Costruisce bottiglia molotov in plastica per dar fuoco alla ex moglie: doppia colpevolezza

Per qualificare l’ordigno come bottiglia incendiaria si pone l’accento, non sul materiale col quale è realizzato il contenitore, ma sulla sua struttura, sulle modalità di funzionamento, sugli effetti producibili e sul potenziale lesivo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 49351, depositata il 9 dicembre 2013. Il caso. Un imputato era stato ritenuto responsabile per aver fabbricato illegalmente un congegno micidiale del tipo bottiglia molotov” capo A e per aver commesso atti persecutori in danno della ex moglie, in modo da ingenerare un fondato timore per la incolumità della stessa e del figlio. Le sentenze di merito avevano fondato il giudizio di colpevolezza su quanto denunciato dalla persona offesa e da altri informatori, uno dei quali aveva informato la donna che l’ex marito gli aveva confidato di aver realizzato un ordigno incendiario col quale era intenzionato a dar fuoco al figlio e alla moglie. Quest’ultima era stata anche accompagnata dall’informatore a casa dell’uomo, innanzi alla quale aveva rinvenuto una bottiglia incendiaria, che aveva consegnato ai Carabinieri. Contro questa sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione. A suo dire, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il dispositivo in sequestro costituisse arma da guerra, senza considerare che, per la natura del contenitore di plastica, non era suscettibile, in caso di esplosione, di propagare frammenti di vetro. Inoltre, il ricorrente ha lamentato che il giudizio di colpevolezza era stato basato esclusivamente sulle dichiarazioni della parte lesa. Capacità di cagionare una deflagrazione e un incendio. Per la Suprema Corte il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello ha osservato in modo pertinente e fondato che le bottiglie incendiare sono considerate arma da guerra non soltanto quando siano costituite da materiale di vetro, ma in tutti i casi in cui l’ordigno sia dotato di liquido infiammabile, di un sistema di chiusura e di uno stoppino, anche rudimentale, idoneo, come nel caso in esame, ad essere acceso con il fuoco all’atto del lancio e quindi capace di innescare un’esplosione . Dunque, Piazza Cavour ha affermato che tali principi interpretativi sono stati puntualmente rispettati dalla decisione impugnata, ribadendo, anche, la distinzione tra la bottiglia contenente liquido infiammabile – pacificamente esclusa dalla categoria delle armi da guerra – e quella incendiaria perché dotata, rispetto alla prima, di un meccanismo di innesco. Priva di fondamento è stata considerata anche l’ulteriore doglianza. Valutazione congiunta delle emergenze probatorie immune da vizi. La Corte d’Appello aveva confermato il giudizio di reità in ordine al delitto di stalking sulla scorta delle dettagliate informazioni fornite dalla ex moglie circa i comportamenti minacciosi dell’imputato. Data la narrazione chiara e dettagliata della parte lesa - sulla insistenza e determinazione nei comportamenti lesivi dell’ex marito - e il rinvenimento della bottiglia incendiaria - atta e funzionante -, il Collegio ha ritenuto logica la valutazione dei giudici territoriali. Questi, infatti, alla luce delle risultanze probatorie, avevano rinvenuto attendibile dimostrazione delle persecuzioni che per un lasso di tempo di mesi il ricorrente aveva posto in essere in danno della donna, così integrando tutti i presupposti per configurare il delitto ex art. 612- bis c.p. atti persecutori . Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 novembre - 9 dicembre 2013, n. 49351 Presidente Chieffi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa il 12 ottobre 2012 la Corte di Appello di Roma confermava quella emessa dal Tribunale di Viterbo in data 7/2/2012, con la quale, all'esito del giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, l'imputato M D. era stato ritenuto responsabile dei delitti ascrittigli di cui agli artt. 1 e 2 della legge 895/1967, in relazione all'art. 1 della legge 110/1975, perché senza licenza illegalmente fabbricava e deteneva un congegno micidiale del tipo bottiglia molotov capo A e di atti persecutori commessi in danno della ex moglie N D. in modo da ingenerare un fondato timore per la incolumità della stessa e del figlio M.R. capo B , fatti commessi in omissis e, unificati detti reati nel vincolo della continuazione, era stato condannato alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 800,00 di multa, oltre alla interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e con l'applicazione della misura di sicurezza dell'allontanamento dal territorio nazionale a pena espiata. 1.1 Entrambe le sentenze di merito avevano fondato il giudizio di colpevolezza su quanto denunciato da N D. e da altri informatori, dai quali era emerso che l'imputato sin dai primi tempi del loro matrimonio l'aveva sottoposta a minacce e percosse, e, quando ella nel 2011 aveva assunto la decisione di separarsi e si era trasferita in altra abitazione col figlio, aveva preso a seguirla, ad effettuare chiamate telefoniche minacciose, a rivolgerle insulti, ad attenderla sotto casa per manifestarle il proposito di ucciderla e di dare fuoco a lei stessa ed al figlio inoltre, in data omissis ella, allertata da un conoscente, aveva rinvenuto innanzi alla casa dell'imputato una bottiglia incendiaria, che aveva consegnato ai Carabinieri. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore per chiederne l'annullamento per i seguenti motivi, a Inosservanza e/o applicazione della legge penale in relazione al disposto degli artt. 1 e 2 della legge n. 895/67 la Corte di Appello aveva erroneamente ritenuto che il dispositivo in sequestro costituisse arma da guerra senza avere considerato che, per la natura del contenitore di plastica, non era suscettibile, in caso di esplosione e di propagare frammenti di vetro, unica condizione in presenza della quale avrebbe potuto qualificarsi come ordigno incendiario 2 illogicità o difetto di motivazione in ordine al delitto di cui al capo 1 per non avere accertato i giudici di merito il contenuto della bottiglia, se avente carattere micidiale o meno ed aver ritenuto che essa fosse riempita con del carburante soltanto perché l'imputato aveva ammesso di averla realizzata a scopi difensivi, pur in assenza di un giudizio peritale in tal senso. 3 Illogicità e difetto di motivazione in relazione al delitto di cui al capo 2 , in ordine al quale il giudizio di colpevolezza era stato basato esclusivamente sulle dichiarazioni della parte lesa, in sé insufficienti perché non confermate dalla teste C. e da nessuna altra fonte circa la ripetizione nel tempo delle condotte persecutorie, tanto che poi nel corso del giudizio di appello ella aveva rimesso la querela. 4 Mancanza e/o illogicità della motivazione relativamente al diniego della circostanza attenuante di cui all'art. 5 L. n. 895/67, chiesta già con l'atto di appello senza che la Corte di Appello avesse esaminato la relativa doglianza. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. 1. Il primo motivo di gravame ripropone tematica di natura giuridica circa la non configurabilità del delitto contestato al capo 1 in ragione della consistenza materiale del dispositivo incendiario sequestrato, costituito da un contenitore in plastica e non in vetro. 1.1 Al riguardo la Corte territoriale ha osservato in modo pertinente e fondato che le bottiglie incendiarie sono considerate arma da guerra non soltanto quando siano costituite da materiale in vetro, capace quindi con la deflagrazione di proiettare all'esterno schegge, ma in tutti i casi in cui l'ordigno sia dotato di liquido infiammabile, di un sistema di chiusura e di uno stoppino, anche rudimentale, idoneo, come nel caso preso in esame, in cui nella bottiglia era stato collocato un pezzo di stoffa, ad essere acceso con il fuoco all'atto del lancio e quindi capace di innescare un'esplosione quando le fiamme si propaghino da esso al liquido contenuto. In questi casi il dispositivo, per la sua capacità di cagionare una deflagrazione ed un incendio, di provocare effetti violenti ed altamente offensivi mediante la vampata e lo sprigionarsi di gas rientra nel novero delle armi da guerra, in applicazione di quanto prescritto dall'art. 1 legge 18 aprile 1975 n. 110 che equipara a tale armi, tra l'altro, le bottiglie e gli involucri esplosivi o incendiari . 1.2 Del resto, l'orientamento interpretativo costante della giurisprudenza di legittimità, per qualificare l'ordigno come bottiglia incendiaria pone l'accento, non sul materiale col quale è realizzato il contenitore, ma sulla sua struttura, sulle modalità di funzionamento, sugli effetti producibili e sul potenziale lesivo, tanto da avere elaborato la distinzione tra la bottiglia contenente liquido infiammabile, pacificamente esclusa dalla categoria delle armi da guerra, e quella incendiaria perché dotata, rispetto alla prima, di un meccanismo di innesco Cass., sez. 2, n. 1622 del 12/12/2012, Zeqiri e altro, rv. 254451 sez. 1, n. 6132 del 22/01/2009, P.M. in proc. Mattei, rv. 243376 sez. 1, n. 29943 del 3/7/2008, Tresa, rv. 240936 sez. 1, n. 17218 del 22/2/2001, Trivellato, rv. 218763 sez. 1, n. 7376 del 18/5/1993, rv. 195267 sez. 1, n. 6534 del 05/04/1991, D'Angelo, rv. 187633 sez. 1, n. 1311 del 16/10/1990, Colombini ed altri, rv. 186716 . Tali principi interpretativi sono stati puntualmente rispettati dalla decisione impugnata. 2. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, rileva questa Corte che la questione circa la qualificazione giuridica della condotta di cui al capo 1 risulta affrontata e risolta in modo esaustivo ed aderente alle risultanze probatorie nella sentenza impugnata, ove si è fatto riferimento, senza che fosse necessario alcun ulteriore accertamento tecnico, alle verifiche circa la presenza di carburante all'interno della bottiglia in sequestro, condotte dal personale della Squadra artificieri antisabotaggio del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, quindi di un reparto delle forze di polizia particolarmente esperto e qualificato nel riconoscimento e trattamento di sostanze infiammabili ed esplodenti. Inoltre, si è posto in evidenza come l'imputato, il quale aveva ammesso di avere fabbricato l'ordigno per scopi difensivi, aveva con ciò riconosciuto anche di aver impiegato materiale esplosivi, dotati di sicura capacità letale. 3. È palesemente privo di fondamento anche il terzo motivo di gravame la Corte di Appello ha confermato il giudizio di reità in ordine al delitto di cui all'art. 612 bis cod. pen. sulla scorta delle dettagliate informazioni fornite dalla ex moglie circa i comportamenti molesti, offensivi e seriamente minacciosi di morte in danno della stessa e del figlioletto, che l'imputato aveva tenuto nei suoi riguardi dal momento della loro separazione in poi, sino ad averle insistentemente rappresentato l'intenzione di darle fuoco assieme al figlio. La narrazione della parte lesa, sufficientemente chiara, logica e dettagliata, ha indicato con timore una preoccupante insistenza e determinazione nei comportamenti lesivi dell'imputato, spintosi ad attenderla sotto casa, a tentare di forzarne la porta d'ingresso, ad indirizzarle chiamate telefoniche piene di insulti e di minacce di morte. I giudici di merito hanno quindi evidenziato come proprio il timore che quei propositi scellerati potessero tradursi in atto avevano indotto un conoscente della coppia, il connazionale B. , ad avvertire la denunciante che il D. , sotto gli effetti dell'alcol, gli aveva confidato di avere realizzato un ordigno incendiario col quale era intenzionato a dar fuoco alla moglie ed al figlio e ad accompagnarla a casa di questi per prelevare l'oggetto e consegnarlo ai Carabinieri. Proprio il rinvenimento della bottiglia incendiaria, atta e funzionante, era stato considerato elemento in grado di avvalorare le accuse della donna, comunque riscontrate anche da quanto riferito dalla teste C. , che le aveva offerto protezione in un'occasione in cui il D. si era appostato nei pressi della casa della ex moglie e costei le aveva chiesto aiuto. Sulla scorta della valutazione congiunta di tali emergenze probatorie, logica, coerente, immune da vizi di sorta, non contraddetta da risultanze di segno opposto, i giudici di merito hanno rinvenuto attendibile dimostrazione delle persecuzioni che per un lasso di tempo di mesi il D. aveva posto in essere in danno della parte lesa, così integrando tutti i presupposti per configurare il delitto ascrittogli al capo 2 . 4. Infine, è privo di fondamento anche l'ultimo motivo di ricorso può ritenersi implicita la decisione reiettiva dell'istanza di riconoscimento della circostanza attenuante invocata dalla difesa nel rilievo della gravità oggettiva delle condotte e nel giudizio marcatamente negativo, espresso sulla personalità dell'imputato, elementi ritenuti sufficienti per escludere qualsiasi attenuazione della pena inflitta dal Tribunale. Va soltanto aggiunto che la concessione della circostanza attenuante di cui all'art. 5 legge 2 ottobre 1967 n. 895 implica la considerazione, non soltanto delle caratteristiche di quantità e qualità delle armi, oggetto delle condotte illecite, ma può essere negata anche per altri profili oggettivi e soggettivi del fatto, legati alle modalità della condotta, alle sue finalità, alla personalità del suo autore, suscettibili di valutazione discrezionale da parte del giudice per poter riconoscere che il fatto è lieve. Tanto è stato affermato anche di recente da questa sezione proprio in riferimento ad una fattispecie concreta di fabbricazione, detenzione e porto di una bottiglia incendiaria Cass. sez. 1, n. 26270 del 27/03/2013, Pietrafesa, rv. 255827 nonché sez. 1, n. 7927 del 02/07/1997, Martino, rv. 208266 sez. 1, n. 11894 del 13/11/1995, Giurintano, rv. 203234 sez. 1, n. 6238 del 22/04/1994, Foschini, rv. 198875 . Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in relazione ai profili di colpa, insiti nella proposizione di siffatta impugnata, al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si reputa equo determinare in Euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.