Percosse, ingiurie e minacce verso la moglie, ma nessuna ipotesi di maltrattamenti: pochi gli episodi ‘incriminati’

Addebito ‘rivisto’ ai danni dell’uomo, resosi protagonista, in negativo, nei confronti della moglie. Confermata la ‘cancellazione’ della ipotesi di maltrattamenti ai danni di un familiare troppo radi gli episodi negativi evidenziati in un arco temporale di diciotto anni.

Solo violenze, e non maltrattamenti in serie. Questa l’ottica che, fondata sulla ‘rarefazione’ delle condotte offensive – ‘spalmate’ su diciotto anni di vita assieme – nei confronti della moglie, rende meno grave la posizione dell’uomo. Cassazione, sentenza n. 49857, Sesta sezione Penale, depositata oggi Episodi . A ‘minimizzare’ le accuse nei confronti dell’uomo, resosi ‘protagonista’ di condotte violente nei confronti della moglie, hanno provveduto già i giudici della Corte d’Appello, modificando la decisione del Tribunale e qualificando i fatti di maltrattamento contestati come delitti di percosse, ingiurie e minacce . Pronta la reazione del Procuratore Generale, che contesta la valutazione tracciata in secondo grado lì, contesta il Procuratore, si è ritenuta credibile la persona offesa , cioè la donna, ma si è comunque esclusa l’abitualità della condotta attribuita all’uomo. Eppure, è provato, evidenzia il Procuratore, un regime coniugale improntato a prevaricazione a causa della personalità del marito, considerato uomo violento . Ma tale obiezione non spinge i giudici del ‘Palazzaccio’ a rivedere la pronunzia emessa in Appello non si può parlare, quindi, di maltrattamenti contro una familiare . Decisiva la considerazione che non è da considerare acclarata la abitualità delle condotte aggressive, vessatorie e irriguardose tenute dall’uomo nei confronti della moglie, poiché, evidenziano i giudici, gli episodi, sia di violenza che di ingiuria, che connotarono, in senso negativo, il comportamento del marito verso di lei, furono in realtà ben pochi nell’arco dei diciotto anni presi in considerazione . A confermarlo anche le parole dei testimoni, i quali hanno fatto riferimento a episodi specifici, isolati e distanti nel tempo . Senza dimenticare, infine, concludono i giudici, che l’atteggiamento psicologico del marito non era costantemente volto al disprezzo nei confronti della moglie.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 20 novembre – 11 dicembre 2013, n. 49857 Presidente Di Virginio – Relatore Capozzi Considerato in fatto e ritenuto in diritto 1. Con sentenza dei 23.5.2012 la Corte di appello di Cagliari - a seguito di gravame interposto da A.C. avverso la sentenza emessa il 9.11.2010 dal Tribunale di Cagliari - ha riformato parzialmente detta sentenza e - qualificando i fatti di maltrattamento contestati come delitti di percosse, ingiurie e minacce legati dalla continuazione - ha rideterminato la pena, escludendone la sospensione condizionale ha dichiarato n.d.p. nei confronti dell’imputato relativamente ai fatti antecedenti al 2.6.2008 per mancanza di querela, confermando nel resto la sentenza di primo grado. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari deducendo violazione di legge con riferimento agli artt. 582 c.p. e 521, 606 lett. b c.p.p., avendo la Corte territoriale contraddittoriamente ritenuto credibile la parte offesa ma escluso l’abitualità della condotta dell’imputato ed avendo confuso quest’ultima con la reiterazione continua ed ininterrotta di violenze, risultando provato un regime coniugale improntato a prevaricazione a causa della personalità dell’A., uomo violento. In ogni caso, la Corte aveva erroneamente qualificate come percosse le lesioni prodotte dalla aggressione violenta ai danni della p.o. il 2.6.2008. 3. Propone , altresì, ricorso per cassazione l’imputato deducendo 3.1. mancata assunzione di prova decisiva richiesta dalla difesa all’udienza del 22.6.2010, il cui rigetto era stato oggetto di appello, trattandosi di prove testimoniali che avrebbero potuto consentire di valutare l’attendibilità della p.o 3.2. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al giudizio di attendibilità della p.o. non essendosi considerati gli elementi offerti a proposito dalla difesa con particolare riguardo all’asserita distruzione dei certificati medici, alla ritrattata denuncia di violazione degli obblighi di assistenza familiare . Quanto all’episodio del 2.6.2008 la motivazione è difettosa non risultando alcuna conferma da parte dei figlio Nicolò. Quanto alle attenuanti generiche, la Corte non avrebbe motivato il mancato riconoscimento, già oggetto di appello. Infine, quanto al merito civile mancherebbe la motivazione sui criteri di quantificazione del danno, rimasta inalterata nonostante il ridimensionamento dei fatti. 4. La parte civile C.S. ha depositato memoria adesivo alle ragioni del P.G. ricorrente. 5. II ricorso del P.G. è inammissibile. 5.1. Il reato di cui all’art. 572 cod.pen. consiste nella sottoposizione dei familiari ad una serie di atti di vessazione continui e tali da cagionare sofferenze, privazioni, umiliazioni, le quali costituiscono fonte di un disagio continuo ed incompatibile con normali condizioni di vita i singoli episodi, che costituiscono un comportamento abituale, rendono manifesta l’esistenza di un programma criminoso relativo al complesso dei fatti, animato da una volontà unitaria di vessare il soggetto passivo Sez. 6, Sentenza n. 7192 del 04/12/2003 Rv. 228461 Imputato Camiscia. . 5.2. Si è correttamente posto nell’alveo di legittimità la sentenza impugnata che ha escluso la prova della abitualità di condotte aggressive, vessatorie ed irriguardose dell’imputato ai danni della moglie, rimarcando che - alla stregua delle stesse attendibili informazioni di quest’ultima - gli episodi sia di violenza che di ingiuria che connotarono in senso negativo il comportamento dei marito verso di lei furono in realtà ben pochi nell’arco di diciotto anni presi in considerazione e che, oltretutto, l’atteggiamento psicologico dei marito non era costantemente volto al disprezzo. Anche gli altri testimoni non offrono diverso motivo di apprezzamento dei fatti, facendo riferimento a episodi specifici, isolati e distanti nel tempo. 5.3. Quanto alla qualificazione dell’episodio del 2.6.2008 la doglianza dell’accusa si risolve in una inammissibile incursione nel merito facendo riferimento al contenuto di una certificazione non risultante dal testo delle sentenze e, in ogni caso, trattandosi di decisione conforme alla contestazione che non fa riferimento ad eventi lesivi. 6. Il ricorso dell’imputato. 6.1. Inammissibile è la prima censura per genericità, facendo mero rinvio all’analoga deduzione in appello e non palesando la decisività delle prove richieste rispetto alla complessiva congrua motivazione resa al riguardo dalla sentenza. 6.2. Analoga inammissibilità coglie la seconda doglianza, in relazione al profilo di attendibilità della p.o., per le medesime ragioni. Quanto all’episodio del 2.6.2008 la doglianza è aspecifica limitandosi a negare l’apporto probatorio delle dichiarazioni del figlio. Quanto alle attenuanti generiche come per le statuizioni civili, le relative doglianze in appello sono del tutto specifiche e, pertanto, alcuna censura merita l’assenza di motivazione al riguardo. 7. Alla inammissibilità dei ricorso dell’imputato consegue la condanna del predetto al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. L’imputato va, altresì, condannato alla rifusione delle spese in favore della costituita parte civile liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibili I ricorsi e condanna A.C. al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, I’A. alla rifusione delle spese che liquida nella somma di euro 1.500,00, oltre accessori in favore della parte civile C.S.