Decreto di irreperibilità, conseguente citazione a giudizio. «Ma ero sempre ai ‘Servizi sociali’...», giustificazione tardiva

Confermata la condanna nei confronti di un uomo per aver fatto mancare l’assistenza materiale e morale alla figlia minore. Nessun dubbio sulla condotta tenuta dall’uomo, alla luce della sua capacità economica. E neanche può essere contestato il decreto di irreperibilità emesso nei suoi confronti ricerche complete alla luce degli elementi noti all’epoca. Irrilevante, e tardivo, il richiamo, fatto poi dall’uomo, alla sua presenza costante nella struttura dei ‘Servizi sociali’, dove sarebbe stato facilmente rintracciabile.

Contatti continui coi ‘Servizi sociali’ a richiamarli è un uomo, finito sotto accusa per non aver provveduto all’assistenza materiale e morale verso la figlia minore. Ma questo elemento non consente certo di porre sul piatto della bilancia le difficoltà dell’uomo, come giustificazione per la clamorosa omissione. E, allo stesso tempo, tale ‘presenza fissa’ nella struttura dei ‘Servizi sociali’ non può essere considerata fattore di tale rilevanza da mettere in discussione l’efficacia delle ricerche dell’uomo, che hanno poi portato al decreto di irreperibilità. Cassazione, sent. n. 43117/2013, Sesta Sezione Penale, depositata oggi Irreperibile. Nessun dubbio, peraltro, avevano espresso già i giudici di primo e di secondo grado l’uomo, difatti, è stato condannato alla pena di 7 mesi di reclusione, e 400 euro di multa per essersi sottratto agli obblighi di assistenza verso la figlia minore . Di fronte a una posizione così netta, però, l’uomo si appiglia, soprattutto, al decreto di irreperibilità emesso nei suoi confronti. A suo avviso tale decreto è da considerare nullo – con tutto ciò che ne consegue, ossia nullità del decreto di citazione a giudizio – per non essere state effettuate effettive ricerche anagrafiche presso il luogo di residenza, in cui vi erano anche i familiari, omettendosi di svolgere ricerche presso i ‘Servizi sociali’, ove egli sarebbe stato perfettamente rintracciabile, per i suoi continui contatti con tali servizi . Allo stesso tempo, comunque, l’uomo contesta la condanna anche nella sostanza in particolare, egli mette in discussione la mancanza dei mezzi di sussistenza e lo stato di necessità della figlia minore, anche tenendo presente la ‘fuga’ della ragazza, assieme alla madre. Per i giudici della Cassazione, però, il contraddittorio è stato instaurato correttamente , e, di conseguenza, i decreti di irreperibilità e di citazione a giudizio sono validi. Per una ragione fondamentale perché essi sono frutto della completezza delle ricerche alla luce degli elementi risultanti dagli atti all’epoca. Rispetto a tale quadro, in sostanza, eventuali notizie successive , come la presenza costante dell’uomo ai ‘Servizi sociali’, sono da ritenere irrilevanti. Peraltro, aggiungono i giudici, nessun dubbio è possibile sulla pessima condotta tenuta dall’uomo acclarato lo stato di bisogno della minore , acclarata la capacità dell’uomo di far fronte all’obbligo impostogli ex lege . E, comunque, l’allontanamento della donna , sottolineano i giudici, si è verificato allorché il reato si era già, comunque, integralmente realizzato

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 settembre – 21 ottobre 2013, n. 43117 Presidente/Relatore Serpico Ritenuto in fatto e considerato in diritto Sull'appello proposto da P.U. avverso la sentenza in data 29-4-010 del Tribunale monocratico di Milano che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui all' art. 570 co. 2 n. 2 cp. per essersi sottratto agli obblighi di assistenza materiale e morale inerenti la qualità di genitore verso la figlia minore F. a cui faceva mancare i mezzi di sussistenza dallo agosto 2003 in permanenza attuale e che lo aveva condannato alla pena di mesi sette di reclusione ed euro 400=di multa, con risarcimento danni e provvisionale in favore della parte civile, la Corte di Appello di Milano, con sentenza in data 23-4-2012, in parziale riforma della decisione di I^ grado, revocava le statuizioni civili, stante l'intervenuta revoca della costituzione di parte civile da parte di tal S.L., madre della bambina, e confermava nel resto la decisione predetta, ribadendo in rito la ritualità del decreto di irreperibilità dell'imputato ed il conseguente decreto di citazione a giudizio e la comprovata sussistenza degli elementi costituitivi del reato contestato, tanto da rendere ultronea l'invocata rinnovazione del dibattimento, fermo restando la corretta e motivata misura del trattamento sanzionatorio. Avverso tale sentenza il P. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi dell'impugnazione, tramite il proprio difensore, sostanzialmente ed in sintesi I Violazione dell'art. 606 co. l^ lett. c in relazione all'art. 159 cpp. per nullità del decreto di irreperibilità e di tutti gli atti conseguenti, per non essere state effettuate effettive ricerche anagrafiche dell'imputato presso il luogo di residenza in cui vi erano anche i suoi familiari, omettendosi di svolgere ricerche presso i servizi sociali ove il ricorrente sarebbe stato perfettamente rintracciabile per i suoi continui contatti con tali servizi conseguente nullità del decreto di citazione a giudizio all'esito delle indagini preliminari 2 Violazione dell'art. 606 co. I^ lett. c in relazione all'art. 160 cpp. per inefficacia del decreto di irreperibilità per la fase del giudizio, con relativa nullità del predetto decreto di citazione, essendosi omesso nuovo decreto di irreperibilità in tali sensi con perdurante omissione di nuove ricerche successivamente all'avviso di conclusione delle indagini preliminari 3 Violazione dell'art. 606 co. I^ lett. c ed e cpp. per mancata assunzione di prova decisiva, segnatamente riferita alla richiesta di rinnovazione del dibattimento con escussione di taluni testi a supporto della mancanza dell'elemento soggettivo del reato con contraddittoria e mancanza di motivazione al riguardo 4 Violazione dell'art. 606 co. I^ lett. b cpp. per erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 570 co. 2 n. 2 cp. per mancanza di comprovata e motivata sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato in punto di oggettività e soggettività dello stesso, segnatamente riferiti all'indimostrata mancanza di mezzi di sussistenza in rapporto al relativo stato di necessità dell'avente diritto e del dolo sostanzialmente escluso dallo stesso comportamento della convivente su cui contraddittoriamente ed unicamente era stata fondata la conferma di condanna del ricorrente. Il ricorso è infondato e va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ed invero, quanto ai motivi in rito sub I e 2 , correttamente l'impugnata sentenza si è uniformata ai principi di diritto tracciati da questa Corte di legittimità in subiecta materia cfr. fol. 4 sentenza impugnata , ritenendo correttamente instaurato il contraddittorio e, pertanto, difettando la fondatezza dell'eccepita nullità del decreto di irreperibilità e relativo decreto di citazione a giudizio in combinato disposto degli artt. 159 e 160 cpp. Al riguardo va ribadito il principio di diritto secondo cui - in tema di notificazione all'imputato, l'irreperibilità non ha valore assoluto ma relativo, in quanto rappresenta una situazione processuale che si verifica tutte le volte in cui, eseguite le ricerche imposte dall'art. 159 cpp., l'AG non sia pervenuta all'individuazione della residenza, del domicilio, del luogo di temporanea dimora o di abituale attività lavorativa del soggetto. Ne consegue che, ai fini della validità del decreto di irreperibilità e del conseguente giudizio contumaciale, all'esito del relativo decreto di citazione a giudizio, rileva soltanto la completezza delle ricerche con riferimento agli elementi risultanti dagli atti al momento in cui vengono eseguite ed eventuali notizie successive, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa nei predetti motivi di gravame, non possono avere incidenza ex post, sulla legittimità della procedura eseguita in base alle risultanze conosciute o conoscibili al momento dell'adempimento delle prescritte formalità cfr. in termini, Cass. pen. Sez. II, 17-7-2003 n. 30060, Elemento RV226681 . Anche i motivi sub 3 e 4 nel merito sono infondati, a fronte della corretta e motivata risposta offerta dall'impugnata sentenza cfr. fol. 5 , tanto in merito alla comprovata sussistenza oggettiva del reato contestato, pacifico essendo lo stato di bisogno della minore per tale sua qualità, nonché la capacità dell'imputato a far fronte all'obbligo impostogli ex lege, quanto in punto di dolo connaturante detta condotta che emerge palese dalle stesse circostanze modali e temporali di tale contestata condotta, in uno alla puntuale accusa della L., a prescindere dal contributo di costei al mantenimento della minore e, in ogni caso, pacifico essendo che l'allontanamento dal milanese della donna si è verificato allorché il reato si era già, comunque, integralmente realizzato, secondo quanto emerge dal tenore anche letterale della stessa imputazione. Di qui la rilevata superfluità delle invocata rinnovazione del dibattimento ex art. 603 cpp. Alla stregua delle considerazioni anzidette, il ricorso appare infondato e, come tale, va rigettato con ogni conseguenza di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.