Assegno divorzile non versato, uomo sotto accusa: il reddito può salvarlo. Non regge l’equazione ‘artigiano uguale evasore’

Azzerata la condanna emessa nei confronti di un uomo, un artigiano, accusato per avere ‘bucato’ la corresponsione dell’assegno divorzile alla ex moglie. Assolutamente illogico il richiamo, fatto in Appello, alla considerazione che egli, essendo artigiano, sia, per forza di cose, evasore. Questo luogo comune non può mettere in discussione l’elemento del ridotto reddito dichiarato dall’uomo e ‘certificato’ dalla Guardia di Finanza.

Stop ai luoghi comuni! A maggior ragione se essi vengono addirittura utilizzati per dare ‘sostanza’ a una sentenza Più precisamente, è inaccettabile fondare la condanna di un artigiano – accusato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile – sull’equazione ‘artigiano = evasore fiscale’. Cassazione, sentenza n. 33372, Sesta sezione Penale, depositata oggi Versamento saltato. Sanzione dura – e poi risultata illegale , secondo i giudici della Cassazione – quella inflitta, sia in primo che in secondo grado, nei confronti di un uomo 6 mesi di reclusione e 600 euro di multa. Quale il reato? Avere omesso il versamento della somma di 300mila lire mensili, stabilita dal Tribunale con sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio . Assolutamente irrilevante è stata valutata la precaria condizione economica lamentata dall’uomo, artigiano di professione e con un reddito, secondo la Guardia di Finanza, di quasi 2mila e 900 euro, ‘registrato’ nel 2003, a distanza di qualche anno dalla sentenza del Tribunale. Luogo comune. Ma proprio la situazione patrimoniale dell’uomo è l’appiglio fondamentale per il ricorso in Cassazione. Ad avviso del difensore, difatti, la responsabilità è stata sostenuta sulla base di mere supposizioni, senza verificare l’effettiva incapacità economica dell’uomo. E questa osservazione viene considerata logica, e quindi fondata, dai giudici del Palazzaccio. Ciò perché unico elemento certo è il reddito prodotto dall’artigiano, e ‘certificato’ dalla Guardia di Finanza, e pari a quasi 2mila e 900 euro, e utilizzato dall’uomo come ‘giustificazione’ per il mancato versamento stabilito dal Tribunale. Questo quadro, chiariscono i giudici, non può essere ribaltato, come fatto invece in Appello, semplicemente sostenendo che, trattandosi di artigiano , l’uomo può avere operato per gabbare il Fisco. È evidentemente un sillogismo illogico, con doppia generalizzazione, inaccettabile in una sentenza , sillogismo secondo cui tutti gli artigiani sono evasori fiscali e l’uomo, essendo artigiano , può avere evaso l’obbligo tributario . Per queste ragioni, la condanna nei confronti dell’uomo è da rimettere assolutamente in discussione toccherà ora, nuovamente, ai giudici di secondo grado valutare se davvero l’omesso versamento dell’assegno divorzile, da parte dell’uomo, sia stato davvero dovuto alla sua precaria situazione economica.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 giugno - 1 agosto 2013, n. 33372 Presidente Agrò – Relatore Ippolito Ritenuto in fatto 1. Con la decisione indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di La Spezia aveva condannato P.C. alla pena di sei mesi di reclusione e 600 euro di multa per il reato di cui all’art. 12-sexies legge 10 dicembre 1970, n. 898 in riferimento all’art. 570, comma secondo, cod. pen. per avere omesso il versamento della somma di £. 300.000 mensili stabilita dal tribunale civile con la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciata in data 11 novembre 1997. 2. Ricorre per cassazione l’imputato deducendo l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’indicato art. 12-sexies l. 898/1970 e vizio di motivazione, assumendo che la penale responsabilità dell’imputato è stata affermata sulla base di mere supposizioni, senza verificare l’effettiva incapacità economica dell’obbligato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado e rigettato l’atto d’appello, osservando che, se è vero che l’imputato risulta aver percepito meglio dichiarato nel 2003 il reddito di € 2.899,00 come riferito dall’esponente della Guardia di Finanza, a seguito dei compiuti accertamenti , è altrettanto vero che, trattandosi di artigiano, lo stesso ben può avere operato con modalità tali da sottrarre le proprie modalità al fisco” sic! n.d.r. . Trattasi, all’evidenza - a prescindere dagli errori grafici - di un sillogismo manifestamente illogico, con doppia generalizzazione inaccettabile in una sentenza , secondo cui tutti gli artigiani sono evasori fiscali e l’imputato, essendo artigiano, ben può avere evaso l’obbligo tributario. 3. Altro profilo di illegittimità è costituito dall’applicazione di una pena illegale, essendo stata inflitta congiuntamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, secondo la previsione di cui all’art. 570, comma secondo, cod. pen. Come hanno stabilito le Sezioni Unite, nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 cod. pen. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione Cass. Sez. U, n. 23866 del 31/01/20113, rv. 255269 . 4. La sentenza va, pertanto annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Genova per nuovo giudizio, sulla base del principio di diritto sopra enunciato. P.Q.M. La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Genova.