Tavoli e sedie all’aperto: la violazione urbanistica non fa scattare il sequestro

È stata posta in essere una violazione urbanistica e non l’occupazione di suolo pubblico, quindi, la continuazione dell’uso della struttura fino alla decisione di merito, non comporta alcun aggravio del carico urbanistico.

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 49125/13, depositata lo scorso 6 dicembre. La fattispecie. Il proprietario di un esercizio pubblico aveva realizzato un manufatto esterno poggiante su una pedana in legno e perimetrato da pannelli frangivento coperti da un ombrellone e da un telo, occupanti circa 30mq. di suolo pubblico, munito di una porta di accesso in ferro e vetro, senza la prescritta concessione. Tavolini e sedie su suolo pubblico? Nonostante ciò, il Tribunale del riesame aveva annullato il decreto di sequestro preventivo del manufatto, osservando che essendo stata contestata la violazione urbanistica, e non l’occupazione di suolo pubblico, la continuazione dell’uso della struttura, fino alla decisione di merito, non comportava aggravio del carico urbanistico. A proporre ricorso per cassazione è il pm, il quale sostiene che il periculum in mora consiste nell’aggravio del carico urbanistico, perché l’incremento volumetrico del locale comporta una maggiore richiesta di servizi cd. secondari, come spazi pubblici destinati a parcheggio, trasporto, smaltimento rifiuti e viabilità . Si tratta di violazione urbanistica, non di occupazione di suolo pubblico. La S.C. afferma che, in realtà – anche secondo quanto affermato in sede di Riesame – l’opera era già ultimata e il Comune aveva autorizzato l’occupazione del suolo. E poi – concludono gli Ermellini - non poteva ipotizzarsi un aggravio del carico sotto il profilo dei servizi secondari , perché, alla fine, gli stessi servizi potevano essere e sono offerti anche a prescindere dall’opera in questione . Pertanto, il ricorso viene dichiarato inammissibile, anche perché il pm ha prospettato una diversa valutazione dell’incidenza del manufatto in questione sul carico urbanistico.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 novembre – 6 dicembre 2013, n. 49125 Presidente Squassoni – Relatore Franco Svolgimento del processo Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Salerno annullò il decreto di sequestro preventivo di un manufatto realizzato in aderenza di un e-sercizio commerciale emesso il 14.5.2012 dal Gip del tribunale di Salerno nei confronti di C.D., in relazione al reato di cui all'art. 44, lett. b , d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380. Nella specie all'indagato è stato contestato di avere realizzato, in aderenza al suo esercizio pubblico, un manufatto esterno poggiante su una pedana in legno e perimetrato da pannelli frangivento coperti da un ombrellone e da un telo, occupanti circa 30 mq. di suolo pubblico, munito di una porta di accesso in ferro e vetro, senza la prescritta concessione. Il tribunale del riesame osservò - che struttura era pacificamente ultimata e funzionante e che il Comune aveva autorizzato l'occupazione del suolo - che era stata contestata la sola violazione urbanistica e non l'occupazione di suolo pubblico , sicché la continuazione dell'uso della struttura, fino alla decisione di merito, non comportava, in concreto, alcun aggravio del carico urbanistico perché gli stessi servizi potevano essere offerti anche a prescindere dall'opera in questione. Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Salerno propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge, in relazione all'art. 321 e 322 c.p.p. ed agli artt. 44 D.P.R. n. 380/01. Lamenta che la motivazione dell'ordinanza impugnata è sostanzialmente inesistente e comunque in contrasto con i principi in materia di sequestro preventivo di opere ultimate. Nella specie, infatti, il periculum in mora consiste nell'aggravio del carico urbanistico, perché l'incremento volumetrico del locale comporta una maggiore richiesta di servizi c.d. secondari, come spazi pubblici destinati a parcheggio, trasporto, smaltimento rifiuti e viabilità. Inoltre, la concessione rilasciata per l'occupazione di suolo pubblico con tavoli e sedie non vale a ritenere positivamente superato il controllo sul carico urbanistico ulteriore e diverso determinato dalla struttura realizzata, controllo che avrebbe comportato la complessiva valutazione circa le conseguenze di una siffatta trasformazione urbanistica in un'area della città particolarmente congesta per la contestuale presenza di una miriade di esercizi pubblici significativamente ampliati con analoghe strutture abusive. Osserva ancora che il manufatto in questione, assumendo funzione di stabile e diuturno ampliamento del locale cui è annesso e direttamente collegato, si connota quale volume abitativo utile, nuova costruzione, con connesso aggravio del carico urbanistico in senso quantitativamente e qualitativamente differente rispetto alle conseguenze della fruizione della stessa superficie all'aperto. Motivi della decisione Come è ben noto, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali può essere proposto esclusivamente per violazione di legge e per totale mancanza di motivazione, cui è equiparabile soltanto la motivazione meramente apparente, e non anche per vizi di motivazione, quale la manifesta illogicità della motivazione. Nel caso in esame non è ravvisabile né è effettivamente prospettata alcuna violazione di legge o di principi di diritto. Il pubblico ministero ricorrente prospetta invece, in realtà, una diversa valutazione della incidenza del manufatto in questione sul carico urbanistico o, tutt'al più, una manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza di un aggravamento del carico urbanistico. Ora, sul punto, l'ordinanza impugnata contiene una motivazione - che non è condivisa dal pubblico ministero ricorrente che la ritiene erronea ed illogica - ma che è certamente esistente e sicuramente adeguata. Il tribunale del riesame ha invero osservato - che l'opera era già ultimata e che il Comune aveva autorizzato l'occupazione del suolo - che, essendo stata contestata la sola violazione urbanistica e non l'occupazione di suolo pubblico , la continuazione dell'uso della stessa, fino alla decisione di merito, non comportava, in concreto, alcun aggravio del carico urbanistico tale da legittimare la permanenza del vincolo - che infatti non poteva ipotizzarsi un aggravio del carico sotto il profilo dei servizi c.d. secondari parcheggi, rifiuti e quant'altro , perché l'identica situazione poteva ugualmente profilarsi anche se quei locali - che erano regolarmente autorizzati - offrissero gli stessi servizi servendosi della preesistente struttura all'aperto - che la contestata chiusura quindi non realizzava, in concreto, un aggravio se non sporadico e dipendente dal contesto meteorologico ed in quanto tale non apprezzabile a livello di periculum perché, alla fine, gli stessi servizi potevano essere e sono offerti anche a prescindere dall'opera in questione. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del PM.