Impellente bisogno di urinare soddisfatto in pubblico: il Giudice di Pace deve procedere?

Applicabile il disposto dell’art. 34 d.lgs. n. 274/2000, in base al quale la particolare tenuità del fatto è causa di improcedibilità, nel caso in cui un uomo sia sorpreso nell’atto di urinare sulla via pubblica, anche in assenza di una specifica persona offesa.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 48096, depositata il 3 dicembre 2013. Il caso. Un uomo era stato sorpreso dalla pattuglia dei Carabinieri nell’atto di urinare sulla via pubblica, in vicinanza dell’Ospedale e di fronte a un bar. Il Giudice di Pace lo aveva dichiarato responsabile del reato ex art. 726 c.p., per atti contrari alla pubblica decenza, condannandolo alla pena di 200 € di ammenda. Contro tale decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando mancata applicazione dell’art. 34 Esclusione della procedibilità nei casi di particolare tenuità del fatto d.lgs n. 274/2000, vista la particolare tenuità del fatto peraltro, dovendosi considerare, a suo dire, l’assoluta impellenza dello stato di bisogno e la contestuale impossibilità di farvi fronte altrove. La Suprema Corte ha ritenuto la censura fondata. Diritto penale mite”. Innanzitutto, gli Ermellini hanno chiarito che il d.lgs in questione è ispirato alla creazione di un diritto penale efficace, ma non ingiustificatamente afflittivo. Pertanto, nel procedimento davanti al Giudice di Pace, la particolare tenuità del fatto, quale causa di improcedibilità ex art. 34, citato decreto, risponde alla necessità di escludere una indifferenziata applicazione delle medesime sanzioni di un ampio ventaglio di condotte criminose concrete, tra loro graduabili . Nel caso di specie, il giudice aveva ritenuto di non dare corso a una ipotesi di improcedibilità, per l’assenza di una persona offesa. Secondo Piazza Cavour, l’argomentazione motivazionale sul punto non è corretta, dal momento che, in base a costante giurisprudenza di legittimità, per l’applicazione del disposto dell’art. 34 d.lgs. n. 274/2000 non è necessaria la presenza di una persona offesa. Inoltre, il Collegio ha aggiunto che il disposto è applicabile a ogni tipologia di reato, purché sussistano le condizioni previste, pur non sussistendo un obbligo di motivazione esplicita in ordine a tutti gli elementi richiesti. Quindi, per il S.C., non è correttamente giustificato il rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 34. Alla luce di ciò, la pronuncia impugnata è stata annullata sul punto, affinché il giudice ad quem riesamini l’istanza nell’ottica delle osservazioni sopra svolte.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 novembre - 3 dicembre 2013, numero 48096 Presidente Squassoni – Relatore Gazzara Ritenuto in fatto Con sentenza del 27/2/2013, il Giudice di Pace di Feltre ha dichiarato T.A. responsabile del reato ex art. 726 cod. penumero , perché compiva atti contrari alla pubblica decenza, urinando sulla via pubblica, via omissis , e lo ha condannato alla pena di Euro 200,00 di ammenda. Propone ricorso per cassazione la difesa dell'imputato, con i seguenti motivi -violazione e mancata applicazione dell'art. 34, d.Lvo 274/2000, vista la particolare tenuità del fatto peraltro, dovendosi tenere in considerazione l'assoluta impellenza dello stato di bisogno e la contestuale impossibilità di farvi fronte altrove -errata lettura delle emergenze processuali in relazione al luogo in cui si trovava il prevenuto. Considerato in diritto Va, in via preliminare, rilevato che non sussistono dubbi in ordine alla concretizzazione del reato in contestazione l'imputato è stato sorpreso da una pattuglia dei Carabinieri nell'atto di urinare sulla via pubblica, in vicinanza dell'Ospedale Civile e di fronte al Bar Centrale. La fattispecie, ex art. 726 cod.penumero , si perfeziona nel momento in cui l'agente ha commesso un atto contrario alla pubblica decenza in un luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico né le ipotesi disciplinate dal dettato codicistico richiedono, ai fini della loro configurabilità, che gli atti abbiano effettivamente offeso la pubblica decenza di un soggetto determinato, essendo sufficiente che altri abbiano potuto percepirlo. Con il primo motivo di annullamento, la difesa dell'imputato eccepisce la violazione o l'erronea applicazione dell'art. 34, d.Lvo 274/2000. La censura è fondata. Osservasi che il d.Lvo 274/2000 è ispirato alla creazione di un diritto penale mite , efficace, ma non ingiustificatamente afflittivo, e tendenzialmente votato alla ricomposizione del conflitto causato dalla commissione del reato sicché il fatto di particolare tenuità risponde pure alla necessità di escludere una indifferenziata applicazione delle medesime sanzioni di un ampio ventaglio di condotte criminose concrete, tra loro graduabili, in una rinnovata visione dell'art. 3 Costituzione. Pertanto, nel procedimento davanti al Giudice di Pace, la particolare tenuità del fatto, quale causa di improcedibilità, ex art. 34, citato decreto, è applicabile ad ogni tipologia di reato, purché sussistano le condizioni ivi previste Cass. 23/11/2007, numero 43383 . Nel caso di specie, il Giudice di Pace di Feltre ha ritenuto di non dare corso ad una ipotesi di improcedibilità, ex art. 34, d.Lvo 274/2000, per l'assenza di una specifica persona offesa. L'argomentazione motivazionale sul punto non è corretta. Rilevasi che, secondo costante giurisprudenza di legittimità, per l'applicazione del disposto dell'art. 34 non è necessaria la presenza di una persona offesa Cass. 17/6/2003, numero 25917 non sussiste un obbligo di motivazione esplicita in ordine a tutti gli elementi richiesti Cass. 17/9/2004, numero 36757 ed è configurabile l'esercizio di un potere discrezionale, ma non arbitrario, non sindacabile se non nei limiti propri del giudizio di legittimità Cass. 26/10/2004, numero 41702 . Orbene, appare, quindi non correttamente giustificato il rigetto della richiesta, formulata in via subordinata dalla difesa, di applicazione dell'art. 34, di tal che, questo Collegio ritiene di dovere annullare sul punto la pronuncia impugnata, affinché il giudice ad quem riesamini l'istanza de qua nell'ottica delle osservazioni, ut supra, svolte. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Giudice di Pace di Feltre, limitatamente alla applicabilità dell’art. 34, d.Lvo 274/2000 rigetta nel resto.