Lavoratore cade e muore: responsabile solo il committente dei lavori. Ma la legge è uguale per tutti!

Se il subappaltatore si impegna a mantenere sospesa ogni attività lavorativa fino a quando il cantiere non venga messo in sicurezza, nel caso in cui ciò non avvenga, sono responsabili in ugual misura il rappresentante legale dell’impresa committente e il coordinatore per la sicurezza.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 48522 del 4 dicembre 2013. Morte in cantiere. La Corte d’Appello di Napoli riforma la sentenza di primo grado e assolve il coordinatore per la sicurezza, non essendo responsabile della morte di un operaio avvenuta in cantiere. Rimane, invece, confermata la penale responsabilità del rappresentante legale dell’impresa committente, il quale ricorre in Cassazione, denunciando disparità di trattamento l’esecutore dei lavori, comunicandolo a entrambi gli imputati, si era formalmente impegnato per iscritto a custodire il cantiere sotto la sua esclusiva responsabilità, tenendo sospesi i lavori fino alla messa in sicurezza dello stesso. Di conseguenza, l’assoluzione avrebbe dovuto riguardare entrambi i ricorrenti. I soggetti coinvolti nei lavori sono responsabili allo stesso modo. Se è vero, dunque, che il subappaltatore aveva assunto un impegno specifico, è verosimile che i lavori siano proseguiti all’insaputa di entrambi i ricorrenti, in assenza di specifiche avverse deduzioni, che traggano origine dall’evidenza probatoria. Di conseguenza, il rappresentante legale dell’impresa non può considerarsi colpevolmente venuto meno ai propri doveri di garante a differenza del coordinatore per la sicurezza. Il ricorso merita, quindi, accoglimento.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 ottobre – 4 dicembre 2013, n. 48522. Presidente Sirena – Relatore Grasso Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa, con sentenza del 15/7/2009, condannò alla pena stimata di giustizia, nonché al risarcimento del danno e al pagamento di provvisionali, D.P.A. e D.N. , per avere causato, il primo, svolgendo l'attività di legale rappresentante dell'impresa facente capo alla s.a.s. Logistica 2000 di Del Prete Antonio & amp C, committente e responsabile dei lavori e, il secondo, quale coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, per colpa, la morte di C.C. , operaio alle dipendenze di C.R. , titolare dell'impresa esecutrice dei lavori, deceduto per le conseguenze subite a causa di caduta dall'alto. 1.1. La Corte d'appello di Napoli, con sentenza 4/6/2012, giudicando a séguito dell'impugnazione di entrambi gli imputati, assolto il D. per non avere commesso il fatto e revocate nei di lui confronti le statuizioni civili, confermò la penale e civile responsabilità di D.P.A 2. Il D.P. ricorre per cassazione. Con i due motivi posti a corredo dell'impugnazione il ricorrente denunzia violazione di legge art. 587, cod. proc. pen. e vizio motivazionale in questa sede rilevabile per aver la Corte territoriale riservato ben diverso trattamento ai due imputati, nonostante che le ragioni che avevano imposto l'assoluzione dell'uno avrebbero dovuto estendersi alla posizione dell'altro. In sintesi, questa la prospettazione difensiva. Il D. , coordinatore per la sicurezza, era stato assolto per essere stato documentalmente accertato che C.R. esecutore dei lavori si era formalmente impegnato per iscritto, facendone comunicazione sia al D. che al D.P. , a custodire il cantiere sotto la sua esclusiva responsabilità fino al gennaio del 2004, tenendo comunque sospesi i lavori fino a completata acquisizione della documentazione necessaria ad attestare la messa in sicurezza dello stesso. Di conseguenza, non poteva trarsi in dubbio, che una tale acquisizione avrebbe dovuto portare, ex art. 587, cod. proc. pen., anche all'assoluzione dell'odierno ricorrente. Peraltro, sul punto di una siffatta difformità d'epilogo decisionale la Corte partenopea non aveva speso motivazione e, comunque, le affermazioni riportate in sentenza apparivano contraddittorie ed illogiche, in quanto disancorate dalla realtà. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. La Corte d'appello di Napoli afferma che la circostanza che il coordinatore per la sicurezza il D. avesse più volte chiesto al D.P. e a C.R. di sospendere i lavori e chiudere il cantiere costituiva ragione sufficiente per porre in dubbio la penale responsabilità del medesimo. Un tale asserto, nella sua assolutezza, non è condivisibile, stante che nel caso in cui il coordinatore per la sicurezza constatati l'obiettiva necessità di sospendere i lavori e ciò non ottenga, per esonerarsi da responsabilità non ha strada diversa da quella di dimettersi dall'incarico, il cui mantenimento risulterebbe del tutto incompatibile con una situazione fattuale, a lui ben presente, che ponga a rischio l'incolumità dei lavoratori addetti al cantiere. A definitivo rafforzamento del convincimento di non colpevolezza del D. i Giudici dell'appello scrivono che costui ha fornito documentazione, anche in fase d'appello, attestante la custodia esclusiva del cantiere da parte del C.R. a far data dal 25.11.2003. In tale documento il C. si impegnava a non proseguire i lavori fino al gennaio 2004 e dopo avere fornito al D. tutta la documentazione necessaria ad attestare la messa in sicurezza del cantiere edile. Appare dunque, verosimile che i lavori fossero proseguiti all'insaputa del D. ”. Tale ultima considerazione, che prende a base circostanza fattuale della quale in sede di legittimità non si può che prendere atto, certamente confacente alla posizione del D. , non è logicamente estranea a quella del D.P. , in assenza di specifiche avverse deduzioni, che traggano origine dall'evidenza probatoria. Se il subappaltatore si era affermato custode esclusivo del cantiere, obbligandosi a mantenerne sospesa ogni attività almeno fino al gennaio 2004, in attesa della piena messa in sicurezza dello stesso, restano da chiarire le ragioni per le quali il rappresentante legale dell'impresa committente debba considerarsi colpevolmente venuto meno ai propri doveri di garante a differenza del coordinatore per la sicurezza. Su tale decisivo snodo motivazionale la sentenza impugnata tace del tutto, impegnandosi, piuttosto, ad enumerare le plurime, palesi e gravi violazioni delle norme precauzionali, attestate dalle condizioni nelle quali versava il cantiere al momento dell'incidente. Trattasi di una grave perdita motivazionale che rende palesemente illogica e contraddittoria l'affermazione di colpevolezza del ricorrente. S'impone, pertanto, annullamento della sentenza con rinvio al giudice del merito per nuova valutazione sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.