Guida la propria auto con a bordo persone in possesso di droga in una zona di spaccio: non c’è concorso in attività criminosa

Il risultato di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti, non può ritenersi acquisito semplicemente dal fatto che l’imputato e gli altri siano stati controllati di sera in un quartiere dove quotidianamente si spaccia, pertanto, non rappresenta un elemento sufficiente a dimostrare il concorso nel reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

E’ quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 28220, depositata il 28 giugno 2013, su ricorso presentato da un imputato condannato perché in concorso con altri, tra cui un minore, deteneva a fine di spaccio eroina e un miscuglio contenente cocaina, con l’aggravante della consegna a persona minore. Il caso. L’imputato guidava un’auto che, fermata per un controllo, portava anche i soggetti indicati come suoi concorrenti nel capo d’imputazione. Al momento del controllo, il minore aveva consegnato agli operatori le sostanze stupefacenti e un altro passeggero aveva dichiarato che queste erano sue e che aveva chiesto al minore di custodirlo e che gli altri occupanti dell’auto erano all’oscuro di tutto. Inoltre, al momento della perquisizione dell’imputato non era stato rinvenuto nulla. Il ricorrente ha lamentato violazione delle norme riguardanti la formazione e la valutazione della prova, nonché della decisione, essendo questa fondata, a suo dire, su mere valutazioni erroneamente considerate indizio o addirittura prova certa, senza invece valutare i dati oggettivi emersi dagli atti irripetibili della polizia giudiziaria e dalle dichiarazioni rese da tutte le persone presenti. Struttura indiziaria dell’accertamento errata. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, rilevando la evidente carenza logica della struttura motivazionale della Corte territoriale. Questa, infatti, aveva indicato come prova logica e indiziaria, a norma dell’articolo 192 c.p.p., il fatto che l’appellante era stato controllato insieme agli altri a bordo dell’auto nelle ore serali in un luogo in cui quotidianamente si spaccia stupefacente, ritenendo, pertanto, logico che tutti gli occupanti della vettura si erano recati in quel posto proprio per acquistare lo stupefacente, poi consegnato dal minore e quindi nella disponibilità di tutti . A ciò, i giudici di merito hanno aggiunto che il minore era seduto a fianco dell’imputato-conducente, il quale ha dichiarato di conoscerlo bene, sicché è lecito ritenere che egli era pienamente consapevole del fatto che deteneva stupefacente. Per gli Ermellini, la Corte ha violato l’articolo 192 c.p.p, poiché doveva essere dimostrato che gli altri occupanti dell’auto, e in particolare l’imputato, erano a conoscenza del fatto che i due avevano disponibilità dello stupefacente in questione, per dimostrare che la disponibilità dichiarata era in realtà propria di tutti quelli che erano a bordo dell’auto. Al contrario, da un unico elemento indiretto la Corte ha dedotto che lo stupefacente era nella disponibilità di tutti. Alla luce di ciò, al S.C. non resta che annullare la sentenza impugnata senza rinvio per non avere l’imputato commesso il fatto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 marzo – 28 giugno 2013, n. 28220 Presidente Fiale – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 28 novembre 2011 la Corte d'appello di Lecce, sezione di Taranto, ha respinto l'appello presentato da A.S. avverso sentenza del gip del Tribunale di Taranto, emessa in data 11 aprile 2011, che lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 12.000 di multa per il reato di cui agli articoli 112 c.p., 73 e 80, comma 1, lettera A, d.p.r. 309/1990 perché, in concorso con tale L.S.N. per cui si era proceduto separatamente, nonché con i minori N.L. , M.R. e S.D. , deteneva a fine di spaccio eroina per circa 61 dosi e un miscuglio contenente cocaina per 29 dosi, con l'aggravante della consegna a persona minore N.L. . 2. Ha presentato ricorso l'imputato, sulla base di tre motivi. Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 40, 43 e 112 c.p., 73 e 80 d.p.r. 309/1990, 187, 192, 546, 530, 533, 599 e 605 c.p.p. non essendovi stata alcuna condotta delittuosa ascrivibile all'imputato e difettando altresì il profilo soggettivo. Egli guidava un'auto che, fermata in Taranto per un controllo, portava anche i soggetti indicati come suoi concorrenti nel capo d'imputazione al momento del controllo N.L. consegnava agli operatori stupefacente e immediatamente L.S.N. dichiarava che questo era suo, che aveva chiesto alla ragazza di custodirlo e che gli altri occupanti dell'auto erano all'oscuro di tutto. Effettuate perquisizioni delle persone ed ispezione del veicolo si rinveniva solo la somma di Euro 350 in disponibilità del L.S. fu perquisita anche l'abitazione dell'imputato, sempre senza nulla rinvenire. Dunque l'imputato non era mai stato in relazione diretta o mediata con lo stupefacente e non sussisteva alcun rapporto causale tra la sua condotta e l'evento anche per mancanza dell'elemento psicologico. Sarebbero state invece violate le norme richiamate del codice di rito riguardanti la formazione e la valutazione della prova, nonché della decisione, essendo questa fondata su mere valutazioni erroneamente considerate indizio o addirittura prova certa, senza invece valutare proprio i dati oggettivi emersi dagli atti irripetibili della polizia giudiziaria e dalle dichiarazioni rese da tutte le persone presenti. Il secondo motivo denuncia mancanza di motivazione, essendo quella della sentenza priva di qualsiasi riscontro negli elementi acquisiti. Al terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990 per non essere stata riconosciuta l'applicabilità di tale norma. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. Sono accorpabili nella valutazione il primo e il secondo motivo. La corte territoriale, a fronte di un appello che lamentava che la colpevolezza dell'imputato derivasse solo dall'essere il proprietario dell'auto controllata nonché la mancanza di un'adeguata valutazione della confessione del L.S. , ha osservato che sussisteva una prova logica ed indiziaria, a norma dell'articolo 192 c.p.p., senza mere presunzioni o congetture. Indicava quindi gli elementi anzitutto nell'essere stato l'appellante controllato insieme agli altri a bordo dell'auto nelle ore serali in un luogo in cui quotidianamente si spaccia stupefacente, essendo pertanto logico ritenere che tutti gli occupanti della vettura si erano recati in quel posto proprio per acquistare lo stupefacente, poi consegnato dalla N. e quindi nella disponibilità di tutti . Ha inoltre rilevato che l'imputato non ha addotto la presenza occasionale, e del tutto estemporanea degli altri nella sua auto, dovendosi invece considerare il fatto che l'imputato abbia trascorso in compagnia dei suoi amici le ore immediatamente precedenti il suo arresto, periodo nel quale vennero certamente acquistate le sostanze stupefacenti, poi trovate nella loro disponibilità . A ciò si aggiunga che la N. era seduta a fianco del conducente A. , che ha dichiarato di conoscerla bene, sicché è lecito ritenere che egli era pienamente consapevole del fatto che deteneva stupefacente. La tesi difensiva che il gruppo si era recato nel quartiere solo per acquistare hascisc per uso personale sarebbe del tutto illogica perché l'unico ad avere denaro era N L.S. . Non verosimile è poi l'ulteriore assunto difensivo che i cinque stavano lasciando il quartiere perché non avevano trovato hascisc non è comprensibile il motivo per cui i giovani già possessori di un consistente quantitativo di eroina e cocaina dovessero andare a Taranto per acquistare hascisc, tanto più così accettando il rischio di essere controllati dalle forze dell'ordine. La struttura motivazionale così sintetizzata mostra evidentemente la sua carenza logica. Doveva essere dimostrato che gli altri occupanti dell'auto, e in particolare l'imputato, erano a conoscenza del fatto che L N. e N L.S. avevano disponibilità dello stupefacente in questione, per dimostrare che la disponibilità dichiarata dai suddetti era in realtà propria di tutti quelli che erano a bordo dell'auto. Dovendosi avvalere della prova indiziaria, la corte avrebbe dovuto rispettare l'articolo 192, secondo comma, c.p.p Al contrario, da un unico elemento indiretto la corte deduce che lo stupefacente era nella disponibilità di tutti, cioè dal fatto che l'imputato e gli altri erano stati controllati di sera in un quartiere dove quotidianamente si spaccia sicché è logico ritenere che i cinque si erano recati in quel posto proprio per acquistare lo stupefacente, poi consegnato dalla N. e quindi nella disponibilità di tutti . Sulla base, allora, di quello che dovrebbe essere il risultato di una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti, risultato che la corte ritiene così acquisito semplicemente dal fatto che l'imputato era in quel quartiere su quella macchina di sera, la corte interpreta poi ulteriori elementi, invertendo evidentemente il percorso accertativo sul piano logico e giuridico. In particolare, apoditticamente afferma che lo stupefacente era nella disponibilità di tutti quando valuta il fatto che gli occupanti dell'auto erano insieme nelle ore antecedenti l'arresto dell'imputato, e che non è ragionevole l'assunto difensivo sull'intenzione di acquistare hascisc nel quartiere perché chi era a bordo dell'auto, entrando in tale quartiere, accettava il rischio di essere intercettato dalle forze dell'ordine con lo stupefacente già comprato altrove. A ciò si aggiungono evidenti illogicità, come la deduzione assoluta che, poiché l'imputato ha dichiarato di conoscere bene la N. , era pienamente consapevole della detenzione della sostanza da parte di costei , e l'ulteriore considerazione che la tesi difensiva di essere venuti nel quartiere per comprare hascisc è del tutto illogica perché uno solo di loro aveva denaro. La considerazione delle tesi difensive come non verosimili, poi, viene utilizzata nella, peraltro scarna, struttura motivazionale in senso di inversione dell'onere probatorio l'unica pagina che effettivamente la corte dedica al vaglio del motivo d'appello sulla non colpevolezza pagina 6 della motivazione è per più della metà dedicata a svalutarne la credibilità, laddove, come correttamente censura il ricorrente, nessuno spazio viene dato alla valutazione delle dichiarazioni con cui N L.S. si era attribuito la conoscenza e la disponibilità dello stupefacente in via esclusiva. In conclusione, deve rilevarsi che non solo la corte territoriale ha violato l'articolo 192 c.p.p. nel costruire la struttura indiziaria dell'accertamento, ma altresì che, dagli atti, scaturisce l'assenza di elementi sufficienti a dimostrare che l'imputato era concorrente nel reato con N L.S. e L N. , non essendo stati trovati né in lui, né nella sua auto, né nella sua casa alcuno stupefacente e alcuna traccia di attività di spaccio, non essendo deducibile con certezza che il fatto che stesse guidando l'auto in quel quartiere quella sera significasse concorso nell'attività criminosa compiuta quanto meno dal L.S. che ha patteggiato l'applicazione della pena e non essendo stato dimostrato neppure che lo stupefacente di cui al capo d'imputazione sia stato acquistato nel quartiere di dove fu fatto il controllo. Tutt'al più potrebbe configurarsi una situazione di connivenza, ma il concorso nel reato non è sorretto da prove certe, come conferma, in ultima analisi, l'evidente debolezza della motivazione della corte territoriale. Ai sensi dell'articolo 129, secondo comma, c.p.p. deve pertanto ritenersi evidente dagli atti che l'imputato non ha commesso un reato, per cui egli deve essere assolto con la relativa formula, assorbendosi l'ulteriore motivo del ricorso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per non avere l'imputato commesso il fatto.