Apertura ‘anticipata’ e non autorizzata del depuratore: ne risponde il dirigente, non il Comune

Mossa azzardata, quella compiuta dal dirigente, che ha dato il ‘la’ all’apertura provvisoria dell’impianto, consentendo lo scarico delle acque reflue provenienti dalla zona industriale. Fatale anche il superamento dei limiti consentiti in materia di concentrazione di escherichia coli. Seppur per pochi mesi, è stato lui direttamente a prendere in carico la gestione della struttura.

Si sa, la fretta è cattiva consigliera”, ma, in taluni casi, può divenire anche, metaforicamente, arma del delitto. Così si spiega la condanna del dirigente di un Comune, reo di avere disposto la provvisoria, e anticipata, attivazione dell’impianto di depurazione, per consentire lo scarico delle acque reflue provenienti dalla zona industriale. Cassazione, sentenza n. 42143, Terza sezione Penale, depositata oggi Tappe bruciate Condanna senza discussioni per il dirigente del Comune, sia in primo che in secondo grado a lui viene addebitata la violazione del cosiddetto ‘Codice dell’ambiente’. Fatale la decisione di avere acconsentito allo scarico delle acque reflue provenienti dalla zona industriale, all’interno di un fosso nel quale esse confluivano, previa raccolta tramite l’impianto di fognatura comunale , però in assenza della autorizzazione della Provincia . A rendere ancor più grave la situazione una concentrazione di batteri ‘escherichia coli’ superiore ai limiti consentiti dalla normativa. Nodo della vicenda è il ruolo, assunto seppur per breve tempo, di gestore dell’impianto di depurazione . Su questo aspetto si sofferma il legale dell’uomo, ricordando che l’impianto era stato consegnato al Comune , cioè alla persona del sindaco, non certo a quella di un semplice dirigente. Tale visione, però, viene ritenuta non corretta dai giudici della Cassazione, i quali ribattono, alle osservazioni del legale, ribadendo che l’uomo gestiva l’impianto quale dirigente di settore del Comune . Ciò, sia chiaro, alla luce di un semplice dato di fatto egli prese in consegna l’impianto il 19 giugno, ne dispose la provvisoria attivazione, e solo il 17 settembre affidò la gestione ad una impresa esterna al Comune . Di conseguenza, nel periodo metà giugno-metà settembre, l’uomo era il gestore dell’impianto, lo aveva preso in consegna, e lo aveva provvisoriamente attivato, pur in mancanza di autorizzazione provinciale e in dichiarata violazione dei limiti stabiliti dalla normativa .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 27 giugno - 14 ottobre 2013, n. 42143 Presidente Mannino – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 13 febbraio 2013, la Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Rieti - sezione distaccata di Poggio Mirteto del 22 marzo 2012, con la quale l'imputato era stato condannato, per il reato di cui all'art. 137, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, perché, nella sua qualità di responsabile del settore 2 del Comune di Poggio Mirteto, consentiva lo scarico delle acque reflue provenienti dalla zona industriale all'interno di un fosso nel quale esse confluivano, previa raccolta tramite l'impianto di fognatura comunale, in assenza della prescritta autorizzazione della Provincia e con una concentrazione di batteri escherichia coli superiore ai limiti stabiliti dalla normativa vigente fatto commesso il 1 luglio 2008 . 2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo di doglianza, la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Lamenta, in particolare, il ricorrente che la sentenza ha richiamato per relationem la motivazione adottata dal Tribunale, omettendo di enunciare le ragioni per cui le doglianze mosse con l'atto d'appello sarebbero da rigettare e limitandosi a rilevare che l'imputato deve essere ritenuto gestore dell'impianto di depurazione e, dunque, responsabile del superamento dei valori di cui alle tabelle allegate al d.lgs. n. 152 del 2006, sulla base di condotte che emergono da tre documenti 1 il verbale di presa in consegna provvisoria dei lavori intervenuto tra il direttore dei lavori e il legale rappresentante della ditta appaltatrice in cui l'imputato, per il Comune, esprime la necessità di disporre delle opere eseguite prima del loro collaudo definitivo 2 il verbale della conferenza di servizi del 19 giugno 2008, convocata dall'imputato, in quanto responsabile del settore 2 del Comune, per ottenere l'autorizzazione all'immissione delle acque reflue dell'impianto in deroga ai parametri stabiliti, in cui si dà atto che l'impianto viene provvisoriamente attivato 3 il verbale di consegna dell'impianto del 17 settembre 2008 all'impresa che curò la gestione dello stesso, che l'imputato firmò quale responsabile del servizio per conto del Comune. Rileva la difesa che l'impianto era stato consegnato al Comune e, dunque, al Sindaco e non all'imputato, il quale era responsabile del settore 2, con competenza per i lavori pubblici, ma non aveva la competenza relativa alla gestione dell'impianto di depurazione. In altri termini, la Corte d'appello e il Tribunale non avrebbero considerato che tra le attribuzioni del responsabile del settore 2 del Comune non rientra anche la gestione degli impianti di depurazione, perché, con provvedimento del Sindaco del 25 giugno 2004, l'imputato era stato nominato responsabile dei servizi attinenti a lavori pubblici, servizi esterni, edilizia pubblica, trasporto locale, patrimonio, protezione civile, espropri. Né la gestione dei depuratori potrebbe essere fatta rientrare nella nozione di servizi esterni . Considerato in diritto 3. - Il ricorso è infondato. Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, la motivazione del provvedimento impugnato circa il fatto che l'imputato gestiva l'impianto quale dirigente di settore del Comune risulta pienamente sufficiente e logicamente adeguata, laddove chiarisce che l'imputato - come emerge dai tre documenti citati dalla stessa difesa nel ricorso - prese in consegna l'impianto in data 19 giugno 2008, ne dispose la provvisoria attivazione, ponendo così in essere la condotta penalmente contestatagli, e, solo in data 17 settembre 2008, affidò la gestione ad una impresa esterna al Comune. Alla data del 1° luglio 2013, egli era dunque il gestore dell'impianto, essendo - come ampiamente evidenziato anche dal Tribunale - il soggetto che lo aveva preso in consegna e che lo aveva provvisoriamente attivato, pur in mancanza di autorizzazione provinciale e in dichiarata violazione dei limiti stabiliti dalla normativa vigente. Tale interpretazione dei giudici di merito non confligge, del resto, con quanto affermato dalla stessa difesa circa il fatto che l'imputato, in quanto dirigente del Comune, era responsabile di una serie di servizi, tra i quali quelli esterni , perché proprio a tale ultima categoria di servizi è stata in concreto ricondotta, dallo stesso Comune che gliela ha materialmente affidata, l'attività di gestione svolta dallo stesso imputato. Né può assumere alcun rilievo in questa sede l'eventuale configurabilità di interpretazioni alternative del concetto di servizi esterni , perché anche sotto tale profilo il sindacato di questa Corte deve essere esercitato nei limiti della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione limiti non superati nel caso di specie, in forza di quanto appena osservato. 4. - Il ricorso deve perciò essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.