Il permesso di soggiorno illegittimo può essere oggetto di sequestro

Il permesso di soggiorno emesso sulla base di una attestazione falsa è, dal punto di vista giuridico, un provvedimento inficiato da illegittimità e, precisamente, da errore determinato dell'altrui inganno. Dunque, il permesso di soggiorno così emesso dalla P.A. costituisce insieme prodotto del reato e cosa pertinente al reato e può, pertanto, essere sottoposto a sequestro preventivo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27242, depositata il 20 giugno 2013. La Cassazione in più circostanze ha affermato che la nozione di cosa pertinente reato ex art. 321 c.p.p. ha un significato ampio idoneo a comprendere pure il corpo del reato, cioè le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, ovvero le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Permesso di soggiorno rilasciato per errore determinato dall'altrui inganno. Un uomo veniva sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 5, comma 8 bis, d . lgs. n. 286/98, 48 e 479 c.p., in quanto il rilascio del permesso di soggiorno di cui era titolare era avvenuto a seguito di un procedimento viziato dal dolo del richiedente. Egli aveva prodotto, infatti, in Questura una attestazione del Comune, che mai l'aveva rilasciata, da cui risultava, contrariamente al vero, che il richiedente aveva presentato presso questo ufficio la documentazione per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis . Veniva disposto, così, il sequestro preventivo del permesso rilasciato a seguito di questo iter dalla Questura. Il Tribunale del riesame aveva annullato il provvedimento ritenendo che l'atto amministrativo in sè non potesse essere oggetto di sequestro preventivo. Ma giunta la questione innanzi alla Cassazione, gli Ermellini rilevavano che l'ampia formulazione dell'art. 321 c.p.p. non consente di distinguere tra atti amministrativi e altre cose o beni assoggettabili a sequestro e che il sequestro del permesso di soggiorno si imponeva per evitare che il reato venisse portato a ulteriori conseguenze. Infatti, la libera disponibilità del permesso di soggiorno da parte dell'imputato poteva aggravare oppure protrarre le conseguenze del reato che rappresentavano l'ulteriore condizione richiesta dalla norma per l'adozione della misura cautelare preventiva. La nozione di cosa pertinente al reato. La nozione di cose pertinenti al reato non solo include in sé i beni costituenti corpo di reato ma abbraccia tutte le cose legate, anche indirettamente, alla fattispecie criminosa. Intesa in questo senso alquanto ampio la nozione di cosa pertinente al reato non vi è dubbio che rientrino in essa anche gli atti amministrativi che siano frutto di un attività delittuosa, in quanto proiezione del reato nel mondo giuridico e come tali - nel concorso delle altre condizioni richieste dall'art. 321 c.p.p. - passibili di sequestro preventivo . Coerentemente con questa impostazione sono state ritenute dalla giurisprudenza di legittimità passibili di confisca, ad esempio - l'eventuale licenza ottenuta in seguito alla consumazione del delitto di falsità ideologica in atto pubblico - il diploma di laurea emesso sulla base di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati da falsità materiale e ideologica, in quanto relativi a prove di esami mai sostenute. Il principio di presunzione di legittimità dell'atto amministrativo. Asserire che l'atto amministrativo in sè non può costituire oggetto di sequestro amministrativo è come condividere il principio di presunzione della legittimità degli atti amministrativi e sposare, dunque, la tesi della inidoneità del sequestro a paralizzare gli effetti dell'autorizzazione amministrativa. Tale modo di ragionare non può essere giustificato. Tanto perchè la presunzione di legittimità dell'atto non può paralizzare l'azione penale in cui è compreso ovviamente la facoltà di adottare le misure cautelari. Inoltre, le conseguenze del sequestro penale sono liberamente valutabili dall'autorità che ha rilasciato il provvedimento viziato il quale potrà revocare l'autorizzazione oppure integrarla oppure rinnovarla sulla base di una nuova indagine o di diversi presupposti. Tuttavia, non per questo viene meno la facoltà per il giudice penale di sottoporre a sequestrato il documento in cui é trasfusa l'autorizzazione illegittima.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 aprile – 20 giugno 2013, n. 27242 Presidente Ferrua – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Trieste, con decreto del 14-12-2012, disponeva il sequestro preventivo del permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Milano a T.D.A.F.A. , sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli artt. 5, comma 8-bis, Dlgs 286/98, 48 e 479 cod. pen., in quanto il rilascio del permesso era avvenuto all'esito di un procedimento viziato dal dolo del richiedente. Infatti, il T.D.A. aveva prodotto alla Questura un'attestazione del comune di Sesto san Giovanni, che mai l'aveva rilasciata, da cui risultava, contrariamente al vero, che il richiedente aveva presentato presso questo ufficio la documentazione per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis . 2. Il Tribunale del riesame di Trieste, adito dall'interessato, con provvedimento del 10-1-2013 ha annullato il provvedimento suddetto, ritenendo che l'atto amministrativo in sé non può essere oggetto di sequestro preventivo. 3. Contro il decreto del Tribunale del riesame propone ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste per violazione dell'art. 321 cod. proc. pen. e illogicità della motivazione. Deduce che l'ampia formulazione dell'art. 321 cit. non consente di distinguere tra atti amministrativi ed altre cose o beni assoggettabili a sequestro e che il sequestro del permesso di soggiorno si impone per evitare che il reato venga portato ad ulteriori conseguenze. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. T.D.A.F.A. ha ottenuto il permesso di soggiorno in Italia sulla base di un'attestazione falsa. Corretta, dal punto di vista giuridico, è pertanto l'affermazione che col rilascio del permesso di soggiorno è stato consumato un falso per errore determinato dall'altrui inganno. Il provvedimento di conseguenza emesso permesso di soggiorno costituisce, insieme, prodotto del reato e cosa pertinente al reato. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la nozione di cosa pertinente al reato, di cui all'art. 321 cod. proc. pen., ha un significato ampio, idoneo a comprendere pure il corpo del reato, cioè le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, ovvero le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo. Di conseguenza la nozione di cose pertinenti al reato non solo include in sé i beni costituenti corpo di reato, ma abbraccia tutte le cose legate anche indirettamente alla fattispecie criminosa C, Sez. 6, 22.4.1999, Schiavone ed altri, in Mass. Uff., 214621 C, Sez. 5, 18.3.1998, Creati, in Mass. Uff., 210298 C, Sez. 3, 11.4.1995, Dearca . Intesa in questo senso molto ampio la nozione di cosa pertinente al reato, non v'è dubbio che rientrino in essa anche gli atti amministrativi che siano il frutto di un'attività delittuosa, in quanto proiezione del reato nel mondo giuridico, e come tali - nel concorso delle altre condizioni richieste dall'art. 321 cod. proc. penale. - passibili di sequestro preventivo. Coerentemente a questa impostazione, infatti, sono già state ritenute, dalla giurisprudenza di legittimità, passibili di confisca le eventuali licenze ottenute in seguito alla consumazione del delitto di falsità ideologica in atto pubblico C, Sez. 5, 30.11.2007-10.1.2008, G.R. e altri, Mass. red., 2008 , nonché del diploma di laurea emesso sulla base di documenti e certificati concernenti esami di profitto viziati da falsità materiale e/o ideologica, in quanto relativi a prove di esame mai sostenute Cass., n. 4386 del 17/2/1999 . L'ordinanza impugnata non fa corretta applicazione di tali principi laddove esclude la sequestrabilità del permesso di soggiorno in considerazione della presunzione di legittimità degli atti amministrativi e della inidoneità del sequestro a paralizzare gli affetti dell'autorizzazione amministrativa che, come correttamente osservato dal Tribunale del riesame, non è rappresentata dal documento in cui è espressa, ma dalla volontà dell'Amministrazione di disporre, in una certa direzione, degli interessi affidati alle sue cure , giacché la presunzione di legittimità dell'atto amministrativo non può paralizzare l'esercizio dell'azione penale in cui è compresa, ovviamente, la facoltà di adozione delle misure cautelari , mentre le conseguenze del sequestro penale saranno liberamente valutabili dall'Autorità che ha rilasciato il provvedimento viziato la quale potrà, quindi, revocare l'autorizzazione o integrarla o rinnovarla sulla base di una rinnovata indagine o diversi presupposti . Non per questo, però, viene meno la facoltà, per il giudice penale, di sottoporre a sequestro il documento in cui è trasfusa l'autorizzazione illegittima. In conseguenza di tanto l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trieste, che si atterrà, nella rivalutazione dei presupposti del provvedimento impugnato, ai principi sopra espressi, e fermo restando che verrà indagato l'ulteriore presupposto rappresentato dal pericolo che la libera disponibilità del permesso di soggiorno da parte dell'indagato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato, che rappresenta l'ulteriore condizione richiesta dalla norma per l'adozione della misura cautelare in questione. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trieste per nuovo esame.