Se autore del reato è l’amministratore unico, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente può essere applicato direttamente sui beni della società?

La misura cautelare non può essere disposta sui beni di qualsiasi natura appartenenti alla società nel caso in cui si proceda per reati tributari commessi dal legale rappresentante della stessa, in quanto gli artt. 24 e ss. D.Lgs. 231/01 non includono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 32799 del 29 luglio 2013. Il caso. Il Tribunale della libertà di Cosenza rigettava la richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Rossano nei confronti di C.T., soggetto indagato per il reato di cui all’art. 10 ter del D.L.vo 74/2000. In particolare, era stata oggetto del provvedimento cautelare reale una somma di denaro pari ad € 99.976,00, risultante dal saldo attivo dei conti correnti e di altri rapporti bancari della società di cui C.T. era amministratore unico in effetti, secondo la prospettazione accusatoria in toto accolta dal Collegio cosentino, era legittimo il sequestro operato sulle somme appartenenti alla società in quanto il reato de quo era stato commesso dall’indagato proprio nella sua veste di soggetto apicale della stessa. Altrimenti detto, avendo C.T. omesso di versare l’IVA dovuta per l’anno 2008, era da ritenersi pienamente legittimo il sequestro di beni della società, in quanto nella diretta disponibilità dell’indagato per effetto del suo rapporto di immedesimazione organica con la persona giuridica dallo stesso rappresentata. Avverso tale decisione, C.T. ricorreva per Cassazione, deducendo due motivi di gravame in primis , carenza ed illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta applicabilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente ad un soggetto diverso dall’autore del reato, non essendo il reato tributario annoverato tra i reati-presupposto” ex D.L.vo 231/2001, considerato che solo laddove la struttura societaria venisse utilizzata dal soggetto che la amministra come schermo al fine di commettere reati fiscali potrebbe essere possibile il sequestro dei beni appartenenti direttamente alla società. In secundis , il ricorrente lamentava inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con precipuo riguardo alla inapplicabilità della confisca per i reati tributari alla fattispecie de qua , stante la mancata previsione nell’art. 322 ter comma I c.p.p. degli illeciti tributari quali reati suscettibili di tale provvedimento cautelare. Differenza tra le società schermo istituite ad hoc ed i casi di rapporto di immedesimazione organica tra indagato e società. La Terza Sezione Penale della Suprema Corte ha ritenuto fondato il primo dei due motivi di ricorso, statuendo la non assoggettabilità a sequestro finalizzato alla confisca dei beni della società laddove il reato tributario sia stato perpetrato dalla persona fisica che amministra la stessa persona giuridica. Invero, originariamente, la giurisprudenza prevalente riteneva legittima la misura cautelare reale de qua non solo nel caso della c.d. società schermo” – ovvero allorquando la persona giuridica viene creata e gestita ad hoc dal soggetto agente del reato al solo e specifico fine di fare affluire nell’alveo del patrimonio della medesima i profitti degli illeciti fiscali – ma anche in casi diversi, sulla scorta del c.d. rapporto di immedesimazione organica” tra il soggetto indagato e la persona giuridica, idoneo a legittimare e giustificare la misura ablativa. Successivamente, l’orientamento della Corte Regolatrice è radicalmente mutato, fino ad addivenire a quello che è, oggi, l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente maggioritario, secondo il quale i beni direttamente appartenenti alla società non possono essere oggetto di vincolo cautelare allorquando si proceda per fattispecie delittuose di tipo tributario poste in essere dal legale rappresentante della società, in quanto gli artt. 24 e ss. D.lgs. 231/01 non includono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento. Inoltre, chiarisce la Corte Suprema, risulta pacifico che gli illeciti tributari non rientrano nel novero dei reati-presupposto che, invece – commessi da soggetti ricoprenti determinate posizioni di rilievo all’interno della società, nell’interesse ed a vantaggio della stessa – causano il sorgere di una responsabilità dell’ente da reato in base al D.Lgs. 231/2001. L’art. 1, comma 143, l. 244/07 fa riferimento all’art. 322 ter c.p.p. nella sua interezza. Con riferimento, invece, al motivo di ricorso afferente la riferibilità o meno dell’art. 1, comma 143, l. 244/07 all’art. 322 ter c.p.p. nella sua interezza o limitatamente al comma 1, i Supremi Giudici hanno avuto modo di chiarire come sul punto sussista ormai una giurisprudenza più che consolidata, sulla cui scorta la confisca per equivalente nei reati tributari opera sia sul prezzo che sul profitto del reato. Donde, il predetto richiamo all’art. 322 ter c.p.p. deve necessariamente essere inteso quale riferito all’intero articolo, e non solo al primo comma.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 marzo - 29 luglio 2013, n. 32799 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza del 5 ottobre 2012 il Tribunale di Cosenza, in funzione di Giudice del Riesame, rigettava la richiesta di riesame avanzata nell'interesse di C.T. soggetto indagato per il reato di cui all'art. 10 ter del D. L.vo 74/00 avverso il decreto di sequestro preventivo per equivalente del GIP del Tribunale di Rossano del 12 luglio 2012 con il quale erano state sequestrate somme di denaro risultanti dal saldo attivo dei conti correnti e di altri rapporti bancari fino alla concorrenza della somma di Euro 99.976,00. 1.2 Il Tribunale calabro, nel rifarsi alle argomentazioni del GIP contenute nel provvedimento genetico, ribadiva la piena legittimità del sequestro finalizzato alla confisca anche se il debito fiscale era imputabile alla società, rilevando come nel caso in esame fosse in contestazione invece il reato commesso dal C. quale amministratore unico della società IRPA 2, a cui vantaggio si era realizzata l'evasione fiscale. Rilevava, al riguardo, il Tribunale che era stato il C. nella spa specifica veste di amministratore unico della società ad omettere di versare l'IVA dovuta per l'anno di imposta 2008, di guisa che doveva ritenersi pienamente legittimo il sequestro di beni della società in quanto nella diretta disponibilità dell'indagato per effetto del suo rapporto di immedesimazione organica con la persona giuridica dallo stesso legalmente rappresentata. Riteneva poi il Tribunale pienamente applicabile la normativa di cui all'art. 322 ter cod. proc. pen. anche alla materia dei reati tributari e per questo legittimo il sequestro disposto dal GIP. Quanto alla dedotta insussistenza del periculum in mora, il Tribunale, nell'escluderne la rilevanza in tema di sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, in quanto requisito estraneo all'art. 321 comma 2 cod. proc. pen. disattendeva, perché non adeguatamente dimostrata, la tesi difensiva del parziale pagamento delle somme a tacitazione del debito di imposta effettuato in forma rateale, trattandosi di pagamenti eseguiti in ritardo rispetto alle scadenze e quindi dimostrativi della inaffidabilità del debitore sul piano del rispetto degli obblighi fiscali contratti con lo Stato. 1.3 Avverso la detta ordinanza propone ricorso il C. tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo la nullità dell'ordinanza per carenza di motivazione e sua manifesta illogicità rileva il ricorrente che ferma restando la natura sanzionatoria della confisca il detto istituto non può trovare applicazione nei confronti di un soggetto diverso dall'autore del reato pena la violazione dell'art. 27 Cost. ricordando come il D. L.vo 231/01 sulla responsabilità da reato delle persone giuridiche non annovera tra i c.d. reati-presuppoosto quello di natura tributario. Da qui l'inapplicabilità dell'art. 19 comma 2 del detto D. L.vo alla materia tributaria penale, sottolineando che solo laddove la struttura societaria venga utilizzata dal soggetto fisico che la amministra come schermo al fine di commettere i reati fiscali, sarebbe allora possibile il sequestro di beni appartenenti alla società. Per altro verso, e con separato motivo, il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, sottolineando l'inapplicabilità della confisca per i reati tributari stante la mancata previsione nell'art. 322 ter comma 1 cod. proc. pen. dei reati tributari quali illeciti suscettibili della adozione di siffatto provvedimento cautelare una diversa interpretazione comporterebbe una applicazione analogica in malam partem vietata dall'ordinamento positivo. Peraltro, contenendo l'art. 1 comma 143 della L. 244/07 che consente la possibilità della confisca per equivalente nella materia penale tributaria un richiamo soltanto al comma 1 e non al comma 2 dell'art. 322 ter cod. proc. pen. vi sarebbe una ulteriore e specifica ragione ostativa alla confisca per equivalente in subiecta materia . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. Premesso che in materia di reati tributari quale quello per il quale è stata proposto l'odierno ricorso il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è riferibile all'ammontare della imposta evasa, costituendo esso il vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, quindi, riconducibile al concetto di profitto del reato Cass. Sez. 3^ 2.12.2011 n. 1199, Galiffo, Rv. 251893 , le questioni che questa Corte è chiamata ad affrontare concernono a la riferibilità o meno dell'art. 1 comma 143 della L. 244/07 all'art. 322 ter cod. proc. pen. nella sua interezza ovvero limitatamente al comma 1 b la confiscabilità rectius sequestrabilità a tali fini dei beni appartenenti alla società nell'ipotesi in cui a commettere l'illecito sia stato il soggetto fisico che rappresenta la società nella veste di amministratore o ad altro specifico titolo. 1.1 Si tratta di tesi, già esaminate dal Tribunale, il quale ha sostenuto la riferibilità della norma della legge finanziaria all'intero art. 322 ter cod. proc. pen. e quindi al comma 2 che include nell'oggetto del sequestro anche il profitto del reato e, in secondo luogo l'aggredibilità dei beni della società laddove il reato fiscale sia stato commesso dal soggetto fisico amministratore della società , non solo perché è la società a trarre vantaggio dalla evasione il che giustifica il sequestro del denaro quale profitto del reato , ma per via del rapporto di immedesimazione organica che lega l'autore del reato alla società. 1.2 Invertendo l'ordine di esame dei motivi, appare necessario chiarire anzitutto quale sia la portata del richiamo contenuto nell'art. 1 comma 143 della L. 244/07 all'art. 322 ter cod. proc. pen. non essendosi formata sul punto una giurisprudenza univoca infatti, solo dopo alcune oscillazioni interpretative, questa Corte è addivenuta alla conclusione - che può dirsi oggi radicata - secondo la quale la confisca per equivalente nei reati tributari opera in riferimento sia al prezzo che al profitto del reato cfr. Sez. 3^, n. 7.7.2010 n. 35807, Bellonzi e altri, Rv. 248618, che ha ritenuto che il richiamo all'art. 322 ter c.p., debba intendersi riferito all'intero articolo, interpretazione che sarebbe stata avallata indirettamente dalle Sezioni Unite secondo cui, in riferimento al reato di truffa aggravata, il rinvio ivi operato al predetto art. 322 ter c.p. include anche il disposto relativo al comma 2 . 2. Con riferimento al secondo degli aspetti critici dell'ordinanza qui impugnata analizzando le censure sollevate dalla difesa del ricorrente nell'incipit del ricorso sono certamente corretti i rilievi difensivi in ordine alla non assoggettabilità a sequestro finalizzato alla confisca di beni della società laddove il reato tributario sia stato posto in essere da soggetto fisico amministratore della società medesima. Anche in questo caso l'orientamento della giurisprudenza di questa Corte è stato caratterizzato da interpretazioni oscillanti, in quanto inizialmente era stato ritenuto possibile nella materia penal-tributaria l'assoggettamento a sequestro di beni riferibili ad una persona giuridica, oltre che nel caso scolastico della c.d. società schermo quando cioè l'ente giuridico viene creato ad hoc dall'autore materiale dell'illecito tributario allo scopo di farvi affluire i profitti degli illeciti fiscali , anche in altri casi sulla base del c.d. rapporto di immedesimazione organica tra il soggetto indagato e la persona giuridica, in grado di giustificare e legittimare il vincolo cautelare, v. sul punto Cass. Sez.3A, 9.6.2011 n. 26389, Occhipinti, non mass Cass. Sez. 3,X 7.6.2011 n. 28731 19/7/2011, Burlando, non mass. . 2.1 Ma il recente revirement di questa Corte dimostra la fallacia di queste tesi, essendosi da ultimo affermato l'opposto principio che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dal D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 19, comma 2, nei confronti delle persone giuridiche, non può essere disposto sui beni di qualsiasi natura appartenenti alla persona giuridica nel caso in cui si proceda per reati tributari commessi dal legale rappresentante della società, per la decisiva ragione che gli artt. 24 e ss. del D.Lgs. 231/01 non includono i reati ficcali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento. 2.2 Rimane invece inalterata la possibilità del sequestro nella residuale ipotesi della struttura aziendale adoperata in modo fittizio dall'autore del reato per la commissione più agevole degli illeciti, in quanto in evenienze del genere a beneficiare del vantaggio non è la persona giuridica quanto il soggetto fisico attraverso lo schermo della società da lui amministrata in termini Cass. Sez. 3, 14.6.2012 n. 25774, PM. in proc. Amoddio e altro Rv. 253062 Cass. Sez. 3^, 4.7.2012 n. 33371 Falli, in cui è stata evidenziata l'irrilevanza della tesi della immedesimazione organica, confermandosi, invece, la possibilità di operare il sequestro per equivalente quando la persona giuridica rappresenti un apparato fittizio, utilizzato dai reo proprio per porre in essere i reati di frode fiscale o altri illeciti, sicché ogni cosa fittizia mente intestata alla società sia immediatamente riconducibile alla disponibilità dell'autore del reato Cass. Sez. 3^ 19.9.2012 n. 1256, P.G. in proc. Unicredit, Rv. 254796 in cui è stato ripercorso l'iter argomentativo di questa Corte su tale materia con riconferma della tesi della non sottoponibilità al sequestro dei beni della persona giuridica . 2.3 Non residua dubbio alcuno che gli illeciti penali tributati non rientrano nel novero dei reati-presupposto che, commessi da soggetti apicali o subordinati della persona giuridica, nell'interesse e a vantaggiò della stessa, danno luogo a responsabilità dell'ente da reato in base al D.Lgs. art. 231 del 2001 circostanza che consentirebbe di ricorrere allo strumento della confisca per equivalente per l'ammontare del prezzo o del profitto del reato sul patrimonio dell'ente collettivo, strumento previsto dall'art. 19 del citato decreto legislativo . 2.4 In assenza di altre fonti di riferimento normativo primario in merito alla responsabilità della persona giuridica una deroga è espressamente prevista per i reati a carattere transnazionale ex artt. 10 e 11 della L. 146/06 del 2006, che indica un'ipotesi speciale di confisca per equivalente di somme di denaro, beni od altre utilità di cui il reo abbia la disponibilità, anche per interposta persona fisica o giuridica, per un valore corrispondente a detto prodotto, profitto o prezzo non appare possibile, né compatibile con il dettato costituzionale art. 25 - come esattamente dedotto dalla difesa del ricorrente che ha parlato di estensione analogica in malam partem pag. 6 del ricorso far derivare una responsabilità degli enti per i reati tributari da quella assegnata alle persone giuridiche nel diritto tributario ciò in quanto il sistema del diritto penale tributario deve essere letto ed interpretato nell'ambito del complessivo sistema del diritto penale e non può essere certo ritenuto un mero apparato sanzionatorio di disposizioni tributarie, avente vita a se stante ed avulso dal generale sistema punitivo, quasi una sorta di sistema speciale in termini Cass. Sez. 3^ 1256/12 cit. . 3. Se queste, allora, sono le premesse giuridiche da cui muovere per verificare la legittimità e correttezza dell'ordinanza gravata, va dato atto, anzitutto, che W mentre può essere condivisa la soluzione prescelta dal Tribunale in ordine alla riferibilità dell'art. 1 comma 143 del D. L.vo 244/07 all'intero art. 322 ter cod. proc. non altrettanto può dirsi in ordine al percorso seguito dal giudice del riesame, il quale si è rifatto ad una linea interpretativa non più assecondata da questa Corte. 3.1 Su tale versante il Tribunale avrebbe dovuto verificare in ogni caso il genere di rapporti intercorrenti tra l'indagato e la società onde accertare se la stessa costituisse una sorta di schermo del quale l'indagato intendeva avvalersi per realizzare attraverso l'evasione profitti illeciti a proprio vantaggio, ovvero se si trattava di una situazione di normalità che teneva ben distinte le azioni illecite del singolo dalla posizione e situazione della società. 3.2 Alla stregua di tali regole interpretative va disposto l'annullamento dell'ordinanza con rinvio al Tribunale di Cosenza per nuovo esame, dovendo il giudice di rinvio verificare se la società IRPA 2 venisse utilizzata dal C. quale schermo per coprire illeciti tributari di carattere penale commessi dal suo amministratore solo in una eventualità del genere - alla luce dei criteri ermeneutici indicati da questa Corte - potrebbe esaminarsi la possibilità di un sequestro di beni societari dei quali l'indagato abbia la disponibilità. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Cosenza.