Decisivi per l’attenuante del risarcimento del danno il riferimento a parametri correlati al fatto reato

Il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo non solo di quello patrimoniale, ma anche di quello morale.

Con l’interessante sentenza n. 33389 depositata il 1° agosto 2013 la Corte di Cassazione, Prima sezione Penale, interviene in tema di concessione dell’attenuante del risarcimento del danno precisandone i confini. In particolare, gli Ermellini ritengono che, se è ben vero che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante prevista dall’art. 62, primo comma, n. 6, c.p., il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo non solo di quello patrimoniale, ma anche di quello morale, e la valutazione della sua congruità è rimessa all’apprezzamento del giudice, è altrettanto certo che il giudice deve fare riferimento a parametri correlati e diretti al fatto reato, valutando, in modo congruo, logico e non contraddittorio, tutti i pregiudizi – patrimoniali e morali – che il delitto, in relazione al quale vi sia stata costituzione di parte civile, ha cagionato alla parte lesa. Tentato omicidio e vizio parziale di mente. Nel caso di specie, la Corte di Appello territoriale aveva confermato la sentenza che aveva dichiarato l’imputata responsabile del reato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dall’aver commesso il fatto ai danni della madre, in concorso con altra imputata, separatamente giudicata, condannandola con le attenuanti generiche e la diminuente del vizio parziale di mente, valutate come equivalenti, alla pena di anni sei e giorni venti di reclusione oltre alla pena accessoria e alla misura di sicurezza e al pagamento delle spese processuali. Le due amiche, che vantavano una passata relazione sentimentale, avevano concertato l’aggressione della madre dell’imputata, a seguito del fallimento scolastico della figlia che non aveva mai confessato i suoi insuccessi universitari alla madre stessa che, anzi, si apprestava con i famigliari a festeggiare la prossima laurea. Le due ragazze avevano già in passato tentato di uccidere la donna assoldano un sicario con denaro fornito dalla figlia. Quest’ultima nel corso del giudizio, tra l’altro, veniva sottoposta a perizia medica e riconosciuta affetta da un disturbo della personalità che aveva ridotto in maniera significativa la sua capacità di intendere e di volere. Proposto ricorso per cassazione, le doglianze della difesa si incentrano sulla negativa dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p., pur in presenza della corresponsione alla vittima del reato del risarcimento di € 20.000,00. L’errore del giudice di merito, secondo la difesa, era sulla valutazione effettuata sull’insufficienza del versamento in quanto riferito al fatto che la figlia in precedenza avesse sottratto diverse migliaia di euro alla madre, facendo così riferimento a un fatto rimasto fuori dal giudizio. Inoltre, secondo l’imputata, il giudice di merito aveva errato nel ritenere che anche il danno morale non fosse stato risarcito ancorando lo stesso a criteri meramente materiali vale a dire agli anni in cui la vittima ha allevato la figlia e agli sforzi economici compiuti per educarla, facendo così riferimento a parametri che sono avulsi dall’assenza del peculiare danno non patrimoniale discendente dal rapporto madre figlia. Riparazione integrale. I giudici di Piazza Cavour ritengono fondato il motivo ricorso accogliendo le doglianze della donna. Infatti – si legge nella sentenza -, ancorché sia opinione consolidata della Cassazione che ai fini della concessione dell’attenuante del risarcimento del danno la riparazione deve essere integrale, sicché non possono giovare all’imputato, in caso di riparazione che il giudice ritiene parziale o inadeguata, la dichiarazione liberatoria della persona offesa o la considerazione degli sforzi economici affrontati per effettuarla, le argomentazioni spese dal giudice per ritenere, in concreto, la non satisfattività del risarcimento malgrado l’affermazione contraria della persona offesa, che sotto il profilo del danno morale è dato che comunque non può essere trascurato, non sono pertinenti. Infatti, i giudici di merito hanno errato, secondo la Cassazione, nel riferirsi alle somme di denaro sottratte in passato dall’imputata alla madre, perché non vi è alcuna connessione con i reati contestati nel processo, ai quali si deve sempre fare riferimento per valutare la riparabilità del danno cagionato. Non risultano pertinenti neanche i richiami agli sforzi economici doverosamente compiuti dalla madre per educare la figlia, in quanto i delitti commessi da questa non sono il frutto di cattiva educazione della ragazza quanto piuttosto della sua personalità delinquenziale. Da qui l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla attenuante de quo con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello territoriale.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 luglio - 1° agosto 2013, n. 33389 Presidente Giordano – Relatore Barbarisi Svolgimento del processo 1. — Con sentenza deliberata in data 5 marzo 2012 la Corte di appello di Genova confermava la sentenza 16 giugno 2011 del Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Sanremo che aveva dichiarato B.F. responsabile del reato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dall'aver commesso il fatto ai danni della madre Be.Pa. , delitto commesso in data omissis , in concorso con C.P.C. , separatamente giudicata, condannandola, con le attenuanti generiche e la diminuente del vizio parziale di mente, valutate come equivalenti, alla pena di anni sei e giorni venti di reclusione oltre alle pene accessorie e alla misura di sicurezza e al pagamento delle spese processuali del giudizio e di quelle relative alla custodia cautelare in carcere. 1.1. — Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata in data 22 giugno 2010 la C. aggrediva con un batticarne e due coltelli Be.Pa. , madre di B.F. . L'aggressione era stata concertata dalla C. con la B. con la quale in passato aveva avuto una relazione sentimentale a seguito del fallimento scolastico di quest'ultima che non aveva mai confessato i suoi insuccessi universitari alla madre, che anzi si apprestava, insieme ai familiari, a festeggiare la prossima laurea. Veniva anche chiarito che le due ragazze avevano già tentato di uccidere la donna anche prezzolando un sicario con denaro fornito dalla medesima imputata. La B. , dopo un'iniziale reticenza, ammetteva i fatti confermando quanto ammesso dall'amica. Nel corso del giudizio, veniva svolta dal dott. S.G. perizia sulla persona della imputata riconoscendo che la medesima era affetta da un disturbo della personalità istrionica con forti tratti schizotipici e antisociali che, al momento del fatto, aveva ridotto in maniera significativa la sua capacità di Intendere e di volere senza per questo abolirla completamente. 2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Alessandro Moroni, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione B.F. chiedendone l'annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali. In particolare sono stati sviluppati dalla ricorrente due motivi a con la prima doglianza veniva rilevata la violazione degli artt. 69 e 133 cod. pen. nonché dell'art. 125 cod. proc. pen., ai sensi dell'art. 606 comma primo lett. b ed e cod. proc. pen. e mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione il giudice aveva errato, nel respingere l'appello, in punto di giudizio comparativo di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle circostanze aggravanti contestate e, in particolare, per aver considerato che il nostro ordinamento positivo stabilisce l'alternativa ineludibile tra il non riconoscere l'aggravante in presenza di una patologia conclamata ovvero di riconoscerla in costanza di una seminfermità mentale il giudizio comparativo dovrebbe per vero dare spazio alla percezione patologica del rapporto madre figlia e alle modalità dell'azione dando espressione alla incapacità dell'imputata, rilevata dal perito, di assumere un comportamento intermedio tra il deludere la madre, rivelandole gli insuccessi di studio, e sopprimerla non ha tenuto cioè conto il giudice della carenza di consequenzialità logica del senso comune rilevata dal perito che ha individuato nell'imputata un esame critico della realtà che la circonda indebolito ed estremizzato argomentando, in modo apodittico, che la pretesa goffaggine nell'esecuzione dei precedenti tentativi di omicidio non erano dovuti a una pretesa insufficienza mentale del soggetto ma solo alla sua inesperienza criminale. b con la seconda censura veniva eccepita la violazione dell'art. 62 n. 6 cod. pen., ai sensi dell'art. 606 comma primo lett. b ed e cod. proc. pen. il giudice ha errato nel motivare in relazione alla negativa dell'attenuante di cui all'art. 62, n. 6 cod. pen. pur in presenza della corresponsione alla vittima del reato del risarcimento di Euro 20.000,00. Il giudice ha ritenuto il versamento insufficiente avendo erroneamente fatto riferimento al fatto che la figlia avesse, in precedenza, sottratto diverse migliaia di Euro alla madre facendo così riferimento a un fatto rimasto fuori dal giudizio e peraltro improcedibile ai sensi dell'art. 649 cod. pen. il giudice ha altresì errato nel ritenere che anche il danno morale non fosse stato risarcito ancorando lo stesso a criteri meramente materiali vale a dire agli anni in cui la vittima ha allevato la figlia e agli sforzi economici compiuti per educarla, facendo così riferimento a parametri che sono avulsi dall'essenza del peculiare danno non patrimoniale discendente dal rapporto madre figlia. 2.1 — Con memoria difensiva avanzata, ai sensi dell'art. 611 cod. proc. pen., il difensore di B.F. , avv. Alessandro Moroni, ha ripreso e approfondito le tematiche agitate in giudizio e le doglianze già espresse in ricorso, in relazione al secondo motivo, insistendo per l'accoglimento delle medesime. Motivi della decisione 3. — Il ricorso è parzialmente fondato e merita accoglimento nei limiti di cui in dispositivo. 3.1 — Il primo motivo di ricorso non è fondato e deve essere rigettato. Le argomentazioni del giudice sono compiute e logiche. Il nostro ordinamento non ricollega il giudizio di equivalenza delle aggravanti e delle attenuanti al giudizio di capacità di intendere e di volere. Deve osservarsi che si potrebbe anche discutere se una scemata capacità di intendere di volere porti a una diminuita valutazione della circostanza di fatto valutata dal legislatore come aggravante nella fattispecie tuttavia il ricorrente non chiede questo, ma una comparazione ex art. 69 cod. pen. che tenga conto di questa possibile alterazione della realtà. Sul punto occorre tuttavia rilevare che la valutazione comparativa ubbidisce a una ratio che esula dalla imputabilità del soggetto una volta che quest'ultima sia stata positivamente risolta dal giudicante e dall'alterata percezione della realtà che di questa l'agente ha trattasi infatti di una valutazione discrezionale del giudice che deve far riferimento alla personalità dell'imputato quale può trovare espressione nelle modalità comportamentali del reato a prescindere quindi dalla sua capacità di intendere e di volere che è una valutazione a monte e al ruolo rivestito in concreto nella commissione del reato Cass., Sez. 6, 28 febbraio 1994, n. 6616, rv, 198524, Nisi ed altri . Sono diversi e pertanto non confondibili tra loro i rispettivi piani concettuali di riferimento. Il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche, come momento di recupero del mancato riconoscimento dell'art. 62 n. 6 cod. pen., è inoltre implicito e ricavabile dal tenore della sentenza. 3.2 — Il secondo motivo di gravame è invece meritevole di accoglimento. 3.2.1 — Ancorché sia opinione consolidata di questa Corte di legittimità che ai fini della concessione dell'attenuante del risarcimento del danno la riparazione deve essere integrale, sicché non possono giovare all'imputato, in caso di riparazione che il giudice ritiene parziale o inadeguata, la dichiarazione liberatoria della persona offesa o la considerazione degli sforzi economici affrontati per effettuarla Cass., Sez. 5, 17 gennaio 2013, n. 13282, rv. 255187, Sanchez Jimenez , le argomentazioni spese dal giudice per ritenere, in concreto, la non satisfattività del risarcimento malgrado l'affermazione contraria della persona offesa, che sotto il profilo del danno morale è dato che comunque non può essere trascurato, non sono pertinenti. Non lo è il riferimento alle somme di danaro sottratte in passato dalla prevenuta alla madre e non solo perché per le medesime non si è proceduto in questo giudizio, anche a voler non considerare l'ineludibile improcedibilità ex art. 649 cod. pen., ma soprattutto perché non hanno alcuna connessione con i reati oggi contestati ai quali deve pur sempre farsi riferimento onde valutare la riparabilità del danno cagionato. Ma non è parimenti pertinente neanche il richiamo agli sforzi economici doverosamente compiuti dalla madre per educare la figlia, posto che i delitti commessi da quest'ultima non sono il frutto di una cattiva educazione della ragazza quanto piuttosto della sua personalità delinquenziale né può sottacersi il fatto che l'imputata al momento del fatto fosse adulta e non minorenne sicché non vi è neppure, sotto tale profilo, una qualche connessione logica con il fatto educazionale in sé. Quindi se è ben vero che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante prevista dall'art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere integrale, comprensivo non solo di quello patrimoniale, ma anche di quello morale, e la valutazione della sua congruità è rimessa all'apprezzamento del giudice Sez. 2, 24 gennaio 2013, n. 9143, rv. 254880, Corsini e altri è altrettanto certo che il giudice deve fare riferimento a parametri correlati e diretti al fatto reato valutando, in modo congruo, logico e non contraddicono, tutti i pregiudizi patrimoniali e morali che il delitto, in relazione al quale vi sia stata costituzione di parte civile, ha cagionato alla parte lesa. Il giudice del rinvio dovrà pertanto riesaminare la questione del risarcimento del danno e della sussistenza della relativa attenuante alla luce di quanto più sopra evidenziato con necessità, ovviamente, di nuovo giudizio di bilanciamento se la circostanza venisse ritenuta sussistente. 4. — Ne consegue che deve adottarsi pronunzia ai sensi dell'art. 620 cod. proc. pen. come da dispositivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. e rinvia per nuovo giudizio al riguardo ad altra sezione della Corte di Appello di Genova. Rigetta nei resto il ricorso.