La mancata quantificazione del principio attivo esclude lo spaccio di droga

Solo un accertamento tecnico specifico consente di quantificare la percentuale e la quantità di principio attivo contenuto nella sostanza stupefacente sequestrata.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44420/13, depositata il 4 novembre scorso. Il caso. Dopo la condanna, seppur ridotta in appello, a 8 mesi di reclusione e 2mila euro di multa per spaccio di sostanze stupefacenti art. 73, d.p.r. n. 309/1990 inflitta ad un quarantenne, lo stesso ha proposto ricorso per cassazione. Nello specifico, si osserva che in assenza di analisi quantitativa non può dirsi certa la sussistenza del reato in quanto difetta la prova del raggiungimento della soglia di rilevanza penale del fatto. 3 involucri contenenti complessivamente 0,9 grammi ‘lordi’ di eroina. La S.C. rileva che, se da una parte la richiesta di rito abbreviato comporta l’accettazione delle fonti e del materiale di prova presente nel fascicolo, dall’altra non può convenirsi che tale scelta processuale dell’imputato comporti anche l’accettazione dell’accusa con riferimento a ciò che deve essere provato e alla conseguente decisione giudiziale . In altre parole – chiariscono gli Ermellini - solo un accertamento tecnico specifico avrebbe consentito di quantificare la percentuale e la quantità di principio attivo effettivamente presente in ciascuna delle 3 confezioni sequestrate. Di conseguenza, la mancanza di tale accertamento rende impossibile affermare con certezza che la sostanza in questione contenga livelli di principio attivo tale da avere concreti effetti stupefacenti. Nessun accertamento è stato effettuato al fine di quantificare il principio attivo della sostanza. L’incertezza sulla offensività concreta della condotta - concludono i giudici di Cassazione - fa venire meno uno degli elementi costitutivi del reato contestato e genera un vuoto ricostruttivo non superabile in virtù del richiamo al rito adottato .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 settembre – 4 novembre 2013, numero 44420 Presidente Teresi – Relatore Marini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2/4/2012 della Corte di appello di Catanzaro che, in parziale riforma della sentenza del 26/10/2010 del Tribunale di Lamezia Terme, ha confermato la condanna per violazione dell'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, numero 309 e ridotto a otto mesi di reclusione e 2.000,00 Euro di multa la pena inflitta al sig. D 2. Avverso tale decisione l'avv. Pino Zofrea propone ricorso nell'interesse del sig. D., lamentando errata applicazione di legge ai sensi dell'art. 606, lett. b cod.proc.penumero per avere la Corte di appello non inteso le ragioni dell'appello presentato e ritenuto non censurabile in punto di diritto la mancata effettuazione delle analisi volte ad accertare il quantitativo di principio attivo presente nella sostanza sequestrata. In realtà, la censura si dirigeva contro le conclusioni della sentenza, pronunciata a seguito di rito abbreviato, evidenziando la circostanza che in assenza di analisi quantitativa non può dirsi certa la sussistenza del reato in quanto difetta la prova del raggiungimento della soglia di rilevanza penale del fatto. 3. Il ricorso, inizialmente assegnato alla Settima Sezione Penale, è stato da questa trasmesso alla Terza Sezione Penale come da ordinanza del 7/12/2012. Considerato in diritto 1. Osserva la Corte che il sequestro operato dalla polizia giudiziaria all'interno dell'abitazione del ricorrente ebbe ad oggetto tre involucri contenenti complessivamente 0,9 grammi lordi di sostanza di tipo eroina. 2. Osserva, altresì, che è certamente corretto affermare, come fa la sentenza impugnata, che la richiesta di rito abbreviato comporta la accettazione delle fonti e del materiale di prova presente nel fascicolo. Tuttavia, non può convenirsi che tale scelta processuale dell'imputato comporti anche l'accettazione dell'accusa con riferimento a ciò che deve essere provato e alla conseguente decisione giudiziale. In altre parole, la Corte considera che gli esiti dell'indagine presenti in atti consentono di ritenere indiscusse le modalità e l'esito del sequestro, così come autorizzano il giudicante a ritenere provato che il materiale sequestrato conteneva eroina. Non altrettanto può dirsi in ordine agli ulteriori elementi oggetto di prova infatti, solo un accertamento tecnico specifico avrebbe consentito di quantificare la percentuale e la quantità di principio attivo effettivamente presente in ciascuna delle confezioni e nelle tre confezioni complessivamente considerate. La mancanza di detto accertamento rende impossibile affermare con certezza che il quantitativo modestissimo della sostanza sequestrata possieda livelli di principio attivo tali da avere concreti effetti stupefacenti e da comportare quelle possibili alterazioni dell'organismo che costituiscono l'offesa al bene protetto oggetto di sanzione penale. L'incertezza sulla offensività concreta della condotta fa venire meno uno degli elementi costitutivi del reato contestato e genera un vuoto ricostruttivo non superabile in virtù del richiamo al rito adottato. In assenza di prova sulla materialità del fatto, la sentenza deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.