Il figlio riporta sua mamma alle origini: lo spostamento non ha rilevanza penale

Il figlio che sposta la residenza della madre anziana, per la quale è stato nominato un amministratore di sostegno, non commette alcun reato.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 39217/13, depositata il 23 settembre scorso. Il caso. Un uomo, tratto a giudizio per rispondere del reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice art. 388 c.p. , veniva poi condannato per inosservanza di un provvedimento dell’autorità art. 650 c.p. . In particolare, l’imputato aveva portato con sé la propria madre in Sicilia, certo di esaudire la volontà dell’anziana signora, a cui era stato riconosciuto il diritto ad avere un amministratore di sostegno in persona della figlia . Nessun reato. Secondo la Corte di Cassazione che si espressa sulla questione, la condotta dell’imputato non è sanzionabile né ai sensi dell’art. 650 c.p. inosservanza di un provvedimento dell’autorità né ai sensi dell’art. 388 c.p. mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice . La beneficiaria aveva la facoltà di compiere personalmente tutti gli atti necessari a soddisfare le proprie esigenze quotidiane. Il comportamento dell’imputato – secondo quanto affermato dalla S.C. - che, nella certezza di esaudire la volontà dell’anziana madre poi deceduta nel 2010 espressa in ambito familiare, l’ha riportata con sé in Sicilia, nella sua terra di origine, non si traduce in alcuna inosservanza penalmente apprezzabile del provvedimento con cui il giudice tutelare ha nominato alla donna un amministratore di sostegno ai sensi dell’art. 404 c.c. . Di conseguenza, la Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 aprile – 23 settembre 2013, n. 39217 Presidente Milo – Relatore Paoloni Motivi della decisione 1. All'esito di indagini preliminari S F. era tratto a giudizio per rispondere del reato previsto dall'art. 388 co. 2 c.p. per aver eluso l'esecuzione del provvedimento adottato il 4.10.2006 dal giudice tutelare del Tribunale di Viterbo sezione di Civita Castellana che, ai sensi degli artt. 404 ss. c.p.c., aveva nominato la sorella dell'imputato C F. amministratore di sostegno della convivente madre G L. , incapace di provvedere a se stessa, che il giudicabile prendeva con sé, riportandola in omissis . Con sentenza emessa il 14.12.2011 a conclusione di giudizio ordinario il Tribunale di Viterbo sezione di Civita Castellana ha riconosciuto l'imputato colpevole del reato contravvenzionale di inosservanza di un provvedimento dell'autorità ex art. 650 c.p., così diversamente qualificato il fatto in origine contestato al F. , che ha condannato alla pena di Euro cinquanta di ammenda e al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile F.C. . La sentenza, con motivazione contestuale, così testualmente giustifica la decisione .il reato di cui all'art. 574 c.p. riguarda l'incapace, mentre il reato di cui all'art. 650 c.p. riguarda il provvedimento della pubblica autorità dato per ragioni di giustizia nella specie il prevenuto era a conoscenza del provvedimento di nomina dell'amministratore da parte del giudice tutelare, onde non doveva provvedere al trasporto in altro luogo dell'amministranda prima della revoca di detto atto”. 2. La sentenza è stata ritualmente impugnata per cassazione art. 593 co. 3 c.p.p. dal difensore del F. , che deduce vizi di mancanza assoluta di motivazione e di erronea applicazione degli artt. 388 e 650 c.p., formulando i rilievi che seguono. 2.1. La sentenza è totalmente priva di una accettabile motivazione, essendo vergata su un prestampato con la dicitura che le risultanze dell'istruttoria hanno confermato la responsabilità dell'imputato per quanto in rubrica ascritto sebbene il Tribunale abbia riqualificato l'accusa ex art. 388 c.p. e non - come affermato nella apparente motivazione - ex art. 574 c.p. ai sensi dell'art. 650 c.p. , senza chiarire quali siano le emergenze istruttorie valorizzate per la decisione. Emergenze che, se correttamente apprezzate, avrebbero dovuto condurre al pieno proscioglimento del F. . La madre dell'imputato, in vero, non era né una minore né una persona incapace, perché l'amministrazione di sostegno disciplinata dagli artt. 404 ss. c.c. non presuppone che l'amministrato sia infermo di mente al pari dell'interdicendo, conservando la titolarità dei propri diritti personali e patrimoniali. Il Tribunale ha ignorato le testimonianze dibattimentali delle altre due sorelle dell'imputato, F.A. e L. , che hanno riferito come la madre più volte, prima del 18.4.2007 e quello stesso giorno, avesse manifestato la sua ferma volontà di tornare in Sicilia nella sua abitazione di omissis . D'altro canto l'ordinanza del giudice tutelare che ha nominato alla signora G L. un amministratore di sostegno in persona della figlia C. non ha disposto alcun specifico e incoercibile affidamento residenziale dell'anziana. 2.2. Il Tribunale ha ritenuto di attribuire al fatto reato contestato una diversa definizione giuridica, sussumendolo nell'ipotesi di cui all'art. 650 c.p Tale riqualificazione, priva di ogni seria motivazione, è comunque erronea, perché il reato contravvenzionale ha - da un lato - carattere sussidiario rispetto ad altre previsioni incriminatrici e - d'altro lato - richiede che il provvedimento dell'autorità disatteso dall'agente sia adottato nell'interesse di una collettività o pluralità di persone versanti in determinate situazioni e non nell'interesse di un singolo soggetto. Ma, per quanto detto, alcun ordine è contenuto nell'ordinanza del giudice tutelare ex art. 404 c.c. Evenienza, questa, che vale nel contempo ad escludere la configurabilità stessa del reato di cui all'art. 388 co. 2 c.p., non venendo in luce alcuna deliberazione impositiva che l'imputato abbia violato con il ricondurre la madre, secondo il suo espresso desiderio, nel natio paese di sua pluriennale residenza in 2.3. Erroneamente, infine e in subordine, il giudice di merito non ha escluso, in violazione degli artt. 74 e 80 c.p.p., la costituzione di parte civile di C F. , pur censurata dalla difesa, unico soggetto danneggiato dall'ipotetico reato ex art. 388 c.p. potendo considerarsi soltanto il beneficiario dell'amministrazione di sostegno laddove la F. si è costituita non nell'interesse e per conto della madre, ma in proprio nella sua qualità di amministratore di sostegno . 3. Il ricorso proposto nell'interesse di S F. è assistito da fondamento e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio per insussistenza del fatto reato, così come giuridicamente definito dal giudice di merito ai sensi dell'art. 650 c.p. reato che sarebbe oggi attinto da causa estintiva prescrizionale ed anche - in termini di completezza alternativa - così come originariamente contestato ai sensi dell'art. 388 co. 2 c.p 3.1. Al di là della mancanza di concreta motivazione della sentenza impugnata, che prescinde completamente dall'analisi delle risultanze processuali ed enuncia giudizi apodittici, il reato di cui all'art. 650 c.p., in cui il Tribunale ha creduto di dover derubricare l'originaria accusa ex art. 380 c.p., non sussiste, non ricorrendone gli elementi integrativi nell'indagata condotta dell'imputato. Come ha puntualizzato la giurisprudenza di questa Corte regolatrice Cass. Sez. 1, 13.6.2001 n. 29436, Bordi, rv. 219582 Cass. Sez. 1, 24.9.2003 n. 41045, Cosentino, rv. 225784 , il reato contravvenzionale di cui all'art. 650 c.p. concernente l'inosservanza di provvedimenti dell'autorità dati per ragioni di giustizia può avere a presupposto solo provvedimenti oggettivamente amministrativi che, sebbene emanati per ragioni inerenti a finalità di giustizia in senso lato, hanno come contenuto un esercizio della potestà amministrativa destinata a produrre effetti nei rapporti esterni all'attività specifica e propria del giudice. Di tal che tra i provvedimenti considerati dalla fattispecie regolata dall'art. 650 c.p., avente peculiare natura residuale se il fatto non costituisce un più grave reato , non ricadono quelli tipici della funzione giurisdizionale sentenza, ordinanza, decreto e certamente non quelli emessi dal giudice in sede civile. Per provvedimento dell'autorità, ai fini dell'art. 650 c.p., deve intendersi, infatti, ogni atto con cui l'autorità I imponga ad una o più persone determinate un particolare condotta, commissiva od I omissiva, dettata da contingenti ragioni a tutela di interessi collettivi id est pubblici afferenti a scopi di giustizia, sicurezza, ordine pubblico, igiene. In tale quadro normativo, in cui l'esercizio del potere dell'autorità amministrativa è destinato ad operare direttamente nei rapporti esterni all'attività propria del giudice, non possono venire in rilievo i provvedimenti giurisdizionali in senso stretto, cioè gli atti tipici del giudice peri l'appunto sentenza, ordinanza, decreto , che non riguardano in via immediata un interesse di carattere generale ovvero, se anche lo riguardano, non attengono a quel substrato di ordine pubblico, inteso in senso lato e diffuso, che rappresenta l'oggetto, sia pure residuale, della tutela apprestata dall'art. 650 c.p 3.2. Ma, se la condotta dell'imputato non è sanzionabile ai sensi dell'art. 650 c.p., come ritenuto con carente motivazione ex art. 521 co. 1 c.p. dalla sentenza impugnata, ragioni di completezza di analisi impongono di osservare che la condotta in esame non costituirebbe reato neppure alla stregua della originaria contestazione mossa al F. ai sensi dell'art. 388 co. 2 c.p Il comportamento dell'imputato che, nella certezza di esaudire la volontà dell'anziana madre poi deceduta nel 2010 espressa in ambito familiare, l'ha riportata con sé in Sicilia, nella sua terra di origine, non si traduce – infatti - in alcuna inosservanza penalmente apprezzabile del provvedimento con cui il giudice tutelare ha nominato alla donna un amministratore di sostegno ai sensi dell'art. 404 c.c L'ordinanza in questione, versata in atti e comunque trascritta per intero nel ricorso odierno, non reca alcuna prescrizione imperativa, limitandosi a conferire ad una figlia della signora L. per mere ragioni di opportunità l'incarico di amministratore di sostegno della donna, attribuendole il potere di compiere in nome e per conto della beneficiaria alcuni atti di ordinaria amministrazione, ferma restando per la beneficiaria la facoltà di compiere personalmente tutti gli atti necessari a soddisfare le proprie esigenze quotidiane . Non solo. L'ordinanza del giudice tutelare indica espressamente gli atti esperibili dall'amministratrice di sostegno, con obbligo di relazione periodica, individuandoli nella riscossione di pensioni e indennità, nella proposizione di istanze per ottenere prestazioni assistenziali o sussidi, nella presentazione della dichiarazione dei redditi. Nulla l'ordinanza precisa, in termini obbligatori o cogenti, sul luogo di residenza dell'amministranda ovvero sulla sua eventuale incapacità di determinarlo in piena autonomia e consapevolezza. Né, del resto, il provvedimento del giudice tutelare ex art. 404 c.c. avrebbe potuto disporre in termini diversi. In vero l'art. 409 c.c. statuisce che la persona beneficiaria dell'amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno . La persona beneficiaria non è considerata dal legislatore incapace di intendere e di volere, essendo estranea in linea di principio all'istituto dell'amministrazione di sostegno specifiche situazioni di infermità mentale che rendano la persona totalmente incapace di provvedere ai propri interessi, sì da porla in condizione di essere interdetta o inabilitata ai sensi degli artt. 414 e 415 c.c. Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza civile di legittimità ex plurimis Cass. Civ. Sez. 1, 26.10.2011 n. 22332, rv. 619848 , l'amministrazione di sostegno introdotta nell'ordinamento dalla legge 9.1.2004 n. 6 risponde alla finalità di offrire a chi si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l'interdizione e l'inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge n. 6/2004 con la novellazione degli artt. 414 e 427 c.c. Rispetto a tali istituti l'ambito applicativo dell'amministrazione di sostegno va identificato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto privo di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto medesimo, in relazione alla flessibilità e maggiore agilità della relativa procedura applicativa. È evidente, allora, che nel concreto caso riguardante la madre dell'imputato alla stregua del richiamato provvedimento del giudice tutelare del 4.10.2006 la condotta attuata dal ricorrente non sarebbe stata in alcun modo idonea ad integrare l'originaria prefigurata elusione dolosa dell'ordinanza del giudice tutelare ex art. 404 c.c. nei termini previsti dalla norma incriminatrice di cui all'art. 388 co. 2 c.p L'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per insussistenza del fatto reato ascritto all'imputato assorbe le subordinate censure enunciate dal ricorso in punto di statuizioni civili della sentenza, determinandone la caducazione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.