90 € di ammenda per un illecito non attinente al reato per cui l’imputato è processato non vale a giustificare la negazione del beneficio

La valutazione dei presupposti oggettivi e soggettivi per la concessione della sospensione condizionale della pena deve essere trasfusa in una motivazione non apparente e quindi meramente assertiva, bensì pienamente idonea a giustificare con specificità, nel caso concreto, la negazione del beneficio.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 44201, depositata il 29 ottobre 2013. Il caso. In sede di merito, un imputato era stato condannato per reati relativi a lavori abusivi e omessa denuncia dei lavori. L’imputato ha presentato ricorso, denunciando la mancata declaratoria di estinzione per prescrizione. Infatti, a suo dire, la Corte avrebbe erroneamente ritenuto che l’attività illecita fosse ancora in corso al momento dell’accertamento, mentre, dalle testimonianze, risulterebbe che al momento del sopralluogo non vi erano operai e quindi i lavori non erano in corso, bensì il fabbricato si presentava ormai realizzato . Con un ulteriore motivo, l’imputato ha lamentato la negazione della sospensione condizionale della pena, pur non avendone egli mai usufruito e avendo come unico precedente una condanna, ex art. 650 c.p. inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità , a 90 € di ammenda, tempestivamente pagata. Per la Suprema Corte il ricorso è parzialmente fondato. Discussione sulla data di ultimazione dei lavori. Relativamente al primo motivo, gli Ermellini hanno affermato che ripropone un motivo d’appello adeguatamente esaminato dalla Corte territoriale. Questa aveva dedotto che la costruzione abusiva era stata realizzata posteriormente rispetto alla comunicazione dal fatto che i verbalizzanti avevano riscontrato la costruzione ancora in fase di definizione, essendo state realizzate solo le strutture di fondo, ma non ancora definiti i lavori medesimi. Pertanto, come evidenziato da Piazza Cavour, il motivo è privo di consistenza, anche perché il chiaro vaglio delle risultanze istruttorie esternato nella motivazione della sentenza impugnata recide l’ipotesi di una incertezza sul dies a quo prescrizionale idonea a disattendere gli esiti probatori suddetti per rispetto del principio del favor rei , non sussistendo, appunto, incertezza sul tempus commissi delicti . La doglianza inerente al diniego della sospensione condizionale, invece, è stata ritenuta fondata. La Corte territoriale aveva motivato affermando la prognosi negativa circa l’astensione dell’imputato dal commettere ulteriori delitti, proprio in forza del fatto che l’imputato abbia comunque dei precedenti penali, quand’anche non gravi . Il giudice non ha spiegato la negazione del beneficio. Il Collegio, quindi, ha rilevato che il giudice distrettuale aveva fondato questa prognosi di esito negativo su quelli che aveva definito, laconicamente e usando in congruamente il plurale , precedenti penali, laddove l’imputato risulta avere un unico precedente penale, di gravità d’altronde minima, considerata la pena inflitta []. Una motivazione siffatta risulta, a ben guardare, di una genericità così assoluta da potersi definire apparente . Il S.C. ha chiarito che il giudice di merito avrebbe dovuto indicare specificamente per quale motivo la prognosi di commissione di ulteriori reati da parte del ricorrente poteva sortire soltanto da un’unica condanna - subita nel 2005 per il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità - a 90 € di ammenda, e dunque per un illecito neppure attinente a quelli per cui l’imputato era stato, in questo caso, processato. Alla luce di ciò, la sentenza è stata annullata limitatamente alla mancata concessione del beneficio, mentre, il ricorso è stato rigettato nel resto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 - 29 ottobre 2013, n. 44201 Presidente Fiale – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2 ottobre 2012 la Corte d'appello di Caltanissetta respingeva l'appello proposto da G.G. avverso sentenza del 3 maggio 2011 con cui il Tribunale di Gela lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di arresto ed Euro 15.000 di ammenda per i reati, accertati il 10 dicembre 2008 e avvinti da continuazione, di cui agli articoli 44, lettera b , d.p.r. 380/2001 capo A , 64 e 71 d.p.r. 380/2001 capo B , 65 e 72 d.p.r. 380/2001 capo C e 93 e 95 d.p.r. 380/2001 capo D . 2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo tre motivi. Il primo denuncia violazione di legge e vizio motivazionale per mancata declaratoria di estinzione per prescrizione, avendo la corte ritenuto erroneamente che l'attività illecita fosse ancora in corso al momento dell'accertamento del 10 dicembre 2008, mentre dalla testimonianza del 14 dicembre 2010 resa dall'agente di polizia Lombardo intervenuto sul posto risulterebbe che al momento del sopralluogo non vi erano operai e quindi i lavori non erano in corso, bensì il fabbricato si presentava ormai realizzato . Dovendosi la prescrizione determinare secondo l'ipotesi più favorevole per l'imputato ed eliminare ogni ragionevole dubbio il collegio avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione tenendo conto che la consumazione dell'illecito reato permanente, perché la condotta protrae per tutta la durata dei lavori coincide con l'ultimazione dell'opera e l'opera doveva ritenersi completa il 10 dicembre 2008. Che i lavori fossero terminati prima, risulta anche dall'avere l'imputato depositato l'8 maggio 2007 in Comune la comunicazione di una recinzione del lotto di terreno in questione. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 163 e 164 c.p. in combinato disposto con l'articolo 133 c.p. per la negazione della sospensione condizionale della pena, pur non avendone mai usufruito l'imputato e avendo questi come unico precedente una condanna del 2005 ex articolo 650 c.p. ad Euro 90 di ammenda, tempestivamente pagata il 22 febbraio 2005. Viola le norme invocate il fatto che la decisione sia stata determinata solo dalla circostanza che l'imputato avesse comunque dei precedenti penali, quand'anche non gravi , dovendosi invece valutare complessivamente la personalità del reo in funzione del giudizio prognostico alla luce dell'articolo 133 c.p. Il terzo motivo denuncia vizio motivazionale per mancata concessione della sospensione condizionale, essendosi la corte limitata ad affermare che l'imputato non si asterrà da ulteriori delitti. Considerato in diritto 3. Il ricorso è parzialmente fondato. 3.1 Il primo motivo è, sostanzialmente, di natura fattuale - poiché mette in discussione la data di ultimazione dei lavori, che ad avviso del ricorrente risulterebbe provata in epoca tale da aver fatto maturare la prescrizione dei reati - e ripropone un motivo d'appello adeguatamente esaminato dalla corte territoriale. Infatti la prima doglianza dell'atto d'appello concerneva ancora la tempistica della costruzione, e la corte territoriale l'ha confutata osservando che la circostanza che il G. abbia comunicato in data 8 maggio 2007 la realizzazione di una recinzione non ancora a tale data il verificarsi del fatto di reato, e ciò perché la comunicazione della collocazione della recinzione nulla inferisce circa il più grave fatto della costruzione abusiva . Che questa sia stata, poi, realizzata posteriormente rispetto alla comunicazione la corte lo deduce, evidentemente senza illogicità, dal fatto che i verbalizzanti hanno riscontrato la costruzione ancora in fase di definizione, essendo state realizzate solo le strutture di fondo, ma non ancora definiti i lavori medesimi, il che induce a ritenere che l'azione illecita fosse ancora in fase di esecuzione, indipendentemente dalla presenza in loco, al momento del sequestro, di personale al lavoro edile . Il motivo è pertanto privo di consistenza, anche perché il chiaro vaglio delle risultanze istruttorie esternato nella motivazione della sentenza impugnata recide l'ipotesi di una incertezza sul dies a quo prescrizionale idonea a disattendere gli esiti probatori suddetti per rispetto del principio del favor rei , non sussistendo, appunto, incertezza sul tempus commissi delicti cfr. Cass. sez. III, 3 dicembre 2009-3 marzo 2010 n. 82833 Cass. sez. II, 24 maggio 2006 n. 19472 Cass. sez. II, 19 gennaio 2005 n. 3292 né, parimenti, risulta configurabile una situazione di ragionevole dubbio a favore della prospettazione difensiva. 3.2 Sono da valutare congiuntamente i due motivi relativi al diniego della sospensione condizionale, anche questo oggetto di doglianza già in sede di appello. La corte motiva osservando che la sospensione va disposta solo ove sia positiva la prognosi che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori delitti e che nella fattispecie tale prognosi non appare probabile, proprio in forza del fatto che l'imputato abbia comunque dei precedenti penali, quand'anche non gravi . La motivazione appena riportata non può trovare integrazione neppure implicita nella pur conforme sentenza di primo grado sul meccanismo integrativo della doppia conforme v., di recente, Cass. sez. III, 1 dicembre 2011-12 aprile 2012 n. 13926 , poiché anche il primo giudice non spiega, in effetti, la negazione del beneficio della sospensione condizionale, e anzi definisce l'imputato, laddove illustra la determinazione della pena, sostanzialmente immune da pregiudizi penali e infatti, nel motivo d'appello, si lamenta come non comprensibile un simile diniego implicito del beneficio . Il secondo giudice, come si è appena visto, fonda una prognosi di esito negativo su quelli che definisce, laconicamente e usando incongruamente il plurale, precedenti penali , laddove l'imputato risulta avere un unico precedente penale, di gravità d'altronde minima, considerata la pena inflitta e immediatamente adempiuta di Euro 90 di ammenda. Una motivazione siffatta risulta, a ben guardare, di una genericità così assoluta da potersi definire apparente il giudice di merito doveva indicare specificamente per quale motivo la prognosi di commissione di ulteriori reati da parte del ricorrente poteva sortire soltanto da un'unica condanna subita nel 2005 per il reato di cui all'articolo 650 c.p. ad Euro 90 di ammenda, e dunque per un illecito neppure attinente a quelli per cui l'imputato veniva in questo caso processato. La valutazione dei presupposti oggettivi e soggettivi evincibili dagli articoli 163 e 164 c.p. cfr. da ultimo Cass. Sez. III, 27 giugno 2012 n. 29162 deve invece essere trasfusa in una motivazione non apparente e quindi meramente assertiva, bensì pienamente idonea a giustificare con specificità nel caso concreto la negazione del beneficio. La sentenza va pertanto annullata limitatamente alla mancata concessione del beneficio con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata in punto di sospensione condizionale della pena con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Caltanissetta. Rigetta il ricorso nel resto.