La T della targa diventa B: ausiliari del traffico alterano un verbale, allora perché non ne rispondono?

L’ausiliare del traffico non riveste, per tale sola qualifica, la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, in quanto la sua attività è circoscritta dall’art. 17, comma 132, l. n. 127/1997, così come interpretato dall’art. 68, l. n. 488/1999, alle funzioni di accertamento e contestazione delle violazioni in materie di sosta all’interno delle aree oggetto di concessione alle imprese di gestione dei parcheggi.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 43363, depositata il 23 ottobre 2013. Il caso. Il Gup aveva pronunciato sentenza di non doversi procedere perché il fatto non sussiste, nei confronti di un imputato del delitto di cui all’art. 476 c.p. falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici , perché, nella qualità di appartenente a una società incaricata dell’accertamento delle violazioni alla sosta, agendo quale istigatore, aveva alterato il verbale di accertamento – in particolare, il numero di targa di un veicolo, facendo apparire di avere elevato un verbale di contravvenzione amministrativa per sosta irregolare a un’auto targata diversamente -. Ad avviso del giudice di merito, partendo dal presupposto che soggetto del delitto di falso di cui all’art. 476 c.p. può essere solo un pubblico ufficiale, la condotta posta in essere dall’imputato non può essere ricondotta al paradigma normativo dell’articolo menzionato. Ciò, in quanto, come sostenuto dal Gup, essendo assolutamente pacifica la natura di persona giuridica privata della società – interamente partecipata dal Comune, il quale se ne serve per la gestione del relativo servizio pubblico –, i soggetti, quali l’imputato, che agiscono per conto della suddetta società non possono ritenersi p.u. o impiegati di un ente pubblico incaricati di un pubblico servizio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 493 c.p. falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico . Avverso tale decisione, il P.M. ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un palese errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice di merito, il quale, a suo dire, non ha considerato che in realtà, ai sensi degli artt. 17, comma 132, l. n. 127/97 e 68 l. n. 488/99, gli ausiliari del traffico svolgono le funzioni di accertamento delle violazioni in materia di sosta all’interno delle aree oggetto di concessione alle imprese di gestione dei parcheggi, conferendo agli atti da essi redatti in tali funzioni gli effetti di cui all’art. 2700 c.c. efficacia dell’atto pubblico . Per la Suprema Corte il ricorso non può essere accolto. Possono essere chiamati a rispondere del reato di falsità in atti solo se legati da un rapporto di impiego con lo Stato o con altro ente pubblico. Gli Ermellini, con particolare riferimento alla figura degli ausiliari del traffico, hanno affermato che rilevante non è la dimensione pubblicistica o privatistica dell’ente dal quale dipendono, bensì la natura delle funzioni da essi esercitate, come si configurano alla luce delle norme di legge ordinaria che definiscono i loro compiti. Piazza Cavour ha escluso la natura di pubblici ufficiali degli ausiliari del traffico, dunque, essi – come correttamente ritenuto dal Gup - possono essere chiamati a rispondere, in qualità di incaricati di un pubblico servizio, dei reati di falsità in atti [] da essi redatti nell’esercizio delle loro attribuzioni, [], solo se legati da un rapporto di impiego con lo Stato o con altro ente pubblico . Secondo il Collegio, tale condizione non risulta sussistente nel caso in esame, non essendo l’imputato, nella sua qualità di dipendente di una società di diritto privato interamente partecipata dal Comune, dotata, in quanto tale di autonoma personalità giuridica rispetto all’ente territoriale, legato da un rapporto di impiego o di servizio all’ente pubblico titolare della partecipazione. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 aprile - 23 ottobre 2013, n. 43363 Presidente Dubolino – Relatore Guardiano Fatto e diritto Con sentenza pronunciata il 27.9.2012 il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Torino, pronunciava sentenza di non doversi procedere perché il fatto non sussiste, nei confronti di T.C. , imputato del delitto di cui all'art. 476, c.p., perché, come si evince dal capo d'imputazione, in concorso con C.A. , giudicato separatamente, nella qualità di appartenenti alla società G.T.T. s.p.a. di Torino, entrambi incaricati dell'accertamento delle violazioni alla sosta e, quindi, incaricati di pubblico servizio, agendo il T. quale istigatore ed il C. quale esecutore materiale, alteravano il verbale di accertamento n. omissis ed, in particolare, il numero di targa di un veicolo, facendo apparire di avere elevato un verbale di contravvenzione amministrativa per sosta irregolare dell'autovettura tg. omissis , piuttosto che dell'autovettura tg. omissis . Ad avviso del giudice di merito, partendo dal presupposto che soggetto del delitto di falso di cui all'art. 476, c.p., può essere solo un pubblico ufficiale e che l'art. 493, c.p., estende l'applicabilità delle disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse dai pubblici ufficiali anche agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio relativamente agli atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni, la condotta posta in essere dal T. non può essere ricondotta al paradigma normativo del menzionato art. 476, c.p Ciò in quanto, essendo assolutamente pacifica la natura di persona giuridica privata della società G.T.T. s.p.a. , interamente partecipata dal comune di Torino, che se ne serve per la gestione del relativo servizio pubblico, i soggetti, quali il T. , che agiscono in nome e per conto della suddetta società non possono ritenersi pubblici ufficiali ovvero impiegati di un ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 493, c.p. e, quindi, ad essi non può applicarsi la previsione normativa dell'art. 476 c.p Avverso tale decisione, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per Cassazione il pubblico ministero presso il tribunale di Torino, lamentando un palese errore di diritto in cui sarebbe incorso il giudice di merito, il quale non ha considerato che, in realtà, ai sensi degli artt. 17, co. 132, L. n. 127 del 1997 e 68, L. n. 488 del 1999, gli ausiliari del traffico svolgono le funzioni di accertamento delle violazioni in materia di sosta all'interno delle aree oggetto di concessione alle imprese di gestione dei parcheggi, quale appunto la G.T.T. s.p.a. , e di quelle immediatamente limitrofe, necessarie a compiere le manovre atte a garantire la concreta funzionalità del parcheggio in concessione, conferendo agli atti da essi redatti in tali funzioni gli effetti di cui all'art. 2700, c.c Ne consegue, secondo il ricorrente, che solo in tale veste i dipendenti di una società concessionaria rivestono la qualifica di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio, per cui, essendo stato compiuto dal T. il fatto a lui contestato proprio nell'esercizio della sua funzione di accertamento delle violazioni in materia di sosta, trova applicazione nei suoi confronti la disciplina dettata dall'art. 476, c.p In data 8.4.2013, infine, perveniva memoria a firma del difensore di fiducia del T. , avv. Luigi Cionci, del Foro di Torino, il quale chiedeva che il ricorso del pubblico ministero venisse dichiarato inammissibile, in quanto, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, il T. , come risulta dalla documentazione in atti, non riveste la qualifica di cui all'art. 17, co. 132, L. 127/97, ma quella di cui al comma 133 del medesimo articolo. Tanto premesso il ricorso non può essere accolto. Ed invero non appare revocabile in dubbio che, come è stato rilevato, la giurisprudenza ha più volte ribadito che ai fini della sussistenza della qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio bisogna guardare non al rapporto di dipendenza del soggetto con la pubblica amministrazione, bensì ai caratteri propri dell'attività esercitata dallo stesso, di cui devono essere presi in considerazione, ai sensi del comma 2 dell'art. 357 c.p., i singoli momenti in cui questa si attua, con riferimento ad un contributo determinante del'agente alla formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione, ed all'esistenza di poteri autoritativi e certificativi cfr., ex plurimis , Cass., sez. VI, 21 febbraio 2003, Sannia, rv. 224050 . Con particolare riferimento alla figura degli ausiliari del traffico , quel che rileva, dunque, non è la dimensione pubblicistica o privatistica dell'ente dal quale dipendono, bensì la natura delle funzioni da essi esercitate, come si configurano alla luce delle norme di legge ordinaria che definiscono i loro compiti. Proprio in applicazione di tali principi, la Suprema Corte ha affermato che il cosiddetto ausiliario del traffico non riveste, per tale sola qualifica, la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, in quanto la sua attività è circoscritta dall'art. 17, comma 132, della I. 15 maggio 1997, n. 127, così come interpretato dall'art. 68, della I. 23 dicembre 1999, n. 488, alle funzioni di accertamento e contestazione delle violazioni in materia di sosta all'interno delle aree oggetto di concessione alle imprese di gestione dei parcheggi e di quelle immediatamente limitrofe e necessarie a compiere le manovre atte a garantire la concreta funzionalità del parcheggio in concessione cfr. Cass., sez. VI, 05/07/2006, n. 38877, D'A. , ribadendo che, nell'esercizio dei compiti loro attribuiti, quando, cioè, procedono all'accertamento e alla contestazione delle contravvenzioni concernenti il divieto di sosta nelle aree oggetto di concessione alle imprese di gestione, essi rivestono la qualifica di incaricati di pubblico servizio cfr. Cass., sez. VI, 14/01/2009, n. 7496, D. C., rv. 242914 . Esclusa, dunque, la natura di pubblici ufficiali degli ausiliari del traffico, non può non rilevarsi che, come correttamente ritenuto dal giudice per le indagini preliminari, essi possono essere chiamati a rispondere, in qualità di incaricati di un pubblico servizio, dei reati di falsità in atti di cui agli artt. 476 e ss., c.p., relativamente agli atti da essi redatti nell'esercizio delle loro attribuzioni, giusta la previsione dell'art. 493, c.p., solo se legati da un rapporto di impiego con lo Stato o con altro ente pubblico. Orbene, tale condizione non risulta sussistente nel caso in esame, non essendo il T. , nella sua qualità di dipendente di una società di diritto privato interamente partecipata dal comune di Torino, dotata, in quanto tale di autonoma personalità giuridica rispetto all'ente territoriale, legato da un rapporto di impiego o di servizio all'ente pubblico titolare della partecipazione cfr. Cass. civile, sez. un., 25/03/2013, n. 7374, Naccarato c. Proc. gen. Corte Conti ed altro, rv. 625714 . Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso del pubblico ministero va, dunque, rigettato. P.Q.M. rigetta il ricorso.