Residenza col padre, domicilio colla compagna: dubbi sul reddito per il gratuito patrocinio

Elemento ufficiale è quello della residenza anagrafica col padre, il cui reddito rende falsa la dichiarazione dell’uomo, relativa alla mancata percezione di reddito e finalizzata ad ottenere l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio. Ma non si può trascurare, invece, il dato di fatto del diverso domicilio, condiviso dall’uomo con una donna.

Residenza anagrafica col padre per questo motivo, l’uomo viene condannato per avere dichiarato, in fase di richiesta del patrocinio a spese dello Stato, di non avere percepito alcun reddito. Ma questo dato viene ritenuto falso, proprio perché è stato trascurato il reddito percepito dal padre, reddito tale da superare i limiti previsti per usufruire del beneficio. Tale quadro, però, va rimesso seriamente in discussione. Difatti, non si può trascurare assolutamente che l’uomo, pur riconoscendo il dato formale della residenza anagrafica, ha messo ‘nero su bianco’ un diverso domicilio, condiviso con una donna. Cassazione, sentenza n. 43994, Quarta sezione Penale, depositata oggi Dichiarazione falsa . Linea rigida, quella seguita dai giudici di primo e secondo grado l’uomo, difatti, viene condannato alla pena di un anno di reclusione e 500 euro di multa per aver falsamente attestato la sussistenza delle condizioni per il beneficio del patrocinio a spese dello Stato . Decisivo, secondo i giudici, il fatto che l’uomo ha dichiarato di non aver percepito alcun reddito, a partire dal 2000 , mentre, invece, egli risiedeva con il padre, il quale, negli anni dal 2005 al 2008, aveva percepito redditi superiori ai limiti stabiliti per fruire del beneficio . A dar valore a questo elemento, peraltro, anche la considerazione che l’uomo nella dichiarazione resa per beneficiare del patrocinio a spese dello Stato, aveva dichiarato di essere anagraficamente presso il padre . Fuori casa . Ma, ribatte il legale dell’uomo, nella richiesta è stato anche dichiarato un domicilio diverso dalla residenza . Come si può trascurare, secondo il legale, questo dato di fatto? Anche perché, alla luce di questo elemento – confermato da una dichiarazione scritta della donna che convive con l’uomo –, si può legittimamente affermare che l’uomo non ha occultato alcun reddito, essendo legittimo ritenere che il reddito del padre non convivente non dovesse essere dichiarato . Ebbene, questo nodo va sciolto definitivamente, prima di arrivare alla chiusura della vicenda. A sancirlo sono i giudici della Cassazione, i quali, accogliendo il ricorso proposto dall’uomo, considerano incompleto il quadro della situazione patrimoniale, rilevante ai fini della veridicità di quanto indicato nella richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In sostanza, quindi, va preso in esame e approfondito il dato di fatto relativo alla precisa indicazione del domicilio dell’uomo, in indirizzo diverso da quello del padre . E proprio su questo ‘cono d’ombra’ dovranno soffermarsi i giudici della Corte d’Appello, cui viene affidata nuovamente la vicenda, magari anche colla collaborazione dell’Agenzia delle Entrate per accertare dove l’uomo domiciliasse di fatto .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 settembre – 28 ottobre 2013, n. 43994 Presidente Sirena – Relatore Piccialli Ritenuto in fatto La Corte d’appello di Genova con la sentenza indicata in epigrafe confermava la decisione del Tribunale della stessa città con la quale D.R.M. era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 11.512002 e condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 500 di multa fatto del 27.3.2006 All’imputato è stato addebitato di aver falsamente attestato la sussistenza delle condizioni previste per l’ammissione In particolare di non aver percepito alcun reddito a partire dal 2000 mentre veniva accertato che il D.R. risiedeva con il padre, il quale negli anni dal 2005 ail 2008 aveva percepito redditi superiori ai limiti stabiliti per fruire del beneficio. La Corte territoriale disattendeva il motivo di impugnazione volto a dimostrare l’insussistenza della falsità sul rilievo che l’interessato nella dichiarazione resa per beneficiare del patrocinio a spese dello Stato aveva dichiarato di essere anagraficamente residente presso il padre ma di essere domiciliato in altro luogo. Sul punto li giudice di appello ha richiamato l’art. 79, comma 1, lettera b , che nel disciplinare il contenuto dell’istanza fa riferimento ai componenti della famiglia anagrafica. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato articolando due motivi. Con il primo denuncia violazione di legge, contestando la sussistenza della falsità, giacchè nella domanda di ammissione l’imputato aveva attestato di essere domiciliato da oltre un anno in Savona presso M.P., domicilio confermato dalla medesima In una dichiarazione sostitutiva di certificazione allegata alla domanda di ammissione. In tal senso si evidenzia che il funzionario dell’Agenzia delle Entrate, ascoltato nella qualità di teste, aveva dichiarato che non erano stati effettuati controlli per accertare dove il D.R. domiciliasse di fatto. Alla luce di tali elementi di fatto, si lamenta la manifesta contraddittorietà della motivazione laddove afferma l’insussistenza della prova sulla circostanza che l’imputato fosse effettivamente domiciliato presso la M., Il D.R., non aveva, pertanto, occultato alcun reddito essendo legittimo ritenere che il reddito del padre non convivente non dovesse essere dichiarato. Con il secondo motivo si duole della manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui aveva negato le attenuanti generiche sul rilievo che non erano rinvenibili in atti elementi di segno positivo che giustificavano il riconoscimento delle attenuanti. Considerato in diritto II ricorso è fondato. Ai sensi degli artt. 76 e 79 d.P.R. n. 115 del 2002, l’accesso al patrocinio a spese dello Stato è consentito soltanto ai non abbienti, tali dovendosi considerare coloro che dall’ultima dichiarazione risultano percettori di un reddito non superiore ad una certa soglia qualora il richiedente conviva con il coniuge ovvero con altri familiari, la soglia reddituale complessiva di accesso resta individuata nella somma dei singoli redditi dei conviventi, compreso l’istante, ma i limiti di reddito sono elevati nella misura indicata nell’art. 92 dei citato d.P.R. per ognuno dei familiari conviventi. In particolare, l’art. 79, comma 1, lettera b , richiede che l’istanza debba contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle generalità, oltre che dell’interessato, dei componenti la famiglia anagrafica, per tale dovendosi intendere, ai sensi del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, art. 4 Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente , Insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune”. Nel caso in esame, le argomentazioni del giudici di merito non si sono confrontate con il dato di fatto, emergente dalla documentazione in atti, che conteneva precisa indicazione del domicilio dell’imputato da circa un anno rispetto alla presentazione dell’istanza in Savona presso M.P., in indirizzo diverso da quello del padre. Tale circostanza, oltre che dalla istanza di ammissione,è attestata anche nella dichiarazione sostitutiva di certificazione ex art. 94, comma 1, d.P.R. 115/2002, allegata alla predetta istanza, sottoscritta anche dalla M. I giudici di merito non hanno preso in considerazione neanche le dichiarazioni rese nella qualità di teste dalla funzionaria della locale Agenzia delle entrate, la quale ha affermato che non vennero eseguiti controlli per accertare dove il D.R. domiciliasse di fatto. In presenza di tali elementi, dimostrativi di un quadro incompleto della situazione patrimoniale riguardante l’imputato, rilevante aí fini della veridicità di quanto indicato nella richiesta dl ammissione, si impone l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza al fine di verificare le circostanze dedotte dall’interessato, oggetto, peraltro, di specifiro motivo di impugnazione in sede di appello. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo con cui si lamenta il diniego delle circostanze attenuanti generiche. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova.