Emissione di fatture per operazioni inesistenti: delineati i confini del sequestro per equivalente

La condotta posta in essere dal soggetto che emette fatture per operazioni inesistenti e quella di chi si avvale di dette fatture sono autonome e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo. Sicchè non trova applicazione il principio solidaristico secondo cui la confisca può interessare ciascuno dei concorrenti per l’entità dell’intero profitto accertato.

Questo il principio di diritto statuito dalla III Sezione Penale della Cassazione. Le tematiche sottese alla pronuncia in esame La pronuncia in esame della Suprema Corte appare particolarmente interessante in quanto si pone, per la prima volta, la verifica degli effetti dell’intersecarsi di due tematiche ben note e dibattute nell’ultimo periodo a livello giurisprudenziale. La prima questione attiene al limite entro cui può essere disposto il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca nel caso in cui il delitto giustificante l’adozione della misura cautelare sia commesso da più persone in concorso fra di loro. Come noto la giurisprudenza della Cassazione sul punto è ormai assolutamente consolidata nell’affermare che, in caso di concorso di persone, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto per un valore corrispondente all'intero ammontare del profitto del reato nei confronti di ciascun concorrente, anche se poi la confisca complessivamente disposta non può eccedere l'ammontare del profitto. L’altra questione, invero più complessa, attiene ai limiti ed alla portata del disposto dell’articolo 9 D.lgs. n. 74/2000, che statuisce una deroga al principio dell’art. 110 c.p. vietando la punibilità di colui che emette fatture per operazioni inesistenti a titolo di concorso nell’ulteriore delitto di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e viceversa. La deroga al concorso di persone nel reato e suoi limiti. La previsione di cui all’art. 9 d.lgs. n. 74/2000 altro non è, in realtà, che la codificazione di un principio già statuito in giurisprudenza sotto la vigenza della legge n. 516/82, volto ad evitare che l’emittente, in un caso, o l’utilizzatore, in altro caso, delle fatture per operazioni inesistenti fosse chiamato a rispondere oltre che del reato proprio anche a titolo di concorso di persone nel reato, stante il dettato dell’art. 110 c.p., in quello dell’altro, con conseguente e palese violazione del principio del ne bis in idem sostanziale. In realtà, una lettura attenta della giurisprudenza sviluppatasi sia intorno alla fattispecie di cui all’art. 9 che a quella similare di cui all’art. 6 d.lgs. n. 74/2000 induce ad affermare che tale dettato normativo non esclude completamente le ipotesi di una qualche responsabilità concorsuale fra emittente e seppur potenziale utilizzatore delle fatture per operazioni inesistenti. La giurisprudenza più recente si è, infatti, ormai consolidata nell’affermare che il soggetto che si limita ad annotare le fatture false in contabilità, senza indicarle in dichiarazione, concorre nel reato di emissione di fatture false la fattispecie in esame, infatti, secondo diverse pronunce, è diversa dalla previsione del concorso tra chi ha emesso una fattura e il soggetto che l'ha utilizzata nella dichiarazione fiscale, la cui configurazione è appunto esclusa dall'art. 9 del d.lgs. n. 74/2000. Cass. Pen., Sez. III, n. 1894/2011 . Il potenziale utilizzatore di documenti o fatture emesse per operazioni inesistenti concorre, quindi, con l'emittente, secondo l'ordinaria disciplina dettata dall'art. 110 c.p., non essendo applicabile in tal caso il regime derogatorio previsto dall'art. 9 d.lgs. n. 74/2000 Cass. Pen., Sez. V, n. 16550/2011 . Ulteriore limite del campo di applicazione della deroga sancita dall’art. 9 è stato individuato dalla giurisprudenza nelle ipotesi in cui la medesima persona proceda in proprio sia all'emissione delle fatture per operazioni inesistenti, sia alla loro successiva utilizzazione, e ciò ad esempio quando l'amministratore della società che ha emesso le fatture per operazioni inesistenti coincida con il legale rappresentante della diversa società che le abbia successivamente utilizzate, nulla rilevando, dunque, la diversa soggettività giuridica delle società coinvolte. Cass. Pen., Sez. III, n. 19025/2012 . L’estensione del sequestro per equivalente ai concorrenti. In riferimento al reato commesso da una pluralità di soggetti in concorso fra loro, la giurisprudenza ha affrontato, più volte, la problematica relativa alla possibilità di disporre la misura per intero o pro quota sui beni delle diverse persone sottoposte ad indagini. La questione attiene, nel dettaglio, alla possibilità o meno di imporre il sequestro preventivo fino a coprire l'intero importo del profitto del reato sui beni di ciascuno dei concorrenti ovvero le modalità di ripartizione interna della misura cautelare reale, qualora sia possibile stabilire l'entità dell'arricchimento individuale. Le Sezioni Unite, seppure con riferimento alla responsabilità da reato degli enti, hanno chiarito che, nel caso di illecito commesso da più soggetti in concorso, la confisca del profitto illecito e, dunque, il sequestro preventivo anche per equivalente ad essa finalizzato può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato, con il limite che l'imposizione non può comunque eccedere l'ammontare complessivo dello stesso Cass. Pen., Sez. Un., n. 26654/2008, Fisia Italimpianti s.p.a. . Questo principio, più volte ribadito in successive pronunce delle Sezioni singole, altro non è che l’espressione del ben noto principio solidaristico menzionato anche nella massima in esame , che, nel nostro sistema, uniforma e regola la disciplina del concorso di persone nel reato. Secondo detto principio è consentita l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente, nonostante le somme illecite siano state sottoposte a sequestro in tutto o in parte agendo sul patrimonio di altri coindagati. Con l’unico limite che il vincolo d’indisponibilità complessivo non può eccedere il valore stesso del profitto, altrimenti si determinerebbero ingiustificate duplicazioni. Quali effetti dell’art. 9 d.lgs. 74/2000 sul sequestro per equivalente? Con la pronuncia in esame la Suprema Corte è chiamata a chiarire quale dei due principi sopra affermati prevalga sull’altro. Nel caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti utilizzate da altro soggetto, è consentito sottoporre a sequestro per equivalente i beni del soggetto emittente le fatture anche per il profitto realizzato dall’utilizzatore in virtù del principio solidaristico? Oppure, non potendo il soggetto emittente essere chiamato a rispondere a titolo di concorso anche in tale ultimo delitto, stante il divieto dell’art. 9 d.lgs. n. 74/2000, non è consentito? La Suprema Corte non ha dubbi nel risolvere la questione. Le condotte sottese alle fattispecie di emissione e di utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, seppur evidentemente correlate, sono ben autonome e distinte – osserva la Suprema Corte – ed inoltre l’esplicito dettato dell’art. 9 esclude la possibilità di concorso della stessa persona nei due reati, sicché, non trattandosi di delitto plurisoggettivo, viene meno il presupposto fondamentale per l’applicazione dell’invocato principio solidaristico, con conseguente annullamento della pronuncia del riesame che a tale canone si era richiamata. Appare tuttavia evidente che la portata di applicazione del principio di diritto affermato dalla Suprema Corte, peraltro di notevole importanza, incontrerà gli stessi limiti che incontra il divieto nascente dall’art. 9 d.lgs. n. 74/2000, con la conseguenza che, laddove sia ipotizzabile, come sopra delineato, il concorso ex art. 110 c.p., troverà applicazione anche il principio solidaristico, con verosimile estensione del sequestro per equivalente ai beni di tutti i coindagati fino al raggiungimento del valore complessivo del profitto del reato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 settembre – 17 ottobre 2013, numero 42641 Presidente Teresi – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Pistoia, con ordinanza in data 16.4.2013, in parziale accoglimento dell'appello proposto da A.A. avverso il provvedimento del Giudice del dibattimento del Tribunale di Pistoia del 25.3.2013, disponeva il mantenimento del sequestro preventivo sulla quota del 50% dell'unità immobiliare sita in omissis , nella disponibilità del medesimo A. , soltanto fino alla concorrenza del valore di Euro 113.658,72. Assumeva il Tribunale che il GIP in data 25.8.2010 aveva emesso decreto di sequestro preventivo ipotizzandosi a carico dell'A. il reato di cui all'articolo 8 D.L.vo 74/2000 per avere, quale legale rappresentante della Finestre e Finestre srl , emesso fatture per operazioni inesistenti a favore della PB Group srl., e che il Giudice del dibattimento, in data 25.3.2013, aveva rigettato l'istanza di revoca di detto sequestro. Dopo aver richiamato la giurisprudenza di legittimità in tema di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, riteneva il Tribunale che, in applicazione del principio solidaristico, il sequestro potesse riguardare, anche per l'intero profitto accertato, ciascuno dei concorrenti nel reato. E che tale principio fosse applicabile anche alla fattispecie in esame, trattandosi di reati strettamente connessi. Il sequestro era stato, pertanto, legittimamente disposto dal GIP in relazione a beni nella disponibilità dell'A. a garanzia del credito vantato dall'Erario per evasione dell'iva da parte della BP Group srl sulla base proprio dell'utilizzazione di false fatture emesse dal ricorrente quale legale rappresentante della società Finestre e Finestre srl. Peraltro l'elemento soggettivo del reato di cui all'articolo 2 cit. costituito dal dolo specifico di favorire l'evasione di terzi non escludeva che la società cartiera potesse direttamente trarre un indebito profitto dall'operazione collegato alla omessa iva dovuta . Pur dovendosi mantenere il sequestro preventivo sui beni del ricorrente, esso andava limitato fino alla concorrenza della residua imposta dovuta. 2. Ricorre per cassazione A.A. , a mezzo del difensore, denunciando la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 321 e ss. C.p.p., 11 L. 146/2006, 322 ter c.p., 9 D.L.vo 74/2000. I principi affermati dalla Suprema Corte in relazione alla possibilità di disporre il sequestro, anche per l'intero, nei confronti di ciascuno dei concorrenti nel reato, non possono trovare applicazione nel caso di specie. Non si verte, invero, in una ipotesi di concorso nel medesimo reato ex articolo 110 c.p. il ricorrente risponde del reato di cui all'articolo 8 D.L.vo numero 74/2000, mentre il V. , che, secondo l'ipotesi accusatoria, ha conseguito l'ingiusto profitto per effetto dell'utilizzazione delle fatture emesse dall'A. , risponde del reato di cui all'articolo 2 D.L.vo cit. Anzi l'ipotizzabilità del concorso tra l'emittente le fatture e l'utilizzatore delle stesse è espressamente esclusa dall'articolo 9 stesso D.L.vo. Non potendo l'A. essere punito a titolo di concorso per il reato di cui all'articolo 2 non potrà subire alcuna conseguenza sanzionatoria in relazione a tale reato. Il sequestro disposto nei suoi confronti è pertanto illegittimo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati. 2. Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte di fronte ad un illecito plurisoggettivo deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Più in particolare, perduta l'individualità storica del profitto illecito, la confisca di valore può interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l'intera entità del profitto accertato entro logicamente i limiti quantitativi dello stesso , non essendo esso ricollegato, per quello che emerge allo stato degli atti, all'arricchimento di uno piuttosto che di un altro soggetto coinvolto, bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell'illecito, senza che rilevi il riparto del relativo onere tra i concorrenti, che costituisce fatto interno a questi ultimi cfr. Cass. sez. 2, 14/6/2006 numero 31989, Troso 20/9/2007 numero 38599, Angelucci tra i correi del profitto conseguito. Sul punto si registra un orientamento giurisprudenziale solo apparentemente contrastante, secondo cui, in caso di pluralità di indagati, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non puo’ eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di profitto del reato a lui attribuibile, sempre che tale quota sia individuata o risulti chiaramente individuabile cfr. Cass. sez. 6, 23/6/2006 n 25877-sez 6, 5/6/2007 numero 31690 sez. 6, 14/6/2007 numero 30966 . È chiaro quindi che, ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta d'individuare allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, li sequestro preventivo deve essere disposto per l'intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti . 2.1. È altrettanto vero, però, che l'articolo 9 D.L.vo 74/2000 stabilisce che In deroga all'articolo 110 del codice penale a l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 2 b chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'articolo 8 . La condotta posta in essere dai soggetto che emette le fatture per operazioni inesistenti articolo 8 D.Lvo 74/2000 e quella di chi si avvale di dette fatture articolo 2 D.Lvo 74/2000 sono autonome e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo il concorso nel reato è anzi espressamente escluso dal legislatore . Sicché non può trovare applicazione il principio solidaristico con conseguente irrilevanza del riparto tra i correi del profitto conseguito affermato dalle Sezioni Unite. 3. Dalla motivazione dell'ordinanza impugnata non risulta ben chiaro a quale titolo ed in relazione a quale condotta illecita sia stato emesso il provvedimento di sequestro nei confronti dell'A. . Dopo aver fatto riferimento al profitto conseguito dal soggetto PB Group srl che ha utilizzato le fatture per operazioni inesistenti, il Tribunale ipotizza anche che la società cartiera possa direttamente ed in via autonoma trarre un indebito profitto dall'operazione, quale ad esempio, quello collegato alla omessa Iva dovuta . Inoltre, il provvedimento del Tribunale, in composizione monocratica, emesso in data 25.3.2013 impugnato davanti al Tribunale della libertà , nel dare atto che già con provvedimento dei 10-12 novembre 2012 era stato ridotto il sequestro fino alla concorrenza della somma di Euro 113.685,72, rigettava la richiesta di revoca assumendo che all'imputato A. , però, è stata contestata anche l'emissione di fatture per operazioni inesistenti utilizzate da soggetti diversi da P.B. Group srl, che hanno generato un debito tributario ulteriore e diverso rispetto a quello garantito dai beni di V.A. , estraneo alla commissione di questa parte di reato . 4. L'ordinanza impugnata va, pertanto annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Pistola.