L’imputato ha superato volontariamente la soglia di punibilità?

Le soglie di punibilità relative alla fattispecie di dichiarazione fraudolenta sono elementi costitutivi del reato, pertanto, devono essere investite dal dolo.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 42868, depositata il 18 ottobre 20113. Il caso. Un uomo veniva condannato per il reato di concorso in dichiarazione fraudolenta mediante artifici per aver indicato nella dichiarazione IVA di una s.r.l. elementi attivi per un valore inferiore a quello effettivo, in quanto falsamente indicati quali operazioni non imponibili. L’uomo si difendeva assumendo la mancanza di dolo specifico inteso come consapevolezza del raggiungimento delle soglie di punibilità. I Giudici territoriali ritenevano tale tesi infondata poiché il raggiungimento di tale soglie non costituiva elemento costitutivo del reato ma condizione obiettiva di punibilità, il cui verificarsi non deve rientrare nell’ambito della rappresentazione ideativo/volitiva dell’agente . Le soglie di punibilità sono elementi costitutivi del reato? L’imputato ricorreva in Cassazione sostenendo che le soglie di punibilità non hanno natura di condizione di punibilità, ma sono elemento costitutivo del reato. In tal senso, risultava legittima la censura sull’esclusione della loro rilevanza al fine del vaglio dell’offensività e della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. In sostanza, nel caso in esame, doveva essere accertato se l’imputato avesse avuto non solo l’intenzione di indicare elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, ma anche di indicarli in misura superiore alla soglia di punibilità. La Corte di Cassazione – adita sulla questione – ha accolto la tesi del ricorrente affermando che le soglie di punibilità hanno natura di elementi costitutivi del reato e devono essere investite dal dolo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 maggio – 18 ottobre 2013, n. 42868 Presidente Squassoni – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza 30.11.2011 la corte di Appello di Genova ha confermato la pronuncia di colpevolezza nei confronti di D. M. in ordine al reato di concorso di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici commesso in Genova il 27.9.2007 art. 3 d.lvo n. 74/2000 . I fatti addebitati all’imputato a titolo di concorso riguardavano la indicazione, da parte della G., nella dichiarazione IVA relativa all’anno di imposta 2006, di elementi attivi per un valore inferiore a quello effettivo in quanto falsamente indicati quali operazioni non imponibili e in particolare l’emissione di una serie di fatture relative a vendite di orologi in favore di viaggiatori esteri per imponibile complessivo di €. 552.362,00 nonché di una fattura relativa ad un orologio per un imponibile complessivo di € 2.800,00 e ancora 63 fatture relative a 109 orologi per un imponibile complessivo di € 416.348,00, orologi di cui l’acquirente reale era il predetto D La Corte di merito ha motivato la propria decisione rilevando che la tesi dell’imputato fondata sulla mancanza di dolo specifico, inteso come consapevolezza del raggiungimento della soglia di puntualità non appariva fondata in quanto il raggiungimento di tale soglia costituisce non già elemento costitutivo del reato, ma una condizione obiettiva di punibilità, il cui verificarsi non deve rientrare nell’ambito della rappresentazione ideativi/volitiva dell’agente art. 44 cp . 2. Contro questa decisione, il D. ricorre personalmente per cassazione denunciando erronea applicazione della legge penale con riferimento al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, e art. 44 c.p., nonché in relazione all’art. 3 d.lgs. n. 74 del 2000 e 42 e 43 c.p., nel punto in cui definisce le soglie di punibilità. Assume che diversamente da quanto ritenuto dalla corte di merito, dette soglie non hanno natura di condizione di punibilità, ma sono elemento costitutivo del reato, sicché era pertinente la censura sull’esclusione della loro rilevanza al fine del vaglio dell’offensività e della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, dovendo essere accertato se l’imputato avesse avuto non solo l’intenzione di indicare elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo, ma anche di indicarli in misura superiore alla soglia di punibilità. Considerato in diritto 1. Il motivo, pur se caratterizzato da una corretta premessa in diritto, è infondato. La questione posta all’attenzione del collegio riguarda ancora una volta la natura giuridica delle soglie di punibilità dai delitti in materia di dichiarazione di cui al D.lvo n. 74/2000, in cui è compreso anche quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, oggetto del presente procedimento art. 3 d.lvo cit. . La norma, nel testo vigente all’epoca dei fatti anteriormente alle modifiche riguardanti l’ammontare delle soglie di punibilità introdotte dal D.l. 13.8.2011 n. 138 convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011 n. 148 , era così articolata 1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 2, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, sulla base di una falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie e avvalendosi di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente a l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a lire 150.000.000 euro 77.468,53 b l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’impostazione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a lire tre miliardi euro 1.549.370,00 . La questione posta all’attenzione del collegio consiste in particolare nello stabilire se il superamento della soglia medesima costituisca un elemento costitutivo del reato con la conseguenza che il superamento della soglia non determina la commissione del reato in difetto di dolo , oppure se trattasi di una condizione obiettiva di punibilità, con la diversa conseguenza che il superamento della soglia comporta in ogni caso la sussistenza del reato. Ciò premesso, il collegio, pur prendendo atto di qualche isolata pronuncia in senso contrario cfr. sez. 3, Sentenza n. 25213 del 26/05/2011 ud. Dep. 23/06/2011 rv. 250656 sez. 3, Sentenza n. 15164 del 16/01/2003 ud. Dep. 01/04/2003 rv. 224453 , ritiene che le soglie di punibilità abbiano natura di elementi costitutivi del reato e richiama in proposito non solo il chiaro tenore della relazione Governativa di accompagnamento al d.lvo n. 74/2000 che espressamente qualifica in tal senso le due soglie , ma anche l’orientamento delle sezioni unite, che con la recentissima sentenza 28 marzo - 12 settembre 2013 n. 37424 in motivazione hanno qualificato le soglie di punibilità come elementi costitutivi del reato. A ciò aggiungersi che la tesi qui seguita appare conforme al criterio interpretativo del favor rei. Da tale affermazione discende logicamente che le soglie di punibilità devono essere investite dal dolo, come pure precisa la citata relazione governativa. 2. L’impostazione teorica del ricorrente, dunque, appare corretta, ma non può comunque condurre all’annullamento della sentenza impugnata. Il d., infatti, avrebbe dovuto, per il principio di specificità dei motivi di ricorso art. 581 cpp , fornire precisi elementi per condurre alla esclusione del dolo, inteso come coscienza e volontà del superamento delle soglie di punibilità, ma nel ricorso non si rinviene alcun elemento in tal senso, non essendo sufficiente una mera enunciazione di principio ed un generico richiamo alle circostanze documentali e dichiarative emerse durante gli interrogatori sostenuti davanti al pubblico ministero e nel corso dello svolgimento dell’incidente probatorio cfr. ricorso pagg. 1 e2 . In conclusione, l’errore di diritto in cui è incorso il giudice di merito nel qualificare giuridicamente le soglie di punibilità non ha avuto influenza decisiva sul dispositivo e pertanto si rende necessaria la sola correzione ai sensi dell’art. 619 comma 1 cpp. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.