Vent’anni in Italia, affiancato anche dalla madre: radici comunque deboli per lo straniero

Assolutamente impensabile parlare di presenza stabile nel Belpaese. Secondario il richiamo al legame affettivo col genitore, che si è trasferito in Italia. Di conseguenza, la pena inflitta per il reato commesso nel Paese d’origine dovrà essere scontata nelle patrie galere.

Non può bastare la formalità della residenza anagrafica, e neanche la sostanza di un legame affettivo forte come quello con la madre servono ben altri elementi per considerare reale il radicamento dello straniero presente in Italia da quasi vent’anni. Per questo motivo, è da respingere l’ipotesi di consentire allo straniero di espiare nella Penisola la pena sancita nel Paese di origine. Cassazione, sentenza n. 35855, sezione Feriale Penale, depositata oggi Patricidio . Dura la condanna inflitta a un uomo dieci anni di reclusione per aver ucciso il padre. A chiudere la vicenda giudiziaria è un Tribunale rumeno. L’omicida, difatti, è un cittadino della Romania, trasferitosi a metà degli anni ’90 in Italia, dove è stato poi raggiunto anche dalla madre. Ora, però, è arrivato il momento di pagare il conto alla giustizia ecco spiegato il mandato d’arresto europeo emesso nei confronti dell’uomo. Quest’ultimo punta, comunque, ad espiare la pena in Italia . Ma tale prospettiva viene considerata assolutamente improponibile dai giudici italiani. Per questi ultimi, l’uomo, sottoposto a custodia cautelare in carcere , dovrà tornare in Romania per scontare i dieci anni di reclusione. Radici deboli. Ad avviso dell’uomo, però, sono stati trascurati particolari importanti, evidenziati nuovamente ora, dinanzi ai giudici della Cassazione in particolare, il trasferimento in Italia a metà degli anni ’90, il permesso di soggiorno ottenuto quasi alla fine degli anni ’90, il matrimonio con una cittadina inglese sempre in Italia , e, dulcis in fundo, l’arrivo, nel Belpaese, della madre. Ma tutti questi elementi vengono ritenuti non decisivi per considerare acclarata l’esistenza di un radicamento reale dello straniero nello Stato , che, viene ricordato, non è dato per scontato neanche colla residenza anagrafica nel territorio dello Stato . Ciò che è necessario, invece, è la legalità della presenza in Italia , una apprezzabile e stabile continuità temporale , e infine la fissazione in Italia della sede principale degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi Invece, in questa vicenda, emerge che l’uomo è presente in Italia a titolo precario e non ha una fissa dimora né una fonte stabile di sostentamento . Quadro chiarissimo, quindi, sulla mancanza di radici forti in Italia, quadro che non può essere messo in discussione, sottolineano i giudici, dal richiamo alla presenza stabile della madre sul territorio dello Stato e, quindi, al legame affettivo ristabilitosi in Italia. Ciò comporta, di conseguenza, la applicazione del mandato d’arresto europeo l’uomo dovrà scontare in Romania i dieci anni di reclusione per l’omicidio del padre.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 29 agosto - 2 settembre2013, n. 35855 Presidente Marasca – Relatore Mulliri Ritenuto in fatto 1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - Il ricorrente si trova sottoposto a custodia cautelare in carcere in seguito alla emissione, a suo carico, di un mandato di arresto europeo emesso il 12.5.13 in relazione all’ordine di esecuzione della pena di 10 anni di reclusione inflittagli da un Tribunale rumeno e confermata da quella Corte di Cassazione per l’omicidio del padre. Il ricorrente si è opposto alla consegna e, nell’udienza dinanzi alla Corte d’appello italiana, ha invocato la possibilità di espiare la pena in Italia. 2. Motivi del ricorso - Avverso la decisione reiettiva della Corte, il V. ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo erronea applicazione della legge e vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza non ha tenuto nella dovuta considerazione gli elementi addotti dalla difesa che dimostrerebbero un radicamento dell’imputato nel territorio italiano che risale nel tempo. Si evidenzia che la stessa sentenza del Tribunale rumeno dà atto che il V. si era stabilito in Italia sin dal 1994, che qui si è sposato nel 2002 con una cittadina inglese, che nel 1998 egli ha ottenuto il permesso di soggiorno e che qui si è stabilita la madre dell’imputato da lungo tempo - come testimoniato da documentazione anche recente - dopo la sua separazione dal marito che la vessava in molti modi così come faceva anche con il figlio . Il ricorrente ricorda anche la valorizzazione del rapporto affettivo fatta sullo stesso tema da una recente decisione della Corte d’appello di Napoli e sottolinea che, se i legami parentali non venissero tenuti nella giusta considerazione, si incorrerebbe nella violazione di principi costituzionali e della Convenzione europea. Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 3. Motivi della decisione - Il ricorso è infondato e deve essere respinto. In tema di esecuzione della pena-detentiva in Italia e di reiezione della richiesta di consegna del cittadino comunitario all’autorità estera richiedente, la giurisprudenza di legittimità si è espressa chiaramente affermando che la nozione di residenza”, che viene in considerazione per l’applicazione dei diversi regimi di consegna previsti dalla L. 22 aprile 2005 n. 69, presuppone l’esistenza di un radicamento reale e non estemporaneo” dello straniero nello Stato, al punto che non è neppure sufficiente la stessa formale iscrizione o residenza anagrafica nel territorio dello Stato Sez. VI, 27.5.10, Cocu, Rv. 247101 occorrendo, invece Sez. VI, 9.4.10, S., Rv. 244647 oltre legalità della presenza in Italia una apprezzabile e stabile continuità temporale, nonché la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali”. Orbene, nella specie, le uniche circostanze di cui si è avuta contezza riguardano il fatto che l’imputato come attestata anche nella sentenza giunse in Italia fin dal 1994 e che la madre dell’imputato è anch’essa sicuramente in Italia visto che vi è prova dell’attività lavorativa svolta. Tanto non può dirsi sufficiente, ad avviso di questo Collegio, a fondare un accoglimento dell’istanza difensiva. Non vi è, infatti, alcun principio di prova circa la continuità della permanenza del V. in Italia, né può essere il suo matrimonio del 2002 con una cittadina inglese da cui, peraltro, si è poi, separato a convincere del suo perdurante radicamento in Italia. Infine, sul fronte lavorativo, non viene fornita alcuna allegazione. Anche del permesso di soggiorno si dice solo che è stato ottenuto nel 1998 ma non viene detto né provato alcunché circa il rinnovo di tale permesso fino ai giorni nostri. Alla stregua di quanto precede, la pur stringata motivazione della Corte d’appello non risulta censurabile quando ricorda che il V. è presente nel territorio dello Stato a titolo precario, non ha una fissa dimora né una fonte stabile di sostentamento, a nulla rilevando, al contrario, il radicamento della madre sul territorio dello Stato”. Peraltro, non si può neppure fare a meno di chiosare che, a fronte di siffatta - e categorica - affermazione, lo stesso ricorso non smentisce né offre prove, di contenuto contrario limitandosi, nuovamente, a valorizzare solo il dato che la madre dell’imputato ha una stabile attività e ad invocare, quindi, una considerazione di tale legame affettivo che, però, non può, da solo, giustificare la deroga al regime di consegna previsto dalla norma. Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Ai sensi dell’art. 22 co. 5 L. 69/05, va dato mandato alla cancelleria per le comunicazioni di rito. P.Q.M. Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p. Rigetta il ricorso e condanna al pagamento delle spese processuali mandando alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22 co. 5 l. 69/05.