Dalla Cassazione un duro colpo allo scudo fiscale per le società commerciali

Premesso che l’estensione dello scudo fiscale alle società, riconosciuta dalla Agenzia delle Entrate, è limitata ai soli effetti tributari, anche a voler ritenere giuridicamente operante l’estensione, essa è limitata alle sole operazioni di emersione effettuate dal dominus” della società, ma non a quelle compiute dai meri soci della stessa.

Questo il principio affermato dalla IV sezione Penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 44003 del 28 ottobre 2013. Limiti oggettivi alla efficacia dello scudo in sede penale. La normativa sullo scudo fiscale prevede, a fronte del pagamento di un'imposta straordinaria su un rendimento lordo presunto del capitale e con un'aliquota comprensiva di interessi e sanzioni, come beneficio fiscale, la c.d sterilizzazione del capitale rimpatriato , che quindi non può costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente ad es. in quanto rivelatore di capacità contributiva , nonchè l'esonero dall'obbligo di segnalazione di cui al D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, art. 41, ed altri effetti premiali tra cui, in particolare, l'esclusione della punibilità per alcuni reati fiscali artt. 2, 3, 4, 5, 10 D.lvo 74/2000 . Come noto, l’efficacia esimente ai fini penali dello scudo fiscale è stata ormai chiarita da una giurisprudenza consolidata della Suprema Corte secondo cui la causa di non punibilità prevista dall'art. 1 d.l. n. 103/2009, convertito con modifiche nella l. n. 141/2009 legge sul cosiddetto scudo fiscale si riferisce alle sole condotte afferenti i capitali oggetto della procedura di rimpatrio e si applica esclusivamente ai delitti in materia di dichiarazione, fraudolenta o infedele, al delitto di omessa dichiarazione nonché a quello di occultamento o distruzione di scritture contabili. Cass. n. 28724/2011 . La conseguenza di tale impostazione è che lo scudo fiscale non determina alcuna immunità soggettiva in relazione a reati fiscali nella cui condotta non rilevino affatto i capitali trasferiti e posseduti all'estero e successivamente oggetto di rimpatrio, sicché non è comunque esclusa la punibilità per gli altri delitti fiscali previsti nel D.lvo 74/2000, quali l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, le indebite compensazioni o l'omesso versamento dell'I.V.A Si è altresì chiarito che le somme scudate” non vanno esenti dal sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, qualora il reato sottostante la misura cautelare non sia rappresentato dalla evasione fiscale scudata”, infatti se la misura ha ad oggetto non già i capitali scudati” in quanto tali, ma in quanto rappresentanti il valore equivalente a quello da sottoporre a vincolo nella fase cautelare, in correlazione al reato per cui si indaga, nulla osta alla applicazione della misura cautelare Cass. n. 12757/2011 . La medesima giurisprudenza ha più volte argomentato che la causa di non punibilità contemplata dal provvedimento sullo scudo fiscale va comunque sempre intesa e interpretata in termini rigorosamente restrittivi, in quanto deve intendersi riferita alle sole condotte criminose afferenti le somme oggetto di rimpatrio o regolarizzazione. Ciò al fine di non trasformare il provvedimento di scudo in un'amnistia, che, per essere disposta, avrebbe necessitato di una maggioranza parlamentare qualificata. La ratio della limitazione. La ratio di questa previsione, che assegna al rimpatrio dei capitali e al pagamento dell'imposta straordinaria l'effetto di sopravvenuta causa di non punibilità, è quella di evitare che la domanda di regolarizzazione comporti anche l'emersione di una condotta di trasferimento all'estero di capitali per spontanea dichiarazione del suo autore. Ciò infatti avrebbe potuto costituire una remora all'utilizzo della regolarizzazione stessa che il legislatore ha invece inteso promuovere. Si giustifica allora quello che descrittivamente ed in conseguenza viene indicato come scudo fiscale” la condotta di trasferimento all'estero di quei capitali rimpatriati con la regolarizzazione mediante pagamento di imposta straordinaria e lo stesso possesso all'estero di tali capitali vengono depurati di ogni rilievo penale al fine dei menzionati reati fiscali. Ma non c'è alcun effetto espansivo esterno nel senso di un'immunità soggettiva in relazione a reati fiscali nella cui condotta non rilevino affatto i capitali trasferiti e posseduti all'estero e successivamente oggetto di rimpatrio. Tale interpretazione restrittiva trova un puntuale riscontro nella espressa previsione dell'art. 13, comma 4, che predica l'applicabilità dell'esonero della responsabilità penale limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione di cui al presente articolo . Dalla stessa ratio della previsione di non punibilità si evince dunque la ratio della sua naturale limitazione. L’operatività dello scudo nei confronti delle società L’art. 11, della legge 409 delimita il campo di applicazione soggettivo dello scudo fiscale, prevedendone l’utilizzo da parte di persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate ”, con conseguente esclusione, secondo la prevalente interpretazione, delle società commerciali. Tuttavia la circolare 43/E/2009 della Agenzia delle Entrate, ha esteso gli effetti dello scudo fiscale ai soli fini tributari non solo ai procedimenti direttamente riferibili al contribuente che ha effettuato le operazioni di emersione, ma anche a quelli concernenti soggetti riconducibili al contribuente stesso in qualità di dominus . Pertanto, ad esempio, le operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione effettuate dal dominus di una società di capitali non possono essere utilizzate ai fini dell’avvio o nell’ambito di un’attività di controllo fiscale nei confronti della medesima società . Il punto delicato è allora chiarire quale portata abbia la suddetta circolare e nel dettaglio se dalla stessa possa inferirsi anche una operatività ai fini penali dello scudo fiscale nel caso di ipotesi di reato contestata ad una società rectius al suo legale rappresentante . ed i suoi effetti sulle contestazioni di natura penale . Proprio di tale questione si occupa la sentenza, che si annota. Il ricorrente, infatti, indagato per violazione dell’art. 4 D.lvo 74/2000 per aver omesso di dichiarare, quale legale rappresentante di una società, ricavi per € 7.000.000,00 poi dirottati all’estero, ha documentato di aver realizzato uno scudo fiscale per € 3.870.000,00 e si lagna che il Tribunale del Riesame, nel confermare il provvedimento di sequestro, non abbia tenuto conto delle somme ulteriori scudate dagli altri soci, sì da coprire l’intero importo di cui si contesta l’evasione fiscale. Secondo il ricorrente l’aver documentato la realizzazione da parte del legale rappresentante e dei soci uno scudo fiscale per l’intero ammontare per cui si contesta la dichiarazione infedele comporterebbe la non punibilità, in quanto la dichiarazione infedele art. 4 rientra nel novero oggettivo dei reati per cui lo scudo fiscale esclude la punibilità. La Corte, tuttavia, rigetta il ricorso, così statuendo una forte limitazione per l’operatività dello scudo fiscale a favore delle società commerciali. Molteplici le argomentazioni spese in tale senso dagli Ermellini 1 il dato letterale della normativa sullo scudo fiscale art. 11 ne esclude la applicazione alle società commerciali 2 la circolare 43/E della Agenzia delle Entrate non è atto normativo esterno capace di derogare ad una norma di legge 3 anche laddove operante la circolare 43/E chiarisce che l’estensione della operatività dello scudo vale solo ai soli effetti tributari” e dunque non anche ai fini penali 4 la circolare estende l’operatività solo al dominus” della società e dunque non anche alle operazione di regolarizzazione compiute dagli altri soci 5 la società è persona giuridica distinta dai soci, ed oltre allo scudo bisognerebbe dimostrare anche la devoluzione delle somme, dopo il rientro, alla società. Le argomentazioni giuridiche spese dalla Suprema Corte a favore della limitazione della operatività dello scudo paiono difficilmente superabili, restano da un lato le perplessità rispetto ai commenti che accompagnarono la pubblicazione della circolare 43/E in costanza di termine per la regolarizzazione, che indubbiamente alimentarono illusioni se non radicali convinzioni della sua estensione anche alle società commerciali, dall’altro, per contro, le prassi operative delle Agenzie delle Entrate e della Guardia di Finanza che sempre più spesso in caso di accertate evasioni della persona giuridica agiscono anche nei confronti dei soci personalmente presumendo la ripartizione fra gli stessi degli utili non dichiarati, con buona pace, quando si opera in danno del contribuente, del principio di stretta legalità.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 luglio - 28 ottobre 2013, n. 44003 Presidente Sirena – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. La Procura della Repubblica di Ancona, con provvedimento del 2/2/2012, disponeva una perquisizione in danno di L.P. , all'esito della quale veniva sequestrato numeroso materiale documentale. Al L. era stato contestata la violazione dell'art. 4 del D.Lgs. n. 74 del 2000 per avere, al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicato nelle dichiarazioni annuali dell'anno 2007, relative a dette imposte, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ed avere dato disposizioni per il trasferimento all'estero di 7.000.000 di Euro che rappresentavano parte dei corrispettivo della cessione dell'immobiliare Zeus S.r.l. alla Global Trading S.r.l. di due unità immobiliari . Il decreto di sequestro probatorio, veniva impugnato dinanzi al Tribunale per il Riesame, che con ordinanza del 2/3/2013 confermava il provvedimento. 2. A seguito di ricorso, la Corte di Cassazione, con sentenza del 13/12/2012 annullava con rinvio l'ordinanza del Tribunale. Osservava la terza sezione di questa Corte che - il provvedimento impugnato, non era censurabile nella parte in cui ribadiva la pertinenzialità fra quanto sequestrato ed il reato ipotizzato, sul rilievo che è da considerare palmare il fatto che documentazione attinente a depositi bancari dell'indagato sia strettamente connessa e necessaria alla prova del reato in contestazione commesso mediante occultamento, tramite giroconti bancari da conti esteri su conti esteri, di proventi percepiti in nero - la motivazione del Tribunale, invece, era carente e generica, nonché elusiva di puntuali obiezioni difensive nonché delle plurime allegazioni documentali portate alla sua attenzione , laddove aveva solo accennato al tema del rientro dei capitali illecitamente esportati tramite la normativa denominata scudo fiscale - l'argomentazione che solo l'effettivo pagamento dell'imposta determina l'effetto invocato , risultava evasiva a fronte delle obiezioni sollevate circa le modalità probatorie previste per il rientro dei capitali e, soprattutto, a fronte del rilievo che così interpretando la L. n. 102 del 2009, rischiava di vanificarne gli effetti liberatori che le erano propri - vero era che, l'assunto difensivo era tutto da dimostrare, ma la disamina passava attraverso un apprezzamento della documentazione prodotta dal ricorrente al Tribunale per il Riesame che, risolvendosi in un accertamento di fatto, non poteva essere svolta in sede di legittimità - la apparenza della motivazione del riesame sul punto, costituiva una violazione di legge che imponeva l'annullamento del provvedimento con rinvio al Tribunale di Ancona. 3. Con ordinanza del 19/4/2013 il Tribunale di Ancona rigettava nuovamente l'impugnazione. Osservava il Riesame, dopo avere effettuato una disamina della disciplina dello scudo fiscale prevista dalla legge 102 del 2009 e che in parte richiamava le analoghe disposizioni della legge 409 del 2001, che - non poteva essere condivisa l'opinione del P.M., quanto ai limiti soggettivi di operatività dello scudo , ed in particolare della causa di non punibilità, che esso non fosse applicabile ai fatti commessi in qualità di amministratore di società di società di capitali ciò in quanto una corretta interpretazione della normativa, agevolata da circolari della Agenzia delle Entrate, consentiva di ritenere applicabile lo scudo a colui che agiva come dominus della società e cioè come azionista di maggioranza o amministratore - quanto all'ambito oggettivo di operatività dello scudo, la punibilità era esclusa limitatamente al rimpatrio ed alla regolarizzazione prevista dall'art. 13 bis della legge 102. Ebbene, dagli atti risultava che il L. aveva documentato il rimpatrio per la complessiva somma di Euro 3.870.000, a fronte di un capo di accusa che gli contestava una dichiarazione infedele per Euro 7.000.000. Pertanto la non punibilità non poteva coprire la parte di somma che non risultava scudata. 4. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato lamentando la erronea applicazione della legge e la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla non dichiarata improcedibilità, considerato che la somma di cui al capo di imputazione risultava scudata per l'intero, se solo si fossero calcolati gli importi delle somme rimpatriate dagli altri soci della Zeus s.r.l. se ciò fosse stato fatto, si sarebbe accertata la congruenza degli importi scudati rispetto alla somma indicata nell'imputazione. Considerato in diritto 5. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 5.1. Ai fini del decidere è necessario premettere brevi cenni sulla disciplina del c.d. Scudo fiscale introdotta con il d.l. 78 del 2009, conv. in L. 102 del 2009. La normativa consente il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute, irregolarmente, fuori dal territorio dello Stato, previo il pagamento di una imposta calcolata in modo percentuale rispetto alla entità del patrimonio scudato. Il rimpatrio si perfeziona con il pagamento dell'imposta e la procedura attivata non può costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente in sede amministrativa o giudiziaria. In particolare la regolarizzazione esclude la punibilità per i reati di cui agli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000, nonché per i reati di cui al decreto-legge n. 429 del 1982, ad eccezione di quelli previsti dall'articolo 4, lettere d e f , del predetto decreto n. 429, relativamente alla disponibilità delle attività finanziarie dichiarate cfr. richiamo che la legge 102 effettua nei confronti degli artt. 14 e 15 della legge 409 del 2001 . L'art. 13 della legge disciplina le modalità per il rimpatrio dei capitali ed è articolata in modo tale da garantire l'anonimato del soggetto che effettua lo scudo . Infatti l'incarico viene affidato ad intermediari mandatari, i quali effettuano il versamento delle somme dovute alla Banca d'Italia. Il rapporto tra il contribuente e mandatario è documentato da carteggi detenuti esclusivamente da tali soggetti. 5.2. Ciò premesso la tesi sostenuta dal ricorrente nei motivi di impugnazione è che difetta il fumus commissi delicti in quanto la somma imponibile evasa dalla ZEUS s.r.l. e di cui il L. era amministratore, era stata scudata e, pertanto, i relativi reati non erano punibili. A sostegno di tale tesi, il ricorrente ha disvelato la documentazione relativa alla regolarizzazione di capitali detenuti all'estero e scudati ai sensi della legge 102 sopra richiamata. Nel provvedimento impugnato il Tribunale ha replicato che l'indagato aveva documentato lo scudo di Euro 3.870.000, pertanto, tenuto conto che la imputazione provvisoria riguardava la complessiva somma di Euro 7.000.000, sussisteva ancora la punibilità del delitto e, quindi, il fumus . A fronte di tali argomentazioni, con i motivi di ricorso, il L. ha censurato che il Riesame non aveva tenuto conto delle somme scudate da altri soci della s.r.l. Zeus , che andavano ampiamente a colmare la differenza mancante. 5.3. Per rispondere alla doglianza di erronea applicazione della legge, va fatto un chiarimento sulle norme che disciplinano lo scudo fiscale. La possibilità di regolarizzazione delle attività1 finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato è stata prevista nell'art. 13 bis della legge 102 del 2009. Tale norma, per le modalità operative dello scudo , al comma 5, richiama gli articoli 11, 13, 14, 15, 16, 19 dalla legge 23 novembre 2001, n. 409 , che aveva disciplinato una precedente regolarizzazione. In particolare l'art. 11 della legge 409, nel delineare l'ambito soggettivo, di applicabilità dello scudo , dispone che per interessati alla regolarizzazione devono intendersi le persone fisiche, gli enti non commerciali, le società semplici e le associazioni equiparate ai sensi dell'articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 . La chiara dizione della norma ha indotto gli interpreti a ritenere che le società commerciali non potessero beneficiare dello scudo . Tale osservazione già basterebbe per ritenere infondate le tesi sostenute dalla difesa del L. . Va però considerato che con un circolare del 10/10/2009 nr. 43/E la Direzione Centrale dell'Agenzia delle Entrate ha inteso dare una interpretazione della disposizione precisando che ai soli fini tributari, si ritiene che tale divieto valga con riferimento non solo ai procedimenti direttamente riferibili al contribuente che ha effettuato le operazioni di emersione, ma anche a quelli concernenti soggetti riconducibili al contribuente stesso in qualità di dominus. Pertanto, ad esempio, le operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione effettuate dal dominus di una società di capitali non possono essere utilizzate ai fini dell'avvio o nell'ambito di un'attività di controllo fiscale nei confronti della medesima società. Allo stesso modo le operazioni di emersione non determinano accertamenti nei confronti dei soggetti interposti attraverso i quali il contribuente ha detenuto all'estero le attività rimpatriate o regolarizzate . . Con tale circolare l'Agenzia delle Entrate ha inteso ampliare l'applicabilità del condono anche alle società commerciali, a condizione che la attività di emersione sia effettuata dal suo dominus e cioè da colui il quale ha il concreto dominio e la gestione della società. Tornando al caso che ci occupa, premesso che le circolari non hanno una natura normativa e non possono modificare o interpretare in modo autentico le leggi premesso ancora l'osservazione che l'estensione dello scudo alle società predicata dalla Agenzia delle Entrate, è limitata ai soli effetti tributari v. pg. 40 cella circolare , anche a volere ritenere giuridicamente operante l'estensione, essa è limitata alle sole operazioni di emersione effettuate dal dominus della società. Ne consegue che correttamente il giudice di merito, nel valutare la non congruenza delle somme emerse rispetto a quelle evase, non ha tenuto conto delle somme scudate da soggetti non dominus , ma meri soci della Zeus s.r.l. Peraltro, a parte la documentazione dello scudo, tali soggetti non hanno dimostrato la imputazione del rientro di capitali alla società, né la devoluzione delle somme, dopo il rientro, alla società che, è bene ricordarlo, è persona giuridica distinta dai soci che ne costituiscono la compagine. Al rigetto del ricorso per la infondatezza dei motivi, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.