Il GUP deve valutare l’inutilità del dibattimento, non l’innocenza dell’imputato

In tema di udienza preliminare, il criterio di valutazione per il giudice dell'udienza preliminare non è l'innocenza dell'imputato, ma l'inutilità del dibattimento, anche in presenza di elementi di prova contraddittori od insufficienti.

Ne consegue che il giudice, anche in tal caso, deve pronunziare sentenza di non luogo a procedere solo quando sia ragionevolmente prevedibile che gli stessi siano destinati a rimanere tali all'esito del giudizio. Lo ha ribadito la Terza sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 48475, depositata il 4 dicembre 2013. La funzione dell’udienza preliminare. Nell’originaria impostazione del codice di procedura penale, l’udienza preliminare costituiva la fase in cui il giudice è chiamato a verificare, nel contraddittorio delle parti ed in assenza di pubblicità, la fondatezza dell’azione penale, consentendo una decisione allo stato degli atti pure finalizzata ad evitare il passaggio alla fase del dibattimento di imputazioni azzardate. Il quadro normativo è, in seguito, profondamente mutato dapprima con l’eliminazione del requisito della evidenza della prova come condizione dell’emissione, da parte del giudice dell’udienza preliminare, della sentenza di non luogo a procedere per ragioni di merito poi con la più pregnante riscrittura della disciplina codicistica ad opera della legge Carotti l. n. 479/1999 , con la quale, da un lato, è stata anticipata all’udienza preliminare l’applicazione di istituti propri del dibattimento da altro lato, sono state introdotte sostanziali modifiche tese ad ampliare i poteri istruttori e decisori del giudice dell’udienza preliminare. Funzionalmente lo scopo principale dell’udienza preliminare consiste nello svolgere un ruolo di controllo giurisdizionale sull'esercizio dell'azione penale, controllo che funge da filtro, così da evitare il proseguimento del giudizio a carico di un imputato nei cui confronti non sussistono elementi idonei a giustificarne il rinvio a giudizio e quindi a sostenere l'accusa in giudizio art. 125 disp. att. c.p.p. . Corollari di tale funzione sono un ruolo tendenzialmente di garanzia a favore dell'imputato e un auspicabile effetto deflattivo per le imputazioni prive di fondamento. L’udienza preliminare è inoltre momento determinante per la scelta dei riti alternativi al dibattimento e pone, dunque, al difensore, la necessità di effettuare importanti scelte strategiche. Nel caso di specie, la Suprema Corte di Cassazione ha censurato la decisione del Giudice dell’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Fermo, nella parte in cui non ha minimamente spiegato perché gli elementi acquisiti agli atti fossero inidonei a sostenere l’accusa in dibattimento. Persona offesa dal reato e danneggiato. La sentenza in commento appare inoltre interessante per aver affrontato il tema dell’inammissibilità del ricorso della parte civile, ribadendo ancora una volta la fondamentale distinzione tra persona offesa dal reato e persona dal medesimo danneggiata. Come è noto, la persona offesa dal reato è il soggetto titolare dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice in concreto violata e, quindi, leso dall’illecito penale. Tale soggetto esercita i diritti e le facoltà riconosciuti dalla legge ad esempio, ove ne faccia richiesta, deve essere avvertito della richiesta di archiviazione inoltrata dal Pubblico Ministero al Giudice delle Indagini Preliminari esso inoltre può sempre depositare memorie può, tranne che nel giudizio di legittimità dinanzi alla Suprema Corte di Cassazione, indicare elementi di prova se è anche persona danneggiata dal reato, può costituirsi parte civile entro il termine per sollevare le questioni preliminari in dibattimento, previsto dall’art. 491 c.p.p Con la pronuncia in esame, il Supremo Collegio riafferma il principio per cui, nei procedimenti per violazioni urbanistico-edilizie, è legittima la costituzione di parte civile del Comune nel cui territorio insiste l'opera, atteso che nell'ente locale è identificabile una situazione di interesse personale e differenziato distinto dall'interesse diffuso all'osservanza delle norme urbanistiche comune alla generalità dei cittadini. In tal caso il danno discende dall'offesa al bene specifico individuato proprio nel territorio il cui assetto urbanistico viene ad essere pregiudicato dall'intervento abusivo. Ne consegue che il soggetto, diverso dalla pubblica amministrazione, che assume di aver subito un pregiudizio dalla edificazione abusiva non è persona offesa dal reato, ma solo danneggiato, in quanto parte offesa è esclusivamente la pubblica amministrazione, che è titolare degli interessi attinenti alla tutela del territorio, protetti dalla norma incriminatrice. Il dolo nell’abuso di ufficio. Altro tema affrontato nella decisione in esame è quello del dolo nel reato di abuso di ufficio. Come è noto, l’attuale formulazione dell’art. 323 c.p. prevede che il delitto de quo debba essere compiuto con dolo generico intenzionale in altri termini, occorre che l’agente persegua il fine di realizzare, mediante la propria condotta abusiva, il conseguimento di un vantaggio o di un danno ingiusto. L’intenzionalità del comportamento abusivo è in correlazione seppur indiretta con il bene giuridico tutelato dalla norma in esame, consistente nel buon andamento e nell’imparzialità della Pubblica Amministrazione art. 97 Cost. . Più nello specifico, la condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, che risulti lesiva del buon funzionamento e della imparzialità dell'azione amministrativa, rileva alla duplice condizione che contrasti con norme specificamente mirate ad inibire o prescrivere la condotta stessa, e che dette norme presentino i caratteri formali ed il regime giuridico quanto meno della legge o del regolamento cfr. Cass. n. 25162/2008 .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 novembre - 4 dicembre 2013, numero 48475 Presidente Fiale – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 21.12.2011 il GUP del Tribunale di Fermo dichiarava non luogo a procedere nei confronti di S.P. , G.M. e F.D. in ordine ai reati di cui all'articolo 323 c.p. loro rispettivamente ascritti ai capi c e d perché i fatti non costituiscono reato. Premetteva il GUP che il G. , quale tecnico istruttore responsabile del procedimento urbanistico, esprimeva parere di conformità e la S. , quale responsabile dell'Area OO.PP. e Gestione del territorio del Comune di Sant'Elpidio a Mare, rilasciava il permesso di costruire numero XXXXX per la realizzazione di tre centri commerciali nell'area progetto APC 6, da eseguirsi in località OMISSIS , in favore della società Il Castagno srl la F. , quale responsabile dell'Area risorse finanziarie e Strumentali e dello Sviluppo economico del Comune di Sant'Elpidio a Mare, rilasciava, a sua volta, tre autorizzazioni commerciali in favore della medesima società. Tanto premesso, rilevava il GUP che gli atti di indagine non erano idonei a sostenere l'accusa in dibattimento in relazione all'elemento soggettivo di cui all'articolo 323 c.p. dolo intenzionale . Dagli atti non emergeva alcun indizio di collusioni neppure ipotizzate nell'imputazione con i soggetti responsabili della società destinataria dei provvedimenti e neppure la consapevolezza di violazione della normativa urbanistica articolo 44 NTA del PRG che consentiva di realizzare nell'area unicamente strutture di vendita di tipo medio, vale a dire con superficie non superiore a 2.500 mq. , tenuto conto della non chiara formulazione della L.R. Marche numero 26/1999 in ordine alla possibilità che un unico centro commerciale contenga più strutture senza che in tal modo venga a configurarsi una grande struttura di vendita. La F. , inoltre, prima del rilascio delle tre autorizzazioni commerciali aveva richiesto parere in ordine alla configurabilità, sotto l'aspetto urbanistico, di una struttura edilizia unica oppure di tre strutture edilizie distinte tra loro, aventi autonomia funzionale, servizi e standard separati. Stante tali difficoltà interpretative non sussisteva pertanto neppure la macroscopica illiceità dell'atto, da cui poter desumere secondo la giurisprudenza di legittimità, il dolo intenzionale del reato di cui all'articolo 323 c.p 2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Fermo, denunciando l'erronea applicazione dell'articolo 425 co. 3 c.p.p. e la manifesta illogicità della motivazione. Premette il ricorrente P.M. che la realizzazione del centro commerciale era avvenuta in contrasto radicale con le previsioni del piano di lottizzazione, approvato dal Comune, che prevedeva la costruzione di un unico edificio, essendo stati realizzati quattro edifici. Con il rilascio dei tre permessi di costruire si aggirava palesemente il disposto dell'articolo 44 delle NTA secondo cui la superficie di vendita non può essere superiore a 2.500 mq in quanto le tre strutture, pur avendo complessivamente una superficie di circa 6.000 mq, singolarmente non superavano i 2.500 mq Eppure, come emergeva dalla disposta consulenza tecnica, i tre edifici, sia sotto il profilo edilizio che sotto quello commerciale costituivano un'unica struttura da definirsi quindi come grande struttura . Tanto premesso, la sentenza del GUP, in relazione alle posizioni di G. e S. per le quali viene proposta impugnazione viola l'articolo 425 co. 3 c.p.p. e motiva illogicamente in ordine alla insufficienza di elementi, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, per disporre il rinvio a giudizio, quanto meno con riferimento alla violazione del piano di lottizzazione. Contrariamente a quanto ritenuto dal GUP risulta con evidenza la macroscopica illegittimità dei tre permessi di costruire rilasciati per la realizzazione di quattro edifici, nonostante che il piano di lottizzazione approvato ne prevedesse uno solo, con l'evidente finalità di aggirare le previsioni dell'articolo 44 NTA e quindi per arrecare un ingiusto vantaggio patrimoniale al beneficiario. Del tutto apoditticamente, poi, il GUP ha escluso la possibilità di approfondimenti dibattimentali e del tutto contraddittoriamente ed illogicamente, pur riconoscendo l'evidenza della violazione del piano di lottizzazione e quindi la sussistenza della consapevolezza della violazione dello strumento urbanistico, non attribuisce ad essa lo stesso valore sintomatico che avrebbe attribuito alla violazione delle NTA senza le difficoltà ermeneutiche della legislazione regionale. 3. Ricorre per cassazione la parte civile TOD'S spa, a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la contraddittorietà, illogicità manifesta ed in parte la omessa motivazione. Il GUP, dopo aver riconosciuto l'evidenza della violazione del piano di lottizzazione, contraddittoriamente dubita dell'esistenza del dolo, adducendo difficoltà interpretative della normativa regionale. Nella motivazione si riconosce che le strutture edilizie sono quattro, per cui se gli imputati avessero ritenuto, in buona fede, che ad ogni struttura edilizia debba corrispondere una distinta struttura commerciale, avrebbero dovuto negare il rilascio di soli tre permessi di costruire. Inoltre la norma regionale non è isolata nell'ordinamento, risultando la definizione di centro commerciale data dall'articolo 4 D.L.vo 114/98, legge quadro vigente su tutto il territorio nazionale tale norma statale richiamata dal GUP rende assolutamente insostenibile la difficoltà interpretativa, tenuto conto anche della preparazione e competenza professionale e dell'assoluta incongruità ed incompletezza del parere del G. richiamato in relazione alla posizione della F. . La sentenza omette di motivare inoltre in ordine ai beni interessi sottesi alla diversa disciplina urbanistica dettata per le grandi strutture di vendita ed al più complesso iter procedimentale previsto per il rilascio delle relative autorizzazione. Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'articolo 425 c.3 c.p.p., avendo il GUP espresso un giudizio, riservato al Giudice del dibattimento, sulla colpevolezza degli imputati, invece di limitarsi ad accertare la sostenibilità dell'accusa in dibattimento. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 323 c.p. e la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine all'impossibilità di ottenere in dibattimento elementi sintomatici del dolo intenzionale. 3.1. Con memoria del 21.10.2013 la parte civile TOD'S evidenzia che, come emerge dalla allegata sentenza del Consiglio di Stato del 2.8.2013, che ha confermato la sentenza del Tar Marche, quella realizzata dalla società Il Castagno srl è una grande struttura di vendita. Ribadisce, inoltre, che l'articolo 44 NTA non consentiva nell'area di proprietà della predetta società la realizzazione di una grande struttura di vendita. 4. Con memoria, depositata in cancelleria il 30.10.2013, il difensore di F.D. , deduce l'inammissibilità del ricorso proposto dalla parte civile TOD'S. Tale parte civile può essere considerata eventualmente quale danneggiata dal reato, contestandosi una condotta volta a procurare vantaggio a terzi l'unica parte offesa è la P.A. . Il danneggiato che non sia anche persona offesa non può impugnare la sentenza di non doversi procedere, ma deve proporre autonoma azione risarcitoria civile. 5. Con memoria, deposita in cancelleria il 27.2.2013, il difensore di G. e S. , chiede il rigetto delle impugnazioni, avendo il GUP, sulla base della costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, ampiamente motivato sulla insussistenza del dolo intenzionale. Il ricorso del P.M. desume il dolo soltanto dalla pretesa macroscopica illegittimità del permesso di costruire rispetto al piano di lottizzazione, senza tener conto che esso non costituisce atto normativo ai sensi dell'articolo 323 c.p. che, comunque, non sussiste alcun macroscopico contrasto. L'area in questione risulta individuata nel PRG come APC6 . Il Piano di lottizzazione, approvato dal Consiglio Comunale, negli elaborati grafici prevede il massimo ingombro non indicando le destinazioni d'uso consentite il massimo ingombro dell'edificabile è peraltro non prescrittivo. La richiesta di un unico permesso di costruire di più edifici non risulta vietata da alcuna norma né è prevista la separazione di tali costruzioni, dovendo essere solo rispettata per ogni edificio la superficie consentita per una media struttura. Sia con un unico permesso di costruire che con plurimi permessi si sarebbe potuto realizzare quanto costruito. Le strutture rispettavano le NTA sia per l'uso commerciale consentito UA/2 media struttura di vendita con superficie inferiore a mq.2.500 , sia per i distacchi dai confini e tra gli edifici. L'assunto accusatorio dell'obbligo di realizzare un unico fabbricato rinvenibile nelle tavole 6/a e 6/b allegate al piano di lottizzazione è smentito dalla stessa intestazione di tali elaborati e dal loro contenuto. È corretta, pertanto, l'argomentazione del GUP, secondo cui l'elaborato grafico è solo indicativo del massimo ingombro delle opere. Anche l'assunto che il dolo sarebbe rinvenibile nel fatto che il rilascio dei permessi di costruire era finalizzato a consentire attività di vendita in spazi superiori è smentito dalla circostanza che sia il PRG che i P.d.L. prevedono la realizzazione di medie strutture di vendita senza alcuna limitazione sul numero delle stesse. Peraltro tutta la problematica in ordine alla sussistenza o meno di una grande struttura di vendita non riguarda gli imputati S. e G. . In ogni caso non è possibile ipotizzare il dolo intenzionale stante le difficoltà interpretative della normativa. Considerato in diritto 1. Va rilevata, preliminarmente, la inammissibilità, ai sensi dell'articolo 591 c.p.p., comma 1, lett. a c.p.p., del ricorso della parte civile TOD'S. A norma dell'articolo 428 c.p.p., comma 2, avverso la sentenza di non doversi procedere emessa all'esito dell'udienza preliminare può proporre ricorso per cassazione la persona offesa dal reato nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419 c.p.p., comma 7. La persona offesa che sia costituita parte civile può, però, proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606 c.p.p. È noto che la nozione di persona offesa dal reato non coincide con quella di danneggiato, in quanto la prima costituisce un elemento che appartiene alla struttura del reato, mentre il danneggiato è portatore di interessi connessi alle conseguenze privatistiche dell'illecito penale cfr. sez. 5, 198304116, Bortolotti, RV 158854 a proposito del diritto di querela con l'affermazione che la persona offesa è titolare del diritto di querela, mentre il danneggiato è legittimato ad esercitare l'azione civile nel processo penale . In particolare la persona offesa dal reato deve essere individuata nel soggetto titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito, cfr. sez. 6, 200421090, Soddu, RV 228810 . Peraltro, sono chiare le ragioni che hanno indotto il legislatore a limitare la possibilità di impugnazione della sentenza di non doversi procedere alla sola persona offesa dal reato, poiché detta impugnazione è destinata a produrre direttamente effetti nella sfera penale a differenza dell'impugnazione ai soli effetti della responsabilità civile proponibile dalla parte civile, ai sensi dell'articolo 576 c.p.p., nei successivi gradi del giudizio, cfr. sez. unumero 29.5.2008 numero 25695, P.C. in proc. D'Eramo, RV 239701 . Pertanto, il danneggiato, che non sia anche persona offesa dal reato, non può impugnare la sentenza di non doversi procedere, ma deve proporre autonoma azione risarcitoria nella sede civile cfr. Cass.penumero sez. 3 numero 18811 del 19.5.2010 . Sicché il soggetto che assume di avere subito un pregiudizio dalla edificazione abusiva non è persona offesa dal reato, ma solo danneggiato, in quanto parte offesa è esclusivamente la pubblica amministrazione, che è titolare degli interessi attinenti alla tutela territorio protetti dalla norma incriminatrice cfr. sez. 3, 14.1.2009 numero 6229, P.O. in proc. Celentano ed altri, RV 242532 sez. 3, 15.7.2005 numero 26121, Rosato, RV 231952 . Nel reato di abuso di ufficio, finalizzato a recare un ingiusto vantaggio, l'unica parte offesa è la pubblica amministrazione, e nessun altro soggetto privato assume la qualità di persona offesa dal reato, cfr. sez. 6, 2003,39751, Mancini, RV 226936 conf. sez. 6, 2005,44999, P.O. in proc. Scierri e altro, RV 232625 . Questa Corte ha ripetutamente affermato che il reato di cui all'articolo 323 c.p. ha, invece, natura plurioffensiva quando l'abuso di ufficio sia finalizzato ad arrecare ad altri un danno ingiusto, perché è idoneo a ledere, oltre l'interesse pubblico al buon andamento ed alla trasparenza della P.A., il concorrente interesse del privato a non essere turbato nei suoi diritti dal comportamento illegittimo e ingiusto del pubblico ufficiale cfr. ex multis Cass. Penumero Sez. 6 numero 17642 del 10.4.2008, conf. Cass.penumero sez. 6 numero 13179 del 29.3.2012 . Soltanto in tal caso, quindi, il privato danneggiato riveste la qualità di persona offesa ed è legittimato a proporre impugnazione a norma dell'articolo 428 co.2 c.p.p. 1.1. Risulta chiaramente dalle contestazioni che la parte civile Tod's non è persona offesa del reato. L'abuso di ufficio ex articolo 323 c.p., ascritto agli imputati, rispettivamente ai capi c e d dell'originaria rubrica, era invero finalizzato a procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla società srl Il Castagno e non certo ad arrecare alla TOD'S s.p.a un danno ingiusto. L'unica persona offesa era pertanto la P.A. La parte civile TOD'S s.p.a. , potendo assumere soltanto la veste di eventuale danneggiata dal reato, non era conseguentemente legittimata, per cui il suo ricorso va dichiarato inammissibile, con le conseguenze di legge. 2. Il ricorso del P.M. è, invece, fondato. 2.1. Prima di esaminare le censure mosse con l'impugnazione, appare opportuno soffermarsi sulla natura e sull'inquadramento sistematico della sentenza di non luogo a procedere ex articolo 425 c.p.p Anche dopo le modifiche apportate a tale norma prima dall'articolo 1 L.8.4.1993 numero 105 e poi dall'articolo 23 L. 16.12.1999 numero 479 l'udienza preliminare ha conservato la natura processuale. Pur essendo mutata la regola di giudizio, il criterio di valutazione per il giudice dell'udienza preliminare non è l'innocenza dell'imputato, ma l'inutilità del dibattimento. La giurisprudenza di questa Corte è costantemente orientata nel ritenere che il giudice dell'udienza preliminare abbia il potere di emettere sentenza di improcedibilità non quando ritenga l'innocenza dell'imputato, ma nei casi in cui non vi sia una prevedibile possibilità che il dibattimento possa sfociare in una diversa soluzione. Non contrasta con questa ricostruzione il tenore del nuovo terzo comma dell'articolo 425 c.p.p. che prevede la pronuncia della sentenza di numero l.p. anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio. La norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall'articolo 530 c.p.p. - conferma infatti quanto si è in precedenza espresso il parametro non è l'innocenza ma l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. L'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono quindi avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma la situazione non deve poter essere considerata suscettibile di chiarimenti o sviluppi nel giudizio. Questo giudizio prognostico vale sia per l'ipotesi dell'insufficienza che per quella della contraddittorietà queste caratteristiche legittimeranno la pronunzia della sentenza di numero l.p. solo se non appariranno superabili nel giudizio. In conclusione a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza dell'imputato o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Come è stato affermato in dottrina sfuggono all'epilogo risolutivo i casi nei quali, pur rilevando incertezze, la parziale consistenza del panorama d'accusa è suscettibile di essere migliorata al dibattimento Cfr.Cass.sez,4 numero 26410 del 19.4.2007 conf.Cass.sez.4 numero 47169 dell'8.11.2007 ed in precedenza Cass.sez.6 numero 42275 del 16.11.2001 Cass.penumero sez.6 numero 1662 del 6.4.2000 . Tali principi, peraltro, erano stati posti a base della sentenza della Corte Costituzionale numero 71 del 15 marzo 1996, in cui si affermava l'apprezzamento del merito che il giudice è chiamato a compiere all'esito della udienza preliminare non si sviluppa, infatti, secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di deliberare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento la sentenza di non luogo procedere, dunque, era e resta, anche dopo le modifiche subite dall'articolo 425 c.p.p., una sentenza di tipo processuale , destinata null'altro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal Pubblico Ministero . 2.2. Tanto premesso, risulta pacificamente che il ricorso del P.M. riguarda solo le posizioni di S.P. e G.M. e non anche di F.D. per cui vengono in rilievo soltanto gli aspetti, per così dire, urbanistici della vicenda. Si contesta agli imputati, infatti, di avere, nelle rispettive qualità, procurato intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale alla società Il Castagno srl , in violazione di norme di legge e di regolamento in materia urbanistica, il secondo esprimendo parere di conformità e la prima rilasciando il permesso di costruire di cui al capo che precede benché contrastante con il Piano di lottizzazione e le Norme Tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Sant'Elpidio . Il GUP, dopo aver ricordato che l'elemento soggettivo del delitto di cui all'articolo 323 c.p. è costituito dal dolo intenzionale, ha ritenuto contraddittori e comunque insufficienti, in una prospettiva dibattimentale, gli elementi di prova in ordine al fatto che le condotte degli imputati siano state caratterizzate dalla volontà di arrecare un vantaggio ingiusto ai committenti delle opere edilizie, e della consapevolezza della violazione del piano di lottizzazione e dell'articolo 44 delle norme tecniche di attuazione . Quanto al primo aspetto ha evidenziato che non erano state neppure ipotizzate nell'imputazione collusioni tra i p.u. ed i privati. In ordine alla consapevolezza delle violazioni, pur riconoscendo che tale elemento avrebbe avuto valore indiziario della volontà da parte degli imputati di favorire i richiedenti pag.7 e che, nel caso di specie, l'unico elemento di prova del dolo intenzionale era costituito dall'evidenza della violazione del piano di lottizzazione che prevedeva, sul lotto oggetto dei lavori, la realizzazione di un solo edificio e non dei quattro assentiti - pag.9, ha ritenuto, poi, che non potesse parlarsi di macroscopicità della violazione medesima stante le difficoltà interpretative della legislazione regionale inoltre, secondo il GUP, la stessa evidenza della violazione del progetto allegato alla richiesta di permesso di costruire rispetto al piano di lottizzazione si attenua sensibilmente ove all'elaborato grafico allegato al piano non venga riconosciuto il carattere tecnico di un c.d. planivolumetrico pag.9 . Tale motivazione, peraltro palesemente contraddittori a, si pone nella prospettiva di un accertamento della colpevolezza degli imputati. Il GUP, al di là di un generico riferimento, non spiega, infatti, minimamente perché gli elementi acquisiti e consistenti nella riconosciuta evidenza della violazione del piano di lottizzazione fossero inidonei a sostenere l'accusa in dibattimento. Gli argomenti adoperati difficoltà interpretativa della normativa, peraltro riferita solo alle NTA, e natura dell'elaborato grafico allegato al piano non risultano decisivi proprio perché, come emerge dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, incerti ed opinabili. E, come si evidenziava in precedenza, la previsione di cui all'articolo 425 comma terzo c.p.p. – per la quale il GUP deve emettere sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti o contraddittori – è qualificata dall’ultima parte del suddetto terzo comma che impone tale decisione soltanto ove i predetti elementi siano comunque inidonei a sostenere l’accusa in dibattimento. Ne deriva che solo una prognosi di inutilità del dibattimento relativa alla evoluzione, in senso favorevole all’accusa, del materiale probatorio accolto – e non un giudizio prognostico in esito al quale il giudice pervenga ad una valutazione di innocenza dell’imputato – può condurre ad una sentenza di non luogo a procedere cfr. Cass. penumero Sez. 5 numero 22864 del 15.5.2009 conf. Cass. Sez. 4 numero 43483 del 6.10.2009 Cass. Sez. 6 numero 10849 del 12.1.2012 . per pervenire ad una sentenza di non luogo a procedere ex articolo 425 c.p.p. deve, quindi, essere formulato un giudizio prognostico di immutabilità del quadro probatorio, specificamente di non modificabilità in dibattimento per effetto dell’acquisizione di nuove prove o anche di una diversa rivalutazione degli elementi in atti Cass. Penumero Sez. 2 numero 35178 del 3.7.2008 . L’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi acquisiti debbono cioè avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili in dibattimento Cass. Sez. 6 numero 5049 del 27.11.2012 . 2.3. Va per ultimo ricordato, come del resto riconosce lo stesso GUP, che richiama Cass. penumero Sez. 6 numero 49554 del 22.10.2003, che la prova del dolo intenzionale che qualifica la fattispecie criminosa di abuso di ufficio, non richiede l’accertamento dell’accordo collusivo con la persona che si intende favorire, potendo essere desunta anche da altri elementi, quali ad es. la macroscopica illegittimità dell’atto. In relazione, poi, ai rilievi contenuti nella memoria della difesa, la violazione degli strumenti urbanistici, pur non potendosi questi configurare come norme di legge o di regolamento, integra, nei congrui casi, il reato di abuso di ufficio, in quanto rappresenta solo il presupposto di fatto della violazione della normativa legale in materia urbanistica, alla quale deve farsi riferimento quale dato strutturale della fattispecie delittuosa prevista dall’articolo 323 c.p. cfr. Cass. Penumero Sez. 6 numero 11620 del 25.1.2007 . Si è ritenuto integrare il delitto di abuso di ufficio la condotta con cui il funzionario dell’ufficio tecnico comunale esprima parere favorevole al rilascio di una concessione edilizia in violazione delle disposizioni di un piano di bacino, le cui norme integrano quelle contenute negli strumenti urbanistici Cass. Penumero Sez. 6 numero 46503 del 13.10.2009 . 3. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame, alla luce dei rilievi dei rilievi e dei principi sopra enunciati, al Tribunale di Fermo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di S.P. e G.M. e rinvia al Tribunale di Fermo per nuovo esame. Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile TOD’S che condanna al pagamento delle spese processuali ed al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.