Ex moglie telefona minacciosa, ma l’uomo non si lascia intimorire: non c’è violenza privata

Non si configura come violenza privata la telefonata della ex moglie all’ex marito, se la condotta non perpetua gli effetti dell’intimidazione e non produce una concreta e specifica coercizione comportamentale della vittima, vulnerandone la libertà di autodeterminazione.

È quanto risulta dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 44616, depositata il 5 novembre 2013. Il caso. Una donna, separata dal marito, era stata condannata per tentata violenza privata e danneggiamento ai danni dell’ex coniuge. Contro tale statuizione, l’imputata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo che, nel caso concreto, sarebbe configurabile il reato di minaccia semplice e non quello di tentata violenza privata, posto che non è emerso che l’ex marito si sia sentito intimorito dalla telefonata a lui effettuata. Il ricorso, per la Suprema Corte è fondato. Il criterio distintivo tra violenza privata e minaccia risiede negli effetti prodotti. Gli Ermellini, innanzitutto, hanno ricordato che, nella violenza privata, al condizionamento del soggetto passivo si giustappone la coartata attuazione da parte di quest’ultimo di un contegno che egli non avrebbe assunto. Premesso ciò, Piazza Cavour ha rilevato che l’uomo aveva riferito di aver subito il danneggiamento dell’auto, cointestata alla moglie ei n suo possesso, e che, avendo ricevuto poco prima una telefonata dell’odierna ricorrente nel corso della quale la stessa gli aveva ordinato di tornare immediatamente a casa, altrimenti gli avrebbe danneggiato l’automobile , aveva di conseguenza ritenuto il danneggiamento effettivo opera della moglie. Inoltre, l’ex marito aveva dichiarato di non avere ben compreso, inizialmente, a quale abitazione la moglie avesse inteso far riferimento, infatti, solo in un secondo momento aveva capito che si trattava dell’abitazione nella quale si era trasferito dopo la separazione. Comunque, egli era rientrato a casa dopo circa due ore, e in quell’occasione aveva potuto constatare che l’autovettura in sosta nei pressi dell’abitazione presentava le quattro ruote bucate. Essendo questa la ricostruzione dei fatti, secondo il Collegio è evidente che il fatto della telefonata deve essere correttamente qualificato [] come minaccia ai sensi dell’art. 612, comma 1, c.p. e non come tentata violenza privata, in quanto la minaccia, nel caso in esame, non era in alcun modo idonea a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volontà, la condotta pretesa dall’agente . Reati procedibili a querela. Data la nuova qualificazione, il S.C. ha dichiarato estinto il reato di minaccia, essendo intervenuta remissione della querela da parte della persona offesa, accettata dall’imputata. Stessa sorte ha avuto il reato di danneggiamento che, commesso nei confronti del coniuge separato, è procedibile a querela di parte. Pertanto, la sentenza è stata annullata senza rinvio perché i reati sono estinti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 12 luglio - 5 novembre 2013, n. 44616 Presidente Esposito – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza in data 11.6.2009, il Tribunale di Nuoro dichiarò D.A. responsabile dei reati di cui agli articolo 81, 56, 610, 635 c.p., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione - concesse le attenuanti generiche equivalenti - la condannò alla pena di mesi quattro di reclusione. Avverso tale pronunzia propose gravame l'imputata, e la Corte d'Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza del 30.5.2012, confermava la decisione di primo grado. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputata, deducendo 1 la violazione dell'articolo 606 lett. e c.p.p., per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al giudizio di responsabilità e all'attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa. Per quanto riguarda il reato sub a , anche a voler ritenere credibile la testimonianza del B. , la Corte ha omesso di considerare che lo stesso ha ammesso di non aver capito se la D. gli avesse detto di tornare a casa della stessa o a casa del B. sarebbe poi configurabile il reato di minaccia semplice e non quello di tentata violenza privata posto che non è emerso che il B. si sia sentito intimorito dalla telefonata in questione. I giudici di merito hanno confuso poi i vari momenti spazio-temporali dei due episodi il primo costituito dalla telefonata che il B. avrebbe ricevuto dalla moglie e nel corso della quale la stessa gli avrebbe imposto di tornare a casa il secondo costituito dal danneggiamento della Renault Clio parcheggiata nei pressi dell'abitazione del B. . Nessuna prova del danneggiamento dell'autovettura, peraltro cointestata anche alla D. . La parte offesa ha rimesso la querela, e la remissione è stata accettata dall'imputata 2 la violazione dell'articolo 606 lett. b c.p.p. errata interpretazione della legge penale in relazione alla determinazione della pena. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione Il primo motivo di ricorso è fondato nei termini di seguito illustrati. Il criterio distintivo tra il delitto di violenza privata e quello di minaccia non risiede nella materialità del fatto, che può essere identico in ciascuna delle due fattispecie, in quanto entrambi i reati hanno per comune oggetto la produzione di uno stato di condizionamento psicologico della vittima, bensì negli effetti prodotti. Nella violenza privata, infatti, al condizionamento del soggetto passivo, reale o putativo paura o apprensione immediatamente speculari alla minaccia o perduranti dopo l'esaurirsi espressivo della stessa , si giustappone la coartata attuazione da parte del soggetto passivo di un contegno commissivo od omissivo che egli non avrebbe assunto ovvero la coartata sopportazione di una altrui condotta che egli non avrebbe tollerato. La condotta criminosa, in tal caso, perpetua gli effetti dell'intimidazione, e produce una concreta e specifica coercizione comportamentale della vittima, vulnerandone la libertà di autodeterminazione v., esattamente in termini, Cass. Sez. VI, sent. n. 14/2008 Rv. 243185 v. altresì, tra le tante, Sez. V, sent. n. 15977/2005 Rv. 232129 Sez. V, sent. n. 2492/1991 Rv. 186479 . Tanto premesso, rileva il Collegio che B.G.G. , coniuge separato dell'imputata, in dibattimento ha riferito che, il omissis , aveva subito il danneggiamento dell'autovettura Clio targata omissis cointestata alla moglie e in suo possesso, e che, avendo ricevuto poco prima una telefonata dalla D. nel corso della quale la stessa gli aveva ordinato di tornare immediatamente a casa, altrimenti gli avrebbe danneggiato l'autovettura , aveva di conseguenza ritenuto il danneggiamento in questione opera della moglie. Ha riferito altresì il B. che inizialmente non aveva ben compreso a quale abitazione la moglie avesse inteso far riferimento solo in un secondo tempo aveva capito che si trattava dell'abitazione nella quale si era trasferito dopo la separazione. Comunque era rientrato a casa dopo circa due ore, e in quell'occasione aveva potuto constatare che l'autovettura in sosta nei pressi dell'abitazione presentava tutte e quattro le ruote bucate v.pag.2 della sentenza di primo grado . Tale essendo la ricostruzione dei fatti, appare evidente che il fatto di cui al capo a deve essere correttamente qualificato, così come richiesto dalla difesa anche nei motivi d'appello, come minaccia ai sensi dell'articolo 612 co. 1 c.p. e non come tentata violenza privata, in quanto la minaccia, nel caso in esame, non era in alcun modo idonea a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volontà, la condotta pretesa dall'agente. Il reato di minaccia, in quanto procedibile a querela, è estinto per remissione della stessa da parte del B. in data 2.1.2007. È pacifico poi che le parti fossero in regime di separazione ai sensi dell'articolo 649 co. 2 c.p. il reato di danneggiamento commesso nei confronti del coniuge separato è procedibile a querela di parte. Anche il reato di cui al capo b è pertanto estinto per remissione di querela, accettata dalla D. . Ai sensi dell'articolo 340 c.p.p., non essendo diversamente convenuto nell'atto di remissione della querela e accettazione della remissione, le spese del procedimento sono a carico della querelata. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza perché estinti i reati qualificata come minaccia la tentata violenza privata per intervenuta remissione di querela. Spese come per legge.