo del reato. Secondo il ricorrente non vi sarebbe stato alcun trasferimento fittizio dei beni e, soprattutto, non sarebbero stati sottratti in alcun modo all'adempimento degli obblighi civili in particolare, si rappresenta che i trasferimenti di residenza non sono stati funzionali ad impedire l'esecuzione del provvedimento del giudice civile e del resto la parte creditrice avrebbe potuto procedere al pignoramento mobiliare sui beni presenti nell'abitazione di via Gramsci durante l'accesso del 4.1.2007 dal momento che i conduttori di quell'appartamento, C. e M. , dichiararono quali beni fossero di proprietà del S. . In altri termini, si assume che i trasferimenti di residenza non hanno impedito di procedere al pignoramento, sicché il reato in contestazione nemmeno è configurabile, tenuto conto che la norma incriminatrice esige che sia infruttuosa l'esecuzione. Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione e la violazione dell'art. 192 c.p.p., non avendo i giudici di merito dimostrato che l'imputato abbia intestato fittiziamente l'immobile alla C. , immobile di cui quest'ultima è proprietaria da tempo peraltro, l'assoluzione della C. rende la sentenza intrinsecamente contraddittoria, fondandosi su meri elementi di sospetto. 3. Il difensore della costituita parte civile ha depositato una memoria con cui chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato. 4.1. Preliminarmente si osserva che i fatti contestati all'imputato sono precedenti alla modifica normativa del primo comma dell'art. 388 c.p. ad opera della legge 15 luglio 2009 n. 94 art. 3 , che ha modificato il presupposto del reato, sostituendo il richiamo alla sentenza di condanna con il riferimento al provvedimento dell'autorità giudiziaria . In relazione alla precedente formulazione dell'art. 388 comma 1 c.p. si è posto il problema se il decreto ingiuntivo non opposto possa rientrare tra i presupposti della fattispecie, dal momento che il riferimento alla sentenza di condanna sembra evocare la necessità di una decisione di merito pronunciata in base ad una piena cognitio, con esclusione del procedimento monitorio privo di tale caratteristica. Il Collegio ritiene di aderire alla giurisprudenza prevalente, formatasi prima della novella del 2009, che ha dato un'interpretazione estensiva al dato normativo, precisando che la norma incriminatrice tutela non solo l'autorità della decisione giudiziaria, ma anche indirettamente l'azione esecutiva, che da essa deriva Sez. VI, 23 novembre 2004, n. 49974, Gioda Sez. VI, 22 maggio 2002, n. Cucco , per cui anche il decreto ingiuntivo non opposto può costituire il presupposto del reato in questione, proprio in virtù della sua idoneità ad essere messo in esecuzione. 4.2. Il reato oggetto di contestazione richiede tre condizioni 1 esistenza di un obbligo accertato o in corso di accertamento 2 atti simulati o fraudolenti sui beni, 3 inottemperanza all'ingiunzione di eseguire il provvedimento del giudice. Nella specie, la condotta fraudolenta sarebbe costituita, oltre che dalla intestazione di un immobile a C.M. , dal fittizio trasferimento della residenza da parte dell'imputato al fine di impedire il pignoramento dei beni di sua proprietà. Per quanto riguarda la prima delle condotte indicate, la sentenza ritiene dimostrata l'intestazione fittizia dell'immobile esclusivamente in base alla intestazione sul citofono e al pagamento degli oneri condominiali , circostanze queste che, evidentemente, possono essere considerate meri indizi, ma che non possono assurgere, da sole, a provare l'avvenuta ed effettiva intestazione fittizia, idonea cioè a pregiudicare l'esecuzione del provvedimento giudiziario. Su questo punto la motivazione appare carente. Peraltro, la stessa insufficienza motivazionale si riscontra in relazione alle altre condotte contestate, in quanto i giudici hanno omesso ogni considerazione in ordine al fatto - di cui da conto la stessa sentenza - che non vi sarebbe stata alcuna inottemperanza ad eseguire il decreto ingiuntivo, dal momento che nell'accesso del 4.1.2007 sarebbe stato possibile il pignoramento da parte del creditore procedente avendo i conduttori dell'immobile di via XXXXXXX dichiarato quali fossero i beni di proprietà dell'imputato. Circostanza questa che appare rilevante, soprattutto se si tiene conto che successivamente, secondo quanto assume la difesa, nello stesso appartamento il creditore ha eseguito regolarmente il pignoramento mobiliare sui beni del S. . In questo caso la sentenza non chiarisce la effettiva portata delle condotte fraudolente poste in essere dall'imputato, non risultando dimostrata la concreta capacità dei mutamenti di residenza di impedire la esecuzione del provvedimento giudiziale. 5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bari per un nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Bari.