Confisca preventiva: applicabilità a maglie larghe

Il procedimento di prevenzione finalizzato alla confisca prescinde tanto dai presupposti attinenti alle misure di prevenzione personali quanto da quelli relativi al procedimento penale volto all'accertamento della responsabilità in ordine al reato contestato, con la conseguenza che elementi inidonei a sorreggere il giudizio di reità ben posso risultare sufficienti ai fini della libera” applicazione della misura ablatoria.

Lo ha stabilito la Seconda sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 43333, depositata il 23 ottobre 2013. Percezione di somme dalle cosche per il finanziamento dell'attività d'impresa . Nel caso di specie un imprenditore edile è stato sottoposto a procedimento penale per il reato di associazione mafiosa art. 416- bis , c.p. e, contemporaneamente, a procedimento di prevenzione per appartenenza” al medesimo sodalizio volto a confiscare alcune somme di denaro e beni in possesso dell'imputato e da questi ricevuti, in precedenza, da una cosca per finanziare la propria attività di impresa. Il primo procedimento, celebratosi con rito abbreviato, si è concluso con l'assoluzione dell'imprenditore dalla decisione è scaturito, di riflesso, il rigetto dell'istanza del Procuratore della Repubblica volta ad ottenere la confisca preventiva, e il medesimo epilogo è stato registrato in sede di appello avverso il primario rigetto, questa volta su ricorso del Procuratore generale presso la Corte territoriale. I punti problematici . La decisione in esame trae spunto da un ulteriore ricorso presentato contro la decisione reiettiva del gravame e affronta due principali questioni la prima attiene all'applicabilità disgiunta della misura di prevenzione patrimoniale nel caso di specie, la confisca ex art. 2- bis , co. 6- bis , L. 31 maggio 1965, numero 575, modificata, di recente, dall'art. 2, co. 22, L. 15 luglio 2009, numero 94 e, da ultimo, confluita nel codice antimafia, D.lgs. 159/2011 e quella personale, risolta in senso negativo da parte della Corte territoriale, in linea con quanto ritenuto dal giudice di prima istanza la seconda concerne il discrimen tra il concetto di partecipazione” ad associazione mafiosa utile a configurare il reato di cui all'art. 416- bis , c.p. e quello - per vero limitrofo - di appartenenza” ad associazione mafiosa quale presupposto per l'applicazione della misura ablatoria summenzionata. L'applicabilità disgiunta delle misure di prevenzione . Ebbene, nell'accogliere in toto le richieste del Procuratore generale, per l'effetto annullando il provvedimento emesso dalla Corte d'appello, i giudici di legittimità hanno risolto le problematiche prospettate nei seguenti termini. Con riferimento all'ammissibilità disgiunta delle misure di prevenzione antimafia, è stato osservato come la volontà del legislatore - da ultimo cristallizzatasi con la ricognizione apportata dal D.lgs. numero 159/2011 - sia quella di consacrare il principio della reciproca autonomia tra misure di prevenzione personali e patrimoniali, con la conseguenza che il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere avviato e prescindere da qualsiasi proposta relativa all'adozione di misure di prevenzione personali”, in tal modo rimettendo al giudice procedente il compito di accertare incidentalmente la riconducibilità del proposto nella categoria dei soggetti che possono essere destinatari dell'azione di prevenzione” tale principio è poi specificato dall'assunto secondo cui la prescindevolezza dei presupposti della misura personale ai fini dell'applicazione di quella patrimoniale al momento dell'adozione della misura non elude l'obbligo di accertare, in ogni caso, l'esigenza di accertare la pericolosità del proposto all'atto dell'acquisto del bene oggetto della richiesta ablatoria. Partecipazione e appartenenza al sodalizio . Quanto al profilo relativo alla distinzione tra appartenenza” e partecipazione” mafiosa, i giudici romani hanno fatto chiarezza sui confini applicativi dei due istituti analizzandone l'essenza teleologica tratta dai rispettivi impianti normativi di appartenenza la Suprema Corte, ha posto in evidenza come il concetto di partecipazione” faccia riferimento ad una vera e propria presenza attiva” nell'ambito del sodalizio criminale diversamente, l' appartenenza” deve intendersi comprensiva di ogni comportamento che, pur non in grado di integrare la fattispecie associativa sanzionata dal codice penale, risulti comunque funzionale alle finalità del sodalizio mafioso favorendone la cultura e, dunque, l'azione. Procedimento penale e procedimento di prevenzione . La sentenza in esame chiude il cerchio fondendo le due questioni sopra analizzate rimarcando le differenze tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, all'uopo sottolineandone la diversità dell'oggetto che, nel primo caso, è quello volto all'accertamento della sussistenza di un determinato fatto di reato, diversamente da quanto accade nel secondo caso ove l'attenzione è incanalata sulla valutazione di pericolosità del soggetto in base alle condotte complessivamente considerate che, peraltro, non per forza debbono assurgere ad illecito penale. È doveroso osservare come i risvolti applicativi di siffatta distinzione siano tutt'altro che trascurabili posto che elementi inconsistenti ai fini del giudizio di responsabilità penale possono, di contro, risultare più che idonei all'adozione di una misura di prevenzione, ed il caso affrontato ha giustappunto confermato tale tendenza.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 luglio - 23 ottobre 2013, n. 43333 Presidente Petti – Relatore Fiandanese Svolgimento del procedimento La Corte di appello di Catanzaro, con decreto in data 25 maggio 2012, rigettava l'appello proposto dal Procuratore generale della stessa Corte di appello avverso il decreto del Tribunale di Cosenza, in data 21 luglio 2010, di dichiarazione di inammissibilità della proposta avanzata dal Procuratore della Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro di sequestro e confisca dei beni riconducibili a P.S.F. . La Corte di appello riteneva che, pur dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 94 del 2009 alla legge n. 575 del 1965, sebbene da un lato sia stato proclamato il principio della separazione delle misure di prevenzione patrimoniali da quelle personali, dall'altro lato non è stato adeguato il procedimento, poiché dall'art. 2 ter, commi 1 e 6, della citata legge si desumerebbe che continua a permanere il legame tra il procedimento di prevenzione patrimoniale e quello personale. Osservava ancora la stessa Corte che, in ogni caso, il P.G. trae gli indizi di appartenenza del P. alla cosca Cicero, operante in Cosenza e provincia, dal suo coinvolgimento nell'ambito dell'indagine Anaconda , ma tali emergenze sono state smentite in sede di accertamento penale, laddove in esito a giudizio abbreviato il G.U.P. distrettuale ha escluso che la condotta contestata al P. integrasse una qualsiasi forma di contributo volontariamente apportato al fine di rafforzare l'associazione di riferimento, risolvendosi piuttosto in un’attività esclusivamente finalizzata a soddisfare proprie e contingenti necessità economiche, consistita nella sollecitazione dell'erogazione e successiva utilizzazione di capitali di soggetti appartenenti alla cosca Cicero nello svolgimento dell'attività edilizia da lui gestita nella consapevolezza delle attività illecite da questi svolte. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo inosservanza degli artt. 2 bis, comma 6 bis legge 31 maggio 1965 n. 575, 18 D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159 . Il P.G. ricorrente, in primo luogo, osserva che l'art. 18, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2011 si esprime chiaramente nel senso che le misure di prevenzione personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione . Lo stesso P.G., poi, dopo avere affermato che in tema di misure di prevenzione il concetto di appartenenza ad una associazione mafiosa va distinto sul piano tecnico da quello di partecipazione , risolvendosi in una situazione di contiguità all'associazione stessa, sostiene che dalle investigazioni è emersa la contiguità del P. all'associazione criminale denominata Cicero, essendo il medesimo in contatto continuo con esponenti dell'associazione medesima, da cui riceveva finanziamenti e con cui era in affari. Motivi della decisione Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Il ricorso del Procuratore Generale è anzitutto fondato con riferimento alla questione, evidentemente preliminare, dell'ammissibilità della proposizione di misura patrimoniale indipendentemente dalla misura personale. Questa Corte, infatti, ha già formulato i seguenti principi L'art. 2-bis, comma 6-bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575, applicabile anche ai fatti commessi anteriormente alla legge 15 luglio 2009, n. 94 che lo ha introdotto, fissa il principio di reciproca autonomia tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali, con la conseguenza che il procedimento di prevenzione patrimoniale può essere avviato a prescindere da qualsiasi proposta relativa all'adozione di misure di prevenzione personali, rimettendo al giudice il compito di accertare in via incidentale la riconducibilità del proposto nella categoria dei soggetti che possono essere destinatari dell'azione di prevenzione Sez. 1, n. 5361 del 13/01/2011, Altavilla, Rv. 249800 Sez. 6, n. 1282 del 10/10/2012 - 10/01/2013, Vittoriosi, Rv. 254220 il principio di reciproca autonomia tra le misure personali e patrimoniali - previsto dall'art. 2 - bis, comma 6 - bis, della legge 31 maggio 1965, n. 575, così come modificato dall'art. 2, comma 22 della 15 luglio 2009, n. 94 - consente di applicare la confisca prescindendo dal requisito della pericolosità del proposto al momento dell'adozione della misura, ma richiede che essa sia comunque accertata con riferimento al momento dell'acquisto del bene, oggetto della richiesta ablatoria Sez. 6, n. 10153 del 18/10/2012 - dep. 04/03/2013, Coli e altri, Rv. 254545 . Non vi è dubbio, d'altro canto, che la normativa vigente art. 18 D.Lgs. n. 159 del 2011 abbia sicuramente portato a compimento il processo di completa separazione tra misure personali e misure patrimoniali. Relativamente alla motivazione che la Corte d'Appello ha comunque reso al fine di escludere nel merito l'appartenenza del P. ad associazione mafiosa, appare configurabile, come dedotto dal ricorrente, il vizio di violazione di legge. Infatti, in primo luogo, deve osservarsi, come esattamente rilevato dal P.G. ricorrente, che il concetto di appartenenza ad una associazione mafiosa, richiesto ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione, va distinto da quello di partecipazione , necessario ai fini dell'integrazione del corrispondente reato quest'ultima richiede una presenza attiva nell'ambito del sodalizio criminoso, mentre la prima è comprensiva di ogni comportamento che, pur non integrando gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa, sia funzionale agli interessi dei poteri criminali e costituisca una sorta di terreno favorevole permeato di cultura mafiosa Sez. 2, n. 19943 del 21/02/2012, Stefano, Rv. 252841 . In secondo luogo, deve ribadirsi il principio, costantemente affermato da questa Suprema Corte, dell'autonomia funzionale e strutturale tra procedimento penale e procedimento di prevenzione, principio fondato sul rilievo che il primo ha per oggetto l'accertamento della sussistenza di un fatto determinato e della corrispondenza dello stesso alla fattispecie incriminatrice, mentre il secondo concerne la valutazione di pericolosità di un soggetto alla stregua delle sue condotte complessive, che non necessariamente debbono costituire illecito penale Sez. U, n. 18 del 03/07/1996, Simonelli, Rv. 205261 Sez. 2, n. 2542 del 09/05/2000, Coraglia, Rv. 217801 Sez. 5, n. 9505 del 17/01/2006, Pangallo, Rv. 233892 . Le differenze in ordine a struttura e finalità comportano l'adozione di criteri diversi sotto il profilo valutativo, sicché elementi indiziari che conducono all'assoluzione nel procedimento penale possono risultare sufficienti, in sede di prevenzione, per ritenere l'appartenenza di un soggetto ad una associazione mafiosa. Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha omesso totalmente ogni approfondimento, limitandosi a dare atto delle ragioni poste a fondamento dell'assoluzione dal reato di cui all'art. 416 bis c.p. nel procedimento penale, per poi osservare che il P. ha svolto un'attività consistita nella sollecitazione dell'erogazione e successiva utilizzazione di capitali di soggetti appartenenti alla cosca Cicero nello svolgimento dell'attività edilizia da lui gestita nella consapevolezza delle attività illecite da questi svolte , con ciò delineando una condotta, che, al di là delle qualificazioni in sede penale, potrebbe configurare proprio quell' appartenenza rilevante ai fini delle misure di prevenzione, apoditticamente negata dal giudice di merito. Pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo esame che faccia applicazione dei principi di diritto sopra formulati. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro per nuovo esame.