Droga ceduta davanti a un centro scommesse: è davvero un luogo di ritrovo giovanile?

Vengono messe in dubbio le condanne nei confronti di due uomini, accusati di avere spacciato droga, destinandola a clienti minorenni. Da chiarire non solo l’episodio della cessione, ma anche, anzi soprattutto, la valutazione, compiuta in Appello, dello scenario – un centro scommesse – come luogo abitualmente frequentato da giovani.

Fermare l’onda lunga – e pericolosissima – della diffusione delle sostanze stupefacenti obiettivo declamato già diversi anni fa, ma di sempre più difficile realizzazione Almeno, però, è necessario provare a difendere le persone più deboli, e quindi più a rischio i giovani. Ma ciò non può consentire di superare i confini della realtà, arrivando addirittura a considerare comunità giovanile quello è che semplicemente un centro di raccolta scommesse Cassazione, sentenza n. 25151/2013, Sesta Sezione Penale, depositata oggi . Luoghi. Netta la contestazione nei confronti di due uomini detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti . Ma ad aggravare la situazione è soprattutto il fatto che la droga sia stata ceduta, secondo l’accusa, anche a persona di minore età , sfruttando un contesto favorevole, perché frequentato con assiduità da giovani. Tuttavia, questa visione – messa ‘nero su bianco’ con le condanne di primo e di secondo grado – va ritenuta assolutamente precaria, secondo i giudici della Cassazione, e quindi da rimettere seriamente in discussione Così, per uno dei due uomini viene messa in dubbio addirittura la responsabilità per la detenzione a fini di spaccio , e per l’altro – ecco il passaggio decisivo – è considerata immotivata la aggravante della consegna di sostanze stupefacenti a persona minorenne . Soprattutto perché, spiegano i giudici, è illogico il riferimento alla comunità giovanile in cui avrebbero operato i due uomini per spacciare il luogo ‘incriminato’, difatti, è un esercizio pubblico destinato alle scommesse . E allora, si domandano i giudici – rivolgendosi, in sostanza, ai giudici di Corte d’Appello, ai quali viene riaffidata la vicenda –, come si può equiparare quel luogo ad una comunità giovanile ?

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 aprile – 7 giugno 2013, n. 25151 Presidente Di Virginio – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione in epigrafe indicata la Corte d’appello di Campobasso, in parziale riforma della sentenza emessa il 13 dicembre 2011 dal G.u.p. del Tribunale di Campobasso, ha ridotto le pene inflitte a C.D. e I.R., confermando la loro responsabilità per gli episodi di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti posti in essere tra il dicembre 2009 e il dicembre del 2010 artt. 81, cpv. c.p., 73 comma 5, 80 comma 1 d.P.R. 309/1990 . 2. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione. 2.1. L’avvocato C.V., nell’interesse di D., ha dedotto la violazione dell’art. 80 d.P.R. n. 309/1990. In particolare, sostiene che non ricorra la circostanza aggravante di cui alla lett. a del citato articolo in quanto non risulta dimostrata la colpa dell’imputato per avere ignorato la minore età del soggetto a cui avrebbe ceduto la droga inoltre, assume che non ricorra neppure l’aggravante di cui alla lett. g dello stesso articolo, perché i luoghi in cui l’imputato avrebbe svolto l’attività di spaccio - esercizi in cui si effettuavano scommesse al Jackpot” - non possono essere parificate alle comunità giovanili” cui si riferisce la norma in questione. Inoltre, censura la sentenza per avere determinato l’aumento per la continuazione senza alcuna motivazione. 2.2. L’avvocato N.C., nell’interesse di I.R., ha dedotto il vizio di motivazione, sotto il profilo del travisamento della prova, e l’erronea applicazione della legge penale, sostenendo che i giudici di merito avrebbero ritenuto la responsabilità dell’imputato senza che dalle intercettazioni acquisite risulti alcuna prova sull’attività di spaccio posta in essere in particolare, il ricorrente dopo aver preso in esame le conversazioni oggetto di intercettazioni, ha escluso l’esistenza di ogni indizio a carico, evidenziando che da tali captazioni emerga il ruolo di mero consumatore di droga. Inoltre, censura la decisione impugnata che finisce per dare rilievo a precedenti sentenze di patteggiamento. Con un secondo motivo il ricorrente lamenta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 3. I ricorsi sono entrambi fondati. 3.1. Per quanto riguarda la posizione di I.R. la Corte d’appello di Campobasso ha ritenuto provata la sua responsabilità per il reato contestatogli sulla base dei risultati delle intercettazioni, risultati contestati dal ricorrente il quale ha allegato la trascrizione di alcune conversazioni, piuttosto criptiche e di significato non univoco, da cui emerge, secondo la difesa, che I.R. è solo uno degli acquirenti della sostanza stupefacente, non certo uno spacciatore, né risultano episodi specifici di cessione. I giudici di secondo grado negano il carattere neutro” delle intercettazioni, ma nulla dicono circa il loro contenuto, limitandosi a rinviare alle intercettazioni indicate dal giudice di primo grado fol. 20 e 34 . Per rafforzare la tesi accusatoria la sentenza impugnata cita alcuni episodi precedenti definiti con sentenze di patteggiamento, ma si tratta di fatti del tutto scollegati con quelli oggetto del presente procedimento che, soprattutto, non possono essere considerati e valutati come riscontri a quelle intercettazioni i cui contenuti non appaiono univoci nel provare che l’imputato detenesse la droga a fine di spaccio. Ne consegue che la sentenza appare del tutto carente nella motivazione della responsabilità dell’imputato. 3.2. Con riferimento al ricorso proposto dalla difesa di D. si osserva che Corte territoriale ha motivato in maniera apparente la sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 80 comma 1 lett. a e g d.P.R. 309/1990. Non risulta alcuna valutazione circa il profilo della colpevolezza dell’imputato, ossia se il riconoscimento dell’aggravante della consegna di sostanze stupefacenti a persona minorenne sia avvenuto per avere ignorato per colpa l’età del soggetto passivo ovvero per aver escluso la minore età dello stesso per errore determinato da colpa, ma la semplice circostanza della cessione della droga a M.T., minorenne all’epoca dei fatti, viene ritenuto elemento sufficiente per l’applicazione dell’aggravante. Riguardo all’altra circostanza, la sentenza ha considerato, in maniera del tutto immotivata, che la cessione di sostanza stupefacente avvenuta al Jackpot, integrasse l’aggravante di cui alla lett. g dell’art. 80 d.P.R. cit., ritenendo trattarsi di una comunità giovanile. Sul punto manca qualsiasi indicazione sulle caratteristiche del luogo in cui sarebbe avvenuto la cessione, limitandosi la sentenza a fare un generico riferimento al fatto che si tratterebbe di un altro luogo frequentato da giovani”. Si osserva che la disposizione di cui all’art. 80 comma 1 lett. g cit. è diretta a tutelare dal fenomeno della diffusione degli stupefacenti quelle persone notoriamente più aggredibili perché potenzialmente più a rischio o per la giovane età o per particolari condizioni soggettive, sicché i giudici di merito avrebbero dovuto spiegare perché un esercizio commerciale pubblico destinato alle scommesse possa essere equiparato ad una comunità giovanile. 4. Pertanto, la sentenza deve essere annullata con rinvio alla Corte d’appello di Salerno per un nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla nei confronti del D. la sentenza impugnata, limitatamente alle aggravanti di cui all’art. 80 comma 1 d.P.R. 309/1990, nonché nei confronti del R. e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Salerno.