Moglie maltrattata: secondo le valutazioni del giudice, l’epilessia non influenza l’attendibilità delle accuse

Il giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, c.p.p. che richiedono la presenza di riscontri esterni.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 44184, depositata il 29 ottobre 2013. Il caso. Un imputato era stato condannato, in sede di merito, per il delitto di violenza sessuale in danno della moglie e maltrattamenti in famiglia che avevano cagionato lesioni personali giudicate guaribili in sette giorni. Contro la sentenza, l’imputato ha presentato ricorso per cassazione. A suo dire, la prova sarebbe stata fondata solo sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, costituitasi parte civile, la cui attendibilità avrebbe dovuto essere vagliata attentamente. Per la Suprema Corte le censure mosse alla sentenza impugnata sono infondate, in quanto non forniscono elementi concreti e specifici di critica al compendio motivazionale svolto dai giudici di merito, risultato completo, esaustivo e coerente. Verifica dell’attendibilità della persona offesa. Nel caso di specie, come affermato dagli Ermellini, i giudici territoriali hanno verificato e dato conto delle ragioni dell’attendibilità della donna in senso globale, tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo . Secondo Piazza Cavour, i giudici hanno ritenuto che il grado di epilessia della persona offesa non avesse influenza sull’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla stessa, che erano risultate prive di astio o ragioni di rivalsa nei confronti del marito e hanno anche ampiamente illustrato nella motivazione della decisione i riscontri esterni a quanto narrato sugli episodi di maltrattamento posti in essere dal marito, consistenti nelle testimonianze de relato dei genitori, del maresciallo e del medico in servizio alla Guardia medica intervenuto nell’abitazione. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 maggio - 29 ottobre 2013, n. 44184 Presidente Squassoni – Relatore Rosi Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Trieste con sentenza del 13 marzo 2012, ha confermato la sentenza del 2 ottobre 2009 con cui il Tribunale di Pordenone aveva condannato N.A. , concesse le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante contestata dell'ubriachezza abituale, alla pena di pena di anni tre e mesi sei di reclusione per il delitto di violenza sessuale in danno della moglie Ma.St. capo b e maltrattamenti in famiglia che cagionavano lesioni personali giudicate guaribili in sette giorni capo a , fatti avvenuti in omissis il primo intorno alla metà del mese di omissis ed il secondo, dal omissis . 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato, tramite il proprio difensore, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi 1 Erronea applicazione e carenza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione ai reati di cui all'art. 572 e 609 bis c.p., in quanto la prova sarebbe stata fondata solo sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa, costituitasi parte civile, la cui attendibilità avrebbe dovuto essere vagliata attentamente 2 Erronea applicazione, carenza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all'art. 133 c.p. e 609 bis ultimo comma, in quanto i giudici hanno escluso la sussistenza della lieve entità del fatto, senza considerare gli elementi attinenti alla materialità del fatto ed al danno effettivamente arrecato alla persona offesa quanto alla commisurazione della pena non risultano considerati gli elementi di cui all'art. 133 c.p., attesa l'incensuratezza dell'imputato e le sue condizioni per le quali è stato assistito dai Servizi sociale 3 Erronea applicazione degli artt. 28, 29 e 609 nonies c.p., per la condanna alle pene accessorie ed in particolare per l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di 5 anni, mentre tale pena risulta limitata alle ipotesi previste dall'art. 609 nonies c.p. Considerato in diritto 1. I motivi di ricorso sono infondati, al limite dell'ammissibilità. Gli stessi non forniscono elementi concreti e specifici di critica al compendio motivazionale svolto dai giudici di merito che risulta invece completo, esaustivo e coerente. Inoltre in sede di legittimità non è possibile svolgere un nuovo giudizio sui fatti, ricostruendoli secondo modelli valutativi di maggiore favore rispetto a quelli adottati dai giudici di appello, i quali con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, hanno esplicitato le ragioni del loro convincimento in adesione alle risultanze processuali acquisite e, pur facendo riferimento alle argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione esaustiva ed autonoma dei motivi di appello sui punti specificamente indicati, verificando le ragioni dell'attendibilità della persona offesa, alla luce dei principi giurisprudenziali che consentono al giudice di trarre il proprio convincimento circa la responsabilità dell'imputato anche dalle sole dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all'art. 192, comma 3 e 4 c.p.p. che richiedono la presenza di riscontri esterni cfr., per tutte, Sez. 1, n. 29372 del 27/7/2010, Stefanini, Rv. 248016 . 2. Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento alla ricostruzione dei fatti ed alle argomentazioni della sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione esaustiva ed autonoma dei motivi di appello sui punti specificamente indicati, verificando e dando conto delle ragioni dell'attendibilità della Ma. , valutando l'attendibilità della donna in senso globale, tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo” Così, Sez. 3, n. 21640 dell'8/6/2010, P., Rv. 247644 . I giudici hanno ritenuto che il grado di epilessia della persona offesa non avesse influenza sull'attendibilità delle dichiarazioni rese dalla stessa, che erano risultate prive di astio o ragioni di rivalsa nei confronti del marito ed hanno anche ampiamente illustrato nella motivazione della decisione i riscontri esterni a quanto narrato sugli episodi di maltrattamento posti in essere dal marito, consistenti nelle testimonianze de relato dei genitori, del maresciallo e del medico in servizio alla Guardia medica intervenuto nell'abitazione. 3. Risulta del pari infondata la secondo censura la sentenza impugnata ha fornito una idonea motivazione sulle ragioni per le quali non è configurabile l'ipotesi attenuata della violenza sessuale, evidenziando che non sussiste nell'episodio alcun elemento al quale possa essere ancorato un giudizio di minore lesività, ponendo in rilievo il fatto che le condotte poste in essere dal N. erano state volte in tutta evidenza ad imporre con violenza il rapporto sessuale strappando gli slip alla moglie e costringendola all'atto sessuale . 4. Quanto alla doglianza relativa alla dosimetria della sanzione, la stessa va disattesa avendo i giudici di appello evidenziato con chiarezza che la pena confermata era stata determinata in misura prossima al minimo edittale, all'esito del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, per cui hanno ritenuto non accoglibile lo specifico motivo di appello proposto dall'imputato. 5. Anche il terzo motivo va rigettato in quanto, stante il disposto dell'art. 609 nonies n. 4 c.p., l'interdizione dai pubblici uffici è disposta per la durata di anni cinque nei casi in cui al condannato per reati sessuali venga inflitta una pena detentiva superiore a tre anni, come nel caso di specie avvenuto. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente ex art. 616 c.p.p. al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.