Violenze a ripetizione, dettagli terribili nel racconto della donna: condanna per l’uomo

Quattro anni da incubo per una donna. Necessario collocare temporalmente i singoli episodi di violenza, ma i dettagli nella ricostruzione, fatta dalla donna, dell’incubo consentono anche di rendere marginale l’aspetto temporale, soprattutto considerando la possibile ‘confusione’ provocata dalla ‘ripetizione’ dei fatti.

Episodi abominevoli, in cui l’uomo maltratta – eufemismo – la compagna, madre, per giunta, di sua figlia. Necessario collocare quegli episodi, in maniera precisa, in un contesto temporale ben definito, per poter considerare i fatti non come singoli ‘eventi’, bensì come tappe insopportabili di una drammatica ‘Via Crucis’. Ma, bisogna aggiungere, i terribili dettagli raccontati dalla donna possono consentire di considerare secondaria la collocazione cronologica, e portare, quindi, alla condanna dell’uomo per il reato di maltrattamenti. Cassazione, sentenza n. 42101, Seconda sezione Penale, depositata oggi Cronologia . Proprio la necessità di una precisa collocazione nel tempo degli episodi di violenza è il nodo gordiano evidenziato dai giudici della Cassazione, che hanno già dovuto affrontare, due anni fa, la vicenda. Proprio alla luce di questo elemento, quindi, è stata messa in discussione la condanna decisa in Tribunale e confermata in Appello ad avviso dei giudici della Cassazione, difatti, si è fatto riferimento a singoli episodi di violenza, senza collocarli nel tempo, e, soprattutto, omettendo di indicare non solo se le condotte dell’uomo possano inquadrarsi in una cornice unitaria, ma se risultassero effettivamente idonee a porre la donna in un regime di vita vessatorio . Per chiarire la questione, poi, viene ricordato che per la sussistenza del reato di maltrattamenti non è sufficiente la reiterazione episodica di condotte violente Ma anche in sede di rinvio la Corte d’Appello conferma la pronunzia di condanna nei confronti dell’uomo. Linea assolutamente immutata, quindi. Unico elemento nuovo è l’approfondimento della ricostruzione fatta dalla donna, relativa ai continui maltrattamenti, sia fisici che psichici subiti durante i quattro anni della convivenza . Giusto a mo’ di esempio, basti pensare che l’uomo picchiava la compagna con calci e pugni anche nel corso della sua gravidanza . Davvero poco da aggiungere Se non la valutazione conclusiva dei giudici di Appello, i quali considerano acclarata l’abitualità delle violenze fisiche e psichiche subite dalla donna durante la convivenza , tali da determinare nella vittima uno stato di continua sofferenza . Fil rouge . Ebbene, l’approfondimento realizzato in secondo grado viene, ora, considerato assolutamente efficace dai giudici della Cassazione, i quali, nonostante le opposizioni dell’uomo, ritengono assolutamente lapalissiano il delitto di maltrattamenti perpetrato ai danni della donna. Spazzato via ogni dubbio, quindi, a partire dalla collocazione nel tempo dei fatti . Ciò perché la ricostruzione dei diversi episodi, fatta dalla donna, porta a una collocazione temporale ben deteminata , e, peraltro, a una tale ricchezza di dettagli tale da marginalizzare l’aspetto temporale, per la inevitabile interferenza della uguale continuità nel tempo di fatti ripetitivi con la possibilità di una dettagliata ricostruzione cronologica . E comunque, aggiungono i giudici, è ben identificata una cornice temporale complessiva di tutti i fatti rilevanti, in definitiva piuttosto circoscritta, in quanto coincidente con il periodo della convivenza, durata quattro anni . E, per chiudere il cerchio, in maniera definitiva, all’interno del quadro temporale complessivo emerge il fil rouge terribile delle violenze perpetrate dall’uomo, fil rouge che si è concretizzato negli effetti degradanti della condotta dell’uomo sulla dignità della donna. Di fronte a una ricostruzione così netta, è logico dedurre, anche in Cassazione, la legittimità della colpevolezza dell’uomo confermata, quindi, la condanna per maltrattamenti .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 luglio - 11 ottobre 2013, n. 42101 Presidente Fiandanese – Relatore Prestipino Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2.7.2010, la Corte d’appello di Catania confermava la sentenza di condanna pronunciata il 17 ottobre 2007 dal locale tribunale, Sezione distaccata di Adrano, nei confronti di L.G., per i reati di cui agli artt. 572 e 582 c.p. commessi ai danni della convivente P.K. I giudici di secondo grado, dopo aver precisato che l’appello dell’imputato era riferito esclusivamente al capo della sentenza che lo aveva condannato per i maltrattamenti, ritenevano detto reato sussistente sulla base della testimonianza resa dalla persona offesa e confermata da altri testimoni. 2. Su ricorso dell’imputato, la sesta sezione di questa Corte, con sentenza nr. 29650 del 17.5.2011, annullava la decisione di appello. Rilevava il giudice di legittimità, che La sentenza impugnata, con una motivazione contratta, fa riferimento a singoli episodi di violenza, senza collocarli nel tempo e, soprattutto, omettendo di indicare non solo se le condotte dell’imputato possano inquadrarsi in una cornice unitaria, ma se risultassero effettivamente idonee a porre la persona offesa in un regime di vita oggettivamente vessatorio. Per la sussistenza del reato di maltrattamenti non è sufficiente la reiterazione episodica di condotte violente, occorre che per effetto di tali attività poste in essere dall’agente, che possano essere anche prive di connotati di violenza fisica, si instauri nei confronti della vittima uno stato di sofferenza e di umiliazione derivante da un regime instaurato all’interno della comunità che sia conseguenza diretta di tali atti di sopraffazione. Nella specie, è del tutto mancata la motivazione relativa agli effetti delle condotte violente realizzate dall’imputato”. 2.1. La Corte di Cassazione annullava anche il capo relativo alla concessa provvisionale, rilevando l’illegittimità della decisione con cui il giudice di merito ne aveva disposto l’assegnazione in assenza della richiesta della parte civile, in contrasto con la previsione dell’art. 539 c.p.p. che subordina tale statuizione alla specifica richiesta della parte interessata. 3. Decidendo in sede di rinvio, la Corte di Appello di Catania, con sentenza del 12.6.2012, tornava a confermare la sentenza di primo grado. I giudici territoriali, premesso che l’attendibilità della persona offesa doveva ritenersi positivamente verificata, attesa la logicità, la coerenza e l’assenza di contraddizioni rilevabili nel suo narrato, ricordava come la P. avesse riferito di essere rimasta vittima, durante i quattro anni della sua convivenza con il L., di continui maltrattamenti, sia fisici che psichici, essendo stata costretta a subire persino di notte le aggressioni del convivente, che la picchiava con calci e pugni anche nel corso delle sue gravidanze, senza alcuna ragione. La P. aveva aggiunto di avere spesso riportato lesioni personali a causa delle violenze, e aveva raccontato in particolare di alcuni episodi di cui si era reso protagonista il L. ai suoi danni l’imputato l’aveva percossa con la canna di un fucile appena smontato l’aveva picchiata davanti alla loro bambina le aveva procurato una tumefazione all’occhio più volte aveva inserito le unghie nel suo palato, provocandole fuoriuscita di sangue . Ancora, il L. l’aveva picchiata in ospedale, dopo che lei aveva appena partorito le aveva puntato un coltello alla gola nel sonno, tentando di strangolarla etc vedi pagg. 3 e ss. della sentenza . Aggiungeva la donna che la convivenza era divenuta così insopportabile, che ella aveva più volte tentato di allontanarsi dalla casa familiare, essendone impedita dal L., che la minacciava che le avrebbe tolto i bambini”. 3.1. La Corte di merito individuava inoltre significativi riscontri alle dichiarazioni della P., nella deposizione della madre della stessa persona offesa, L.M.A., che aveva dichiarato di avere più volte personalmente assistito ad episodi di percosse e di violenze fisiche in danno della figlia, ad opera del L., nel periodo in cui i due avevano convissuto nella sua abitazione, durante la prima gravidanza della figlia. Completerebbero il quadro probatorio, secondo la Corte territoriale, le risultanze del certificato medico del 28.9.2004, nel quale figura l’indicazione di una contusione ecchimotica al labbro superiore ed inferiore e alla regione zigomatica destra un ferita escoriata al collo e all’emitorace sinistro, con trauma toracico, contusione al rachide cervicale, contusione al braccio destro e sinistro, con prognosi di venti giorni”. I giudici di appello rilevavano conclusivamente, dal compendio di prova analizzato, l’abitualità delle violenze fisiche e psichiche alle quali il L. aveva sottoposto la persona offesa per tutta la durata della loro convivenza, tali da terminare nella vittima uno stato di continua sofferenza, rispondendo quindi la condotta del L. ai parametri punitivi dell’art. 572 c.p. 3.2. Per quel che riguarda la questione della provvisionale, infine, i giudici di appello rilevavano, a confutazione delle deduzioni meramente assertive della difesa sul difetto dei presupposti per la sua concessione, che all’udienza di discussione tenutasi il 10.10.2007 davanti al giudice di primo grado risultava essere stata depositata dalla parte civile, esplicata richiesta scritta di provvisionale ai sensi degli artt. 539 co. 2 e 540 co. 2 c.p.p. 4. Ha nuovamente proposto ricorso per cassazione il L. per mezzo del proprio difensore, deducendo il vizio di violazione di legge della sentenza ai sensi dell’art. 606 lett. b , e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione anzitutto rispetto all’incerta collocazione dei presunti maltrattamenti in un definibile contesto temporale, alla stregua di uno dei rilievi contenuti nella sentenza di annullamento, in nessun modo superati all’esito del giudizio di rinvio. Del tutto lacunosa sarebbe anche l’indicazione della situazione di continua sofferenza psicofisica della vittima e apodittico il superamento dei limiti di attendibilità della P. già rilevati dalla Corte di Cassazione impropria la valarizzazione come riscontro, della testimonianza della madre della P. Sul punto, la Corte di merito avrebbe commesso un grossolano errore, perché la L.M. si sarebbe riferita ad un solo episodio di violenza e non a più fatti analoghi. Complicherebbero il quadro probatorio le instabili condizioni psichiche della persona offesa, anch’esse trascurate dalla difesa. 4.1. Per quel che riguarda la questione della provvisionale, la difesa rileva di non avere rinvenuto alcuna conclusione inserita nel verbale di udienza indicato”. 4.2. Con l’ultimo motivo, infine, la difesa rileva il vizio di violazione di legge in ordine alla mancata dichiarazione della prescrizione del reato, asseritamente maturata prima della sentenza di appello. Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. 1. Va anzitutto rilevato che la sentenza di annullamento del 17.5.2011 non contiene affatto indicazione di limiti di attendibilità” della persona offesa. I rilievi del giudice di legittimità si appuntano esclusivamente sulla motivazione della prima sentenza di appello nella parte relativa alla ricostruzione dei fatti, alla loro collocazione temporale e alla loro ascrivibilità ad un contesto unitario di vessazioni ai danni della vittima tale da procurarle un regime di vita insopportabile. Dei problemi psichiatrici della P. non c’è traccia nella sentenza oggi impugnata, mentre le deduzioni difensive sul punto sono prive di riferimenti processuali, non documentate e assolutamente vaghe anche sulla natura dei presunti disturbi della personalità”’ di cui avrebbe sofferto la P. l’ampia gamma dei quali ne comprende anche di compatibili con un vissuto di umiliazioni e sofferenze, e non incidenti sulla capacità” di testimoniare . Le contrarie valutazioni della Corte territoriale sull’attendibilità della P. non risultano quindi in alcun modo smentite dalle censure difensive, che non colgono alcun altro elemento concreto di s valutazione in ipotesi trascurato dai giudici di appello. 2. La rivisitazione del materiale istruttorio da parte del giudice del rinvio è stata effettuata in modo da dare conto nella misura più ampia del problema della collocazione nel tempo” dei fatti, segnalato dalla Corte di Cassazione. La questione, peraltro, va affrontata con specifico riferimento alla connotazione di abitualità della condotta punita dall’art. 572 c.p., che per sé stessa impedisce di massima, un’estrema precisione nella ricostruzione, in dettaglio, di un contesto continuativo” di fatti ed episodi analoghi, destinati, per la loro ininterrotta successione nel tempo con le stesse modalità, a determinare inevitabili sovrapposizioni nei ricordi dei protagonisti. Si tratta di un profilo di indagine segnalato in sostanza dalla stessa sentenza di annullamento, quando pone l’accento soprattutto sulla necessità di inquadrare le condotte dell’imputato, ai fini dell’affermazione della sua responsabilità per il reato di maltrattamenti, in una cornice unitaria, e di approfondirne gli effetti nella direzione del risultato dell’assoggettamento della persona offesa ad un regime di vita oggettivamente vessatorio. 3. L’analisi delle fonti di prova, come effettuata nella sentenza di rinvio, consente senz’altro di condividere le conclusioni del giudice di appello sulla sussistenza nella specie, dei presupposti oggettivi e soggettivi della fattispecie incriminatrice. Le dichiarazioni della P. sono state rivisitate con riferimento ad episodi specifici, caratterizzati da una collocazione temporale ben determinata come per le violenze subite dalla donna all’interno di un ospedale subito dopo un parto ma come deve affermarsi in definitiva, anche per l’episodio di lesioni del 28.9.2004 o narrati dalla teste con una tale ricchezza di dettagli vedi l’episodio della canna del fucile, o gli altri indicati a pag. 3 della sentenza di rinvio , da marginalizzare” per dir così, l’aspetto temporale, per la inevitabile interferenza della uguale” continuità nel tempo difatti ripetitivi” con la possibilità di una dettagliata ricostruzione cronologica. Ciò senza dire che rimane pur sempre identificata, nella ricostruzione dei giudici del rinvio, una cornice temporale complessiva di tutti i fatti rilevanti, in definitiva piuttosto circoscritta, in quanto coincidente con il periodo della convivenza tra le parti, durata circa quattro anni. Ancora più circoscritti sono i riferimenti temporali della teste L.M., riferibili alla prima gravidanza della figlia. Gli aspetti della cornice unitaria” e degli effetti degradanti della condotta del ricorrente sulla dignità della persona offesa sono stati poi efficacemente scolpiti dalla Corte di merito, senza alcuna incisiva notazione difensiva contraria. 3.1. Arbitrarie ed assertive sono le deduzioni difensive sul grossolano errore” in cui sarebbe caduta la Corte di merito nella valutazione del contenuto della testimonianza della L.M. Si tratta, nella sostanza, di una censura di travisamento del contenuto della specifica prova testimoniale, che avrebbe dovuto essere accompagnata, per il principio di autosufficienze del ricorso, ma anche, se si vuole, in ragione della forte connotazione polemica delle seduzioni difensive, dalla produzione del verbale di prova nel senso che siano inammissibili motivi di ricorso fondati su atti specificamente indicati, dei quali non sia offerta integrale trascrizione o allegazione e non sia adeguatamente illustrato il contenuto, così da rendere lo stesso ricorso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze, vedi Cass. 11910 del 26/03/2010 Sez. 5, Casucci . Non si comprende, peraltro, alla luce delle non troppo meditate notazioni difensive, come la Corte di merito, se non con imperdonabili negligenze o addirittura con deliberate contraffazioni del vero, avrebbe potuto affermare che la teste aveva precisato che gli episodi di violenza ai danni della figlia erano stati continui e frequenti, e di avere più volte” cercato di difendere la figlia dalle aggressioni fisiche e verbali del ricorrente più che di un travisamento” si tratterebbe infatti della costruzione” di una prova inesistente. 4. Sulla questione della provvisionale, le deduzioni difensive sono a-specifiche. La Corte di merito attesta di avere direttamente visionato l’atto scritto depositato dalla parte civile contenente la richiesta ex art. 539 co. 2 c.p.p. la difesa replica di non avere rilevato la trascrizione a verbale delle conclusioni sul punto della stessa parte civile. Non nega, però, che ci fosse una memoria di parte, ex sé dotata di rilevanza processuale, inserita nel verbale di udienza, e sfuggita al pur attento difensore. 5. La prescrizione del reato non si era maturata alla data della sentenza di appello, perché, come risulta dagli atti processuali compulsati in sede di spoglio preliminare, il termine prescrizionale è maturato solo il 7.8.2012. Non è senza significato, del resto, che la questione non sia stata proposta dalla difesa davanti al giudice del rinvio. In quanto maturata dopo la sentenza di appello, la prescrizione non può essere rilevata in questa sede di legittimità, a causa dell’inammissibilità del ricorso giurisprudenza assolutamente pacifica . Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.