La capacità elusiva di una operazione patrimoniale non può essere desunta dal mero atto di trasferimento in favore dei prossimi congiunti

Il trasferimento di beni al coniuge o ai figli che, in base alla normativa di prevenzione patrimoniale, sono interessati dalle indagini di prevenzione in forza della presunzione, vincibile, che siano fittizi intestatari dei beni in realtà nella disponibilità effettiva del preposto, si colora nel necessario carattere elusivo soltanto ove ricorrano altri dati di fatto che conferiscano alla condotta di trasferimento una idoneità oggettiva ad eludere le norme sul sequestro e sulla confisca c.d. di prevenzione.

A chiarirlo, ancora una volta, è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26466 del 18 giugno 2013. Mancano i presupposti. Nel caso di specie, tale principio è stato invocato unitamente al presupposto che anche nel procedimento cautelare reale non si possa prescindere dal fumus commisi delicti , fumus che nella circostanza de qua doveva intendersi come mancante così come attestato da precedenti interventi della Cassazione che avevano annullato le ordinanze di custodia cautelare ai danni degli indagati non sussistendo gli indizi necessari a giustificare detto provvedimento restrittivo. Da qui l’ulteriore richiamo secondo cui non si può prescindere da un accertamento concreto, basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato . Vanno restituiti i beni illegittimamente sequestrati. Mancando, dunque, ogni presupposto fattuale per supporre una responsabilità penale ed essendo stata dedotta la simulazione delle intestazioni societarie semplicemente sul fatto che il tutto era in capo alla moglie dell’accusato, la Corte di legittimità ha avuto gioco facile nell’annullare senza rinvio il provvedimento impugnato, ordinando così la restituzione dei beni illegittimamente sequestrati. I principi espressi sono chiari e consolanti, così come ineccepibile è il decisum . Si vedrà nel concreto vivere giudiziale se gli ultimi indirizzi in materia, protesi a non rendere evanescenti le garanzie difensive nel procedimento cautelare reale, avranno davvero la capacità di modificare la prassi di imporre i vincoli reali sulla scorta di labili ed isolati indizi di responsabilità e di pericolosità.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 aprile - 18 giugno 2013, n. 26466 Presidente Giordano – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza di sequestro preventivo emessa dal giudice per le indagini preliminari presso quel Tribunale il 13 aprile 2012 nei confronti di L.G.G. , indagato per il reato di cui all'art. 416-bis c.p. per aver fatto parte dell'associazione di tipo mafioso denominata 'ndrangheta, e in particolare della cosca Lo Giudice, e per il reato di cui all'art. 12-quinquies L. n. 356 del 1992, con l'aggravante di cui all'art. 7 L. n. 203 del 1991, commesso, sul presupposto dell'avvenuta fittizia intestazione in favore della moglie G.A. , oltre che a C.M. e P.D. , delle quote della società CO.PLA.SUD. s.a.s. avente ad oggetto sociale il commercio di prodotti congelati e surgelati di carne e pesce, con la fittizia intestazione di alcuni beni immobili negozi, magazzini e garage alla CO.PLA.SUD, con accettazione della soda accomandataria G.A. e della soda accomandante P.D. , reati commessi negli anni OMISSIS . Il Tribunale ha osservato che L.G.G. , reale gestore dell'attività di rivendita all'ingrosso di prodotti surgelati denominata COPLASUD, con l'acquisto di ulteriori e diversi beni immobili, poi fittiziamente intestati alla società, ha continuato a servirsi della stessa società con il fine di eludere le misure di prevenzione patrimoniali, delle quali è ben consapevole di poter essere destinatario. E, infatti, se pure il reato è istantaneo con effetti permanenti, si verifica un'evidente reiterazione della condotta criminosa in caso di produzione di utili societari e di acquisto di ulteriori beni per mezzo degli utili prodotti dalla società. Gli elementi indiziari che dimostrano l'effettiva titolarità della società in capo a L.G.G. sono costituiti dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ossia V.C. , L.G.M. , M.R. , L.G.A. , che hanno riferito di una gestione diretta da parte di L.G.G. della società e della fittizia intestazione della stessa alla moglie, G.A. , soggetto incensurato e fidato, assolutamente adatto al ruolo, e alla nipote P.D. , entrambe intranee alla cosca Lo Giudice. A giudizio del Tribunale, l'unica finalità sottesa alla fittizia intestazione della società e dei beni da essa prodotti è rinvenibile nel timore di L.G.G. di poter essere destinatario di misure di prevenzione patrimoniali, più che fondato, dato che fu condannato per il reato di cui all'art. 416-bis c.p Di questa finalità non può non essere stata consapevole la moglie G.A. , appunto per le vicende giudiziarie che hanno interessato il coniuge. Il Tribunale ha infine concluso affermando la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 L. n. 203 del 1991, potendo sostenersi sulla base del materiale indiziario che l'attività imprenditoriale oggetto dei vari trasferimenti fraudolenti sia riferibile al patrimonio della cosca Lo Giudice di cui è partecipe L.G.G. e che essa costituisca lo strumento utilizzato per l'occultamento e il reimpiego degli introiti illeciti. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Russo, L.G.G. , deducendo violazione di legge. Il Tribunale non ha dato risposta ai rilievi contenuti nella memoria difensiva circa l'impossibilità di ricondurre la CO.PLA.SUD. s.a.s. ad attività illecite e circa la reale appartenenza della stessa ad G.A. . Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono generiche e non forniscono alcun elemento per affermare l'illiceità della CO.PLA.SUD. s.a.s Peraltro, l'ordinanza ha omesso di considerare il verbale delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia L.G.A. , dichiarazioni favorevoli nei confronti di L.G.G. e non riportate nella versione dei verbali riversati dal pubblico ministero. Il Tribunale del riesame avrebbe dovuto, pertanto, rilevare la nullità dell'ordinanza, dato che il pubblico ministero non ha adempiuto il dovere di trasmissione completa ed integrale degli elementi a favore dell'imputato. Le dichiarazioni di L.G.A. escludono l'appartenenza del fratello G. ad organismi criminosi ed attestano la liceità delle attività commerciali dallo stesso svolte. Ha quindi escluso attribuzioni associative in capo a L.G.G. . Il Tribunale non ha esaminato le censure mosse dalla difesa sulla base di questi elementi informativi ed ha quindi consumato, oltre che il vizio di omessa motivazione, anche la violazione dell'art. 292 lett. c -bis c.p.p., non offrendo alcuna giustificazione per chiarire l'irrilevanza di quanto prospettato. Del pari, il Tribunale ha omesso di pronunciarsi sui rilievi difensivi in ordine alle dichiarazioni di V.C. , che ha escluso L.G.G. dalla partecipazione a presunte cosche mafiose e ha affermato la liceità della di lui attività commerciale, avviata con l'aiuto del suocero e sui rilievi difensivi in ordine alle dichiarazioni di altro collaborante, L.G.M. , chiaramente volte ad escludere il fratello dal fatto associativo e dall'esercizio in modo illecito dell'attività commerciale. Violazione di legge e difetto di motivazione. Il Tribunale non si è pronunciato sull'eccezione difensiva relativa alla nullità, per mancanza di sottoscrizione, del verbale contenente le dichiarazioni del collaborante Mu. . Per quanto poi concerne l'addebito di intestazione fittizia della CO.PLA.SUD. s.a.s., il Tribunale, nonostante la documentazione prodotta dalla difesa, ha persistito nell'errore di ritenere che si sia trattato di acquisizioni immobiliari quando, invece, si è trattato della locazione di alcuni beni, fatta eccezione dell'acquisito di un solo immobile. Non ha poi considerato quel che emerge dalla produzione difensiva, ossia che l'attività commerciale è scaturita dall'originaria attività di vendita di pesce intrapresa prima dal nonno della G. , e poi proseguita dal padre, il quale ha successivamente aiutato il genero L.G.G. a iniziare un'attività lavorativa di cui però la titolare rimaneva la G. , come peraltro confermato dal collaboratore V. , alle cui dipendenze il L.G. ha lavorato, per poi essere licenziato in occasione di una separazione di fatto ed essere riassunto una volta intervenuta, a distanza di anni, la riconciliazione coniugale. Il Tribunale ha poi dato carente motivazione sull'elemento soggettivo del reato di intestazione fittizia, trascurando quel che emerge dall'incarto processuale, ossia che G.A. è stata destinataria, nel 1993, della misura di prevenzione della sorveglianza speciale per anni, e dunque è soggetto che sicuramente non poteva assicurare al coniuge, tramite una fittizia intestazione di beni, l'elusione delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniali. È dunque evidente la carenza del dolo specifico, dovendosi in aggiunta considerare che l'intestazione fittizia al coniuge non è meccanismo che consenta l'elusione della normativa di prevenzione patrimoniale per l'estensione delle indagini che quella normativa prevede anche in favore dei congiunti conviventi, i cui beni possono essere aggrediti in forza della presunzione, vincibile soltanto con la dimostrazione dell'effettiva appartenenza, che essi appartengano invero al proposto. Violazione di legge. Il reato di intestazione fittizia è prescritto, dato che l'ultima trasformazione societaria della CO.PLA. SUD. S.a.s. risale al 17 aprile 2000. Considerato in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte. Deve essere ricordato che questa Corte, con le sentenze nn. 6002 e 6003 del 2013 del 18 dicembre 2012 dep. il 7 febbraio 2013 , ha annullato senza rinvio le ordinanze con cui il Tribunale del riesame di Reggio Calabria aveva confermato i provvedimenti applicativi della misura della custodia cautelare in carcere a L.G.G. e alla di lui moglie G.A. , rilevando la mancanza assoluta degli indizi del reato ora posto a fondamento della misura cautelare reale. In quella sede si è condivisibilmente osservato che gli elementi indiziari posti a fondamento dell'intervento cautelare, e in specie le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, non consentono di affermare che nella CO.PLA.SUD. s.a.s. sia stato investito denaro proveniente dagli affari illeciti della c.d. cosca Lo Giudice e comunque non smentiscono l'assunto che G.A. abbia effettivamente esercitato attività d'impresa per mezzo della CO.PLA.SUD. s.a.s. e che per l'avvio di tale attività si giovò di un aiuto proveniente dalla famiglia di origine. Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sì come riproposte nella motivazione del provvedimento impugnato, sono generiche e vaghe in riguardo al fatto ipotizzato della fittizia attribuzione della società e non consegnano alcun elemento di una qualche concludenza. Nonostante sia provato che L.G.G. abbia contribuito, con il suo lavoro, all'attività della società, non vi sono elementi della necessaria consistenza per affermare che di quella società sia l'effettivo titolare e che in quella società abbia investito denaro di provenienza illecita o comunque assoggetta bile a misure di prevenzione patrimoniali. Pur in tema di giudizio cautelare reale l'accertamento sui presupposti dell'intervento di coercizione, e specificamente del c.d. fumus commissi delicti, non può infatti prescindere da . un accertamento concreto, basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato” - Sez. 6, n. 35786 del 21/6/2012 dep. 18/9/2012 , Buttini e altro, Rv. 254394 -. Si consideri poi che, come già affermato da questa Corte anche nelle sentenze appena sopra richiamate, il trasferimento di beni al coniuge o ai figli che, in base alla normativa di prevenzione patrimoniale, sono interessati dalle indagini di prevenzione in forza della presunzione, vincibile, che siano fittizi intestatari dei beni in realtà nella disponibilità effettiva del proposto, si colora nel necessario carattere elusivo soltanto ove ricorrano altri dati di fatto che conferiscano alla condotta di trasferimento una idoneità oggettiva ad eludere le norme sul sequestro e sulla confisca c.d. di prevenzione. Si è in particolare stabilito che in tema di reato di trasferimento fraudolento di valori, la valutazione della natura fittizia, e quindi fraudolenta rispetto a procedimenti di prevenzione patrimoniale anche soltanto eventuali, del trasferimento di beni o valori in capo a soggetti quali il coniuge, i figli, i conviventi nell'ultimo quinquennio, ecc. che, in forza della normativa di prevenzione, sono comunque interessati dalle indagini patrimoniali prodromiche all'emissione dei provvedimenti di cautela e di ablazione, non può prescindere dall'apprezzamento di ulteriori elementi di fatto, rispetto all'atto del trasferimento, che siano capaci di concretizzare la capacità elusiva dell'operazione patrimoniale” - Sez. 1, n. 17064 del 2/4/2012 dep. l'8/5/2012, Ficara, Rv. 25334 -. Il provvedimento impugnato non indica alcun elemento che possa qualificare in termini di elusività la costituzione della CO.PLA.SUD. s.a.s. e l'intestazione della stessa ad G.A. , pur sulla premessa - che si è detto non essere sufficientemente avvalorata dagli elementi indiziari illustrati in motivazione - della effettiva titolarità in capo a L.G.G. . L'ordinanza deve pertanto essere annullata senza rinvio, per difetto dei presupposti che legittimano il sequestro preventivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e il decreto di sequestro emesso il 13.4.2012 dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria relativamente alla società CO.PLA.SUD. s.a.s. e ai beni rientranti nel patrimonio aziendale della stessa e ne dispone la restituzione agli aventi diritto.